Il buon cuore - Anno X, n. 25 - 17 giugno 1911/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno X, n. 25 - 17 giugno 1911 Religione

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IL MARTIRIO DELLA CIECA

Ci telefonano da Asti, 11 marzo, notte:

Stamane in Revigliasco d’Asti certa Luigia Nosenzo di 67 anni abitante da sola in una cameretta al piano terreno della casa di un proprio nipote, moriva arsa dalle fiamme che le si erano appiccate alle vesti. Essendosi ella, cieca, inavvertitamente avvicinata al fuoco, le fiamme divamparono ed ella, soffocata dal fumo, non potè neppur gridare, nè uscire dalla camera. Si appoggiò alla madia bruciando così lentamente e completamente.

— Io immagino l’oscuro dramma di fuoco.

Dopo il cadere dell’effimero sole di marzo la vecchietta sentiva i brividi dell’umidore della sera e stringeva a sè lo scialletto dalla cocca sfilata, pensando ch’ella soffriva del freddo dell’ombra e non aveva goduto del calore del sole. Così, come la sua vita, le era stata prodiga la tristezza, ma avara, avara la gioia. E pure dimenticava ella, il suo tenebrore perpetuo nell’umile sogno pio composto nella stanzuccia ove viveva, dove era per lei il mondo tutto breve, tra le domestiche voci delle cose, tra i quotidiani bisogni della vita rassegnata e pia.

I nipoti venivano talvolta a lei a prendere le alte parole umili dalla bocca ormai curva a quel suo interno continuo pianto rassegnato, venivano a chiedere le parole di pace tra il fuoco o d’una disputa, dall’efficace dialetto di lei che sapeva comporre in dolcezza, aspri accordi di consonanti che ne rammentano l’origine gallica.

Abitava tutta soletta in una cameretta al piano terreno. Forse le era caro l’indovinare il ritmo pesante od agile dei passi famigliari o il calpestio breve degli animali domestici, forse voleva sentire il buon odore della terra, il movimento solito del suo paesello, le parole vivaci gridate per la strada, per sentirsi ancor unita a quel luogo che non vedeva più.

Imbruniva dunque, ed ella che non aveva bisogno di lume, cominciava ad attizzare il fuoco per la minestra della cena. Che amorevole scoppiettio di fiamma insieme al crepitare della legna e che gioconda ondata di calore! Le rammentava quando, in un tempo ormai lontano, ella godeva del sole mattuttino. Cominciava pian piano a togliere, con la mano un po’ tremula, preparava il tagliere ormai cavo dal lungo consumo e s’avvicinava al fuoco per appendere la pentola alla catena. Solo, nel cercare la catena, si era sporta un po’ innanzi senza avvertire che avanti al ginocchio, posato per aiuto sullo scalino di pietra imbrattato di cenere, aveva stesa in largo ripiego la gonna. Lo sentì, pel sinistro odore di strinaso, ma fu tardi.

Lo strazio orrendo l’avvolse, si dilatò nel movimento incomposto, entrò per il corpo già scarno. Che urlo disperato gli si mosse nell’ugola! e non potè uscire chè il fumo, spandendosi a flotti, entrava per la smorfia straziante della bocca, le toglieva l’aria, la forza, l’ultimo barlume di speranza. Potè ancora rizzarsi, e in un demente vaneggiamento delle mani già dolenti tentar d’afferrare la maniglia dell’uscio. Ma troppo, troppo spasimo, troppo tenebrore per questo! Comprese, le si spense in uno schianto innominabile fin il bruto impulso della vita e ricadde all’indietro, vinta. Dietro, la vecchia madia ne sostenne il corpo ormai insanabile, s’investì, si dissolse anch’essa nella vampa infocata, e cominciò ad ardere lentamente, non alimentata da alcun soffio di vento nella camera chiusa con un ululo come di vento invernale! vi si univa solo l’inconscio gemere della vecchia nei suoi contorcimenti tra l’aromatico odor di vernice misto alla ributtante puzza del grasso che colava dalle ossa ormai nere.

