Il baco da seta/III
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III. — Il seme bachi.
Razze da prescegliere.
I bachi che da lungo tempo erano allevati nelle diverse regioni italiane si erano andati adattando ai diversi ambienti, così da dare origine a ben distinte razze dette indigene.
Si fu quando comparve la pebrina e la flaccidezza fece poi strage degli allevamenti, che si cercarono razze più robuste, ricorrendo alla Cina od al Giappone.
I prodotti che queste razze di importazione dànno, non sono tali da soddisfare nè il filandiere per la loro qualità, nè — di conseguenza — il bachicultore per il prezzo al quale gli possono venire pagati.
Di qui la ragione degli incroci fra le razze indigene e le razze di più recente importazione nei quali si tenta di sommare la buona qualità del prodotto di razza indigena, con la robustezza delle razze importate.
I prodotti di incrocio non sommano precisamente i due caratteri; ma certo rispondono assai bene a quelle che sono le esigenze e del bachicultore e del filandiere.
Mentre nelle zone più elevate si possono ancora preferire le razze indigene pure; nelle colline a moderata altezza si dovrà prescegliere l’incrocio cinese con femmina indigena come quello che può dare un raccolto in bozzoli quantitativamente e qualitativamente maggiore.
Più a valle e nelle pianure ben ventilate, sarebbe imprudenza non scegliere ancora l’incrocio cinese ma con femmina cinese come quello che ha maggiore resistenza anche alle temperature elevate del principio di giugno.
Infine nelle grandi pianure dell’Italia settentrionale è inutile pensare ad allevare razze che non resisterebbero al clima già caldo di fine maggio; qui deve trovar posto il più robusto incrocio giapponese.
È vero che questo incrocio dà una più alta percentuale di doppioni mentre la sua seta è più pelosa; ma il discredito di cui alcuni filandieri coprono l’incrocio giapponese è per lo meno esagerato. «Per le zone di pianura ad irrigazione intensa e ad elevata umidità, questo robustissimo baco rappresenta una vera risorsa», scrive il Fossati.
E noi, pur consigliando di preferire, sempre che sia possibile, razze a prodotto qualitativamente migliore, sottoscriviamo pienamente al consiglio del Fossati, appunto per quanto la pratica ci ha insegnato in provincia di Cuneo.
La produzione casalinga e quella industriale del seme.
In passato ogni famiglia di agricoltori provvedeva di per sè al seme bachi di cui poteva aver bisogno per la susseguente annata, con il mettere a parte un certo numero di bozzoli della migliore partita dell’anno in corso, di cui curava poi la schiusa delle farfalle, l’accoppiamento, la deposizione e la conservazione del seme.
Oggi ancora non è difficile trovare nelle campagne qualche massaia che si faccia per proprio conto una piccola quantità di seme, che vien designato volgarmente col nome di riprodotto e non si può negare che alle volte questo seme riesca a dare buon esito.
Ma non sarà mai prudente affidarsi ad una produzione di seme di questo tipo famigliare, quando si vogliano porre basi sicure ad un buon allevamento, e ciò per due ragioni. Prima: chè anche a voler supporre che la farfalla maschio e quella femmina abbiano tutti i requisiti di buoni riproduttori, nessuna garanzia vi è che durante il lungo periodo estivo, autunnale ed invernale il seme possa venire conservato (presso la casa dell’agricoltore) in quelle ottime condizioni di ambiente che valgano ad assicurare il suo migliore sviluppo alla ripresa dell’allevamento. Seconda: che manca in queste riproduzioni famigliari la possibilità di procedere a quel controllo microscopico il quale assicuri che il seme proviene da genitori sani e non porta con sè il germe di malattie ereditarie.
Vi sono zone, nella nostra Italia, nelle quali gli allevamenti dei bachi si svolgono normalmente in buone condizioni igieniche, specie per la ventilazione naturale dell’ambiente e la minore umidità atmosferica.
I pratici sanno come particolarmente indicati a dare buone partite di bozzoli sani siano alcuni tratti del littorale adriatico e tirreno.
Se in queste località si fa la scelta dei migliori bozzoli dalle migliori partite dei migliori allevamenti, e questi si destinano alla riproduzione, indubbiamente si sono così ricercate parecchie delle condizioni che dànno affidamento di avere farfalle sane.
