I solitari dell'Oceano/28. In balìa delle onde
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CAPITOLO XXVIII.
In balìa delle onde.
I due coraggiosi, che pur di salvare i loro compagni non avevano esitato ad affrontare la morte, appena trascinati via dall’ondata gigantesca che aveva investita la prora della nave, erano stati subito precipitati in un avvallamento enorme.
Dinanzi e dietro di loro, due vere montagne d’acqua, nere come se fossero composte di pece liquida, si correvano addosso, muggendo orribilmente, colle creste irte di spuma fosforescente.
Il gherlino che univa i due anelli di sughero, nuovo e molto resistente, non si era spezzato, sicchè i due nuotatori si erano ritrovati a cinque o sei passi l’uno dall’altro.
— Coraggio! — aveva gridato il chinese al giovane peruviano. — Il vascello non deve essere lontano.
Attento a superare la cresta. —
L’onda che li seguiva si precipitava addosso a loro con mille muggiti.
Li sollevò come piume assordandoli, li travolse fra la schiuma e per alcuni istanti li tenne sospesi ad un altezza prodigiosa.
Sao-King aveva approfittato per girare intorno lo sguardo, trovandosi in tale posizione da poter dominare un vasto tratto di mare.
L’Alcione era scomparso, ma il vascello invece appariva a poche gomene. La sua bordata non era riuscita ed investito dal vento e dalle onde indietreggiava verso l’isola di Bulabea, minacciando d’infrangersi sulle scogliere.
Il vento portava fino agli orecchi del chinese le grida dei marinai ed i comandi degli ufficiali.
Lanciò un grido tuonante:
— Aiuto!...?
Scendeva allora, assieme a Ioao, in un secondo avvallamento più profondo del primo e colla velocità di un proiettile; una terza onda s’avanzava.
— Signor Ioao, — disse. — Non perdetevi d’animo.
— Il gavitello mi sorregge benissimo, — rispose il giovane. — Non temere per me.
— Ho veduto il vascello indietreggiare verso l’isola.
— Anch’io. Che cerchi un rifugio?
— Lo desidererei poichè ora mi accorgo che con queste onde il nostro salvataggio sarebbe impossibile. Lasciamoci portare anche noi verso l’isola.
— E le scogliere?
— Cercheremo di evitarle.
Rimontavano allora la terza ondata.
Raggiunta la cresta videro il vascello che fuggiva verso il canale formato dalla punta settentrionale della Nuova Caledonia e Bulabea.
Il suo comandante, convinto forse dell’inutilità dei suoi sforzi per sboccare nel mare del Corallo, invece di seguire l’Alcione, si era risoluto a cercare un rifugio, in attesa che la tempesta si calmasse.
Se era un bene pei due nuotatori, i quali avrebbero potuto più tardi raggiungerlo, d’altro lato era grave perchè li costringeva ad approdare su una costa spazzata furiosamente dai cavalloni e cosparsa di scogliere.
Le onde potevano avventarli sulla spiaggia con impeto irresistibile e sfracellarli di colpo.
— Sao-King, — disse Ioao. — Corriamo verso la morte.
— Lasciamoci portare anche noi nel canale, signore, — rispose il chinese. — Le onde sono meno impetuose.
— Non vedo più la nave.
— È già entrata nello stretto.
— Ho paura che la finisca male per noi.
— Non disperate così presto. Le coste di queste isole sono coperte di rizophore e se eviteremo le scogliere approderemo senza malanni.
Coraggio, signore! La salvezza dei nostri compagni sta in quel canale.
— Purchè il vascello non venga sventrato dalle scogliere.
— Saprà evitarle al pari di noi. —
Le onde li travolgevano sempre, spingendoli verso terra. Si seguivano sempre più furiose, sfasciandosi con mille urla e mille rombi contro Bulabea e contro le coste della Nuova Caledonia, coprendo il mare di spuma.
