Il buon cuore - Anno X, n. 09 - 25 febbraio 1911/Religione

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Educazione ed Istruzione Società Amici del bene

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Vangelo della domenica di Quinquagesima



Testo del Vangelo.

Il regno de’ cieli é simile ad un uomo il quale seminò nel suo campo buon seme. Ma nel tempo che gli uomini dormivano, il nemico di lui andò, e seminò della zizzania in mezzo al grano e si partì. Cresciuta poi l’erba venuta a frutto, allora comparve anche la zizzania. E i servi del padre di famiglia accostatisi gli dissero: Signore, non avete voi seminato buon seme nel vostro campo? Come adunque ha della zizzania? Ed ei rispose loro: Qualche nemico uomo ha fatto tal cosa. E i servi gli dissero: Volete voi che andiamo a coglierla? Ed egli rispose: No; affinchè cogliendo la zizzania, non estirpiate con essa anche il grano. Lasciate che l’uno e l’altra crescano sino alla ricolta, e al tempo della ricolta dirò ai mietitori: sterpate in primo luogo la zizzania, legatela in fastelli per bruciarla; il grano poi radunatelo nel mio granaio.

Propose loro un’altra parabola, dicendo: È simile il regno de’ cieli a un grano di senapa, che un uomo prese e seminò nel suo campo: la quale è bensì la più minuta di tutte le semenze; ma cresciuta che sia, è maggiore di tutti i legumi, e diventa un albero, dimodochè gli uccelli dell’aria vanno a riposare sopra i di lei rami.

Un’altra parabola disse loro: È simile il regno dei cieli a un pezzo di lievito, cui una donna rimescola con tre staia di farina, fintanto che tutta sia fermentata. Tutte queste cose Gesù disse alle turbe per via di Parabole: nè mai parlava loro senza parabole, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose che sono state nascoste dalla fondazione del mondo. Allora Gesù, licenziato il popolo, se ne tornò a casa: e accostatiglisi i suoi discepoli, dissero: Spiegaci la parabola della zizzania nel campo. Ed ei rispondendo disse loro: Quegli che semina buon seme, si è il Figliuol dell’uomo. Il campo è il mondo: il buon seme sono i figliuoli del regno: la zizzania poi sono i figlioli del maligno. Il nemico che l’ha seminato, è il diavolo: la raccolta è la fine del secolo: i mietitori poi sono gli Angeli. Siccome adunque si raccoglie la zizzania e si abbrucia, così succederà alla fine del secolo. Il figliuolo dell’uomo manderà i suoi Angeli; e torranno via dal suo regno tutti gli scandali, e tutti coloro che esercitano l’iniquità; li getteranno nella fornace di fuoco: ivi sarà pianto stridore di denti. Allora splenderanno i giusti come il sole nel regno del loro Padre. Chi ha orecchio da intendere intenda.

S. MATTEO, cap. 13.


Pensieri.

«Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai c’è il loglio?»

Quante volte vien fatto di ripetere, a noi stessi o ad altri, una simile angosciosa e meravigliosa domanda!

Ma Signore, non hai messo buon seme nel cuore degli uomini? Perchè tanta malvagità in essi? Signore, non hai dato Cristo agli umani: perchè tanti orrori nelle società cristiane? Signore, non hai benedette e curate in modo ineffabile le anime de’ tuoi discepoli: perchè tanto male in loro? Signore, non hai lasciato lo spirito di Gesù nella tua chiesa: perchè tanta miseria anche tra suoi figli?

Lo scandalo, che queste domande rivelano, dice però la devozione, la fede anche, sebbene non senza limitazione, di chi lo prova.

Eppure questo scandalo è in parte giustificato: quello che è, che noi vediamo con gli occhi nostri e tocchiamo con le nostre mani, non dovrebbe essere!

Non dovrebbe essere tanta malvagità nel cuore di uomini civili, non ci dovrebbero essere tanti orrori e tante ingiustizie nelle società evolute e progredite, non non ci dovrebbe essere tanto male nei popoli cristiani. Che ciò sia è un disordine: da che, da chi proviene?

«Uomo nemico ha fatto tale cosa!» Anche fra noi è stato un nemico, lo spirito del mondo, che ha saputo insinuarsi, infiltrarsi, velarsi, nascondersi, sedurre e poi mostrarsi a viso aperto, imporsi e aver perfino degli adoratori!

E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a coglierlo?»

