Il Quadriregio/Libro quarto/XXI

XXI. Della caritá e dell’opere della misericordia corporali e spirituali

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Federico Frezzi - Il Quadriregio (XIV secolo/XV secolo)
XXI. Della caritá e dell’opere della misericordia corporali e spirituali
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CAPITOLO XXI

Della caritá e dell'opere della misericordia corporali e spirituali.

     — Amor— diss’ella— è la cagione e ’l fine
d’ogni vertú e d’ogni atto morale
e delle cose umane e di divine.
     E tanto ogni vertú appo Dio vale,
5quanto ha d’amore; e quanto d’amor manca,
convien che la vertú da bontá cale;
     ch’amore è volontá accesa e franca
a voler fare; e, mentre l’amor dura,
nell’operar la volontá mai stanca.
     10E questo amor va sempre a dirittura,
quando elegge per fine e per suo porto
il Creatore e non la creatura.
     E cosí alcuna volta anco va torto,
quando elegge per fine e per suo segno
15cosa che manca e che ha l’esser corto;
     onde, s’alcun prudenza, ovver lo ’ngegno,
ovver iustizia, ovver mostri fortezza,
ovver clemenza con atto benegno,
     e ciò facesse a fin d’aver ricchezza,
20non saría questo il buon amor, ch’i’ ho detto,
né quella caritá, che Dio apprezza;
     ché caritá è un amor perfetto,
ed è dilezion contemplativa,
che ’n ciò, che ama, ha Dio per suo obietto;
     25ed ogni cosa, o che sia morta o viva,
ama ed apprezza, in quanto è buona in Dio,
e sopra tutto Lui, donde deriva.

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     E questa caritá, ch’ora dico io,
ama il demonio, in quanto da Dio pende
30per creatura, e non in quanto è rio.
     Cosí di grado in grado ella descende,
amando piú e men, secondo i gradi;
e quanto trova il ben, tanto s’accende.
     Ma, perché amor, se tu diritto badi,
35sta in congiunzion stretta e perfetta,
quando è onesta e fuor degli atti ladi
     questa coniunzion cosí costretta,
chiunque la rompe, separa o disparte,
convien che grave offesa egli commetta.
     40Però, mirando quanto a questa parte
la caritá è altramente ordita,
ed altramente il suo amor comparte,
     prima ama Dio, che l’esser e la vita
dona alla mente, e poi ama se stesso,
45ché nulla cosa ha l’uom piú che sé unita;
     poi ama i genitor dopo sé appresso,
e li figli, la donna e li nepoti,
secondo il grado loro ovver processo.
     In questo amor, se tu attento noti,
50vertú, natura e caso altrui coniunge,
quando è onesto e con atti divoti.
     E, quando questo amor va alla lunge,
se caritá lo scalda e fállo grande,
a’ peccatori ed a’ nemici adiunge.
     55Non ch’a lui piaccian l’opere nefande,
ma, ’nquanto uomini, gli ama e per essi òra,
ed a ben far ancor la man lor spande.
     La caritá appar perfetta allora
laggiú nel mondo, quando è sí accesa,
60che del suo iniuriante s’innamora.
     E, perché la vertude s’appalesa
nell’operar, cosí si manifesta
nell’operar la caritá, c’hai ’ntesa,

