Il buon cuore - Anno X, n. 34 - 19 agosto 1911/Religione

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Beneficenza Educazione ed Istruzione

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Vangelo della undecima domenica dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

In quel tempo disse il Signore Gesù questa parabola per taluni i quali confidavano in se stessi: riputandosi giusti e disprezzavano gli altri: due uomini salirono al tempio a fare orazione: uno Fariseo, e l’altro Pubblicano. Il Fariseo stava in piedi e dentro di sè pregava così: Ti ringrazio, o Dio, che io non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, ed anche come questo Pubblicano: digiuno due volte alla settimana: pago la decima di tutto quel che io posseggo. Ma il Pubblicano, stando da lungi, non voleva neppur alzar gli occhi al cielo; ma si batteva il petto dicendo: Dio, abbi pietà di me peccatore. Vi dico, che questi se ne tornò giustificato a casa sua, a differenza dell’altro: imperocchè chiunque si esalta, sarà umiliato; e chi si umilia sarà esaltato.

S. LUCA, Cap. 12.


Pensieri.

Due uomini salgono al tempio per fare orazione. Quale occhio terreno potrebbe notare una differenza, sopratutto una differenza interiore, fra coteste due persone che s’accingono a compiere un medesimo atto di pietà? E noi ci illudiamo, a volte, di trarre, basati sulle apparenze, dei giudizi, delle condanne.... Non riflettiamo, che povera cosa è l’atto esterno e come, mentre dovrebbe essere manifestazione dell’animo, può anche divenire una finzione, una falsità, qualche volta ignota pure a chi è nel falso. Questa è tremenda e terribile cosa! Invece di biasimare chi non adempie con noi un medesimo rito o ci sembra di noi meno assiduo, meno fervente, badiamo a metterci noi stessi nella verità....

Accecato da superbia e da pregiudizi tradizionali, pure era schietto il Fariseo che compiangeva il Pubblicano, implorante sulla soglia del tempio.... Ah, egli non pensava a una grande, meravigliosa, sapiente parola: Verranno genti dall’oriente e dall’occidente e i figli del regno saranno buttati fuori!

[p. 267 modifica]Ricordiamo questo con timore e tremore e ciò apra il nostro cuore alla simpatia e alla gioia più vive e sincere ogni volta che, da qualsiasi parte, ci è dato vedere un atto di bontà o di virtù.

Questo passo evangelico contiene ricca messe di ammaestramenti; uno fra gli altri, ha una importanza speciale, perchè colpisce una deficienza largamente diffusa fra le persone pie: la eccessiva fiducia riposta nelle sole osservanze esteriori.

Quante volte avviene di vedere persone che si fanno scrupolo di tralasciare un Rosario, di non accendere un lume al Crocifisso o alla Madonna e che non hanno rimorso di mancare di carità, di umiltà, di lealtà.

Ogni volta che un’anima interiore è costretta a osservare di coteste inversioni non può a meno di provare un senso di pena profonda.

Questa è una delle verità più importanti che i sacerdoti, gli educatori dovrebbero inculcare, dilucidare: ne guadagnerebbero la vera e soda pietà e la vera e soda educazione e parecchie dolorose contraddizioni fra una pratica più minuziosa e accurata e una vita più o meno ricca di grandi e piccole immoralità sarebbero evitate.

Il Fariseo non si gloria che di osservanze esteriori e solo di esse si compiace, ma, scompagnate dalle virtù morali, non gli ottengono l’approvazione divina.

Dunque non omettere la pratica e non tralasciare la intima moralità e, sempre, essere umili e sentire la profondità della propria miseria.

Solo i mediocri sono superbi; ogni grande in virtù e in sapienza è grande anche in umiltà.

Solo un orecchio affinato nota le più sottili sfumature: solo un’anima interiore e amante del bene nota le più lievi deficienze morali e non se le perdona e non trova mai d’aver adeguato l’ideale della perfezione.

.....Così si vive la vita dello spirito! Essa non è un cristallizzarsi, un trincerarsi, ua accomodarsi, un compiacersi, ma è moto continuo di ricerca, di sforzo, di ascensione.