Il Novellino/Parte quinta/Novella XLVI
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il dona: l'arabo per gratitudine il torna a servire
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NOVELLA XLVI.
ARGOMENTO.
A LO ILLUSTRO ED EXCELLENTE SIGNORE CONTE DE FUNDE ONORATO GAJITANO DEL REAME PROTONOTARIO1.
ESORDIO.
Dopo che singolare tra magnanimi e liberali devi e meritamente essere ascritto, eccellentissimo Signore mio, dovendo io de magnificentia il cominciato virtuoso camino continuare e finire, e una de mie novelle a Te, che l'Onorato nome hai con le proprie virtuti illustrato, intitulare, me pare assai debita cosa che non de altro che virtuosi gesti se te debbia scrivendo ragionare. Entrate dunque, virtuosissimo Signore, nel fertile e vago giardino, a l’uscir del quale te supplico debbi da quello fede liberalità e gratitudine per odoriferi fiori cogliere e odorare, a che col tuo grande cognoscimento possi vero iudicio donare quale de essi deve essere nel cospetto degli uomini de maggiore onore e laude commendato.
NARRAZIONE.
Quante e quale sieno state mirabili le imprese con le vittorie e gran conquiste insieme e pigliate e avute per li cristianissimi Principi de Portugalia, e quanto sia digno de memoria el passar del grande mare tante e tante volte con loro potentissimo e bellicoso esercito nell’africana regione contro degli Arabi, essendo già per l'universo noto, più soperchio che necessario saria a le particolarità de quelle venire. Pure de li passati lassando e de questo moderno e invitto Signore Re don Alfonso la istoria sequendo dico, che doppo el manutenere della populosa città de Agalsere Segher e d’altri assai paesi per lo eccellentissimo e serenissimo signore Re suo padre occupati e tolti al gran Re de Fes, e per lui acquistato Tanger, e accampatose con soe genti alla quasi inespugnabile città de Arzil, e quella redutta tanto allo estremo che non possea né poco né molto più sostenerse, fu al signore Re significato come el Re de Fes mandava un capitano suo parente animoso e gagliardo, savio e prudente cavaliero, e da gli Arabi molto amato, per nome detto Molefes, con mirabile esercito de Arabi al soccorso de la assediata Arzil. Per el che el Re don Alfonso non volendo a gli alloggiamenti aspettare, lassate a bastanza proviste le bastie d’intorno la città, con la maggiore parte de la sua più utile gente se fe' incontro de l'arabo capitano, e in maniera che una matina in sul fare del dì i doi potentissimi eserciti affrontatisi, doppo la longa contentione de aspra e sanguinosa battaglia, gli Arabi furono posti in volta rotti e fracassati, la maggior parte dei quali morti feriti e presi, pochissimi fuggiti; e tra gli altri el loro capitaneo per non volere sua gente abbandonare fu preso de molti colpi ferito. La presa del quale fu al Re non meno che l’avuta vittoria cara, sperando, tanto uomo all’inimico tolto, el resto degli Arabi in breve tempo debellare; per la qual cagione doppo la avuta Arzil senza altro contrasto, deliberò appresso de sè a perpetuo carcere bene servuto e onorato el tenere. La novella de l’avuto conflitto al Re de Fes venuta, e da lui con dolore e rencrescimento grandissimo tollerata, mandò subito soa ambassaria al Re Don Alfonso pregandolo che se per l’ordine militare non gli volìa el suo capitaneo remandare, come a pregione de ricatto gliel concedesse, gran quantità de moneta ed altri doni assai per lui offerendogli: alla quale el Re in brievi parole respose, che avendo lui con incommutabile decreto deliberato che el suo contrario volere del tutto se anteponesse a la ragione2, niuna quantità de tesori fosse bastevole de quello retrarlo, e però di ciò più oltra non si parlasse, che ogni altra replica saria stata vana. Per el che la madre dell’arabo cavaliero tale diffinita risposta sentita, ancora che cognoscesse ogni altra speranza o partito essere nulla, pure essendo madre, che non possono se non unicamente amare, propose con la soa prudenza e gran ricchezza insieme non vi lassare cosa alcuna a fare per avere el suo unico e caro figliolo; e così senza aspettare né volere da altrui consiglio, montata a cavallo con molti de soi accompagnata e con onorevole carriaggio, a l'oste del cristiano Re se ne venne; e senza altro intervallo dinanzi al suo padiglione smontata, fu subito tale venuta al Re intimata, della quale alquanto admirato rimasto, gli se fe’incontro, e con grandissimo onore e massima reverentia ricevuta, e doppo alcuni ragionamenti, la donna con ordine temperato al Re disse: Excellentissimo Signore, io non dubito che tu non senza ragione te meravigli della mia imprevista e fiduciale venuta nel cospetto de toa Maiestate, nondimeno sentendo le vere ragioni che a ciò me hanno tirata, non solo non maravigliato ma pietoso e de grazie repieno te faranno oltra lo solito devenire. La toa alta e savia Maiestà, la quale tiene el cuore in mano de Dio, po’ e meritamente con ragione considerare quante e quale sieno le pene e li dolori che hanno le povere madri