Ed egli rispose: «No, chè cogliendo il loglio, non strappiate anche il grano. Lasciate che l’uno e l’altro crescano sino alla mietitura».

Nella nostra piccola e impaziente smania di ordine di bene noi vorremmo eliminati e tolti all’istante i mali da cui abbiam dolore, dai quali ci viene scandalo amarezza.... e, anche a noi, pare una provvida e sapiente voce praticamente risponda: Attendete! E, nell’attesa, bene e male si urtano, lottano.... a vicenda soccombono o escon vittoriosi.... ma con lento cammino fra le tenebre si fa strada la luce e la verità trionfa, a grado a grado dell’errore...

Cadono gli agitatori di idee, ma l’idea vince ed impera; muoiono i buoni nel dolore inflitto loro dai tristi, ma la bontà riceve dal loro martirio nuovi e meravigliosi splendori, ma la virtù loro attira misericordia e luce sul capo stesso degli oppressori!

Oh, sì, si svolgano le forze che commuovono il mondo ed ognuna si sviluppi secondo le proprie leggi.... l’amore e la verità trionferanno e più sarà stato atroce duro il martirio dei buoni e più, per esso, sarà minimo il numero dei malvagi!

Dal male ricavar frutto sì degno è proprio solo di una amorosa sapienza, di una divina sapienza amorosa!

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Alla prima fan seguito altre due parabole, nel testo evangelico che oggi la Chiesa propone alla nostra meditazione, due parabole ricche di ammonimento e di consolazione.

Il regno de’ cieli è simile a un chicco di senape, un piccolo grano, che, cresciuto, è maggiore di tutti i legumi e diventa un albero.

In questa parabola un gran conforto per gli apostoli, per gli educatori. E un chicco, un granello, che essi seminano: un discorso, una parola buona.... pare così piccola cosa! Ma in esso c’era tutto il loro amore, il loro desiderio di bene; per impulso dello spirito essi hanno parlato, operato.... la loro parola sarà benedetta dallo spirito e il regno de’ cieli s’allargherà nelle anime e ineffabile gioia inonderà il cuore del pio seminatore.

E la parabola del lievito suona ammonizione alle anime. Lo spirito di Cristo deve essere sacro fermento per tutta una vita, tutta la deve pervadere e santificare. In nessun momento è permesso a un cristiano di dimenticare la dignità della sua vocazione; quando diminuisse di vigilanza o cedesse allo spirito del mondo, anche in minima cosa, esulerebbe da lui il regno dei cieli....

Esso è simile al lievito che fa lievitare tutta una mistura di farina.... tutta, pensiamoci bene! Se tutta la nostra vita non è testimonianza della nostra fede, non è in noi il regno de’ cieli!

Monsignor LUIGI CASANOVA

Una ben grave perdita ha fatto Milano: la mattina del 18 corrente mese, a soli 51 anni, moriva il benemerito Rettore del Pio Istituto dei Sordo-muti poveri di campagna, Monsignor Luigi Casanova.

Ventidue anni or sono, nel 1889, succedeva al suo illustre predecessore, Abate Giulio Tarra. Succedere al Tarra, e conservare l’Istituto all’altezza a cui l’aveva portato, non era opera facile: il Casanova non venne meno al suo compito: completò, ingrandì l’opera del Tarra.

Il Tarra si era specialmente applicato al problema dell’istruzione migliore dei sordomuti: il metodo orale ebbe nel Tarra, insieme al Padre Pendola, uno dei più validi sostenitori. Fuori di questione questo punto fondamentale, il Casanova si applicò specialmente a sciogliere il problema dell’assistenza completa del sordomuto, assistenza nel raccoglierlo, assistenza nell’aiutarlo.

Veduti cader vani tutti gli sforzi fatti prima, e rinnovati da lui, per indurre il governo a prestare larghi mezzi per l’istruzione dei sordomuti, egli si raccolse a trovare appoggi nell’opera di illuminati cittadini e negli aiuti della beneficenza privata. Istituì un apposito Comitato per la diffusione dell’istruzione dei sordomuti, e vedendo all’epoca delle ammissioni che molti bambini non potevano essere ammessi nell’Istituto, perchè deficenti di intelligenza o sordastri, pensò di fondare un apposito Istituto per riceverli, e istruirli con metodi speciali. Da questa idea esci l’Istituto, ora giunto allo sviluppo di grande opera benefica, l’Istituto dei Deficienti, che affidò per la direzione al suo benemerito Vice-Rettore, Don Ettore Bellani, interprete ed esecutore felicissimo delle sue idee.

