I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXVI

Capitolo trentaseiesimo

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Capitolo XXXV Capitolo XXXVII


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CAPITOLO XXXVI.




Chi


avrebbe mai detto a Renzo, qualche ora prima, che, nel forte d’una tal ricerca, al cominciar de’ momenti più dubbiosi e più decisivi, il suo cuore sarebbe stato diviso tra Lucia e don Rodrigo? Eppure era così: quella figura veniva a mischiarsi con tutte l’immagini care o terribili che la speranza o il timore gli mettevan davanti a vicenda, in quel tragitto; le parole sentite appiè di quel covile, si cacciavano tra i sì e i no, ond’era combattuta la sua mente; e non poteva terminare una preghiera per l’esito felice del gran cimento, senza attaccarci quella che aveva principiata là, e che lo scocco della campana aveva troncata. [p. 690 modifica]

La cappella ottangolare che sorge, elevata d’alcuni scalini, nel mezzo del lazzeretto, era, nella sua costruzione primitiva, aperta da tutti i lati, senz’altro sostegno che di pilastri e di colonne, una fabbrica, per dir così, traforata: in ogni facciata un arco tra due intercolunni; dentro girava un portico intorno a quella che si direbbe più propriamente chiesa, non composta che d’otto archi, rispondenti a quelli delle facciate, con sopra una cupola; di maniera che l’altare eretto nel centro, poteva esser veduto da ogni finestra delle stanze del recinto, e quasi da ogni punto del campo. Ora, convertito l’edifizio a tutt’altr’uso, i vani delle facciate son murati; ma l’antica ossatura, rimasta intatta, indica chiaramente l’antico stato, e l’antica destinazione di quello.



Renzo s’era appena avviato, che vide il padre Felice comparire nel portico della cappella, e affacciarsi sull’arco di mezzo del lato che guarda verso la città; davanti al quale era radunata la comitiva, al [p. 691 modifica]piano, nella strada di mezzo; e subito dal suo contegno s’accorse che aveva cominciata la predica.

Girò per quelle viottole, per arrivare alla coda dell’uditorio, come gli era stato suggerito. Arrivatoci, si fermò cheto cheto, lo scorse tutto con lo sguardo; ma non vedeva di là altro che un folto, direi quasi un selciato di teste. Nel mezzo, ce n’era un certo numero coperte di fazzoletti, o di veli: in quella parte ficcò più attentamente gli occhi; ma, non arrivando a scoprirci dentro nulla di più, gli alzò anche lui dove tutti tenevan fissi i loro. Rimase tocco e compunto dalla venerabil figura del predicatore; e, con quel che gli poteva restar d’attenzione in un tal momento d’aspettativa, sentì questa parte del solenne ragionamento.

“Diamo un pensiero ai mille e mille che sono usciti di là” e, col dito alzato sopra la spalla, accennava dietro sè la porta che mette al cimitero detto di san Gregorio, il quale allora era tutto, si può dire, una gran fossa: “diamo intorno un’occhiata ai mille e mille che rimangon qui, troppo incerti di dove sian per uscire; diamo un’occhiata a noi, così pochi, che n’usciamo a salvamento. Benedetto il Signore! Benedetto nella giustizia, benedetto nella misericordia! benedetto nella morte, benedetto nella salute! benedetto in questa scelta che ha voluto far di noi! Oh! perchè l’ha voluto, figliuoli, se non per serbarsi un piccol popolo corretto dall’afflizione, e infervorato dalla gratitudine? se non a fine che, sentendo ora più vivamente, che la vita è un suo dono, ne facciamo quella stima che merita una cosa data da Lui, l’impieghiamo nell’opere che si possono offrire a Lui? se non a fine che la memoria de’ nostri patimenti ci renda compassionevoli e soccorrevoli ai nostri prossimi? Questi intanto, in compagnia de’ quali abbiamo penato, sperato, temuto; tra i quali lasciamo degli amici, de’ congiunti; e che tutti son poi finalmente nostri fratelli; quelli tra questi, che ci vedranno passare in mezzo a loro, mentre forse riceveranno qualche sollievo nel pensare che qualcheduno esce pur salvo di qui, ricevano edificazione dal nostro contegno. Dio non voglia che possano vedere in noi una gioia rumorosa, una gioia mondana d’avere scansata quella morte, con la quale essi stanno ancor dibattendosi. Vedano che partiamo ringraziando per noi, e pregando per loro; e possan dire: anche fuor di qui, questi si ricorderanno di noi, continueranno a pregare per noi meschini. Cominciamo da questo viaggio, da’ primi passi che siam per fare, una vita tutta [p. 692 modifica]di carità. Quelli che sono tornati nell’antico vigore, diano un braccio fraterno ai fiacchi; giovani, sostenete i vecchi; voi che siete rimasti senza figliuoli, vedete, intorno a voi, quanti figliuoli rimasti senza padre! siatelo per loro! E questa carità, ricoprendo i vostri peccati, raddolcirà anche i vostri dolori.”

