Il Parlamento del Regno d'Italia/Luigi Ranco
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deputato.
È nato in Asti, il 7 maggio del 1815, ove fece gli studi primordiali sino alla filosofia inclusivamente. Recatosi quindi all’università di Torino, vi subì al suo primo giungere, l’esame d’ammissione al corso di matematica, e ciò contro all’uso in allora generalmente invalso di dedicare un anno intiero agli studi preparatori. Ammesso con lode, attese allo stesso corso sotto quegl’insigni professori che han nome Plana, Bidone, Giulio e Pollone.
Il 3 agosto del 1836 il Ranco ottenne la laurea d’ingegnere idraulico, e il 4 aprile del 1837 conseguiva quella di architetto civile.
Ricevuto quindi nel regio corpo del genio civile, ed applicato all’ufficio dell’ispettore cavalier Mosca, ebbe immediatamente campo di distinguersi, fornendo due importantissimi lavori, uno de’ quali la carta stradale di tutto lo Stato, opera complicatissima per la divisione che venne operata in essa di tutte le strade in quattro categorie; reali, cioè, provinciali, comunali e vicinali, e la suddivisione di ciascuna categoria in istrade sistemate, in corso di sistemazione, o da sistemarsi; l’altro la riduzione in iscala, e rappresentazione con appositi disegni di tutte le principali opere e monumenti esistenti allora in fatto di lavori pubblici in Francia, nel Belgio ed in Inghilterra, e che erano state annotale e raccolte dal prefato cavaliere Mosca in un viaggio a tal uopo eseguito in quei diversi paesi.
Dati saggi così cospicui di acutezza di mente e di profondità di scienza, il Ranco passò all’ufficio l’ingegnere capo della provincia di Torino, ed ebbe pure occasione di distinguervisi nella disastrosa stagione autunnale del 1859, in cui straordinarie piene rovinarono dovunque ponti, argini e strade.
Promosso quindi ad ingegnere della provincia d’Annecy e successivamente chiamato al medesimo posto in quella di Voghera, quando infine, nell’anno 1846, il Piemonte vide iniziarsi l’êra propizia delle costruzioni ferroviarie, si fu all’ingegnere Ranco cui vennero affidati gli studi e l’incarico della direzione dei lavori pel tronco più importante e più difficile della ferrovia di Genova, da Novi, cioè, a Ponterosso. Si fu in tal occasione che l’acuto ed audace ingegno del nostro protagonista, l’infaticabile sua attività, la fermezza sua di proposito, che suol farsi ognora più forte quanto maggiori sono gli ostacoli che tentano opporsegli, ebbero vastissimo campo di dar mirabile mostra di sè. Cinque gallerie della lunghezza complessiva di sei chilometri, dieci grandi ponti, quattro dei quali di quaranta metri di luce ad un sol arco, due giganteschi viadotti, quello di Pietra Bissara e l’altro d’Isola del Cantone, sono tali opere che tutti coloro, i quali visitano con la dovuta attenzione quell’ammirabile ferrovia, non sanno saziarsi di lodare, giudicandole degne di star a fronte delle più memorande di Roma antica. Non maraviglieremo dunque alcuno, affermando che il Ranco si è mediante quell’immortale costruzione guadagnato a buon dritto la fama di sommo, e il posto tra i più cospicui ingegneri del tempo.
Chiamato poscia a sorvegliare in Savoja, colla qualità di regio commissario, la costruzione della strada ferrata Vittorio Emmanuele, n’ebbe ben presto ad assumere la direzione qual ingegnere capo, e mediante l’opera sua efficacissima, quel tronco che stendesi da Saint-Michel a Culoz e che tutti i passeggieri percorrono con inesprimibile soddisfacimento, tanto esso maestrevolmente si svolge attraverso uno de’ più svariati e pittoreschi paesi, fu ben presto condotto a compimento.
Contemporaneamente il governo gli affidava l’incarico dello studio di una intera rete di ferrovie in Savoia, e quando tre altri distinti ingegneri immaginarono di perforare il Moncenisio mediante il sistema motore della compressione dell’aria, il Ranco prese parte attiva alle loro ricerche, si convinse della possibilità dell’esecuzione di quell’opera gigantesca, e quel ch’è più, giunse a comunicare il proprio convincimento al conte di Cavour, che, come sappiamo fece sua l’impresa e dal campo dei progetti valse a portarla — ei solo per avventura il poteva — in quello dei fatti.
Nel 1861 la propria città nativa inviava il Ranco a sedere sui banchi del Parlamento Italiano, ove fin dal primo suo entrarvi, occupava uno de’ più notevoli posti tra gli uomini di scienza. Poco tempo dopo il governo gli affidava l’importante missione di recarsi a Napoli onde esaminare in che stato vi si trovassero i vari rami dei pubblici lavori, invitandolo a proporre tutte le opere e miglioramenti ch’ei giudicasse opportuno venissero adottati. Tale missione fu da lui adempiuta con quello zelo e quella perspicacia che gli son proprie, ed a cospicuo risultato di essa presentò al Ministero delle pubbliche costruzioni cinque rapporti completi e corredati di apposite carte relativi, il 1.° ad una rete generale di ferrovie, il cui progetto in genere è quello stesso che si è poscia adottato; il 2.° alle strade ordinarie; il 3.° ai porti; il 4.° alle bonificazioni dei terreni; il 5.° alle strade ferrate in esercizio. A testimoniargli il proprio soddisfacimento per sì importanti lavori, il governo del Re innalzò il Ranco al grado di commendatore dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, mentre abbiamo omesso di dire che fin dal 1857, in benemerenza delle opere efficacissime, mediante le quali egli era riuscito a salvare il ponte della Stura presso Torino e l’annessa strada contro straordinarie piene delle acque, era stato insignito della croce di ufficiale dello stesso ordine. Nè ci sembra dover tacere che simili onorificenze gli sono state conferite dai governi di Francia e di Svezia.
L’ingegnere Ranco, la cui parola è ascoltata con molta attenzione alla Camera, sopratutto quando tratta le importanti materie di pubbliche costruzioni, è tuttora ingegnere capo e direttore della società della ferrovia Vittorio Emmanuele.