Il buon cuore - Anno IX, n. 36 - 3 settembre 1910/Religione

Religione

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[p. 285 modifica] Religione


La Madonnina di Alzate in ristauro


Per chi non lo sapesse, si chiama con questo vezzeggiativo un bel Santuario dedicato alla Vergine, là nella silenziosa solitudine digradante verso mezzodì di Alzate, dove le strade per Brenna e Cantù si staccano per inoltrarsi tortuose e serpeggianti nell’oscurità di negre, selvagge boscaglie. L’antico nome sarebbe quello di Beata Vergine del Rogoredo, dalle roveri che si trovavano sul luogo ove sorse il Santuario di cui è parola. Là tutto tace in un silenzio di tomba, rotto soltanto dalle miti cantilene dei devoti che cantano religiose canzoni; ed ora anche dall’acuto lacerante fischio che la vaporiera del convoglio ferroviario che fa servizio fra Como e Lecco, lancia in aria, quasi un saluto alla Madonna di questi boschi deserti.

I divoti traggono anche da lontano per venire a deporvi ai piedi di Maria, la spregiata lacrima, l’umile prece, le loro speranze, le loro gioie, i loro affanni. La consuetudine di questi pellegrinaggi singoli o collettivi, è antica, e si perde nell’oscurità dei tempi, quando nessuno ancora pensava ad affidare alla carta la cronaca che svolgevasi senza mondan rumore fra una fede semplice e di nulla curante, e la rispondente degnazione della Madre di Dio che accoglieva i sospiri e le lacrime e le preci e i voti degli umili per coronarli di grazie insigni. Per gli Alzatesi, questo Santuario è il loro Palladio; il luogo ove nelle ore grigie difficili della vita, nei momenti di prove supreme, quando la mano misteriosa che colpisce dall’alto, pur sempre è salute, si aggrava di più, si appuntano i pensieri e gli sguardi in una fiducia non mai smentita; qui si volge per l’ultima volta il moribondo sguardo dell’agonizzante, come cercando un viso noto, una mano soccorritrice nell’estremo cimento, quasi a implorare un più valido aiuto sperabile soltanto dalla sua Madonna venerata fino dall’infanzia.

L’uomo dei campi o dell’officina, quando passa vicino a questo Santuario si sente compreso da sacri sensi, si scopre il capo e ripete in suo cuore il noto saluto dell’Ave Maria; la donna e la fanciulletta che anche da lontano veggono profilarsi sul verde sfondo dei boschi la loro Madonnina, provano dei palpiti inusitati, dal cuore sale per fiorire sul labbro, sul volto, il più casto dei sorrisi, che esprime la gioia di sapere come questa è la Casa di Maria; e teneri sgorgano la loro semplice invocazione, il loro saluto.

Famigliare io pure, e per molti anni a queste località e al Santuario che dà loro un nome più specificato, dà loro tanta vita, non sarebbe stato perdonabile, se trovandomi vicino per ragioni di ministero, non avessi approfittato dell’occasione per farvi una breve visita.

Pertanto il dì due agosto or ora passato, lasciavo Alserio dove mi trovavo da quattro giorni per il Perdono d’Assisi e dove fui stupito di vedere la più [p. 286 modifica] imponente manifestazione religiosa — una seconda Pasqua — malgrado il recente immane disastro cagionato dal ciclone stato senza confronto più brutale per quella terra, e senza sentire piagnistei o querimonie di sorta. Sotto un sole ardente camminai fino alla Madonnina d’Alzate, che sapevo in ristauro. Difatti l’interno era una selva di antenne e larghe altissime impalcature nascondevano gran parte della volta.

Manuali, fabbri, imbianchini, pittori lavoravano febbrilmente ad un ristauro radicale dell’interno. Una parte — quella dell’abside maggiore in alto — era già ultimata e scoperta; e vedevasi bene la fine ornamentazione che seguiva le linee architettoniche o chiudeva in capricciose cornici, figure di santi e di angeli. Il lavoro più intenso ferveva al centro della volta dove il pittore lavorava a fissarvi una bella Assunzione che figurerà assai bene. Del resto, ovunque era già segnato il da farsi, che non sarà poca cosa; tutte le pareti, la volta saranno popolate di celestiali figure di santi, o corse da intrecci ornamentali di festoso effetto.

