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Andò dritto alla sua camera, rifiutando il servizio dei suoi famigliari.

Il duca ritornò alla porta della camera di sua moglie.

Poco dopo, tutti dormivano nella magione — tranne lui ed Adriano forse!

No, Vitaliana anch’ella vegliava.

Non udite voi quella parole interrotte, quei sospiri che, come bianchi cherubini, volano verso Dio; quella solfa profumata, che è un inno alle penne d’oro?

Ed il duca lacera e lacera sempre il suo petto che sanguina!

Se lo si avesse potuto mirare, egli avrebbe fatto orrore!...

Che! l’assassino ride?

Quella maschera di carnivoro si crispa.

Egli ode un piccolo grido. Egli ode un rumore, una mano che gira la chiave della porta, chiusa al lucchetto di fuori... Egli ode che si va al balcone, inchiodato allo zoccolo... Si scuote l’una e l’altro...

Ch’è? una voce... Vieni, Adriano, vieni! Ancora, ancora, vieni... Adriano... ò sonno, vieni... ancora, ancora, ancora!...

E le unghie del duca squarciano sempre, fino all’osso, il suo petto messo a brani!...

Poi silenzio!...

No, no... un bacio che si accascia... Silenzio!

Silenzio! come nel vacuo!

L’alba spunta.

Il duca va a ritirare la vite dalla porta del balcone, cava il lucchetto dalla porta della camera, e va ad appostarsi, la pistola alla mano, alla porta della sua camera, dopo aver scomposto il letto come vi si fosse coricato.

Le ore scorrono...

Le nove! le dieci...!

Suona il campanello.

Gli si serve una tazza di cioccolatte.

Il valletto guarda il padrone di un’aria strana.

Il duca si mira nello specchio e rincula spaventato!...

Una parte dei suoi capelli erano brizzolati di bianco... I muscoli del suo viso erano turgidi e stesi.

Le undici suonarono. Poi mezzodì!

Un sorriso rallentò la tensione dei suoi tratti.

Andò alla scrivania e cominciò un dispaccio!