La selezione compiuta in tal modo prende il nome di selezione fisiologica o più semplicemente industriale.
La certezza di non avere farfalle che trasmettano malattie ereditarie non può aversi se non completando il controllo sulle farfalle ovificatrici.
È bene chiarire che cosa si intenda praticamente per malattie ereditarie del baco da seta.
Se entro a questo gruppo possano venire comprese la flaccidezza ed il giallume è molto dubbio; perchè i germi di queste malattie non sono noti. Non è a escludersi per altro che pur non essendo nè flaccidezza nè giallume malattie ereditarie nello stretto senso della parola, possa attribuirsi ai genitori una predisposizione a generare seme che darà bachi fisiologicamente meno robusti.
Come si possa giungere al controllo sicuro di farfalle non solo sane, ma altresì robuste, è compito sul quale gli studiosi indagano ancora.
Una malattia ereditaria: la pebrina.
La malattia ereditaria caratteristica che in una buona produzione di seme bachi si deve giunger sempre ad eliminare, è quella della pebrina.
Comparve questa malattia verso il 1845 da prima in Francia, poi in Italia.
Le partite colpite dal male sono caratterizzate dalla diseguaglianza dei bachi, i quali assumono un colore sporco, si fanno piccoli, atrofici e sovente hanno la pelle coperta di macchie scure.
Il primo mezzo di difesa contro un male che annientava gli allevamenti dei bachi, fu quello della ricerca di partite di seme che provenissero da località nelle quali la pebrina ancora non avesse fatta la sua comparsa.
Risalgono precisamente al periodo che va dal 1860 al 1880 le importazioni dei cartoni giapponesi; cartoni rettangolari sui quali si era fatto deporre il seme dalle farfalle, e con i quali venne largamente diffuso in Italia il seme giapponese, sano e capace di più robusti allevamenti.
La qualità più scadente dei bozzoli e della seta ed il diffondersi anche nell’Oriente della pebrina, furono cause che dettero risalto alla importanza pratica delle ricerche compiute dagli studiosi su questa malattia.
Due italiani, il De Filippi prima ed il Cornalia poi, ne avevano rintracciato e dimostrato la causa in germi che all’esame microscopico apparivano come corpuscoli translucidi. Dal nome di chi maggiormente li illustrò furono detti corpuscoli del Cornalia (oggi Nosema bombycis).
Un francese, il Pasteur, stabilì il rapporto ereditario fra la presenza dei corpuscoli nelle farfalle e la comparsa della pebrina negli allevamenti, mentre il Cantoni adottava per primo il metodo di isolamento cellulare delle coppie di farfalle.
Di qui il secondo passo che la selezione del seme bachi ebbe a compiere passando dalla semplice selezione fisiologica a quella microscopica.
A onor del vero deve dirsi che mentre in Francia prevale oggi ancora la semplice selezione fisiologica, in Italia non vi è alcun stabilimento serio il quale non compia, dopo questa, anche la selezione microscopica.
La selezione microscopica.
Ecco come si procede.
I bozzoli, convenientemente scelti, sono disposti su apposite arpe, per favorire l’uscita della farfalla; questa vien presa e accoppiata col maschio, quindi racchiusa in un sacchetto di carta forata, entro la quale prigione essa depone le uova e muore.
In proseguo di tempo le celle vengono aperte, le farfalle morte sono sottoposte all’esame microscopico; il seme deposto nelle celle le cui farfalle siano risultate affette da pebrina viene distrutto; mentre quello deposto da farfalle sane, subisce le diverse operazioni industriali (distacco, lavatura, ecc.) che precedono il suo invernamento.
Appare da ciò evidente tutta la importanza che il bachicultore deve annettere all’acquisto di seme che provenga da stabilimenti i quali diano garanzia di aver compiuto coscienziosamente la doppia selezione.
Il seme non sottoposto a controllo microscopico deve essere rifiutato.
La produzione ed il commercio del seme bachi sono regolati in Italia da disposizioni legislative (1918-1923) le quali — a dire il vero — non hanno ancora trovato una troppo completa applicazione, sia per le difficoltà pratiche che presentano, sia perchè ad esse sfuggono — grazie a convenzioni speciali — le partite di seme importate dall’estero.