Certo, quel giorno il lavoro era ancora ben lontano dall’essere finito, ma oggi che scrivo, ornai il grosso e il più dell’opera si può ritenere ultimato. Si capisce: il tempo vola, e la data della consegna e inaugurazione dei ristauri è imminente, l’otto settembre. In cui i festeggiamenti annuali saranno più solenni, straordinarii, appunto per ragione dei ristauri, che anime divote promossero con incitamento di parole e di denaro, certo senza lesinare e con generosità che fa loro onore. Il novello Proposto di Alzate assecondò l’entusiasmo dei suoi parrocchiani. Da quell’entusiasmo fu preso interamente fino da quando sentì parlarne la prima volta; ed ora vigila, sprona, dirama appelli, notizie, inviti, tiene vivo il foco sacro, farà precedere la festa da un solenne triduo preparatorio, tutto allo scopo di far riuscire più imponente possibile la Festa dell’8 prossimo settembre. La fiera annuale farà il resto per assicurare il maggior intervento di persone.

Ma è curioso però che il popolino per questo, come del resto per tanti altri Santuarii, conceda la sua venerazione, la sua fiducia, il suo obolo, senza tampoco preoccuparsi di una nitida idea storica intorno alla Madonnina di Alzate. Si appoggia, si fida, si abbandona ad una tradizione che passa da secolo a secolo, da una generazione ad un’altra, da padre a figlio, che si intensifica nelle grandi calamità; che scorre placida, indisturbata tutto l’anno per svegliarsi ad un palpito, ad una fiamma più viva ad ogni ricorrere anniversario della Festa.

Fu pertanto lodevole pensiero quello del Lanzi (un Alzatese, almeno d’adozione?) e segno di nobile civismo quello di raccogliere dagli Archivi di Alzate le note storiche riguardanti la «Beata Vergine del Rogoredo» comparse in popolare opuscoletto e diffonderlo tra il popolo.

Di già che ci sono queste memorie, non sia discaro neppure ai lettori del Buon Cuore di conoscerle; non foss’altro, a titolo di erudizione e per una curiosità di più, nei riguardi di certe evoluzioni religiose.

Come quasi tutti i celebri Santuarii, così anche quello

di Alzate cominciò da untilissimi principii. Nel 1533 veniva data ordinazione della pittura murale che oggidì figura sopra l’altar maggior del Santuario; da chi, a quale pittore, a quali condizioni, non è detto. «Dapprincipio fu dipinto in corpo in un piccolo muro scoperto, in vicinanza della strada, che anticamente era avanti alla suddetta Immagine; e così dalla polvere eccitata dai passeggeri e condottieri, rimase oscurata la parte inferiore dell’Effigie, concorrendo l’umido a conglutinare la suddetta polvere; e così oscurata per la suddetta cagione, fu imbiancata ai tempi successivi, essendovisi trovata calce e loto».

Il dipinto rappresenta la Vergine seduta e reggente sulle ginocchia il Bimbo; di dignitosa compostezza, di atteggiamento calmo e sereno, espressivo per bellezza spirituale tutta la composizione; bellissimo il volto di Maria; corrette le linee delle figure; la solita evanescenza dei colori rosso e verde dominanti.

Circa il 1600, il tabernacoletto rizzato all’aperto ed esposto a tutti gli oltraggi possibili degli uomini e degli elementi, lo troviamo chiuso in un piccolo tempio, che appunto per le ridotte dimensioni il popolo chiamava Gesiolo, e intitolato Madonna della Neve. Fin d’allora il Santuarietto attirava la divozione degli abitanti, e le funzioni che vi si compivano, assumevano una maggiore solennità nel giorno della Natività di Maria Vergine, 8 settembre.