I due nuotatori non si perdevano d’animo. Sorretti dai salvagente e sempre vicini, nuotavano vigorosamente per imboccare anch’essi il canale il quale non distava più che poche gomene.
Il vascello era ormai sparito, ma che cosa importava? Sapevano ormai che aveva rinunciato a continuare la lotta ed eran certi di ritrovarlo in qualche rada.
Un quarto d’ora dopo si trovavano già fra la costa della Nuova Caledonia e Bulabea.
Più che un canale, potevasi chiamare un braccio di mare, tuttavia le onde, strette fra le due spiagge, non erano più tanto alte nè tanto impetuose.
Il pericolo nondimeno non era cessato, perchè si vedevano i cavalloni frangersi contro delle lunghe file di scogliere.
— Dove approderemo? — chiese Ioao, il quale si sforzava di tenersi lontano dalle due spiagge.
— Mi pare che l’isola presenti meno pericoli, — rispose Sao-King. — Ho veduto delle rizophore estendersi lungo le coste.
— Lo vedi il vascello?
— No, signore. Forse si è rifugiato alla foce del Diao.
— Non so dove sia.
— Signor Ioao, badate! Vedo una scogliera alla nostra destra! Non lasciatevi portare dalle onde.
— Nuota, Sao-King.
— Tenetevi dietro di me.
— Ti seguo.
— Vi è un passo dinanzi a noi: nuotate sempre diritto. —
A destra ed a sinistra dei due nuotatori, le onde s’infrangevano con estrema violenza, rimbalzando e tuonando; dinanzi a loro invece si distendevano libere correndo verso l’isola, la cui massa spiccava vivamente sul fondo del cielo illuminato dai lampi.
Tutte le coste della Nuova Caledonia e delle isole vicine, sono cinte da banchi di corallo che le rendono estremamente pericolose però di quando in quando vi sono dei passi o varchi, specialmente là dove sboccano dei fiumi, non potendo i zoofiti coralliferi sopportare l’acqua dolce.
Anche quando non infuriano i venti, le onde si avventano con furia su quei coralli, e con tal fragore da udirsi a parecchie miglia di distanza, destando così l’attenzione dei piloti.
Ma anche il passaggio di quei varchi presenta gravi ostacoli e mette in grave imbarazzo le navi, in causa del rimescolìo delle acque che provocano i così detti flutti di fondo e degli improvvisi salti di vento.
Il passo che s’apriva dinanzi ai due nuotatori era largo un centinaio di metri, in causa probabilmente di qualche fiumicello sboccante in quel luogo, le cui acque dovevano aver uccisi i polipi costruttori.
Vi era quindi spazio sufficiente per evitare le scogliere, le cui punte nere e aguzze si vedevano talvolta emergere tra la spuma delle onde.
— Signor Ioao, — gridò Sao-King, dominando colla sua robusta voce il fragore dei cavalloni rompentisi su quella moltitudine d’ostacoli. — Sempre diritto sul passo.
— Sì, Sao-King, — rispose il giovane con voce ansante.
— Ancora pochi minuti e saremo a terra. —
Un’onda li aveva presi e li aveva scagliati attraverso il varco. A duecento metri si scorgeva la spiaggia coperta di rizophore mangle le quali ora si mostravano ed ora si nascondevano sotto i marosi che le investivano contorcendo i loro fusti e strappando ammassi di radici e di foglie.
— Attento ad aggrapparvi! — gridò un’ultima volta Sao-King.
Un’altra onda li sollevò, poi li scaraventò in mezzo alle rizophore mandandoli colle gambe in aria.
Nel colpo la corda si era spezzata, sicchè Sao-King, sprofondato in mezzo alle piante che per poco non lo avevano acciecato, si era trovato solo.
Vedendo avanzarsi un altro cavallone, s’aprì il passo fra i vegetali, sgusciando fra le miriadi di radici e si gettò sulla spiaggia prima di venire raggiunto e forse strappato dalla contro-ondata.
Si guardò intorno, sperando di vedere Ioao.
