Appresso al carro stavan le sue ancille,
inclite ninfe, intorno a coro a coro, 30ed ogni coro in sé n’ha piú di mille.
Non ebbe piú splendor, né piú lavoro
il carro, a cui Fetòn lasciò lo freno,
quando trasse i corsier dal cammin loro.
Vedendo lo splendor tanto sereno, 35l’alpestre ninfe stavan ginocchioni
con reverenza sul basso terreno.
Quando discesa fu con canti e suoni
la dea Minerva e che fu posto fine
a tanti balli ed a tante canzoni, 40le ninfe alpestre riverenti e chine
dissono:— O dea, qual vorrai che vegna
di noi e che al tuo regno al ciel cammine?—
Rispose ella:— Di voi ognuna è degna;
ma ora eleggo Ilbina e voglio questa, 45che venga meco ove da me si regna.—
E, detto questo, con canti e con festa
la coronò d’alloro e poi d’uliva,
e di fin òr gli fe’ vestir la vesta.
Poi per la strada, che da ciel deriva, 50la menò seco pel cammin ad erto,
forte a salire ad uom mortal, che viva.
Io, che m’era occultato in quel deserto
tra dure spine e pungenti cespogli,
il viso alzai di lacrime coperto. 55— Perché, o Palla, Ilbina mia mi togli?
— dissi piangendo;— e perché a questa volta
d’Ilbina, o dio Cupido, ancor m’addogli?—
E fuora uscii e con fatica molta
per la celeste strada insú mi mossi 60dietro alla ninfa, la qual m’era tolta.
E ben un miglio cred’io andato fossi,
che la dea Venus si chinò a pietade:
tanto con li miei preghi io la commossi.