Il Quadriregio/Libro primo/XI

XI. Come la dea Minerva discese e seco menò Ilbina ninfa

../X ../XII IncludiIntestazione 31 marzo 2021 25% Da definire

Federico Frezzi - Il Quadriregio (XIV secolo/XV secolo)
XI. Come la dea Minerva discese e seco menò Ilbina ninfa
Libro primo - X Libro primo - XII
[p. 55 modifica]

CAPITOLO XI

Come la dea Minerva discese e seco menò Ilbina ninfa.

     Io me n’andai in un boschetto alpestro,
distante a quelle ninfe, a mio parere,
ben quasi una gettata di balestro,
     sí ch’io poteva udire e ben vedere
5tutti lor atti e tutte lor parole,
ed aspettando mi stava a sedere.
     Ed ecco, come quando il chiaro sole
tra le men folte nubi sparge il raggio,
che quasi strada in cielo apparir sòle,
     10cosí da cielo ingiú si fe’ un viaggio;
e la via lattea, che pel caldo s’arse,
piú che quella in splendor non ha vantaggio.
     Le ninfe tutte alla strada voltârse;
e come quando rischiara l’aurora,
15cosí lucente in cielo un carro apparse.
     E poco stando io vidi una signora
splendente quanto il sol su la mattina,
quando dell’orizzonte egli esce fòra,
     incoronata come la regina,
20che venne a Salomon dal loco d’Austro
per udire e saper la sua dottrina.
     Quando piú presso ingiú si fece il plaustro,
lo scudo cristallin gli vidi in mano,
lucente quanto al sol nullo alabastro.
     25Ed era sí scolpito e sí sovrano,
che tanto adorno nol fece ad Achille,
per preghi della madre, dio Vulcano.

[p. 56 modifica]

     Appresso al carro stavan le sue ancille,
inclite ninfe, intorno a coro a coro,
30ed ogni coro in sé n’ha piú di mille.
     Non ebbe piú splendor, né piú lavoro
il carro, a cui Fetòn lasciò lo freno,
quando trasse i corsier dal cammin loro.
     Vedendo lo splendor tanto sereno,
35l’alpestre ninfe stavan ginocchioni
con reverenza sul basso terreno.
     Quando discesa fu con canti e suoni
la dea Minerva e che fu posto fine
a tanti balli ed a tante canzoni,
     40le ninfe alpestre riverenti e chine
dissono:— O dea, qual vorrai che vegna
di noi e che al tuo regno al ciel cammine?—
     Rispose ella:— Di voi ognuna è degna;
ma ora eleggo Ilbina e voglio questa,
45che venga meco ove da me si regna.—
     E, detto questo, con canti e con festa
la coronò d’alloro e poi d’uliva,
e di fin òr gli fe’ vestir la vesta.
     Poi per la strada, che da ciel deriva,
50la menò seco pel cammin ad erto,
forte a salire ad uom mortal, che viva.
     Io, che m’era occultato in quel deserto
tra dure spine e pungenti cespogli,
il viso alzai di lacrime coperto.
     55— Perché, o Palla, Ilbina mia mi togli?
— dissi piangendo;— e perché a questa volta
d’Ilbina, o dio Cupido, ancor m’addogli?—
     E fuora uscii e con fatica molta
per la celeste strada insú mi mossi
60dietro alla ninfa, la qual m’era tolta.
     E ben un miglio cred’io andato fossi,
che la dea Venus si chinò a pietade:
tanto con li miei preghi io la commossi.

[p. 57 modifica]