— Scomparso! — esclamò. — Che sia rimasto fra le rizophore o che le onde lo abbiano ripreso? —
A quel pensiero il brav’uomo provò una stretta al cuore.
— Andiamo a cercarlo, — disse con voce energica. — Se è in pericolo lo strapperò alla morte.
Balzò attraverso i rami e le radici, gridando a piena gola:
— Signor Ioao! Signor Ioao! —
In quell’istante l’onda che si era sfasciata fra le rizophore si ritirava, lasciando scoperte le prime file delle piante.
Il chinese che aveva abbassato gli sguardi, vide una massa nerastra che si dibatteva fra la spuma.
— Ioao! — gridò con uno scoppio di gioia.
Si slanciò fra le acque turbinanti e senza badare al grave pericolo a cui si esponeva pel sopraggiungere di un altro cavallone e per essersi sbarazzato poco prima del salva-gente, si spinse innanzi.
Il giovane peruviano, sfinito, quasi svenuto dai continui urti dei cavalloni, non opponeva più nessuna resistenza, e si lasciava trascinare dalla risacca. Se non avesse avuto l’anello di sughero sarebbe certamente calato a picco.
Sao-King in quattro bracciate lo raggiunse, s’aggrappò con una mano al galleggiante del giovane e coll’altra ad una radice, aspettando che l’onda che sopraggiungeva si sfasciasse e passasse oltre.
— Coraggio! — ebbe appena il tempo di dire.
Il cavallone piombò sopra di loro muggendo, li rovesciò sbattendoli l’uno contro l’altro, ma il chinese non lasciò la radice.
Passata quella montagna d’acqua, afferrò fra le robuste braccia il povero giovane diventato inerte e balzò sopra le piante, fuggendo a precipizio.
Non si fermò che a cento passi entro terra, alla base d’un albero immenso, il quale stendeva i suoi rami in forma d’ombrello.
Sao-King depose il giovane su un ammasso di foglie e lo spogliò per vedere se aveva riportata qualche ferita.
— Nemmeno una scorticatura, — disse. — Si rimetterà subito in piedi.
Poteva toccarci di peggio con tutte quelle scogliere ed è stata una vera fortuna giungere qui interi.
Si mise a strofinarlo vigorosamente per riattivargli la circolazione del sangue, non arrestandosi se non quando lo vide riaprire gli occhi.
— Sei tu Sao-King? — chiese il giovane, tentando di sorridergli. — Mi pareva di essere andato a fondo e di trovarmi in compagnia dei granchi.
— Se non aveste avuto il salvagente non sareste mai giunto, — rispose il chinese.
— Siamo sull’isola?
— Sì, signor Ioao.
— Ed il vascello, l’hai veduto?
— No, però lo ritroveremo. Deve aver rimontato il canale per trovare un buon ancoraggio.
— Sao-King, cerchiamo di costruirci un ricovero. Ho freddo e l’alba è forse ancora molto lontana.
— Vi è qui un albero che fa per noi. I neo-caledoni si costruiscono dei ripari sufficientemente comodi colla sua scorza. —
Il chinese, che pareva instancabile, non ostante quella faticosa traversata in mezzo a quelle onde formidabili, si levò dalla cintura il coltello da manovra, tagliò quattro o cinque rami da un cespuglio che cresceva poco lontano e li conficcò nella corteccia tenera, quasi spugnosa, del grand’albero.
Ciò fatto, incise longitudinalmente il tronco in varii luoghi e strappò, senza fatica, delle larghe strisce di scorza, sovrapponendole ad alcune pertiche.
Dieci minuti dopo i due nuotatori si riposavano sotto una comoda tettoia al riparo dalla pioggia se non dal vento.
— Utili piante i niaulis, — disse Sao-King. — Con poca fatica forniscono una comoda capanna assolutamente impenetrabile all’acqua. Che disgrazia che non ci possiamo procurare anche la cena. Quel bagno prolungato mi ha messo indosso un appetito d’antropofago.