[p. 194 modifica]Trovata esca nello scialle di lana, le fiamme in un attimo salirono al capo, avvolsero i capelli, ripicchiarono con furia sul cranio, avvolsero le palpebre. Allora avvenne il miracolo. Gli occhi così duramente, così costantemente velati, ebbero, orrida, una visione rossastra, un nugolo nero di nembi di fumo e vide ella un istante, per subito rinchiudere gli occhi nell'ultima oscurità della morte. Almeno confusamente le parve; ma no, che il momentaneo oscuramento dei sensi, diede luogo ad una lucidità più atroce, ad un tentativo ultimo di ribellione, ad un gemito inumano. Pure insieme al lume dei sensi, ritornò in lei il lume dello spirito e la vita tutta, fatta di pianto, di rassegnazione, di altezze sublimi nell'oscurità ignota della sventura, s'unirono in una invocazione di fede, non più per la vita.

E Dio le diede forza di sopportare il martirio.

Richiamata alla vita dallo spasimo, un'alta forza lucida le aveva pervaso tutta la parte pensante, e impetuosamente, le aveva fatto travedere in realtà viva l'immagine spirituale ch'ella tante volte s'era formata del Paradiso nella sua oscurità: un luogo di luce, uno splendore d'oro, un palpito d'amore.

Lo splendor d'oro si confuse ancora un attimo al rosseggiar cupo della fiamma, ma il cuore colpito non soffriva ormai più.

Colpi precipitosi risuonarono intanto all'uscio, chè il sinistro odor di bruciato s'era sparso nell'aria; e chi entrò vide una forma carbonizzata e fumante, raggrinzita dallo spasimo, ma pure un viso, che un guanciale di cenere conservava la forma dei lineamenti intatta, come se la fiamma bruta, avesse avuto venerazione pel povero volto consunto, facendo rimanere di lei una nuova immagine della nera Madonna di S. Luca.

Fernanda Zorda.


Per l'Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi


SOCI AZIONISTI.


Signora Margherita Verga |||
 L. 5 —
Nobile signorina Luisa Perego de Cremnago quale nuova socia |||
   » 50 —
Francesca Noseda Cereda, per un fiore sulla tomba dell'amico cav. Alessandro Belinzaghi |||
   » 50 —
Bianca e Carlo Viscardi, per un fiore sulla tomba dell'amico cav. Alessandro Belinzaghi |||
   » 50 —
Cav. Giuseppe Chierichetti e Figlia, per un fiore sulla tomba del cav. Alessandro Belinzaghi |||
   » 60 —



Sono in vendita circa m. 300 rete metallica dell'altezza di m. 1, a prezzo ridottissimo.

Rivolgersi all'Economato dell'Istituto dei Ciechi, Via Vivaio, 7.



Ricordatevi di comperare il 29.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI che uscì nella scorsa settimana.




L’ODISSEA DI UN LORD

Lord Egmond e Lord Andrews, i due morti, diremo così, del giorno, offrono nella cronaca della loro vita esempi degni di essere ricordati fra i più curiosi romanzi di quella Parie che pure ha già offerto molti casi di carriere avventurose.

Quando nacque, nel 1865, Augusto Arturo Perceval non deve aver fatto intuire ad alcuno di essere destinato a portare un giorno il titolo di pari dell'Inghilterra. Suo padre, luogotenente dell'esercito inglese, era emigrato nella Nuova Zelanda, ed è qui appunto che vide la luce Augusto Perceval, discendente del secondo conte D'Egmont.

Inviato in Inghilterra, vi seguì i corsi della scuola navale commerciale: passò capitano, ma volle ugualmente imbarcarsi come semplice marinaio. A 25 anni, per altro, era già stanco del mare, tornò a Londra e s'arrolò nel corpo dei pompieri, dove pure non sembra che si sia distinto in modo particolare. Quando lasciò il servizio, gli fu rimesso un umile certificato in cui si diceva solo che la sua condotta era stata, in massima, soddisfacente.

Ma fu verso questa epoca che, in seguito alla morte di parecchi parenti lontani, egli divenne erede dei titoli e d'una parte dei beni della contea di Egmont. Ciò non gli impedì di sposare una giovane di umilissima condizione, se pure, a quanto dicono, molto bella e assai bene educata.