sentendo i figlioli in qualche sinistro caso, e massimamente quelle che uno solo ne teneno, come io misera, quale nessuna quiete nessuna pace po' l'afflitto cuor mio possedere; dove cognoscendo la singular virtute, con la mirabile fama de toa alta corona insieme, me hanno data sì fatta securitate che senza altramente da te essere guidata me sono qui condotta. Ove essendo, per el tuo Dio, per la fede e onore del quale, e per la virtute de bono cavaliero, solo pugni e combatti, te supplico e scongiuro sia de toa mercè donarme el mio unico e da me tanto amato figliolo: e come che a sì fatto dono niuno gran pregio basti per recompensa, pure io come a donna, che de natura semo de poco core, avendo qui meco XXX milia doble portate, da mia parte te degni receverle, e solo per un recordarte de mia venuta, a una leggiera colazione de toi cavalieri le converterai; ed io cognoscendo non che el figliuolo ma la vita in dono da te recevere, lui ed io con quanto tenemo, salva la nostra legge, saremo de continuo ad ogni tuo piacere e comando. El Re molto più che prima de la fè, de la sagacità e prudenza dell'araba maravegliato, ancor che da molti de' soi a retenerla fosse confortato, per avere a un tratto e i tesori e il grande stato che tenea, nondimeno lui, solo de la virtute recordandosi, deliberò tutto lo resto del mondo non bastare quella in alcuno atto ledere o maculare, e a lei con piacevole viso rispose: Donna, la vostra liberale venuta con le laudevoli cagioni insieme hanno trovato in me sì fatto loco e avuta tanta forza de rompere e spezzare il duro e lungo mio deliberato proposito; e in brevi parole respondendovi, voglio che el vostro figliuolo ve sia restituito con tale conditione, che come lui in prima può debbia a me retornare e in campo a la cominciata impresa servirme; e se ciò da incomodità gli sarà interdetto, me prometta per niuno tempo l'arme contra di me né di mie genti pigliare, né contra le mie bandiere comparere. La donna dopo le debite grazie renduteli, con virilitate non piccola rispose: Serenissimo signor Re, io me guarderò de prometter cosa che attendere remanga nell’altrui potere; però io restando tanto de la toa regale Maiestà in quello se vole de me servire3 che promettere e lo attendere averà uno medesimo effetto; e però le domandate conditioni le voglia promesse da chi le po' attendere, che io non dubito, promettendole, se morte ne dovesse recevere, inviolatamente per lui saranno tenute ed osservate. A lo liberalissimo signore Re piacque molto la virtuosa risposta della donna, e de maggiore autoritate estimò la donna che estimata l’avea. E subito che, dopo le materne e amorevoli accoglienze e altri necessari ragionamenti, per il Signore Re e per la sua matre fu a lo cavaliere la conditionata libertà palesata, quale da lui intesa, con intero animo al nobilissimo signore Re rivolto, disse: Virtuosissimo Signore, cognoscendo non bastarne de gran lunga parole per recompensa de' fatti, me remango renderti quelle debite grazie che a tanto magno e alto da te recevuto beneficio per me pensare se dovessero, e solo me resta el pensare come di ciò in futuro possa de alcuna gratitudine essere commendato; pure a l’ultime domande respondendo dico, ch’io essendo come sono già prima a la mia legge che a la dimandata conditione obligato, quella potria essere in maniera de necessità che me bisognasse per suo comodo e servizio come a primo debito le arme pigliare e obsequire, quanto il suo bisogno, me costringesse non potria tale promessa né poco né molto osservare. E però toglialo Iddio tale pensare de promettere cosa certa che per possibile accidente ne possa venir meno. E oltra ciò donandome libertate con qualsivoglia obligatione, oltre che pur prigione me pareria remanere, volendo alcuna virtute usare, per isforzata e non voluntaria saria da' presenti e dai posteri giudicata. Dunque per la toa virtute, degna senza alcuna conditione libertate donarme, overo appresso de te me lassa el remanente de mia vita nella solita carcere macerare. Cognobbe el virtuosissimo e illustrissimo Re la intera virtute del cavaliero dalla grandezza de l'animo della madre non degenerare; a le quali parti parendo per debito essere obligato, volse ad essi demonstrare che niuna loro usata virtute bastasse la generosità del suo spirito occupare: e così senza aspettar lo tempo a la resposta disse: Io non voglio che niuno de voi qui reste né lasse alcuna natura de roba per fatti né veruna parola per pegno; e però, donna, togliti el danaro che per me avevate portato, e con lo vostro caro figliolo insieme ve ne ritornate a casa, perchè de reale Re suole esser proprio la liberalità, e massimamente a Voi che in quella sperastivo, e per lunghezza de camino qui con la persona, e beni e con onore vi site presentala, non saria condigna cosa quello dove avete sperato mancarvi; chè poi de la nostra morte ne senteriamo infamia; e saria assai peggio tale nome a la nostra corona poi a li felici nostri dì, che non senteriamo comodità della