Qui un sordo mormorìo di gemiti, un singhiozzìo che andava crescendo nell’adunanza, fu sospeso a un tratto, nel vedere il predicatore mettersi una corda al collo, e buttarsi in ginocchio: e si stava in gran silenzio, aspettando quel che fosse per dire.

“Per me,” disse, “e per tutti i miei compagni, che, senza alcun nostro merito, siamo stati scelti all’alto privilegio di servir Cristo in voi; io vi chiedo umilmente perdono se non abbiamo degnamente adempito un sì gran ministero. Se la pigrizia, se l’indocilità della carne ci ha resi meno attenti alle vostre necessità, men pronti alle vostre chiamate; se un’ingiusta impazienza, se un colpevol tedio ci ha fatti qualche volta comparirvi davanti con un volto annoiato e severo; se qualche volta il miserabile pensiero che voi aveste bisogno di noi, ci ha portati a non trattarvi con tutta quell’umiltà che si conveniva, se la nostra fragilità ci ha fatti trascorrere a qualche azione che vi sia stata di scandolo; perdonateci! Così Dio rimetta a voi ogni vostro debito, e vi benedica.” E, fatto sull’udienza un gran segno di croce, s’alzò.

Noi abbiam potuto riferire, se non le precise parole, il senso almeno, il tema di quelle che proferì davvero; ma la maniera con cui furon dette non è cosa da potersi descrivere. Era la maniera d’un uomo che chiamava privilegio quello di servir gli appestati, perché lo teneva per tale; che confessava di non averci degnamente corrisposto, perché sentiva di non averci corrisposto degnamente; che chiedeva perdono, perché era persuaso d’averne bisogno. Ma la gente che s’era veduti d’intorno que’ cappuccini non occupati d’altro che di servirla, e tanti n’aveva veduti morire, e quello che parlava per tutti, sempre il primo alla fatica, come nell’autorità, se non quando s’era trovato anche lui in fin di morte; pensate con che singhiozzi, con che lacrime rispose a tali parole. Il mirabil frate prese poi una gran croce ch’era appoggiata a un pilastro, se la inalberò davanti, lasciò sull’orlo del portico esteriore i sandali, scese gli scalini, e, tra la folla che gli fece rispettosamente largo, s’avviò per mettersi alla testa di essa.

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Renzo, tutto lacrimoso, nè più nè meno che se fosse stato uno di quelli a cui era chiesto quel singolare perdono, si ritirò anche lui, e andò a mettersi di fianco a una capanna; e stette lì aspettando, mezzo nascosto, con la persona indietro e la testa avanti, con gli occhi spalancati, con una gran palpitazion di cuore, ma insieme con una certa nuova e particolare fiducia, nata, cred’io, dalla tenerezza che gli aveva ispirata la predica, e lo spettacolo della tenerezza generale.

Ed ecco arrivare il padre Felice, scalzo, con quella corda al collo, con quella lunga e pesante croce alzata; pallido e scarno il viso, un viso che spirava compunzione insieme e coraggio; a passo lento, ma risoluto, come di chi pensa soltanto a risparmiare l’altrui debolezza;