L'antico pompiere divenne allora il portiere del municipio di Chelsea, e qui ebbe finalmente campo di distinguersi per il modo sbrigativo onde seppe por fine ad una riunione politica che minacciava di degenerare in disordine. Ricordandosi, e traendo partito dalla sua antica professione di pompiere, egli s'attaccò allora alla pompa d'incendio, l'applicò al pozzo e si diede ad aspergere vigorosamente l'assemblea, che si disperse in un attimo, lasciando il campo libero all'inondazione generosa. Taluni però del consiglio, poco soddisfatti per quella doccia che non avevano ordinata, trassero in giudizio il portiere, che venne condannato ad una multe ed alle spese: il tutto sommante a circa 350 franchi. Il Perceval rinviò la nota al Municipio di Chelsea, ma questo rifiutò il pagamento, non solo, ma dedusse dallo stipendio del portiere le spese di riparazione della sala troppo generosamente inaffiata. Il Perceval presentò allora le sue dimissioni dalla carica. Fortunatamente per lui, proprio in quell'epoca, moriva un suo zio che gli lasciò 200 mila lire di eredità. Egli ne disperse buona parte in piaceri e il resto l'impiegò a stabilirsi negoziante di cemento. Ma poco abile commerciante, il futuro pari si trovò presto in rovina e tentò quindi, con alterna sorte, molti altri mestieri non troppo lucrativi. Ammalatosi, dovette recarsi per cura nel Sud-Africa, dove visse di una pensione di 500 franchi mensili stabilitagli dal defunto padrigno. Finalmente nel 1897 anche il settimo conte d'Egmont morì e Augusto Arturo Perceval divenne di diritto ottavo [p. 195 modifica]conte e visconte d'Egmont della Parie d'Irlanda, Barone Arden, Love e Holland della Parie del Regno Unito e per di più baronetto e possessore di dominii in Irlanda, d'un palazzo a Londra e del castello Cowdray in Inghilterra, che sir Weetman Pearson ha recentemente acquistato per 12 milioni. Arrivato a tanta altezza, nulla più di caratteristico lo distinse. Ora, il nuovo conte d'Egmont è Charles John Perceval, fratello cadetto del defunto, che non ebbe però la vita avventurosa del suo predecessore e fu sino ad ora impiegato nell'amministrazione della colonia del Natal.

I Perceval sono fra le più antiche famiglie nobiliari d'Inghilterra, ma la loro origine è normanna. Il fondatore ne sarebbe certo Gonet de Perceval, uno dei capitani, a quando si dice, di Guglielmo il Conquistatore.

La vita di Lord Salomon Andrews richiama pure quella di certi americani arrivati alla fortuna attraverso venti o trenta mestieri diversi. Salomon Andrews, che non sapeva, naturalmente, né leggere, né scrivere, cominciò col vendere per le vie di Cardiff delle paste dolci che confezionava egli stesso. Da venditore ambulante di paste dolci si stabilì poi prestinaio stabile, però, fino a un certo punto. Infatti, dopo aver prosperato, cambiò ancora genere. E divenne proprietario di omnibus; quindi mercante di novità. Poi, invece di vestire il prossimo, pensò che sarebbe stato più proficuo metterlo sotto terra. Ed eccolo imprenditore di pompe funebri. Ma, stando anche di ciò o per amore forse dei contrasti, dopo aver accompagnato i morti alla tomba, acquistò dei cabs e condusse i vivi verso il piacere della vita. Poi il fabbricante di paste e il prestinaio presero di nuovo il sopravvento e Mister Andrews aperse un ristorante. Chiuso anche questo, divenne proprietario di una carboneria e morì... finalmente, quattro volte milionario, pari del Regno e con la coscienza, credo, di essersi reso abbastanza benemerito dell'umanità. Quanti, infatti sia pur milionari, possono vantarsi di aver nutrito, vestito, scarrozzato, riscaldato e sotterrato il loro prossimo come Salomon Andrews?

Ma che il problema dell'esistenza si vada facendo di giorno in giorno più difficile è oramai una verità che non ammette contestazioni. E che i mezzi onde la vivente umanità cerca di sbarcare alla meglio il lunario vadano oggi moltiplicandosi in proporzione alla sua accennata difficoltà, possano contestarla tutti. Circa poi la proficuità dei singoli mestieri, il problema è affatto relativo. Un giornale musicale ha scoperto, per esempio, un musicista (che assicura di talento) il quale, invece di arrolarsi in qualche corpo orchestrale ha trovato non solo più gradevole, ma anche più vantaggioso di esercitare la propria parte sulla via pubblica.