Nel 1625 il Gesiolo cambia nome un’altra volta prendendo quello di Chiesa della Madonna di Rogoredo; sessant’anni dopo si festeggiava la festa della Natività con organista, musici e coll’assegno di un custode della Chiesa, sacerdote alle.dipendenze della Parrocchiale di Alzate.

Nel 1686, per il crescente affluire dei divoti, attratti da grazie segnalate che la Vergine vi dispensava a larga mano, il Gesiolo si presentava troppo angusto; allora colle abbondanti limosine offerte dai pellegrini dagli Alzatesi, si incominciò la costruzione dell’attuale Chiesa, durando i lavori fino al 1700, nel qual anno tutto era ultimato. Nel 1752, in occasione della posa dell’attuale altare di marmo, il pittore Odisio piemontese, con ripetute lavature d’acqua e d’aceto riusciva a mettere in luce tutta l’Immagine della Madonna, restata tanto tempo nascosta oltre che con un velo, dalla patina formatasi sulla pittura per l’umidità e la polvere. In questo istesso anno si incorniciarono i quadri, si collocò l’ancona di marmo che domina l’altar maggiore; nel 1767 si applicarono le due portine di marmo alle entrate nel recinto dell’altare; nel 1777 si acquistarono tre campane dai Francescani di Cantù; nel 1778 si alzò il campanile; nel 1854, su disegno del Moraglia si costruì l’attuale facciata.

Il Santuario, all’esterno tuttora grezzo e annerito dal tempo, mostra un’ossatura da fortezza; certo i muri sono poderosi e sfidano le violenze degli uomini e degli elementi. Nell’interno, ora radicalmente imbiancato e dipinto, è tutta una festa di luce abbondante di tinte, di colori, di riverberi di ori, che si fondono in una tonalità mistica, vibrante di dolcezze religiose, di inesprimibili voci carezzevoli come una musica di Paradiso. [p. 287 modifica] È nello stile barocco dell’epoca; tuttavia le ampie linee, la sobrietà contenuta dalle decorazioni in stucco e gesso, lo studio meticoloso di alleggerire il più possibile capitelli, cornicioni e altre parti ornamentali su cui il cattivo gusto dominante allora avrebbe potuto versare cento e cento motivi pesanti, schiaccianti, fanno del nostro Santuario uno degli esemplari più puri e graditi del genere. È molto ampio, altissimo, sicchè parecchie centinaia di persone vi ponno capire comodamente. Salvo il giorno della Sagra — l’otto settembre — le altre feste dell’anno, in cui gli Alzatesi immancabilmente ci vanno per la recita del Rosario Mariano e per la Benedizione col Venerabile, quel magnifico vaso è sufficiente a raccogliere i numerosi divoti che non mancano mai d’andarvi a onorare Maria. {{A destra|margine=1em|L. Meregalli.

Vangelo della domenica prima dopo Decollazione


Testo del Vangelo.


In quel tempo giunse a notizia di Erode Tetrarca tutto quel che facevasi da Gesù, ed egli slava coll’animo sospeso, perchè alcuni dicevano, che Giovanni era risuscitato da morte; altri poi che era comparso Elia, ed altri che uno degli antichi profeti era risorto. Ed Erode diceva: A Giovanni feci io tagliare la testa. Ma chi è costui del quale sento dire siffatte cose? E cercano vederlo. E ritornati gli apostoli, raccontarono a lui lutto quello che avevano fatto; ed egli presili seco, si ritirò a parte in un deserto del territorio di Bethsaida. La qual cosa risaputasi dalle furbe, gli tennero dietro: ed Egli le accolse e parlava loro del regno di Dio, e risanava quei che ne avevano bisogno.

S. LUCA, Cap. 9.


Pensieri.


Erode aveva fatto uccidere Giovanni, perchè gli rimproverava apertamente la sua condotta.

La parola del profeta, che era luce, che era grazia non aveva conquistato il cuore indurato, accecato del re; egli non era rientrato in sè, non si era esaminato, egli non volle essere disturbato e soppresse la voce che lo importunava!

