VII. — Pratiche dell’allevamento

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VII. — Pratiche dell’allevamento
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VII. — Pratiche di allevamento.


Condizioni di ambiente.


Avendo già detto del come debba somministrarsi la foglia e come e quando provvedere al cambio dei letti, poco rimane ad aggiungere sulle altre cure da prestarsi durante l’allevamento.

Tutta l’attenzione del bachicultore dovrà portarsi sulla ventilazione e sul riscaldamento della bigattiera.

Il baco è stato portato alla vita di cattività dall’uomo, per ovvie ragioni di intensificazione dell’allevamento; ma non trova certo condizioni idonee al suo vivere in un ambiente chiuso nel quale l’umidità sia eccessiva e l’aria viziata da miasmi o carica di anidride carbonica. [p. 52 modifica]

Si pensi ai prodotti della respirazione che fuorescono dalle stimme dei bachi e si ricordi che un’oncia di bachi non è lontana dai 50 mila individui. Si pensi alla umidità che naturalmente emana dalla evaporazione della foglia fornita più volte al giorno. Si consideri l’aggravante che il bachicultore ha tendenza a tener chiuse le finestre proprio nelle giornate peggiori quando l’umidità si accumula nella bigattiera per minor richiamo verso l’esterno e quando forse la foglia è stata ritirata dai gelsi dopo una pioggia. Ci si spiegherà allora la causa di tanti insuccessi e dello svilupparsi di tante malattie alle quali un organismo indebolito non riesce ad opporsi.

Non si abbia mai timore di agevolare la ventilazione di una bigattiera, perchè l’aria è condizione essenziale di salute pel baco. Ma ciò si faccia con prudenza: si evitino le correnti dirette sui graticci disponendo avanti a porte e finestre ampi tendaggi, si evitino sopratutto correnti di aria fredda, che improvvisamente possano determinare uno sbalzo di temperatura ove i bachi vivono.

Nelle campagne è radicata l’opinione che le finestre a mezzanotte non debbano mai aprirsi perchè l’aria di mezzanotte porta le infezioni. E si citano casi di allevamenti che ebbero a [p. 53 modifica]soffrire per una od altra malattia soltanto nella parte dei graticci più prossima ad una finestra volta a mezzanotte, che venne aperta per dare aria alla bigattiera.

In sè questa opinione rappresenta un puro pregiudizio, ma ha di vero questo: che non l’aria, ma l’improvviso intenso abbassamento della temperatura ha compromesso la resistenza fisiologica dei bachi.

Le finestre in pieno sole possono tenersi aperte in permanenza ed al completo; ma queste pure sarà opportuno vengano difese con tendaggi. Quelle meno bene esposte dovrebbero venire aperte sia pure in permanenza (se necessario) ma solo limitatamente a quanto può essere richiesto per assicurare un continuo ricambio d’aria in ogni parte della stanza tra finestra e finestra, o tra finestre e porte, o tra finestra e camini di aspirazione del soffitto.


La temperatura.


La temperatura, come si accennò, è bene sia mantenuta fra i 18 ed i 20 centigradi nelle prime età del baco; poi la necessità di riscaldare la bigattiera non vi è più, pur rimanendo l’utilità di questa pratica. [p. 54 modifica]

Può giovare un riscaldamento nelle mattinate che seguono ad un forte abbassamento notturno; è utile elevare la temperatura ai 20 centigradi durante le mute o dormite; è utilissimo assicurare una temperatura costante di 22 a 24 centigradi durante la salita al bosco, quando non faccia difetto una sufficente ventilazione.

Non si creda di poter determinare un ambiente meno freddo durante la muta con il ricoprire i bachi di foglia; è questa una pessima usanza che determina un dannoso accumulo di anidride carbonica attorno al baco, proprio in corrispondenza dei più critici periodi della sua vita. La muta deve avvenire in buone condizioni di temperatura, in ottime condizioni di aerazione e nella massima tranquillità.


Disinfezioni nel corso dell’allevamento.