vita del tuo unico nato e vostra, e de’ vostri tesori. E a voi e a lui remanga la guerra e la pace, el prendere e lassare le arme contro de me, che io spero anco senza lui ottenere la optata vittoria de mia giusta impresa. E fatti venire de molti ricchi e nobili doni, quali a la dignità soa e al valore de quelli se conveneano, con li quali insieme dato loro ultimo commiato, e fattigli onorevolmente accompagnare, lietissimi al loro paese se ne ritornorno. Ove tra gli Arabi essendo, e in secreto e in pubblico ninno ve era che lo potesse credere, anzi parea una cosa fuora de ogni accidente umano, e con caterva grande correano le donne e gli uomini a vedere la donna con lo figliolo in el paese ritornati; e de continuo la donna predicava la sagacità del Re, e non se vedeano sazii ricontare e con summe lode commendare la magnificentia, liberalità, e gran virtute del Re don Alfonso; dalle quali mirabili parti e la madre e el figliolo spronati volsero loro gratitudine demonstrare. Per el che Molefes fatti grandissimi apparati di gente e de moneta, a la novella stagione suntuosissimamente uscito in campo con circa XV milia combattenti de cavallo e de piede, senza alcuno sentimento a lo Portugalese Re donarne, al suo campo se representò. El excellente Re ciò sentendo, non meno de nova maraveglia che de allegrezza repieno, con grandissimo onore e reverentia el recevette; e sempre come a proprio fratello accarizzandolo appresso de sè el tenne: el quale ogni dì de nova gratitudine vinto, con amore intero e lealtà grandissima per fin clae visse a soe spese bellando4 contro gli inimici il servette de continuo.
MASUCCIO.
Volendome con le ultime parole de l'esordio de questa passata novella confirmare, me pare che meritamente le ricontate tre virtuti, l'una da l'altra causata, se posseno ognuna da per sé per singulari odoriferi fiori odorare. E certo lo essere Mora de la donna non toglierà de la penna la sua usata virtute, la quale ancora che da materno affetto fosse tirata, pur mirabile fu la soa fede nel pigliare tanta securitate nella virtù de uno Re cristiano, de lei e della sua legge nimico e debellatore, e contra la qualità di femine, che sono timide avare e sospettose, gli ponere a un tratto persona onore e avere tra le mani: per el che se de mancamenti e defettiva natura de donne se avesse a ragionare, sempre la nostra araba ne saria eccettuata. Ma per non volere tanto lei laudare che li compagni siano al numero degli obliti, dico che grandissima e massima senza mezzo se può la liberalitate del nostro liberalissimo signore Re scrivere e annotare, dire e narrare. Però non sapendo a quale grado la immensa e inestimabile gratitudine dell’arabo capitano ed exceliente e nobile cavaliero porre, lasso tale non decisa lite a coloro che de maggiore grazia e discretione de intelletto sono da la natura dotati, i quali saperanno l'una senza offensione de l'altra con diverse laude commendare. E io da la strata de virtute non togliendome, sequerò con altro giusto e alquanto severo regale gesto digno de gran memoria, che non meno che li recontati se deve e può degno de memoria fare.
- ↑ Camillo Porzio nella Congiura de' Baroni, lib. 3. cap, 25 ci fa conoscere chi era questo barone — È l’anno 1487.
«Fra fra tante pusillanimi azioni e distorte, un raro esempio avvenne e virtuoso, indegno veramente che fra questi si frametta. Onorato Gaetano, Conte di Fondi, fu uomo di singoiar prudenza e più per fede chiaro. Egli in tutta la guerra presente, non resparmiando né la roba né la grave età, aveva fedelmente servito li padroni, non ostante che il Principe di Bisignano gli fosse genero, e tutti gli altri ribelli di parentado congiunti. L’opposito, come si é detto, aveva operato il figliuolo Conte di Morcone. Nondimeno il Re lo dissimulava, disposto totalmente a volere che il merito dell’uno il demerito dell’altro cancellasse. Ma il padre incrudelito nel proprio sangue, nol sofferse, e persuaselo a carcerare il figliuolo e del commesso peccato inquisirlo, con sì fatta severità che poco appresso fe' vituperevolmente giustiziare un soldato del castello che intendeva farlo fuggire: dicendo, se le offese dai servigi si potessino sgravare, niuno di quei colpevoli meritar castigo; perchè non solamente i loro padri, ma eglino stessi avere alcuna volta il re giovato. Arrossì Ferdinando della magnanimità del Conte; e risoluto in ogni modo di volerla superare, chiamò il primogenito di Morcone ancor fanciullo, e fègli sposare madama Sancia naturale figliuola del Duca di Calabria, promessogli in dote la vita e lo stato del padre. A tanto la emulazione della virtù forza gli animi quantunque depravati». E figliuola o nipote di questo Conte fu quella Mandella Gaetani (Raimondella), principessa di Bisignano, che sola fra tanti congiurati pusillanimi mostrò senno ed animo virile, ed ingannando il sospettoso Ferdinando, fuggì a Roma con sei figliuoli. - ↑ Così dice, e mi pare non bene nè chiaro.
- ↑ Non fa senso: manca
- ↑ bellando, guerreggiando.