Oltre i vantaggi dell'indipendenza dall'impresario, dal direttore d'orchestra, dall'orario fisso, dalle prove interminabili ecc., il nostro musico ha pur quello infatti di poter guadagnare in un sol giorno sino a trenta scellini, pari a lire trentasette e cinquanta. Chi potrebbe dargli torto per la sua decisione?

Una carriera che si annunciava invece in via di tramonto è quella (pare impossibile) del borsaiolo. Ecco che cosa si leggeva in un giornale di Londra The Comet, l'altro giorno:

«Riceviamo da Parigi la notizia dell'arresto di un ben noto malfattore, il roi des cambrioleurs. Non ci saremmo nemmen sognati di rilevare questo incidente banale, se il re in questione non si fosse lagnato della durezza dei tempi, dichiarando che «nel suo mestiere» c'è poco oramai da guadagnare. Crediamo quindi doveroso — continua il giornale — consigliare i parenti a riflettere bene prima di lanciare i loro cari figlioli nella carriera del cambrioleur. Li facciamo entrare piuttosto nella carriera legale dove i benefici sono più grandi e i rischi molto minori.»

Evidentemente in questo perfido articoletto, non s'intende parlare della carriera legale nell'Inghilterra.

Ma non divaghiamo. E torniamo ai Lords.

I quali sono ora più che mai di moda e fra di essi, principalmente, Lord Kitchener, a proposito del quale si è molto discusso in questi giorni, dovendosi conferire il titolo di comandante in capo delle truppe durante la festa ufficiale dell'Incoronazione.

Lorg Kitchener, come sapete, è ora provvisoriamente fuori servizio, non trovandosi, pare, in tutto il Regno Unito e nelle relative colonie, un posto degno di lui e ch'egli si degni di accettare. Si è quindi pensato, per dargli almeno un'occupazione temporanea, di conferirgli questo comando più onorifico, del resto, che effettivo. Lord Kitchener non eserciterà infatti le sue funzioni che per un giorno solo, o, meglio, come la classica rosa, il nuovo posto dell'antico comandante in capo dell'esercito delle Indie non durerà che l'espace d'un matin.

Nel 1902 il comando delle truppe incaricate del servizio d'onore e del mantenimento dell'ordine delle vie fu affidato al Duca di Connaught, fratello di Re Edoardo.

L'incarico è quindi, come vedete, dei più lusinghieri e pure è dubbio che al vincitore del Sudan e all'organizzatore della vittoria contro i Boeri possa sembrar sufficiente.

Lord Kitchener ha ora passato la sessantina e la sua carriera è stata, come è noto, una delle più brillanti. Nel 1870, appena ventenne, egli si trovò a seguire le operazioni dell'esercito del generale Chanzyinon e non si sa bene in quale qualità il giovane cadetto di Woolwich poté trovarsi nello stato maggiore del generale francese; comunque sia, dopo la guerra egli ritornò a Woolwich e ricevette il suo brevetto di sottotenente del genio.

In questa carica rimase una dozzina di anni, ma nel frattempo disimpegnò parecchie funzioni di ordine civile fra cui quella di console in Anatolia.

La rivolta d'Arabi pascià ed i torbidi d'Egitto ebbero un'influenza immediata sulla sua carriera: nel 1896 egli fu creato infatti maggior generale e da allora il suo nome figurò vittorioso in tutti i fatti d0armi che seguirono quel periodo della storia coloniale inglese. Nel 1898 fu creato Lord e ricevette una donazione di trenta mila lire sterline pari a settecento cinquanta mila lire. Nel 1902, promosso generale e visconte nella [p. 196 modifica]Parie britannica, ricevette in dono, per acclamazione del Parlamento, un nuovo assegno di cinquantamila sterline.

Come vedete, l'Inghilterra sa compensar bene i suoi soldati, gratificandoli con solo di titoli onorifici, ma anche di titoli... un po' più sostanziali.

E montiamo ancora. Dai Lords al Sovrano, Al Sovrano morto, per oggi, in onore del quale si sta pensando di erigere il solito mutamento. Magra idea; lo so. Tanto magra che, per fortuna, sembra volgere a qualche variante.