Alquanto controverso è il pensiero se giovino o meno le disinfezioni nel corso dell’allevamento.

Non si insisterà mai a sufficenza nel ripetere che la disinfezione deve essere energica e completa prima che l’allevamento sia iniziato; nel corso dell’allevamento una disinfezione non può essere che blanda e di breve durata per non [p. 55 modifica]rendere irrespirabile l’aria al bachicultore ed ai bachi stessi. Una disinfezione blanda non è una disinfezione, e dubitiamo assai che possa anche valere ad attenuare lo sviluppo di fermenti, muffe o batteri nei letti, ambiente nel quale l’elemento disinfettante difficilmente e lentamente penetra.

Chi volesse ricorrere a questa pratica potrà disporre sulla stufa una ciotola aperta contenente soluzione acquosa di formalina, per modo che il calore moderato della stufa determini un graduale sviluppo di aldeide formica allo stato gassoso.

Il prof. Tognato ha sperimentato per due anni la irrorazione, praticata direttamente sui bachi, con acqua e lisoformio al 2-4 per cento. Dubitiamo che la pratica, eseguita da persone meno esperte, possa dare spiacevoli sorprese per la eccessiva umidità che accumula nell’ambiente e per l’abbassamento di temperatura che l’evaporazione determinerà sul corpo dei bachi.


L’uso della calce.


Ripetiamo ancora una volta che base di un buon allevamento è una vera disinfezione praticata prima di cominciarlo; ed una ben regolata [p. 56 modifica]ventilazione in ambiente a temperatura adatta poi. Ciò premesso aggiungiamo, anche per esperienza nostra, che buonissimi risultati offre l’uso della calce viva polverizzata e sparsa copiosamente ed uniformemente sui bachi con un setaccio prima della somministrazione del pasto.

Vi è chi usa la calce sfiorita riducendo per lo meno di parecchio l’efficacia dell’operazione. La calce sfiorita ha già assorbito l’acqua dall’aria ambiente; mentre la calce viva ridotta in polvere, la sottrae al letto col quale viene in contatto e lo mantiene così più asciutto. Inoltre impedisce il contatto dei bachi sani con il liquido carico di germi infettanti emesso dai bachi malati (flaccidezza) e ricoprendo questi più facilmente li sottrae alla possibilità di passare per contatto la loro infezione ai sani.

L’uso della calce viva in polvere è particolarmente indicato nelle giornate dell’allevamento, che diremo critiche per l’afa, l’umidità‚ bassa temperatura e quando il letto si sia eccessivamente alzato; è quindi nelle ultime età che conviene farne più largo uso.

Il baco sano, al ricevere nuova foglia, passa subito su di questa senza aver avuto nocumento alcuno dalla calce. [p. 57 modifica]


Altre malattie dei bachi.


Abbiamo accennato a due delle malattie dei bachi: la pebrina (p. 18), ed il calcino (p. 45).

Nel corso dell’allevamento e di solito con maggiore intensità dopo la quarta muta, possono insorgere altre malattie che alle volte assumono gravità eccezionale. Non è a nascondere che questa gravità dipende in gran parte dal fatto del non conoscersi la causa vera determinante di esse e di conseguenza i mezzi difensivi; mentre si sa come prevenire la pebrina (selezione microscopica) ed il calcino (disinfezione).

Il giallume. — I bachi affetti da questa malattia si presentano ingrossati, gonfi, gialli e dalla pelle lacerata perdono un liquido giallognolo.

La flaccidezza. — I bachi si fanno torpidi e flosci, morendo si fanno bianchi, lunghi e tosto comincia la putrefazione che cambia in un liquame fetido (ricorda lontanamente l’odore dei pomodori marci) tutto quanto si contiene nel loro corpo, intanto che la pelle da bianca si fa sporca, indi nera. [p. 58 modifica]


Evitare di creare condizioni favorevoli alla flaccidezza.


Qualunque sia la causa specifica di queste malattie la cui virulenza è maggiore nella quarta età, è certo che esse trovano delle concause favorevoli al loro maggior sviluppo nella debolezza fisiologica del baco e nelle cattive condizioni di ambiente in cui questo è allevato.

