Il Tesoretto (Laterza, 1941)/XVIII

XVIII

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XVII XIX
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XVIII

Allora ’l cavalero,
che ’n sí alto mestero
     1975avea la mente misa,
se n’andò a distesa
e gísene a Prodezza;
e quivi con pianezza
e con bel piacimento
     1980le disse ’l suo talento.
Allor vid’io Prodezza
con viso di baldezza,
sicura e sanza risa
parlare in questa guisa:
     1985«Dicoti apertamente
che tu non sie corrente
a far né dir follia;
ché, per la fede mia,
non ha presa mi’ arte
     1990chi segue folle parte;
e chi briga mattezza
non fie di tale altezza,
che non rovini a fondo:
non ha grazia nel mondo.
     1995E guardati ad ogn’ora
che tu non facce ingiuria
né forza a om vivente.
Quanto se’ piú potente,
cotanto piú ti guarda,
     2000ché la gente non tarda

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di portar mala boce
a om che sempre noce.
Di tanto ti conforto,
che se t’è fatto torto,
     2005arditamente e bene
la tua ragion mantene.
Ben ti consiglio questo:
che, se colo legisto
atartene potessi,
     2010vorria che lo facessi.
Ch’egli è magior prodezza
rinfrenar la mattezza
con dolzi motti e piani,
che venire ale mani.
     2015E’ non mi piace grido:
pur con senno mi guido.
Ma se ’l senno non vale,
metti mal contra male,
né giá per suo romore
     2020non bassar tuo onore.
Ma s’è di te piú forte,
fai senno, se ’l comporte
e da’ loco ala mischia;
ché foll’è chi s’arischia,
     2025quando non è potente.
Però cortesemente
ti parti dal romore.
Ma se per suo furore
non ti lascia partire,
     2030vogliendoti ferire,
consiglioti e comando
no nde vada di bando;1
abie le mani acorte,
non dubiar dela morte;
     2035ché tu sai per lo fermo
che giá di nullo schermo

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si puote omo covrire,
che non vada al morire,
quando lo punto vene.
     2040Però fa grande bene
chi s’arischi’ al morire
anzi che soferire
vergogna, né grave onta;
ché ’l maestro ne conta
     2045che om teme sovente
tal cosa che neente
li fará nocimento.
Né non mostrar pavento
a om, ch’è molto folle;
     2050ché se ti truova molle,
piglieranne baldanza.
Ma tu abi membranza
di farli un mal riguardo,
sí sará piú codardo.
     2055Se tu hai fatto offesa
altrui, che sia ripresa
in grave nimistanza,
sí abi per usanza
di ben guardar da esso,
     2060ed abi sempre apresso
e arme e compagnia
a casa e per la via.
E se tu vai atorno,
sí va per alto giorno,
     2065mirando d’ogne parte;
ché non ci ha miglior arte,
per far guardia sicura,
che buona guardatura.
L’occhio ti guidi e porti,
     2070e lo cor ti conforti.
E un’altra ti dico:
se questo tuo nemico

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fosse di basso afare,
non ce t’asicurare;
     2075perché sie piú gentile,
no llo tener a vile,
ch’ogn’omo ha qualch’aiuto;
e i’ ho giá veduto
ben fare una vengianza,
     2080che quasi rimembranza
no ’nd’era tra la gente.
Però cortesemente
del nemico ti porta,
e abie usanza acorta.
     2085Se ’l truovi in alcun lato,
paia l’abie innorato.
Se ’l truovi in alcun loco,
per ira, né per gioco
no lli mostrare asprezza,
     2090né villana fierezza.
Dalli tutta la via,
però che maestria
afina piú l’ardire,
che non fa pur ferire.
     2095Chi fere bene ardito
può ben esser ferito;
e se tu hai coltello,
altri l’ha buono e bello,
ma maestria conchiude
     2100la forza e la vertude,
e fa ’ndugiar vendetta,
e alungar la fretta,
e mettere in oblia,
e atutar follia.
     2105E tu sia ben apreso
che, se ti fosse ofeso
di parole o di detto,
non rizzar lo tuo petto,

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né non sie piú corrente
     2110che porti ’l convenente.
Al postutto non voglio
ch’alcun per suo orgoglio
dica né faccia tanto,
che ’l gioco torni ’n pianto,
     2115né che giá per parola
si tagli mano o gola.
E i’ ho giá veduto
omo ch’è pur seduto,
non facendo mostranza,
     2120far ben dura vengianza.
S’ofeso t’è di fatto,
dicoti a ogne patto
che tu non sie musorno,
ma di notte e di giorno
     2125pensa dela vendetta,
e non aver tal fretta
che tu ne pegior’onta;
ché ’l maestro ne conta
che fretta porta inganno
     2130e ’ndugio è par di danno.
E tu cosí digrada:
ma pur, come che vada
la cosa, lenta o ratta
sia la vendetta fatta.
     2135E se ’l tuo buono amico
ha guerra di nemico,
tu ne fa quanto lui
e guardati di plui;
non menar tal burbanza,
     2140ched elli a tua baldanza
cominciasse tal cosa
che mai non abia posa.
E ancor non ti caglia
d’oste né di battaglia;

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     2145né non sie trovatore
di guerra o di romore.
Ma se pur avenisse
che ’l tuo comun facesse
oste né cavalcata,
     2150voglio che ’n quell’andata
ti porte con barnagio,
e dimostreti magio
che non porta tuo stato;
e dèi in ogne lato
     2155mostrare tua franchezza,
e ’n far buona prodezza2
non sie lento né tardo;
che giá omo codardo
non aquistò onore,
     2160né divenne magiore.
E tu per nulla sorte
non dubitar di morte;
ch’assai è piú piagente
morire erratamente
     2165ch’esser vituperato,
vivendo, in ogne lato.
Or torna in tuo paese,
e sie prode e cortese.
Non sia lanier, né molle,
     2170né corrente, né folle».
Cosí noi due stranieri
ci ritornammo arrieri.
Colui n’andò in sua terra,
ben apreso di guerra;
     2175e io presi carriera
per andar lá dov’iera
tutto mio intendimento
e ’l final pensamento
per esser veditore
     2180di Ventura e d’Amore.

Note

  1. [p. 379 modifica]v. 2032. Ho corretto breve in greve’
  2. [p. 379 modifica]v. 2156. Ho premesso n a «far».