I suicidi di Parigi/Episodio terzo/XIX

Episodio terzo - XIX. Fiat lux

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Episodio terzo - XVIII


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XIX.

Fiat lux

La duchessa si lasciò cadere sulla dormeuse.

La sua immaginazione prese in un istante le ali degli angeli e la condusse, in pochi secondi, a traverso i suoi anni di giovinetta, poi di giovane donna, poi di giovane madre. Il suo passato le formava intorno un pianeta. Passava per la via lattea della sua innocenza e si elevava verso le altitudini cui i primi raggi dell’aurora invermigliano.

Quei fuochi eran quelli del salone di Morella!

Questa memoria imporporò le guance di Vitaliana.

La sua testa bruciava di già. Il suo sangue bolliva ed aveva una tanta violenza di flusso e riflusso, che si udivano i battiti del cuore. I suoi occhi avevano delle fiamme come quelle dei punch, piuttosto come quelle di quegli angeli che i primi amarono le figlie dell’uomo. Il seno di Vitaliana si gonfiava come il mare sotto le carezze della luna; la sua respirazione ardeva.

Psiche era animata!

Sembrava più alta.

Ella poteva dire dell’amore ciò che Ovidio aveva detto dell’ispirazione: un Dio è in noi; al suo soffio bruciamo — est deus in nobis, flavente calescimus illo!

A questo zenit del parossismo del vaneggiamento, o piuttosto dell’introspezione, ella ebbe come una scossa e saltò impiedi.

Adriano entrava.

La porta del balcone del suo boudoir, di dove il duca era passato, era stata lasciata aperta dal padrone della casa. [p. 366 modifica]

In un baleno, Vitaliana si precipitò alla porta della sua camera e la chiuse.


Un quarto d’ora dopo, si sarebbe potuto veder nelle tenebre un fantasma alle pupille del tigre, avanzar dolcemente, ritenendo il fiato, ammortendo il fruscio del suo strisciare.

Quando il duca — era desso — fu alla porta della camera di sua moglie, e’ si raddrizzò e spinse il lucchetto esterno.

Con la stessa precauzione, passò nella stufa. Si avvicinò al balcone di quella camera fatale, cavò una piccola lanterna cieca — di cui proiettò il lume sul buchino che vi aveva praticato la mattina — e vi colò dentro una vite cui girò e serrò.

Quindi ritornò alla porta della camera.

Aveva alla mano una pistola, e nello sparato del suo panciotto un lungo stile.

La porta era stata chiusa a chiave precipitosamente da Vitaliana. Ond’è, ch’egli non poteva veder nulla a traverso il buco della toppa.

Ma udiva tutto.

Accollò quindi il suo orecchio a quel buco della serratura... E le sue unghie, come dei graffi di leone, lacerarono la carne del suo petto.

Dio mio! che cosa è la morte, all’indomani di quella notte in cui Romeo si attardò fino al canto dell’allodola dell’alba, nella stanza di Giulietta! La vita à dessa ancor dei misteri, dei raggi, dei poemi, dopo che la bocca di Giulietta à rivelato l’armonia della danza degli astri?

Il duca sapeva che quella camera nuziale dell’amore era una tomba... e nonpertanto egli invidiava le sue vittime!

E la sue unghie si conficcavano più dentro e più dentro nelle sue costole, e sembravano farsi strada verso il cuore, per impedirgli di sobbalzare.

Quanto tempo quel dannato rimase egli a quella porta del paradiso?

Egli uscì precipitosamente di nuovo, per la porta segreta donde era entrato alle undici, poscia, alle tre del mattino, rientrò per la grande porta esterna del palazzo. [p. 367 modifica]

Andò dritto alla sua camera, rifiutando il servizio dei suoi famigliari.

Il duca ritornò alla porta della camera di sua moglie.

Poco dopo, tutti dormivano nella magione — tranne lui ed Adriano forse!

No, Vitaliana anch’ella vegliava.

Non udite voi quella parole interrotte, quei sospiri che, come bianchi cherubini, volano verso Dio; quella solfa profumata, che è un inno alle penne d’oro?

Ed il duca lacera e lacera sempre il suo petto che sanguina!

Se lo si avesse potuto mirare, egli avrebbe fatto orrore!...

Che! l’assassino ride?

Quella maschera di carnivoro si crispa.

Egli ode un piccolo grido. Egli ode un rumore, una mano che gira la chiave della porta, chiusa al lucchetto di fuori... Egli ode che si va al balcone, inchiodato allo zoccolo... Si scuote l’una e l’altro...

Ch’è? una voce... Vieni, Adriano, vieni! Ancora, ancora, vieni... Adriano... ò sonno, vieni... ancora, ancora, ancora!...

E le unghie del duca squarciano sempre, fino all’osso, il suo petto messo a brani!...

Poi silenzio!...

No, no... un bacio che si accascia... Silenzio!

Silenzio! come nel vacuo!

L’alba spunta.

Il duca va a ritirare la vite dalla porta del balcone, cava il lucchetto dalla porta della camera, e va ad appostarsi, la pistola alla mano, alla porta della sua camera, dopo aver scomposto il letto come vi si fosse coricato.

Le ore scorrono...

Le nove! le dieci...!

Suona il campanello.

Gli si serve una tazza di cioccolatte.

Il valletto guarda il padrone di un’aria strana.

Il duca si mira nello specchio e rincula spaventato!...

Una parte dei suoi capelli erano brizzolati di bianco... I muscoli del suo viso erano turgidi e stesi.

Le undici suonarono. Poi mezzodì!

Un sorriso rallentò la tensione dei suoi tratti.

Andò alla scrivania e cominciò un dispaccio! [p. 368 modifica]

Maria entrò.

Batteva il tocco.

— Signor duca, madama non à ancora suonato. Giammai ella è restata a letto a quest’ora.

— Entrate in camera.

— La porta è chiusa per di dentro.

— Bussate.

— Ò bussato. Madama non à risposto.

— Andate a bussar di nuovo, più forte e più forte.

— Io temo di qualche disgrazia.

— Voi temete sempre, voi. Ella si è addormentata tardi, leggendo qualche romanzo... e dorme ancora. Ecco tutto.

Alle due, gli è il duca egli stesso che si allarma e forza la porta della camera di sua moglie.

La porta cede.

Egli entra: entra il primo; apre il balcone... e rincula — gittando un grido che fece accorrere i domestici.

Maria rinchiude la porta.

La cameriera à più pudore del padrone, del marito!

Vitaliana ed Adriano erano morti, bocca a bocca, nelle braccia l’uno dell’altra.

· · · · · · · · · · ·


Qualche giorno di poi si chiacchierava nei saloni di Parigi. L’uno diceva:

— Non sapete dunque? La duchessa di Balbek e suo cugino, il conte di Alleux, si sono asfissiati con dei fiori, per disperazione di amore.

— Disperazione!... con dei fiori!

— Alla lettera.

— Ed il duca?

— À lasciato Parigi. Lo àn trascinato nel suo paese. Si è dovuto stentar molto per impedirgli di uccidersi.

— Che disgrazia! — sclamò la contessina di Muys. Il signor di Alleux mi aveva invitata pel primo walzer, al ballo dell’ambasciata di Prussia, lunedì prossimo!

E ciò fu tutto.

Adriano e Vitaliana si erano suicidati!!


FINE