Troppo abbiamo insistito sulla necessità di ben ventilare la bigattiera, di tenere i bachi radi, di mutare i letti prima che si elevino eccessivamente, di evitare bruschi abbassamenti di temperatura, di non somministrare foglia bagnata, di fare largo uso di calce viva in polvere, perchè sia qui il caso di ripeterci.

Ma desideriamo richiamare una volta ancora l’attenzione del bachicultore sulle conseguenze gravissime che può determinare, in meno buone condizioni di ambiente, una cattiva incubazione del seme.

Si ricordi che seme incubato rendendogli difficile la respirazione e portandolo a temperatura troppo elevata, dà in modo certo dei bachi che sono predisposti a contrarre la flaccidezza. [p. 59 modifica]


La salita al bosco.


L’ultima età del baco è quella durante la quale avviene il massimo consumo di foglia; da questo e dalla sua qualità dipenderà l’accumulo della sostanza serigena nella glandola della seta.

È questo il periodo nel quale più viva ed attenta deve essere l’opera del bachicultore nell’applicare i precetti più volte ricordati.

A 6-8 giorni dalla quarta muta il baco si considera maturo; il suo corpo prende una tinta giallastra semitrasparente; egli cessa di mangiare, e va cercando un luogo ove poter compiere la sua trasformazione da larva a crisalide entro il bozzolo che si filerà; e prima di dar principio alla sua temporanea prigione egli vuoterà il proprio intestino di tutti i residui della alimentazione che ancora lo ingombrano.

Se fu sempre utile il tenere i bachi radi, tanto più lo è in questo periodo in cui non solo le funzioni tutte dei bachi (respirazione, nutrizione, ecc.) sono rese più intense; ma in cui bachi troppo fitti possono facilmente macchiare — vuotando il proprio intestino — i bozzoli già iniziati, ed in cui i bachi potrebbero più facilmente essere condotti a filare i bozzoli [p. 60 modifica]accoppiati, formando i così detti doppioni che l’industriale svaluta giustamente.

Il bachicultore assicurerà pertanto ai bachi uno spazio sufficente, tanto maggiore quanto migliore sarà stato l’esito dell’allevamento.


Il bosco.


Procederà al collocamento del primo bosco, che — nel caso dei graticci o pezzoni — sarà formato da siepi di erica o ginestra disposta parallelamente fra loro e comprese fra il piano di un graticcio ed il superiore.

Quando i bachi si saranno portati verso o sopra questo bosco, si potrà rimuovere a mezzo di germogli o di ramoscelli i bachi non ancora pronti e che richiedono di ricevere ancora qualche pasto; si porteranno nei pressi della siepe e si procederà allora a togliere il meglio possibile il letto, per evitare fermentazioni nocive durante il lavoro di preparazione del bozzolo.

Il bosco verrà completato con l’aumentare del numero dei bachi maturi, e ci si potrà valere allora di materiale diverso: rotoloni formati con i fusti secchi di fagioli o di piselli, manipoli di erica, ricci della piallatura del legno, paglia di legno, ecc. Qualunque materiale asciutto e soffice si presta bene allo scopo. [p. 61 modifica]


Il bozzolo.


Il baco che ha disposto prima una larga trama per assicurare il costruendo bozzolo, va ripetendo ed intensificando con la testa un moto a 8, che determina la distribuzione della bava sericea per la formazione del bozzolo. La parete di questo si inspessisce, il baco già non si vede più, non per questo il lavoro cessa e gli strati di seta continuano a disporsi l’uno sull’altro.

Un raccolto anticipato dei bozzoli ostacolerebbe o arresterebbe il lavoro del baco con una conseguente diminuzione di prodotto.

I bozzoli devono raccogliersi di regola sette giorni dopo della salita al bosco; allora, scuotendo il bozzolo, si avverte come la crisalide si muova liberamente senza raspare, tagliato un bozzolo si avverte come la crisalide sia formata e siano scomparse le zampe vere che sono quelle che nel bozzolo non maturo determinano il caratteristico raspare.