Rispondendo a un sentito bisogno, l’opera ebbe subito diramazioni anche fuori di Milano, ed ora due case succursali di deficienti si trovano aperte a Monza ed a Tradate.

Aiutò la fondazione, e si può dire fondò un altro Istituto a Como per l’istruzione dei sordo-muti poveri di quella Provincia, Istituto ora divenuto autonomo, e già in via di notevole progresso.

Ma un grande quesito di indole pratica si presentò subito alla mente di Don Luigi Casanova: come aiutare i sordo-muti dopo usciti dall’Istituto? Molti trovano di occuparsi nei loro paesi, presso le loro famiglie; ma molti sono a Milano, e sarebbe opportuno tenerli uniti a lavoro collettivo. Fondò allora una Casa-lavoro sordo-parlanti in Milano per i maschi, e un’altra per le femmine a Vedano Olona.

Fondò pure un’associazione fra i sordo-parlanti, la quale conta oggi più di 700 soci con sezioni fiorenti in altre città.

Ma un’idea ancor più larga di beneficenza, non solo a vantaggio dei sordo-muti, ma di altri figli del popolo, si impadronì dell’anima di Monsignor Casanova. Dopo il tempo legale prestabilito, era venuta in disposizione di libera vendita la grande area del Cimitero di S. Gregorio, vicino al Lazzaretto. La sezione femminile dell’Istituto dei sordo-muti, non aveva sede propria: le allieve erano raccolte e istruite presso le Suore Canossiane a S. Michele alla Chiusa. Pensò di erigere la loro casa propria sull’area del Lazzaretto, e coll’aiuto delle Suore farne il centro di altre opere buone, come l’oratorio festivo delle fanciulle, collegate insieme dalla costruzione di un gran tempio, che fosse a un tempo opera religiosa e morale; opera religiosa in un esercizio di continuo suffragio per le anime di coloro che per un corso di secoli avevano quivi ricevuto sepoltura; e opera morale per l’assistenza religiosa e morale di tanta gioventù.

Era un’opera collettiva, grandiosa, che richiedeva la disposizione di molti mezzi, che avrebbe sgomentato più di uno spirito ardito, ma non sgomentò Don Luigi Casanova, che ausiliario alle opere sue poneva Colui, pel quale niente è impossibile, Dio. Egli pose in Dio la sua fiducia, e Dio non lo abbandonò. I legati affluirono, e fra essi è ricordato uno di L. 70.000, arrivato da mano ignota, alla vigilia di un giorno, in cui Don Luigi doveva soddisfare un impegno grave ed urgente, e non sapeva in qual modo.

L’opera complessiva si iniziò e crebbe. Ci fu un momento in cui il lavoro simultaneo della casa per le sordomute, dell’oratorio femminile, della Chiesa di S. Gregorio, si presentò con tale imponenza e fervore, da dare l’idea della costruzione di un nuovo quartiere dell’intera città.

Ora la Chiesa esiste, grande e magnifica, esiste ai suoi fianchi l’Istituto delle sordo-mute, costruito dietro [p. 71 modifica]le norme più illuminate pei bisogni dell’istruzione e dell’igiene; e in giro le altre costruzioni minori.

Con questo fervore di iniziative ardite e colossali, chi sa dove Don Luigi, coll’aiuto di Dio, sarebbe pervenuto? E questo suo fervore aveva saputo trasfonderlo nei suoi cooperatori, e in un largo circolo di persone pie e benefiche, che nel coadiuvarlo ponevano quasi il trionfo di un’opera propria!

Coadiuvò l’azione con opportune pubblicazioni: il giornaletto settimanale Giulio Tarra; una Rivista che tratta le questioni dei sordo-muti; e una monografia dell’Istituto, in occasione del cinquantesimo di foridazione, splendida nelle illustrazioni, completa nel testo.

E queste molteplicità di opere e di scritti, trovava poi un’unità di indirizzo e di vita nella sua persona, modesta, sorridente, spirito equilibrato, formato di zelo e di criterio.

Si può ben credere quindi quale sorpresa e qual dolore, diciamo la parola, quale costernazione, dovesse recare la notizia: Don Luigi Casanova è caduto ammalato, è ammalato gravemente; la sua vita è in pericolo!