Ecco, infatti, come stanno le cose. Da principio, naturalmente, si progetto d'innalzare uno o più monumenti, e per giunta nazionali, alla memoria del Re. Ma il primo ministro Asquith, uomo evidentemente di buon senso e di buon gusto, in una lettera al Lord Mayor di Londra, consigliò di variare, se non altro in omaggio all'estetica locale, e di pensare a qualche ricordo più degno del Re pacificatore. Ora, si sta quindi pensando alla forma da dare a tale ricordo... almeno per Londra. Alcuni hanno proposto l'apertura di nuovi parchi e di nuovi giardini; altri la ricostruzione (che Dio ce ne liberi! del palazzo di Buckingham; altri l'acquisto del palazzo di Cristallo; altri il riordinamento di Trafalgar Square per potervi collocare una statua del Re...

La questione sarà decisa da un apposito comitato presieduto da Lord Mayor di Londra e speriamo che il comitato non decida di elevare un nuovo monumento od una nuova statua. I monumenti e le statue commemorative della metropoli inglese (ho già avuto l'onore di dirvelo altra volta) sono talmente ignobili e cos' atrocemente vergognosi, che per conservare sopra ogni altra la memoria di Edoardo VII, basterebbe prendere in suo onore, l'eroica decisione di abbatterli tutti quanti.

Se si vuol proprio fare qualche cosa per onorare il defunte Re, perché non aprire piuttosto qualche nuovo ospizio o qualche nuovo ospedale? Sarebbe questa l'unica via aperta agli scultori e agli architetti inglesi per sottrarsi a qualche nuova ignominia edilizia. Essi, infatti, se non sanno che deturpare regolarmente i così detti monumenti decorativi, sano invece costruire e disporre molto bene le case di salute pubblica con relativi giardini, che a loro volta i giardinieri inglesi sanno — bisogna riconoscerlo — diegnare e ordinare con molta perizia ed eleganza.

Ma, per amor di patria, si risparmi a Londra l'erezione di qualche nuovo monumento, del genere, per esempio, dell'Albert Memorial a Kensington, che è costato non so quanti milioni e che, insieme agli altri, contribuirebbe al più efficace abbellimento della metropoli scomparendo, qualche bel giorno, per vergogna...

Rodolfo Rampoldi.





PENSIERI


Noi non siamo sulla terra né pel piacere, né pel dolore; noi vi siamo pel lavoro, la speranza, la pazienza, l'ineffabile oblio di noi stessi nella gloriosa attesa e perseverante costruzione della città futura.



PER IL LAVORO A DOMICILIO

In una delle ultime sedute della Società di economia sociale Belga, Pierre Verhaegen presentò un progetto sul lavoro a domicilio, progetto redatto in nome d'una Commissione speciale, Anzitutto egli motivò la presentazione di questo schema, col fatto dell'accordo unanime in tutti i paesi sulla necessità di rimediare alle miserie di questo campo del lavoro; e poi, nell'ambiente cattolico, col desiderio di non sopprimere i vantaggi del lavoro famigliare. Come rimediare agli abusi? Provvedere al minimo del salario apparve come una misura urgente a favore d'una categoria dove l'organizzazione sindacale non poté costituirsi in misura sufficiente; e questo in Australia, in Inghilterra, in Francia (progetti de Mun, Honori, ecc.) Il progetto Verhaegen, si riallaccia al progetto di revisione del Consiglio dell'industria e del lavoro, presentata testé dall'on. Francotte, e attualmente presa in esame presso una Commissione parlamentare. Secondo il progetto Werhaegen si considera come industria dispersa o decentralizzata, quella che operai e operaie esercitano abitualmente fuori dei locali dell'imprenditore e nella quale sono legati a quest'ultimo per contratto di locazione d'opera. Sotto il termine imprenditore si comprende padrone, sott-padrone, e anche mezzano.

Il ministro dell'industria e del lavoro potrà erigere le sezioni del Consiglio dell'industria e del lavoro in comitati professionali, incaricati d'istruire dei salati minimi nelle industrie a domicilio, che rientrano in codeste sezioni. Questi comitati si chiamano Comitati di salarî. Il decreto ministeriale che li crea è preso dopo consultazione del Consiglio del lavoro.