Meditiamo e inorridiamo, perchè la storia di Erode è storia sempre attuale e nella vita sociale e in quella individuale!

Se c’è un’anima libera e forte che vede un male, un abuso, un sopruso e cerca dare l’allarme, la prima cura è forse quella di esaminare oggettivamente le cose, di trovare la ragionevolezza, la verità del richiamo o non piuttosto quella di soffocare quel grido?

Ecco come gli uomini accolgono i messaggeri del vero... è triste, tristissima cosa; ma non deve meravigliare; non hanno gli uomini accolto così anche Gesù?..

Nè le cose procedono meglio nell’intimo della vita privata, nel santuario della coscienza. Guai a chi crede di aprirci gli occhi sui nostri mancamenti, sui nostri difetti, il nostro primo atto è quello di allontanare chi osa tanto; e quand’è la voce stessa della coscienza che ci rimprovera, norcerchiamo soffocare, estingnere

anche quella! Che indegnità in questo spettacolo dell’uomo in lotta con il vero e con il bene!

Ma ucciso Giovanni ecco sorgere un altro profeta che parla ancor più forte di lui.

È una dolce legge della provvidenza divina! Come dal sangue dei martiri pareva germinassero nuovi cristiani, così dall’apparente insuccesso, dalla apparente sconfitta d’ogni apostolo della verità esce quasi un invito che chiama altre anime a raccogliere la nobile eredità e a farla vincere!

Nel vero è la forza di Dio e contro di esso nulla possono gli uomini: ecco perchè, nonostante le nostre piccole guerre e le nostre indegne passioni, l’umanità segue il suo cammino d’ascesa verso vette sempre più eccelse!

Pareva che tutto fosse perduto, quando Gesù agonizzava e moriva sulla croce. Ma quel delitto segnava il culmine del male, e il principio della vittoria che doveva rigenerare il mondo. E sempre così, ne’ secoli: quando il male è più forte, la crisi più acuta, la persecuzione più violenta i servi del Signore non lascian cadere, ma rianimano le loro speranze: il giorno di Dio è più vicino!

Gesù si ritira con gli Apostoli, reduci dalle loro sante fatiche, in luogo deserto.

E’ assorbente, esauriente l’apostolato... e l’anima che tutta si dona per il bene ha pur bisogno, dopo una sequela di sante lotte e ancor più sante vittorie, di riposarsi....

E’ scesa dall’intima comunicazione con Dio per portarlo agli uomini: ha bisogno di risalire al Padre per tornare, arricchita di nuovo e di più prezioso bene, ai fratelli.

Questo ritmo di ascesa e di discesa; questo unirsi e questo staccarsi continuo degli uomini pare una legge anch’essa che regola la diffusione del divino nel mondo.

....Non temiamo che l’uomo di Dio, assorto e rapito nella contemplazione del cielo, dimentichi i suoi fratelli sulla terra.... Appunto perchè ricco di Dio egli arde di amore per le anime e nel suo cuore vibra il più profondo sentimento d’una ineffabile, divina, spirituale paternità....

Come Gesù dagli splendori del Tabor ridiscendeva a’ suoi discepoli così l’anima santa dall’altezza della sua unione con Dio verrà in cerca dei miseri....

Come il padre dell’epilettico del Vangelo invocò il soccorso di Gesù, che se ne scendeva dal monte ancor raggiante di luce, così gli uomini s’indirizzano ai santi che vengono a noi, rivelazione luminosa di Dio....

Chi desidera Dio, cerca e trova colui che lo può comunicare: le turbe, saputo dove Gesù era co’ suoi, gli tennero dietro.... Imitiamo l’esempio di questa povera gente, di cui la storia evangelica non ci ha conservato nessun nome, ma che dovette esser si cara a Gesù... imitiamola nel suo desiderio di Dio, e quando, com’essa, abbiam trovato chi cerchiamo, lasciamoci, come essa, guarire e istruire!