Già una grave malattia di otite lo aveva colpito alcuni anni or sono: le preoccupazioni anche allora erano state gravissime: le preghiere dei buoni salirono fervorosissime al trono di Dio per la sua conservazione: guarì; nel fervore della sua pietà, egli attribuiva quella guarigione, quasi miracolosa, all’intercessione di S. Giuseppe.

Si sperava che una grazia simile dovesse ripetersi anche ora: le ragioni della sua conservazione per tante opere buone, c’erano ancora; anzi erano cresciute di numero e di forza: quante anime buone pregavano per Don Luigi! Ma la grazia non venne. Venne un’altra grazia, la grazia della morte del giusto.

Don Luigi mori da santo. Noi abbiamo potuto salutarlo pochi momenti prima di ricevere l’Olio Santo. Che rassegnazione, che pace, che ineffabile sorriso! Sia fatto di me secondo la volontà di Dio; diceva: sono pronto a morire e non ricuso di vivere; la mia fiducia per la vita e per la morte è tutta in Cristo.... E stringeva e baciava il Crocifisso!

Dopo l’amministrazione del Sacramento, pregato da Don Ettore Bellani a dire una parola agli astanti e benedirli, stette un po’ sospeso, e poi disse: vi raccomando unità di pensiero, unità di azione; unità di pensiero e d’azione a base di sacrificio!

Il suo testamento in morte era il riassunto di tutta l’opera sua in vita.

Sua Eminenza l’Arcivescovo fu a visitarlo, e il Santo Padre gli mandò la sua apostolica benedizione.

Con questi precedenti, si può ben comprendere quanto commoventi, quanto imponenti, dovessero essere i suoi funerali. Erano presenti a formarne il corteo, venuti dai due istituti di Milano, e da altre case di fuori, ben mille sordo-muti: si aggiungano le rappresentanze di moltissimi altri istituti di beneficenza, cittadini. Tutte le autorità avevano mandati i loro rappresentanti. Un largo stuolo di signore e di signori, amici di don Luigi e delle sue opere, erano pure presenti. Il corteo movendo dalla casa dell’Istituto, sostando alla chiesa parrocchiale di S. Gioachimo, prosegui per la Chiesa di S. Gregorio, ove si fecero le esequie. Monsignor Locatelli, tenne breve commemorazione, e rispose alla naturale domanda: perchè Dio rapisce così presto persone che potevano fare ancora tanto bene? E rispose che tale domanda era stata fatta anche alla morte di S. Carlo, or son tre secoli; e diede la spiegazione. I santi vivono anche dopo la loro morte: S. Carlo è vissuto l’anno scorso in mezzo di noi col ricordo delle sue opere e dei suoi esempi. Così sarà di Don Luigi Casanova. È morto, ma vive nelle opere sue. E a prova ricordò che Don Luigi sul letto di morte potè lasciare un legato di 100.000, regalategli da persona benefica.

Non volle fiori, non volle discorsi. Volle essere chiuso in cassa di legno, e seppellito a Musocco, nel campo dei poveri.

La sua volontà fu rispettata. Ma si spera che un giorno non troppo lontano possa trionfare la volontà dei beneficati, degli amici, degli ammiratori, dei credenti.

La Chiesa di S. Gregorio, che deve a lui l’esistenza, che ne accolse le spoglie per le esequie, possa accoglierlo per un successivo continuato riposo.

La sua tomba diverrà un altare.


Per l’Asilo Infantile Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi



SOCI AZIONISTI.

Marchesa Montecuccoli |||
 L. 5 —
Marchesa Corio |||
   » 5 —
Donna Camilla Sassi |||
   » 5 —
Contessa Morlacchi |||
   » 5 —
Signora Eva Silvestri |||
   » 5 —
» Ester Magni |||
   » 5 —
Rag. Magni |||
   » 5 —
Donna Luisa Marozzi |||
   » 5 —
Contessa Negroni |||
   » 5 —


Per la festa delle ova di Pasqua



M. B. N. |||
 L. 10 —
Un amico dei bambini ciechi |||
   » 50 —

CASA DI RIPOSO PEI CIECHI VECCHI


OBLAZIONI.

Somma retro L. 7042 —

M. B. N. festeggiando il settantesimo compleanno |||
   » 10 —
Totale L. 7052 —




Il Municipio di Milano ha ordinato 150 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.