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Il Canzoniere 145

     Alle mie voci i monti più vicini
     14Davan con Eco l’ultime parole.


V. 1. Savio, fiume dell’Italia centrale che ha foce nell’Adriatico.

V. 3. Pasolino, Alessandro, dottor di leggi, nativo di Cesena, dove «tanti piaceri» fece al Bandello, che gli dedicò una novella I-29, chiamandolo «Pasolino mio soavissimo».

V. 9. Pini, detti con pittorica efficacia per fronde e rami; irsuti e noderosi, nodosi.

V. 11. Bel verso, cadenzato e di suggestiva risonanza: esprime in modo indefinibile e vago sia l’intontimento per la caduta da cavallo, sia il dolore per il distacco. E buona la terzina successiva.

V. 14. Eco, Ninfa, è la più famosa tra le Oreadi, ninfe dei monti.


XCII.

Il viaggio volge alla fine. Il poeta dice la commozione, la gioia del ritorno in riva al Mencio, presso alla Mencia amata.


Or son pur giunto al fin del mio viaggio,
     Che tanto tempo m’ha tenuto lunge
     Dal vago lume il cui splendor aggiunge
     4Anzi del sol sormonta il chiaro raggio.
Caldo, vivace, altier senza paraggio
     Lume, ond’Amor mai sempre il cor mi punge,
     Poichè si poco spazio mi disgiunge
     8Da te, ragion di sospirar non haggio.
Che del chiar Mencio solco le bell’acque,
     E già propinquo sono al sacro loco
     11Ove la figlia di Tiresia giacque.
E sento de’ begli occhi il vivo fuoco,
     Per cui d’arder al mondo sol mi piacque,
     14E più m’allegro quanto più m’infuoco.


V. 2. Lunge, l’assenza fu lunga.

V. 3. Aggiunge e cioè raggiunge e supera lo splendore del sole, il fulgido lume, l’occhio della Mencia, detto caldo, vivace, altiero.