e in tutto come un uomo a cui un di più di fatiche e di disagi desse la forza di sostenere i tanti necessari e inseparabili da quel suo incarico. Subito dopo lui, venivano i fanciulli più grandini, scalzi una gran parte, ben pochi interamente vestiti, chi affatto in camicia. Venivan poi le donne, tenendo quasi tutte per la mano una bambina, [p. 694 modifica]e cantando alternativamente il Miserere; e il suono fiacco di quelle voci, il pallore e la languidezza di que’ visi eran cose da occupar tutto di compassione l’animo di chiunque si fosse trovato lì come semplice spettatore. Ma Renzo guardava, esaminava, di fila in fila, di viso in viso, senza passarne uno; chè la processione andava tanto adagio, da dargliene tutto il comodo. Passa e passa; guarda e guarda; sempre inutilmente: dava qualche occhiata di corsa alle file che rimanevano ancora indietro: sono ormai poche; siamo all’ultima; son passate tutte; furon tutti visi sconosciuti. Con le braccia ciondoloni, e con la testa piegata sur una spalla, accompagnò con l’occhio quella schiera, mentre gli passava davanti quella degli uomini. Una nuova attenzione, una nuova speranza gli nacque nel veder, dopo questi, comparire alcuni carri, su cui erano i convalescenti che non erano ancora in istato di camminare. Lì le donne venivan l’ultime; e il treno andava così adagio che Renzo potè ugualmente esaminarle tutte, senza che gliene sfuggisse una. Ma che? esamina il primo carro, il secondo, il terzo, e via discorrendo, sempre con la stessa riuscita, fino a uno, dietro al quale non veniva più che un altro cappuccino, con un aspetto serio, e con un bastone in mano, come regolatore della comitiva. Era quel padre Michele che abbiam detto essere stato dato per compagno nel governo al padre Felice.

Così svanì affatto quella cara speranza; e, andandosene, non solo portò via il conforto che aveva recato, ma, come accade le più volte, lasciò l’uomo in peggiore stato di prima. Ormai quel che ci poteva esser di meglio, era di trovar Lucia ammalata. Pure, all’ardore d’una speranza presente sottentrando quello del timore cresciuto, il poverino s’attaccò con tutte le forze dell’animo a quel tristo e debole filo; entrò nella corsia, e s’incamminò da quella parte di dove era venuta la processione. Quando fu appiè della cappella, andò a inginocchiarsi sull’ultimo scalino; e lì fece a Dio una preghiera, o, per dir meglio, una confusione di parole arruffate, di frasi interrotte, d’esclamazioni, d’istanze, di lamenti, di promesse: uno di que’ discorsi che non si fanno agli uomini, perchè non hanno abbastanza penetrazione per intenderli, nè pazienza per ascoltarli; non son grandi abbastanza per sentirne compassione senza disprezzo.

S’alzò alquanto più rincorato; girò intorno alla cappella; si trovò nell’altra corsia che non aveva ancora veduta, e che riusciva all’altra porta; dopo pochi passi, vide lo stecconato di cui gli aveva parlato [p. 695 modifica]il frate, ma interrotto qua e là, appunto come questo aveva detto; entrò per una di quelle aperture, e si trovò nel quartiere delle donne. Quasi al primo passo che fece, vide in terra un campanello, di quelli che i monatti portavano a un piede; gli venne in mente che un tale strumento avrebbe potuto servirgli come di passaporto là dentro; lo prese, guardò se nessuno lo guardava, e se lo legò come usavan quelli. E si mise subito alla ricerca, a quella ricerca, che, per la quantità sola degli oggetti sarebbe stata fieramente gravosa, quand’anche gli oggetti fossero stati tutt’altri; cominciò a scorrer con l’occhio, anzi a contemplar nuove miserie, così simili in parte alle già vedute, in parte così diverse: ché, sotto la stessa calamità, era qui un altro patire, per dir così, un altro languire, un altro lamentarsi, un altro sopportare, un altro compatirsi e soccorrersi a vicenda; era, in chi guardasse, un’altra pietà e un altro ribrezzo.

Aveva già fatto non so quanta strada, senza frutto e senza accidenti; quando si sentì dietro le spalle un “oh!” una chiamata, che pareva diretta a lui. Si voltò e vide, a una certa distanza, un commissario, che alzò una mano, accennando proprio a lui, e gridando: “là nelle stanze, ché c’è bisogno d’aiuto: qui s’è finito ora di sbrattare.”

Renzo s’avvide subito per chi veniva preso, e che il campanello era la cagione dell’equivoco; si diede della bestia d’aver pensato solamente agl’impicci che quell’insegna gli poteva scansare, e non a quelli che gli poteva tirare addosso; ma pensò nello stesso tempo alla maniera di sbrigarsi subito da colui. Gli fece replicatamente e in fretta un cenno col capo, come per dire che aveva inteso, e che ubbidiva; e si levò dalla sua vista, cacciandosi da una parte tra le capanne.

