Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/XCI - Qual a te non veder del Savio l'acque
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XCI.
Sonetto rivolto all’amico Pasolino — di cui ricorre il nome nel Novelliere — anch’egli lontano dai luoghi a lui cari. Accenna ad un incidente occorsogli, pare ad una caduta da cavallo. E che solesse cavalcare si rileva anche dal son. XXXVI, v. 11.
Qual a te non veder del Savio l’acque,
O in ripa a quel non star a capo chino,
Doglia s’accresce, caro Pasolino,
4Da ch’ei cotanto alla tua vista piacque:
Tal, anzi assai maggior, in cor mi nacque,
Quando rimasi a mezzo del cammino,
Poichè divisi all’ombra del gran Pino
8Il caval, non so come, in terra giacque.
Che tra gl’irsuti e noderosi pini,
Che ’n foce al Savio crescer fa natura,
11Rimasi com’il mondo senza sole.
Così per la foresta orrenda e scura,
Alle mie voci i monti più vicini
14Davan con Eco l’ultime parole.
Note
V. 1. Savio, fiume dell’Italia centrale che ha foce nell’Adriatico.
V. 3. Pasolino, Alessandro, dottor di leggi, nativo di Cesena, dove «tanti piaceri» fece al Bandello, che gli dedicò una novella I-29, chiamandolo «Pasolino mio soavissimo».
V. 9. Pini, detti con pittorica efficacia per fronde e rami; irsuti e noderosi, nodosi.
V. 11. Bel verso, cadenzato e di suggestiva risonanza: esprime in modo indefinibile e vago sia l’intontimento per la caduta da cavallo, sia il dolore per il distacco. E buona la terzina successiva.
V. 14. Eco, Ninfa, è la più famosa tra le Oreadi, ninfe dei monti.