Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/LXXXVI - Quando sará che gli occhi Amor appaghi
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LXXXVI.
Erra per località varie e sospira e invoca da Amore di poter rivedere la Mencia e di non scostarsi mai più da lei.
Quando sarà che gli occhi Amor appaghi
Della fatal, divina lor viva esca,
Quando che i passi fermi, che coi maghi
4Atti leggiadri la tua face adesca?
Felice Endimion, ch’i lumi vaghi
Tanto godesti in l’amorosa tresca,
E tu, Leandro, che i marini laghi
8Lieto solcasti all’aura dolce e fresca!
I’ per me privo dell’amata vista,
Ch’alluma e scalda il mondo freddo e cieco,
11Erro piangendo travagliato e lasso.
Dunque se grazia mai da te s’impetra,
Amor, perchè non fai, ch’un giorno seco
14Mi trovi ed indi mai non mova il passo?
Note
V. 3. Passi fermi, l’incedere risoluto, la fermezza del passo ben marcato. — Maghi, pien di magia, di fascino. Cfr. son. III, v. 6, e son. XLVIII, v. 8.
V. 4. Adesca, attrae la tua face, fiaccola, i suoi occhi dardeggianti.
V. 5. Endimion, bellissimo giovane greco, pastore o cacciatore, di cui una leggenda narra gli amori con Selene, la Luna; questa ogni notte lo baciava dormente in una grotta del Latmo.
V. 6. Tresca, in buon senso per idillio, pratica d’amore.
V. 7. Leandro, giovine d’Abido amava Ero, sacerdotessa di Venere e la visitava a Sesto di nottetempo attraversando a nuoto l’Ellesponto. Nella traversata una notte annegò ed Ero, per amor suo, si gettò e morì anch’essa nelle onde.
V. 9. Per me, per conto mio.
V. 10. Verso di certa ampiezza sonora; alluma, illumina il mondo che senza luce è buio, cieco. Si ripensi al dantesco: «Lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui», Purg., XVI, 66.
V. 12. Se mai avviene che s’invochi da te una grazia, questa, o Amore, sia per me quella di starmene un giorno solo con la Mencia.