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     che ’l pover pasce e che dona la vesta
65a chi è nudo, e visita e dá aiuto
a quello, il qual l’infermitá molesta;
     e va al prigion, che ’n carcere è tenuto,
e che sia liberato e sia disciolto
s’adopra con favore e con tributo;
     70anco è da lei ’l pellegrin raccolto,
e fa che ’l morto di terra si copre,
facendo aiuto perch’e’ sia sepolto.
     E fuor di queste sonno anco sette opre
di spirital pietá laggiuso in terra,
75che per grandezza a queste van di sopre.
     Prima riprende il prossimo, quando erra,
soavemente; e, s’e’ non si corregge,
d’asprezza e poi d’accusa gli fa guerra.
     L’altra consiglia con senno e con legge,
80il prossimo drizzando in la via dritta,
quando sta in dubbio e non sa che si elegge.
     L’altra conforta poi la mente afflitta,
l’animo roborando a pazienza,
che vince, se a terra non si gitta.
     85La quarta dá il dono della scienza
allo ignorante, il nobile tesoro,
che piú che la ricchezza ha d’eccellenza.
     La quinta prega per tutti coloro
che sonno viator nel mortal mondo,
90e per color che stanno in purgatoro.
     L’altra sopporta il gravissimo pondo
de’ viziosi e chi mal si nutríca
col mal costume e col vivere immondo;
     ché, dacché ’l vizio ha la vertú nemica
95e fagli sempre oltraggio, or quinci pensa
se a sopportar li rei è gran fatica.
     L’altra rimette e perdona ogni offensa.
Queste due sempre son l’opre pietose,
che Caritá giú nel mondo dispensa.

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     100Alza la mente omai all’alte cose,
ch’io ti dirò, ch’agl’intelletti bassi
per troppa sottigliezza son nascose.
     Sappi che amor sempre move li passi
dietro al conoscimento; e, se ben note,
105senza esso gli atti del voler son cassi;
     ché amar si posson ben cose rimote
dagli occhi e dalli sensi, ma non mai
s’aman le cose all’intelletto ignote.
     Quanto è ’l conoscimento, o poco o assai,
110del ben, che move ed ha ’l voler piacente,
tanto s’accende amor, di cu’ udito hai.
     E, perché ’l mondo ovver la mortal gente
non ben conosce le cose del cielo,
però non l’ama ben perfettamente;
     115ché non posson veder se non col velo
de’ sensi lor, sí come vede il vecchio
al lume fioco d’un piccol candelo.
     E, perché veggion Dio sol nello specchio,
il Creator nelle sue creature,
120però l’amor laggiú non ha parecchio
     a questo di quassú, che aperte e pure
vede este cose e che da Dio procede
ogni altro bene e tutte altre nature.
     Or veder puoi ch’amor sempre col piede
125va dietro al bene, e tanto ha ’n sé augumento,
quanto el conosce e quanto in bontá eccede.
     Or mira ben a quel ch’ora argumento:
che, quando amor pervien col suo desire
al sommo Ben, che ’l posa e fa contento,
     130giammai da quello amor si può partire,
ché nulla displicenzia è che ’l rimova,
ed ogni complacenzia ha nel fruire.
     E, dacché ogni dolcezza quivi trova
e che quel sommo Bene è infinito,
135sempre la mente trova cosa nova.
     Cosí

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     contentasi il doppio appetito,
in pria la mente e poi la volontade,
ché l’uno e l’altro ha ciò, che ha concupito.
     La mente ve’ la prima veritade
140nella prima cagion, dalla qual vène
ogni altro effetto ed ogni altra bontade.
     La volontá, che ha sete d’aver bene,
lo gusta e beve quivi in la sua fonte,
ch’eternitá e securtá contiene.
     145Però chi vede Dio a fronte a fronte,
convien che abbia caritá compiuta,
se ben ha’ inteso le parole cónte.
     Ma giuso in terra è fredda e diminuta,
sinché, illustrata di lume sereno,
150alzará ’nsino a Dio la sua veduta.
     Per satisfarti ancora ben appieno,
benché sia in cielo amare Dio necesse,
non però il libero arbitrio è qui meno;
     però che quei, che stan nel beato esse,
155amano Dio con volontá amorosa,
se ben hai ’nteso le parole espresse;
     ch’amor e volontá è una cosa,
ed a quel pasto, ove l’amor si pone,
il voler anco libero si posa.
     160E, perché ’n Dio è tutta la cagione,
che ad amar la volontade move,
la qual si move sempre a cose bone,
     però, quand’ella ha lui, non va altrove,
sí come fa la pietra ovvero il foco,
165quand’egli giunge al suo proprio dove,
     ché ogni cosa ha posa nel suo loco.—