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Il Canzoniere 139


V. 5. Endimion, bellissimo giovane greco, pastore o cacciatore, di cui una leggenda narra gli amori con Selene, la Luna; questa ogni notte lo baciava dormente in una grotta del Latmo.

V. 6. Tresca, in buon senso per idillio, pratica d’amore.

V. 7. Leandro, giovine d’Abido amava Ero, sacerdotessa di Venere e la visitava a Sesto di nottetempo attraversando a nuoto l’Ellesponto. Nella traversata una notte annegò ed Ero, per amor suo, si gettò e morì anch’essa nelle onde.

V. 9. Per me, per conto mio.

V. 10. Verso di certa ampiezza sonora; alluma, illumina il mondo che senza luce è buio, cieco. Si ripensi al dantesco: «Lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui», Purg., XVI, 66.

V. 12. Se mai avviene che s’invochi da te una grazia, questa, o Amore, sia per me quella di starmene un giorno solo con la Mencia.


LXXXVII.

A Beatrice, regina d’Ungheria, che altra volta lo risanò, dice di non aver più oggi la forza — malato di ferita d’amore — di dimostrarle la sua gratitudine.


Alma Reina, cui di questa vita,
     Qual ella resti, debitor mi trovo,
     Venirti a riverir credea; ma novo
     4Morbo mi fere, e non mi giova aìta.
In me l’un mal un altro innova e invita
     Con accidenti tai, che spesso i’ provo
     La morte istessa e punto non mi movo,
     8Qual si fosse da me l’alma partita.
A darmi aiuto non si trova via,
     Onde al fin giunto a ritrovar men volo
     11Il sacro mio maestro ai regni suoi.
Più della morte duolmi questo solo
     Che mostrarti non posso quant’i’ sia
     14Grato di tanti beneficii tuoi.