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Così tuto pensoso
     2540un giorno di nascoso
entrai in Mompuslieri,
e con questi pensieri
me n’andai ali frati,
e tutti i miei peccati
     2545contai di motto in motto.
Ahi lasso! che corrotto
feci, quand’ebi inteso
com’io era compreso
di smisurati mali
     2550oltre che criminali!
Ch’io pensava tal cosa
che non fosse gravosa,
ched è peccato forte
piú quasi che di morte.
     2555Ond’io tutto a scoverto
al frate mi converto,
che m’ha penitenziato.
E poich’i’ son mutato,
ragion è che tu muti;
     2560ché sai che sem tenuti
un poco mondanetti.
Però vo’ che t’afretti
di gire a’ frati santi.

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Ma pènsati davanti
     2565se per modo d’orgoglio
enfiasti unque lo scoglio,
sí che ’l tuo creatore
non amassi di core,
e non fossi ubidienti
     2570a suoi comandamenti;
e se ti se’ vantato
di ciò c’hai operato
in bene o in follia;
o per ipocresia
     2575mostrave di ben fare,
quando volei fallare;
o se tra le persone
vai movendo tencione
di fatto o di minacce,
     2580tanto ch’oltragio facce;
o se t’insuperbisti,
o in greco salisti
per caldo di ricchezza,
o per tua gentilezza,
     2585o per grandi parenti,
o perché dale genti
ti par esser laudato;
o se ti se’ sforzato
di parer per le vie
     2590miglior che tu non sie,
o s’hai tenuto a schifo
la gente, o torto ’l grifo
per tua gran mattesia;1
o se per legiadria
     2595ti se’ solo seduto,
quando non hai veduto
compagno che ti piaccia;
o s’hai mostrato faccia
crucciata per superba,

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     2600e la parola acerba,
vedendo altrui fallare,
e in te stesso peccare;2
o se ti se’ vantato,
o detto in alcun lato
     2605d’aver ciò che non hai,
o saver che non sai;
amico, e ben ti membra
se tu per belle membra
o per bel vestimento
     2610hai preso orgogliamento:
queste cose contate
son di superbia nate,
di cui lo Savio dice
ched è capo e radice
     2615del male e del peccato.
E ’l frate m’ha contato,
sed io ben mi ramento,
che per orgogliamento
fallìo l’angel matto,
     2620ed Eva ruppe ’l patto,
e la morte d’Abel,
e la torre Babel,
e la guerra di Troia.
Cosí convien che muoia
     2625soperchio per soperchio,
che spezza ogne coperchio.
Amico, or ti provedi;
che tu conosci e vedi
che d’orgogliose prove
     2630invidia nasce e move,
ch’è fuoco della mente.
Vedi, se se’ dolente
dell’altrui beninanza;
o s’avesti allegranza
     2635dell’altrui turbamento;

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o per tuo trattamento
hai ordinata cosa
che sia altrui gravosa;
e se sotto mantello
     2640hai orlato ’l cappello
ad alcun tuo vicino
per metterlo al dichino;
o se lo ’ncolpi a torto;
o se tu dai conforto
     2645di male a suoi guerrieri,
e quando se’ dirieri
ne parle laido male,
ben mostri che ti cale
di metterlo in mal nome.
     2650Ma tu non pensi come
lo spregio ch’è levato
si possa esser lavato,
né pur che mai s’amorti
lo blasmo, chi che ’l porti;
     2655ché tale ’l mal dir t’ode,
che poi no llo disode.
Invidia è gran peccato,
e ho scritto trovato
che prima coce e dole
     2660a colui che la vuole.
E certo, chi ben mira,
d’invidia nasce l’ira;
ché, quando tu non puoi
diservire a colui,
     2665né metterlo al disotto,
lo cor s’imbrascia tutto
d’ira e di mal talento,
e tutto ’l pensamento
si gira di mal fare
     2670e di villan parlare,
sí che batte e percuote

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e fal pegio che puote.
Perciò, amico, penza
se ’n tanta malvoglienza
     2675vêr Cristo ti crucciasti,
o se lo biastemiasti,
o se battesti padre,
od ofendesti a madre,
o cherico sagrato,
     2680o segnore o parlato.
Cui l’ira dá di piglio
perde senno e consiglio.
In ira nasce e posa
accidia nighittosa;
     2685ché chi non puote in fretta
fornir la sua vendetta,
né difender cui vole,
l’odio fa come suole,
che sempre monta e cresce,
     2690né di mente non li esce;
ed è ’n tanto tormento,
che non ha pensamento
di neun ben che sia;
ma tanto si disvia,
     2695che non sa migliorare,
né giá ben cominciare;
ma croio e nighittoso
è vêr Dio glorioso.
Questi non va a messa,
     2700né sa qual che si’ essa,
né dicer paternostro
in chiesa, né in chiostro.
Cosí per malusanza
si gitta in disperanza
     2705del peccato, c’ha fatto;
ed è sí stolto e matto,
che di suo mal non crede

