Idilli (Teocrito - Romagnoli)/IX - I cantori

IX - I cantori

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Teocrito - Idilli (III secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1925)
IX - I cantori
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IX

I CANTORI

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PERSONAGGI

Dafni
Menalca
Il giudice dela gara


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Dafni, l’agreste intona canzone; e comincia tu pure,
Dafni: comincia tu, tu segui, Menalca: i vitelli
sotto le vacche, sotto le manze cacciando i torelli,
e tutti quanti vadano al pascolo, ed errin fra l’erbe,
senza sbandarsi. E tu intona l’agreste canzone,
e a te, canto per canto, Menalca la replica dia.


dafni

Ha la vitella voce soave, soave la manza,
soave la zampogna, soave il bifolco, ed io stesso.
E presso all’acque ho un fresco giaciglio, e di bianche giovenche
sopra s’ammucchiano pelli fulgenti, che giú da un’eccelsa
rupe, mentre esse brucavan corbezzoli, scosse Libeccio.
E tanto io dell’Estate che brucia mi prendo pensiero,
quanto i ragazzi d’udire, se parlano il padre o la madre.

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menalca
O Etna, madre mia, dimoro fra concave rupi
anche io, dentro una bella spelonca; e assai pecore e assai
capre posseggo, quante veder se ne possono in sogno,
e sotto il capo e sotto i pie’ me ne giacciono i velli;
e latte e miele il verno per me sta sul fuoco a bollire,
sul fuoco sta la secca faggiòla; e del verno mi curo
quanto chi denti non ha, delle noci, se gli offri una torta.

E ad essi allor battei le mani, ed offersi i regali.
Diedi un randello a Dafni, cresciuto nei campi paterni,
cosí com’era; e sí non l’avrebbe emendato un artista;
ed a quell’altro un guscio di strombo, che un dí fra gli scogli
d’Icaro avevo predato: fra cinque — ché cinque eravamo —
io ne divisi la carne. Menalca die’ fiato in quel guscio.

Salvete, o Muse agresti, salvete, ed il canto ridite
che un giorno a quei pastori cantai, mentre stavo con loro,
ché non mi debbano a somma la lingua gonfiar le vesciche.
S’aman cicala e cicala, formica e formica, sparviere
e sparvïere: a me son cari la Musa ed i canti.
Piena io me n’abbia sempre la casa: ché il sonno piú dolce
non m’è, non Primavera che súbita sbocci, né tanto
i fiori all’api: tanto le Muse io diligo. E chi quelle
miran benigne, immune rimane dai filtri di Circe.



Nota

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IX

I CANTORI

Non c’è da spender troppe parole intorno a questa bazzecola, composta con ritagli presi qua e là da altri idilli, e non dei piú eleganti e coloriti. Gran discussione al solito, tra i filologi, per decidere se l’autore sia o non sia proprio Teocrito; e i piú negano. Anche a me non parrebbe. Ma, al solito, è inutile perder troppo tempo in simili ricerche, che, a parte il valore essenziale (inesistente) dei loro possibili risultati, non possono mai giungere a conclusioni inoppugnabili. E cosí, anche qui, non si potrà mai escludere in linea assoluta che anche questa birbonatella sia uscita dalla penna di Teocrito:

Le divin Mahomet enfourchait tour à tour
Son mulet Daïdol et son âne Yafour;
Car le sage lui même a, selon l’occurrance,
Son jour d’entêtement et son jour d’ignorance.