Quando gli parve d’essere abbastanza lontano, pensò anche a liberarsi dalla causa dello scandolo; e, per far quell’operazione senz’essere osservato, andò a mettersi in un piccolo spazio tra due capanne che si voltavan, per dir così, la schiena. Si china per levarsi il campanello, e stando così col capo appoggiato alla parete di paglia d’una delle capanne, gli vien da quella all’orecchio una voce... Oh cielo! è possibile? Tutta la sua anima è in quell’orecchio: la respirazione è sospesa... Sì! sì! è quella voce!... “Paura di che?” diceva quella voce soave: - abbiam passato ben altro che un temporale. Chi ci ha custodite finora, ci custodirà anche adesso.

Se Renzo non cacciò un urlo, non fu per timore di farsi scorgere, [p. 696 modifica]fu perchè non n’ebbe il fiato. Gli mancaron le ginocchia, gli s’appannò la vista; ma fu un primo momento; al secondo, era ritto, più desto, più vigoroso di prima; in tre salti girò la capanna, fu sull’uscio, vide colei che aveva parlato, la vide levata, chinata sopra un lettuccio. Si volta essa al rumore; guarda, crede di travedere, di sognare; guarda più attenta, e grida: “oh Signor benedetto!”

“Lucia! v’ho trovata! vi trovo! siete proprio voi! siete viva!” esclamò Renzo, avanzandosi, tutto tremante.



“Oh Signor benedetto!” replicò, ancor più tremante, Lucia: “voi? che cosa è questa! in che maniera? perchè? La peste!”

“L’ho avuta. E voi...?”

“Ah!... anch’io. E di mia madre...?”

“Non l’ho vista, perchè è a Pasturo; credo però che stia bene. Ma voi... come siete ancora pallida! come parete debole! Guarita però, siete guarita?”

“Il Signore m’ha voluto lasciare ancora quaggiù. Ah Renzo! perchè siete voi qui?”

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“Perchè?” disse Renzo avvicinandosele sempre più: “mi domandate perchè? Perchè ci dovevo venire? Avete bisogno che ve lo dica? Chi ho io a cui pensi? Non mi chiamo più Renzo, io? Non siete più Lucia, voi?”

“Ah cosa dite! cosa dite! Ma non v’ha fatto scrivere mia madre...?”

“Sì: pur troppo m’ha fatto scrivere. Belle cose da fare scrivere a un povero disgraziato, tribolato, ramingo, a un giovine che, dispetti almeno, non ve n’aveva mai fatti!”

“Ma Renzo! Renzo! giacchè sapevate... perchè venire? perchè?”

“Perchè venire! Oh Lucia! perchè venire, mi dite? Dopo tante promesse! Non siam più noi? Non vi ricordate più? Che cosa ci mancava?”

“Oh Signore!” esclamò dolorosamente Lucia, giungendo le mani, e alzando gli occhi al cielo: “perchè non m’avete fatta la grazia di tirarmi a Voi...! Oh Renzo! cos’avete mai fatto? Ecco; cominciavo a sperare che... col tempo... mi sarei dimenticata...”

“Bella speranza! belle cose da dirmele proprio sul viso!”

“Ah, cos’avete fatto! E in questo luogo! tra queste miserie! tra questi spettacoli! qui dove non si fa altro che morire, avete potuto...!”

“Quelli che moiono, bisogna pregare Iddio per loro, e sperare che anderanno in un buon luogo; ma non è giusto, nè anche per questo, che quelli che vivono abbiano a viver disperati...”

“Ma, Renzo! Renzo! voi non pensate a quel che dite. Una promessa alla Madonna!... Un voto!”

“E io vi dico che son promesse che non contan nulla.”

“Oh Signore! Cosa dite? Dove siete stato in questo tempo? Con chi avete trattato? Come parlate?”

“Parlo da buon cristiano; e della Madonna penso meglio io che voi; perchè credo che non vuol promesse in danno del prossimo. Se la Madonna avesse parlato, oh, allora! Ma cos’è stato? una vostra idea. Sapete cosa dovete promettere alla Madonna? Promettetele che la prima figlia che avremo, le metteremo nome Maria: chè questo son qui anch’io a prometterlo: queste son cose che fanno ben più onore alla Madonna: queste son divozioni che hanno più costrutto, e non portan danno a nessuno.”