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trovare in Dio merzede;
o per falsa cagione
     2710apiglia presunzione,
che ’l mette in mala via
di non creder che sia
per ben, né per peccato,
omo salv’, o dannato;
     2715e dice a tutte l’ore
che giá giusto Segnore
no ll’avrebe creato,
perch’e’ fosse dannato,
ed un altro prosciolto.
     2720Questi si scosta molto
dala verace fede.
Forse che non s’avede
che ’l misericordioso,
tutto che sia pietoso,
     2725sentenza per giustizia
intra ’l bene e le vizia,
e dá merito, e pene
secondo che s’avene?
Or pens’, amico mio,
     2730se tu al vero Dio
rendesti grazia e grato
del ben che t’ha donato;
ché troppo pecca forte,
ed è degno di morte
     2735chi non conosce ’l bene
di lá, donde li vene.
E guarda, s’hai speranza
di trovar perdonanza.
S’hai alcun mal commesso,
     2740e non ne se’ confesso,
peccato hai malamente
vêr l’alto Re potente.
Di neghienza m’avisa

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che nasce covitisa;
     2745ché quando per neghienza
non si truova potenza
di fornir sua dispensa,
immantenente pensa
come potesse avere
     2750sí dell’altrui avere,
che fornisca suo porto
a diritto ed a torto.
Ma colui c’ha divizia,
sí cade in avarizia,
     2755che, dove de’, non spende,
e giá l’altrui non rende,
anz’ha paura forte,
ch’anzi che vegna a morte,
l’aver gli vegna meno,
     2760e pur istringe ’l freno.
Cosí raspisce e fura,
e dá falsa misura,
e peso frodolente,
e novero fallente,
     2765e non teme peccato
d’avistar suo mercato,
né di cometter frode;
anzi ’l si tene in lode
di nasconder lo sole,
     2770e per bianche parole
inganna altrui sovente,
e molto largamente
promette di donare,
quando nol crede fare.
     2775E un altro per empiezza
ala zara s’avezza,
e giuoca con inganno;
e per far l’altrui danno
sovente pigna ’l dado,

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     2780e non vi guarda guado;
e ben presta a unzino,
e mette mal fiorino.
E se perdesse un poco,
ben udiresti loco
     2785biastemiar Dio e Santi,
e que’ che son davanti.
Un’altr’è, che non cura
di Dio, né di natura:
si doventa usoriere,
     2790e in molte maniere
ravolge suoi danari,
che li son molto cari.
Non guarda dí, né festa,
né per pasqua non resta,
     2795e non par che li ’ncresca,
pur che moneta cresca.
Altro per semonia
si getta in mala via,
e Dio e Santi ofende,
     2800e vende le profende
e santi sagramenti,
e mette ’nfra le genti
asempro di mal fare.
Ma questo lascio stare,
     2805che tocca a ta’ persone,
che non è mia ragione
di dirne lungiamente;
ma dico apertamente
che l’om ch’è troppo scarso
     2810credo c’ha ’l cor tutt’arso,
che ’n povere persone
e ’n om che si’ in pregione
non ha nulla pietade;
tutto in inferno cade.
     2815Per iscarsezza sola

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vien peccato di gola,
ch’om chiama ghiottornia.
Ché quando l’om si svia,
sí che monti in richezza,
     2820la gola sí s’avezza
ale dolce vivande,
e a far cocine grande,
e mangiare anzi l’ora,
e molto ben divora.
     2825Chi mangia piú sovente
che non fa l’altra gente,
e’ talor mangia tanto,
che pur da qualche canto
li duole corpo e fianco,
     2830e stanne lasso e stanco,
e inebria di vino,
sí ch’ogne suo vicino
se ne ride d’intorno,
e mettelo in iscorno.
     2835Ben è tenuto lacco
chi fa del corpo sacco,
e mette tanto in epa,
che talora ne crepa.
Certo per ghiottornia
     2840s’aparecchia la via
di commetter lussura.
Chi mangia a dismisura,
la lussura s’acende,
sí ch’altro non intende
     2845se non a quel peccato,
e cerca d’ogne lato
come possa compiere
quel suo laido volere.
E vecchio che s’impaccia
     2850di cosí laida taccia
fa ben dopio peccato,

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ed è troppo blasmato.
Ben è gran vituperio
commettere avolterio
     2855con donne e con donzelle,
quanto che paian belle.
Ma chi ’l fa con parente,
pecca piú agramente.
Ma tra questi peccati
     2860son viepiú condannati
que’ che son soddomiti.
Deh, come son periti
que’ che contra natura
brigan cotal lussura!
     2865Or vedi, caro amico,
e ’ntende ciò ch’io dico:
vedi quanti peccati
io t’agio nominati,
e tutti son mortali!
     2870E sai che ci ha di tali
che ne curan ben poco.
Vedi che non è gioco
di cadere in peccato;
e però da buon lato
     2875consiglio che ti guardi
che ’l mondo non t’imbardi.
Ora a Dio t’acomando,
ch’io non so l’ora quando
ti debia ritrovare;
     2880ch’io credo pur tornare
la via ch’io m’era messo;
ché ciò che m’è promesso
di veder le sett’arti,
ed altre molte parti,
     2885io le vo’ pur vedere,
imparar e sapere;
ché poi che del peccato

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mi son penitenzato,
e sonne ben confesso,
     2890e prosciolto e dimesso,
io metto poca cura
d’andar ala Ventura.

Note

  1. [p. 379 modifica]v. 2593. A «gramattesia» del W. (di cui non conosco esempi) ho sostituito «gran mattesia».
  2. [p. 379 modifica]v. 2602. Parmi necessario premettere «in» a «te stesso».