     Nell’aere apparse con grande beltade;
65poi scese al carro con faccia proterva,
il qual saliva le splendenti strade.
     — Non senza gran cagione, o dea Minerva
— disse Venus,— io vengo tra la schiera,
che segue te e tuo comando osserva,
     70ché insino al cielo, ove il gran Iove impera,
d’un vago giovinetto è giunto il grido,
che sempre ha ’n me sperato e sempre spera.
     Ed io ed anche il mio figliuol Cupido
una ninfa, ch’è qui, gli abbiam promessa,
75sí come a nostro caro amico e fido.
     E se tu vuoi sapere quale è essa,
Ilbina ha nome, che la dea Diana
la mandò a te ed halla a te concessa.
     E perché la mia spen non fosse vana,
80Iunon la confermò e fe’ che scese
Iris, sua nuncia, presso una fontana.
     Acciò che mie parol sien meglio intese,
mira colui che sal su per la via:
il mio figliuol colui d’Ilbina accese.
     85Costui è quel, di cui prego che sia
la detta ninfa; ed egli è quel che fue
dato da Iuno a lei per compagnia.
     Vedi che move ratto i passi insúe
e per la costa omai è tanto stanco,
90che a pena dietro a te può seguir piúe.—
     Minerva, vòlta verso il destro fianco,
mi rimirò; ed io era da lunge
tre gettar di balestro o poco manco.
     Come che ’l servo se medesmo punge,
95che è visto ed aspettato dal signorso,
che affretta i passi insin che a lui aggiunge;
     cosí fec’io insin ch’io ebbi corso
al carro, ove Ciprigna s’era posta,
che mi aspettava per darmi soccorso.
       100

[p. 58 modifica]

     Come persona a compiacer disposta
a chi la prega, cosí Palla fece
a Citarea benigna risposta:
     — Se a Iunone, a cui imperar lece,
io ho rispetto ed a te che ’l domandi,
105che puoi dir: «Voglio», e fai cotanta prece,
     io mi contento far ciò che comandi;
ma chiama Ilbina e vedi se consente
innanti che ’l mio carro piú su andi.—
     Come donzella, che tra molta gente
110si dé’ sposar, ed ègli detto:— Vuoi
per tuo marito costui qui presente?—
     che, vergognando, abbassa gli occhi suoi;
cosí Ilbina si fe’ vergognosa,
parlando questo le dèe amendoi.
     115Però gli disse Venere amorosa:
— O ninfa, che tra l’altre piú elette
piú bella se’ e piú pari graziosa,
     perché della vergogna sottomette
il tuo bel volto? perché hai temenza
120del mio parlar, che gran ben ti promette?
     Vien’ su nel carro di tanta eccellenza:
io ti voglio parlar quassú da presso:
vien’ su avanti alla nostra presenza.—
     Come la zita col volto sommesso
125va per la via e move il passo raro,
tal andò al carro e poi montò su in esso.
     Mentre salea, io vidi un foco chiaro,
che gli abbruciò l’estremitá del panno,
ond’ella mise un gran suspiro amaro.
     130Quando s’avvide Palla dello ’nganno
e che conobbe il foco, il fumo e ’l segno
del sospirar, che fe’ con tanto affanno,
     si volse a Citarea con grande sdegno:
— Come se’ tanto ardita, o rea e falza,
135tradir le ninfe, che son del mio regno?

[p. 59 modifica]

     Nata nel mare giú tra l’acqua salza,
de li membri pudendi, e tra le schiume,
qual è quella superbia, che t’innalza?
     Madre e maestra d’ogni rio costume,
140pártite e vanne al regno tuo, lá dove
ogni tuo atto è vano e torna in fume.
     Tu lodi il tuo figliuol, che ferí Iove;
ma non fu il vero: Iove anche è diverso
da quel che il cielo ed ogni effetto move.
     145Quel sommo re, che regge l’universo,
porta odio a te e ’l tuo figliuol descaccia,
sí come falso amor, rio e perverso.—
     Come chi scorna, ch’abbassa la faccia
e mormorando seco il capo scuote,
150mostrando irato e con segni minaccia;
     cosí Ciprigna con le rosse gote
partíssi quindi ed al figliuol ricorse,
come chi sé vendicar ben non puote.
     E giá ad Ilbina sarebbon trascorse
155le fiamme e ’l sacro foco insino al core,
se non che Palla il suo scudo gli porse,
     che ha tanta virtú, tanto valore,
che ogni fiamma di Cupido ammorta,
ogni atto turpe ed ogni folle amore.
     160E questo scudo, che Minerva porta,
è di cristallo e ’l capo gorgoneo
ha sú scolpito di Medusa morta,
     vinta per forza e ingegno di Perseo.