Non conviene protrarre di troppo nè la raccolta, nè la conservazione dei bozzoli, chè la crisalide si trasformerebbe in farfalla e con la fuoruscita di questa il bozzolo aperto verrebbe deprezzato dal filandiere. [p. 62 modifica]

I bozzoli raccolti devono venire scelti separando quelli ben formati dagli incompleti, dai macchiati e dai guasti; quindi la partita buona è sottoposta all’azione di una semplice macchina detta sbavettatrice, per privarli di tutta la bava esterna formata dalla prima trama del bozzolo.


Sistemi economici di allevamento.


Con l’appellativo di sistemi economici di allevamento si indicano quei metodi che tendono a ovviare al non indifferente lavoro che il cambio dei letti e la somministrazione della foglia determinano.

Ci limiteremo a descriverne uno, quello noto sotto il nome di sistema friulano, per essere adottato da tempo nel Friuli.

Dopo la terza muta qualche volta, più di sovente dopo la quarta, ai bachi non si dà più foglia sfrondata; ma si somministra foglia su rami intieri. I rami devono essere di un anno.

Quando i bachi sono saliti sul ramo, questo viene tolto dal graticcio o pezzone per venire disposto su di un telaio inclinato. I telai accoppiati a due a due formano il cavallone friulano.

Il baco deve consumare la foglia che gli è fornita con i rami, e quando questa sia stata [p. 63 modifica]consumata, se ne fornisce altra disponendo nuovi rami sui primi. Sono sempre i bachi che si spostano sui rami nuovi in cerca di cibo riducendo il lavoro della sfogliatura. Per contro il letto non si forma perchè i residui cadono a terra e fra la ramaglia privata della foglia l’aria circola facilmente.

Di qui l’economia di mano d’opera.

Quando i bachi siano maturi possono filare il bozzolo fra gli stessi rami di gelso loro somministrati o nel consueto materiale da bosco che verrà distribuito ai lati e superiormente al cavallone.

I vantaggi di questo sistema dovrebbero consistere nella soppressione del letto, sempre pericoloso, e nel risparmio di mano d’opera.

In realtà, se il primo fatto è evidente, altrettanto non può dirsi del secondo. Chi scrive, dopo una prova di qualche anno, manifestava i suoi dubbi al riguardo in un articolo comparso nel Giornale di agricoltura della domenica dell’aprile del 1914 e con maggiore ricchezza di dati a eguale conclusione veniva nel 1924 e nel 1925 il prof. De Carolis a Cremona.

Un fatto nuovo poi appariva a chi adottava il sistema friulano. Mentre nell’allevamento sui graticci, variando la temperatura ed intensificando la somministrazione della foglia, si può [p. 64 modifica]accelerare la vita dei bachi ritardatari, nel sistema friulano sono sempre i bachi più solleciti quelli che primi mangiano la foglia; ai ritardatari non rimangono che i residui.

Di qui una diseguaglianza nel raccolto dei bozzoli che qualunque commerciante, per poco sia pratico, avverte e traduce in un deprezzamento alla compera. Non solo; ma la necessità di usare rami di un anno sembra determini pure la somministrazione di foglia a minor valore nutritivo di quella cresciuta su rama vecchia, e ciò con minore resa di buona seta.

Non può escludersi che il minor prezzo al quale sono pagati i bozzoli nel Friuli in confronto del Piemonte, trovi una giustificazione nei fatti su accennati.

Comunque, crediamo poter chiudere questo capitolo con le parole del prof. De Carolis: senza voler pretendere di dare un giudizio assoluto sul sistema friulano, che nel Friuli ha trovato ragioni particolari di buona riuscita, non giudichiamo questo sistema capace di dare in ogni luogo quei buoni risultati che se ne attendono. In altre parti d'Italia un allevamento ben condotto su graticci o pezzoni giunge a dare risultati (tecnicamente ed economicamente) anche migliori.