Una volta eletto, il comitato di salari si riunisce, su convocazione del suo presidente, al municipio del capo luogo della sua circoscrizione tutte le volte che occorre o almeno una volta all'anno. Ogni volta che la metà dei membri ne fa richiesta, il presidente deve radunare il Consiglio.

Il Comitato ha così per iscopo e per missione di esaminare ogni domanda di fissazione di salari minimi relativi a' lavori della professione per la quale fu creato. Questa domanda gli può essere rivolta tanto da uno dei suoi membri, come dall'ispettore del lavoro e da tutti i sindacati legalmente riconosciuti o da persone interessate nelle professione suddetta.

In seguito a tale domanda, il Comitato determinerà il salario minimo che deve ricevere per ora un operario di capacità media. Codesto salario può variare, secondo la natura de' lavoro o delle differenti parti della circoscrizione sottomessa alla giurisdizione del Comitato. Quest'ultimo dovrà, ogni volta che sarà possibile, stabilire delle serie di prezzi minimi per le diverse operazioni che comporta la professione. Per le operazioni non contemplate in codesta serie di prezzi, l'imprenditore deve provare, in ogni caso particolare, che sarà portato dinanzi al Tribunale, che le condizioni fatte agli operai sono tali che permettono al lavoratore di [p. 197 modifica]capacità media d’ottenere il salario minimo fissato per ogni ora.

Il Comitato fisserà pure delle scale di salari, e, se sarà possibile, de’ prezzi minimi, per gli apprendisti della professione, anche se il tirocinio ha luogo nel laboratorio. Ogni imprenditore avrà il diritto di sottomettere all’omologazione del Comitato di salari la tariffa minima adottata da lui pel lavoro a cottimo.

I salari minimi così determinati dovranno essere integralmente pagati all’operaio e senza alcuna deduzione per la retribuzione degli intermediari o sotto intermediari.

Gli imprenditori sono responsabili dell’insufficienza dei salari pagati dagli intermediari (fattori, sensali, ecc.).

Tutte le decisioni che il Comitato di salari prende, devono raccogliere la maggioranza de’ membri presenti, quando però il loro numero raggiunge almeno un terzo del numero totale de’ membri del Comitato, incluso il presidente. Quando i voti sono pari, quello del presidente sarà preponderante.

Rimangono a disposizione del Comitato tutti i mezzi possibili di inchiesta per compiere la sua missione: esso potrà soprattutto, udire, separatamente o in contradditorio, le deposizioni di tutti i sindacati operai o delle persone interessate, e dei loro delegati, procedere a tutte le ricerche verbali o scritte, ricorrere ad esperimenti.

Le decisioni del Comitato vengono pubblicate a cura del Ministero. Esse hanno forza di legge, nella circoscrizione, allo spirare di trenta giorni dalla pubblicazione a meno che non sia stato opposto appello.

Ma il Comitato può rinviare la loro applicazione ad una data più remota. Le decisioni de’ Comitati di salari e i decreti della Commissione d’appello, resteranno in Vigore per un termine di due anni, a partire dal giorno della loro applicazione. Spirato questo termine, esse riprenderanno vigore per altri due anni, a meno che l’Ispettore del lavoro, un sindacato legalmente riconosciuto o una persona interessata nella professione, davanti alla Commissione d’appello in materia di salari, che sarà creata nel Ministero dell’industria e del lavoro non disponga diversamente.

Tale ente verrà composto di tre membri scelti in seno al Consiglio superiore del Lavoro e dell’Industria, a rappresentanza d’ognuno dei tre gruppi che lo compongono. Questi tre membri sono adunque eletti dal Consiglio superiore del Lavoro, e quegli che rappresenta il gruppo degli Economisti ne è il Presidente di diritto.

Essi durano in carica per tre anni; la loro elezione avrà luogo due anni dopo quella dei Comitati di salari, e il loro primo mandato durerà cinque anni; essi possono venire rieletti.

La competenza della Commissione d’appello s’estende al paese intero e a tutte le professioni rappresentate nel Comitato dei salari. Il termine dell’appello è di trenta giorni e corre dal giorno della pubblicazione della decisione del Comitato di salari. Però non v’è sede di cassazione.

