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capitolo xi 57

     Nell’aere apparse con grande beltade;
65poi scese al carro con faccia proterva,
il qual saliva le splendenti strade.
     — Non senza gran cagione, o dea Minerva
— disse Venus,— io vengo tra la schiera,
che segue te e tuo comando osserva,
     70ché insino al cielo, ove il gran Iove impera,
d’un vago giovinetto è giunto il grido,
che sempre ha ’n me sperato e sempre spera.
     Ed io ed anche il mio figliuol Cupido
una ninfa, ch’è qui, gli abbiam promessa,
75sí come a nostro caro amico e fido.
     E se tu vuoi sapere quale è essa,
Ilbina ha nome, che la dea Diana
la mandò a te ed halla a te concessa.
     E perché la mia spen non fosse vana,
80Iunon la confermò e fe’ che scese
Iris, sua nuncia, presso una fontana.
     Acciò che mie parol sien meglio intese,
mira colui che sal su per la via:
il mio figliuol colui d’Ilbina accese.
     85Costui è quel, di cui prego che sia
la detta ninfa; ed egli è quel che fue
dato da Iuno a lei per compagnia.
     Vedi che move ratto i passi insúe
e per la costa omai è tanto stanco,
90che a pena dietro a te può seguir piúe.—
     Minerva, vòlta verso il destro fianco,
mi rimirò; ed io era da lunge
tre gettar di balestro o poco manco.
     Come che ’l servo se medesmo punge,
95che è visto ed aspettato dal signorso,
che affretta i passi insin che a lui aggiunge;
     cosí fec’io insin ch’io ebbi corso
al carro, ove Ciprigna s’era posta,
che mi aspettava per darmi soccorso.
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