— Non parlare di cannibali, — disse Ioao. — Potrebbero venir davvero.
— Toh! Non ci avevo pensato, signor Ioao.
— Ve ne sono anche qui, è vero?
— Sì e questi canaki, come si chiamano questi abitanti, non sono migliori di quelli di Tonga-Tabù, anzi godono peggiore fama.
— Non ci mancherebbe altro che ci scovassero.
— Con questo tempaccio non lasceranno le loro capanne.
— E domani?
— Cercheremo di evitarli, signor Ioao, e poi il vascello non deve essere molto lontano. Oh! Mio caro Strong, questa volta la pagherai cara! Andremo a bombardare il tuo covo.
— Era veramente una nave da guerra quel vascello?
— Se non fossi stato certo di ciò, non vi avrei invitato a seguirmi, signor Ioao.
— Che possa resistere alla bufera il nostro Alcione? Io tremo per mio fratello e per quel bravo Vargas.
— Se ha potuto imboccare il mare del Corallo, come suppongo, si sarà trovato in migliori condizioni. Il vento soffiava dal nord-est, era perciò favorevole.
— Che mio fratello ci creda perduti? Povero Cyrillo, quante angosce gli abbiamo causate. Forse crederà che un’onda ci abbia portati via e che ci siamo annegati.
— Vi ho detto che il signor Vargas conosceva il mio progetto e forse mi ha veduto staccare i due salva-gente.
Tranquillatevi, signor Ioao; noi salveremo i nostri amici e li toglieremo a quegli infami pirati.
D’altronde se noi fossimo rimasti sull’Alcione, chi ci avrebbe liberati? Io non mi fidava di quello Strong.
— È vero, Sao-King, — rispose Ioao, convinto.
— Sdraiatevi su queste foglie e chiudete gli occhi mentre io veglio. Per ora non corriamo alcun pericolo, non essendovi nè tigri, nè leoni alla Nuova Caledonia.
— Seguo il tuo consiglio perchè mi sento tutto fracassato.
— Tre o quattro ore di sonno vi rimetteranno in forze. —
Il giovane che penava a tenersi ritto, si sdraiò su quel soffice letto chiudendo quasi subito gli occhi.
Sao-King attese alcuni minuti, poi vedendolo addormentato, si levò dirigendosi verso la spiaggia.
Non si era mosso perchè temesse da quella parte qualche pericolo, bensì per vedere se scorgeva in qualche direzione i fanali del vascello.
Se si era ancorato a breve distanza, si dovevano distinguere in quelle fitte tenebre.
Avendo trovato un giovane niaulis, si arrampicò fino agli ultimi rami, guardando verso il sud, perchè era in quella sola direzione che la nave doveva essersi arrestata.
Invece sul fosco orizzonte non si scorgeva alcun punto luminoso.
— Che sia andata a picco? — si domandò con ansietà. — Se una simile disgrazia fosse accaduta sarebbe anche la perdita nostra.
Orsù, non scoraggiamoci, domani seguiremo la spiaggia e forse saremo più fortunati.
Tornò lentamente verso la capannuccia e si accoccolò presso Ioao, il quale continuava a dormire placidamente come se si trovasse ancora nella sua cabina.
La pioggia continuava a cadere a torrenti ed un vento furioso scuoteva e spezzava i rami degli alberi, ingolfandosi con urla diaboliche, sotto le foreste.
Il mare, sempre agitatissimo, si rompeva contro il lido, avventando le sue ondate al disopra delle rizophore e spruzzando talvolta perfino la capannuccia.
Sao-King, in preda a continue inquietudini, non chiuse gli occhi un solo istante.
Quando cominciò ad albeggiare svegliò Ioao, dicendogli:
— È ora di partire, signore.
— Di già? — chiese il giovane, sbadigliando. — Mi pareva d’essermi appena addormento.
— Presto, se le nubi si romperanno, spunterà il sole e forse dobbiamo percorrere molta via prima di giungere all’ancoraggio del vascello.