Qualunque industriale, commerciante o intermediario che dà del lavoro a fare fuori del suo stabilimento o delle sue dipendenze o che fa eseguire da apprendisti, nel laboratorio, un lavoro abitualmente praticato a domicilio deve tenere sempre in ordine un registro speciale dove sono scritti i nomi e gli indirizzi degli operai, operaie e apprendisti impiegati da lui, la natura e la quantità del lavoro effettuato da ciascuno e il salario pagato.

L’industriale, commerciante o intermediario che non è direttamente in rapporto con l’operaio o apprendista che lavora per suo conto, deve iscrivere nel registro suddetto i nomi e gli indirizzi degli intermediari, sotto intermediari e sensali cui egli si rivolge. Questo registro dev’essere presentato ad ogni richiesta dell’ispettore del lavoro e comunicato al Comitato di salari su domanda scritta del suo presidente.

Alle persone che lavorano a domicilio verrà rilasciato, a cura del padrone, un libretto individuale, sul quale si farà menzione, da parte del padrone, senza omissioni, del lavoro compiuto e del salario pagato.

Tutti coloro che saranno convinti di aver pagato un salario minimo inferiore al minimum fissato dal Comitato di salari, verranno condannati, per ogni pagamento e per ogni salariato, ad un’ammenda che va da 26 a 500 lire, raddoppiandoli in caso di recidiva, senza il termine di due anni.

L’operaio, leso nel suo diritto ad un minimo di salario, potrà sempre domandare al padrone il completamento del suo corrispettivo, senza pregiudizio di altra azione penale per danni e interessi; diritto questo che si prescrive entro tre anni, dal giorno dell’effettuato pagamento del salario.

Queste proposte di Verhaegen diedero luogo, in seno alla Società, a uno scambio di opinioni assai animato. Anzitutto si combatte il principio del salario minimo stesso dall’ing. Harmant, membro del Consiglio superiore del Lavoro, e dal consigliere I. Leclerq. I dettagli di organizzazione sono esaminati, sezionati direi dall’assemblea. Non si dissimulano le difficoltà del problema, ma l’interesse ch’esso presenta è considerevole; la Società ha per principio di non votare, ma le considerazioni emesse contribuiranno assai a rischiarare la soluzione se essa potrà realizzarsi.

L’on. Carton de Wiart si meraviglia che il proietto non contenga alcuna disposizione relativa all’igiene. Ora le lagnanze si portano precisamente su quel punto. Evidentemente bisogna dare al Governo un blanc-seing ma esso dev’esser dato per legge.

Brants, l’illustre professore a Lovanio, fa notare che se la questione dell’igiene non fu sollevata, si è perché il ministro ha annunziato la sua intenzione di regolarla in via amministrativa.

Il rev. P. Rutten, presidente, osserva che il Governo pretende d’esser sufficientemente armato perché parecchi industriali a domicilio possono essere assimilati ai padroni di piccoli laboratori. Tuttavia l’on. Carton de Wiart propone di riservare la questione dell’igiene, e la sua proposta è accolta da segni di adesione. Van Overbergh crede che in presenza della proposta Huysmans, presentata alla Camera, non si debba prendere [p. 198 modifica]posizione solamente sul terreno dei salari. Bisogna studiare la questione dell’igiene sollevata da Carton de Wiart e preoccuparsi della situazione delle donne e dei fanciulli. La questione scolastica si imporrà ben presto con la proposta di legge che l’on. Schollaert ha intenzione di presentare. Bisogna adunque sollevare la questione dei fanciulli pel lavoro a domicilio. Perché non preoccuparsi anche del riposo festivo, degli infortuni sul lavoro, a proposito del lavoro a domicilio? Egli vorrebbe che tutte codeste questioni fossero riservate; ed esprime il suo parere che l’ispezione del lavoro a domicilio non possa e non debba confidarsi agli ispettori del lavoro, il cui numero è insufficiente alla bisogna. A questa osservazione si associa De Bavaz, consigliere onorario alla Corte di Cassazione, il quale dice: — Ce ne vorrebbero dieci di più! — Troppo conservativa ci pare l’osservazione di Harmant: La questione del minimo di salario è certamente interessante, ma le nostre industrie sono sopratutto orientate verso l’esportazione, e poi noi vogliamo nel Belgio acquistare a buon mercato anche nei magazzini eleganti. Quando avremo stabilito un minimo di salario sul lavoro a domicilio, lo si domanderà per tutte le industrie, e questo è un pericolo.

L’assemblea a questo punto protesta. Parlano ancora il conte Boissien d’Ursel, che si dice partigiano del progetto francese del conte De Mun; Genart, giudice a Naumur, e Paillot, avvocato a Bruxelles, che combattono la fissazione d’un minimo per ora, pel lavoro a domicilio non a cottimo.

E ci piace di concludere con le parole di Verhaegen il quale dopo aver risposto alle varie obbiezioni, constata che la maggior parte delle industrie a domicilio sono in via di decadenza. Bisogna salvarle con l’intervento. Egli crede che chi ci guadagna non siano nemmeno i sensali. Sono i padroni, i primi colpevoli, sono i grandi commercianti di Bruxelles, che non sono in contatto diretto con gli operai e si credono tutto permesso perchè non vedono le conseguenze di ciò che si permettono. Padre Rutten conclude dicendo che il regime attuale del lavoro a domicilio è anarchico e immorale. Nelle nostre grandi città le cucitrici in bianco sono costrette a scegliere fra il mal costume o un lavoro opprimente. L’intervento della legge è il solo rimedio a tale situazione. E il minimo di salario non è così inquietante come si crede. È un atto di giustizia.

Così il Belgio avrà fatto quest’atto, quanto prima. Il Belgio, il piccolo Belgio.... Quanto non insegna all’Europa intera, questo paese governato dai cattolici?

Paolo Rinaudo.




PAGLIUZZE D'ORO


Combattere coraggiosamente gli errori, i pregiudizi, le menzogne, le vecchie calunnie sempre ripetute, sempre credute, prospere e potenti; detestare il male, il vizio, le ingiustizie, la violenza del forte sul debole, il trionfo dell’audacia sul diritto; flagellare la corruzione, la persecuzione del ricco contro l’innocenza povera; sviluppare negli uomini, massime nei giovani, il distacco dalle ricchezze materiali; — ma amarli questi nomini, non scoraggiarli, non disprezzarli mai, — anche se degni di disprezzo — ma avere per essi un cuore di madre!



ORFANO

dallo spagnuolo.


Mi sgorga il pianto, è triste la mia vita
Da immenso duolo ho l'anima ferita
È crudo il mio soffrir.

Sento che si consuma l'esistenza;
Del mio soffrir abbi, Signor, clemenza,
Non mi lasciar perir.

Solingo in questa valle di dolori,
Trovo sul mio sentier, privo di fiori,
Miseria ed abbandon...

Tu ben lo sai, Signor, ch'io soffro tanto!
Oh tergi, tergi da quest'occhi il pianto,
O Dio pietoso e buon.

Tu puoi cangiare la mia triste sorte,
O presto mi verrà a trovar la morte
In sulla prima età.

Pur s'è deciso che al dolor soccomba,
Tu mi darai, Signore, oltre la tomba
Santa felicità.

Abbandonato questo mortal velo,
Io so che troverò lassu nel Cielo
Un dolce padre ancor.

Sol questa mi confrota alta speranza
Che troverò nella bëata stanza
Il premio del dolor.

Oreste Beltrame.


Medaglia di bronzo a una benemerita suora

Domenica 11 corr., a Salò, alla presenza di numerose autorità civili e militari si è svolta una commovente cerimonia in occasione della annuale commemorazione dei benefattori di quell'Ospitale Civile ed annesse Case di Ricovero per la consegna di una medaglia di bronzo pei benemeriti della salute pubblica, a Suor Tranquilla (al secolo Giuseppina Garavaglia di Milano) conferitale con sovrano decreto il 18 maggio u. s.

Suor tranquilla ha dedicato 45 anni di vita a sollievo dell'umanità sofferente, ed era più che giusto che i suoi meriti venissero riconosciuti e premiati.

Al momento della consegna della medaglia, il professore Pio Bettoni, pronunciò un elevato ed applauditissimo discorso.



La NONNA è un capolavoro di una freschezza e di un originalità assoluta.