“No no; non dite così: non sapete quello che vi dite: non lo sapete voi cosa sia fare un voto: non ci siete stato voi in quel caso: non avete provato. Andate, andate, per amor del cielo!”

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E si scostò impetuosamente da lui, tornando verso il lettuccio.

“Lucia!” disse Renzo, senza moversi: “ditemi almeno, ditemi: se non fosse questa ragione... sareste la stessa per me?”

“Uomo senza cuore!” rispose Lucia, voltandosi, e rattenendo a stento le lacrime: “quando m’aveste fatte dir delle parole inutili, delle parole che mi farebbero male, delle parole che sarebbero forse peccati, sareste contento? Andate, oh andate! dimenticatevi di me: si vede che non eravamo destinati! Ci rivedremo lassù: già non ci si deve star molto in questo mondo. Andate; cercate di far sapere a mia madre che son guarita, che anche qui Dio m’ha sempre assistita, che ho trovato un’anima buona, questa brava donna, che mi fa da madre; ditele che spero che lei sarà preservata da questo male, e che ci rivedremo quando Dio vorrà, e come vorrà... Andate, per amor del cielo, e non pensate a me... se non quando pregherete il Signore.”

E, come chi non ha più altro da dire, nè vuol sentir altro, come chi vuol sottrarsi a un pericolo, si ritirò ancor più vicino al lettuccio, dov’era la donna di cui aveva parlato.

“Sentite, Lucia, sentite! - disse Renzo, senza però accostarsele di più.”

“No, no; andate per carità!”

“Sentite: il padre Cristoforo...”

“Che?”

“È qui.”

“Qui? dove? Come lo sapete?”

“Gli ho parlato poco fa; sono stato un pezzo con lui: e un religioso della sua qualità, mi pare...”

“È qui! per assistere i poveri appestati, sicuro. Ma lui? l’ha avuta la peste?”

“Ah Lucia! ho paura, ho paura pur troppo...” e mentre Renzo esitava così a proferir la parola dolorosa per lui, e che doveva esserlo tanto a Lucia, questa s’era staccata di nuovo dal lettuccio, e si ravvicinava a lui: “ho paura che l’abbia adesso!”

“Oh povero sant’uomo! Ma cosa dico, pover’uomo? Poveri noi! Com’è? è a letto? è assistito?”

“È levato, gira, assiste gli altri; ma se lo vedeste, che colore che ha, come si regge! Se n’è visti tanti e tanti, che pur troppo... non si sbaglia!”


[p. 699 modifica]“Oh poveri noi! E è proprio qui!”

“Qui, e poco lontano: poco più che da casa vostra a casa mia... se vi ricordate...!”

“Oh Vergine Santissima!”

“Bene, poco più. E pensate se abbiam parlato di voi! M’ha detto delle cose... E se sapeste cosa m’ha fatto vedere! Sentirete; ma ora voglio cominciare a dirvi quel che m’ha detto prima, lui, con la sua propria bocca. M’ha detto che facevo bene a venirvi a cercare, e che al Signore gli piace che un giovine tratti così, e m’avrebbe aiutato a far che vi trovassi; come è proprio stato la verità: ma già è un santo. Sicchè, vedete!”

“Ma, se ha parlato così, è perchè lui non sa...”

“Che volete che sappia lui delle cose che avete fatte voi di vostra testa, senza regola e senza il parere di nessuno? Un brav’uomo, un uomo di giudizio, come è lui, non va a pensar cose di questa sorte. Ma quel che m’ha fatto vedere!” - E qui raccontò la visita fatta a quella capanna: Lucia, quantunque i suoi sensi e il suo animo, avessero, in quel soggiorno, dovuto avvezzarsi alle più forti impressioni, stava tutta compresa d’orrore e di compassione.

“E anche lì,” proseguì Renzo, “ha parlato da santo: ha detto che il Signore forse ha destinato di far la grazia a quel meschino... (ora non potrei proprio dargli un altro nome)... che aspetta di prenderlo in un buon punto; ma vuole che noi preghiamo insieme per lui... Insieme! avete inteso?”

“Sì, sì; lo pregheremo, ognuno dove il Signore ci terrà: le orazioni le sa mettere insieme Lui.”

“Ma se vi dico le sue parole...!”

“Ma Renzo, lui non sa...”

“Ma non capite che, quando è un santo che parla, è il Signore che lo fa parlare? e che non avrebbe parlato così, se non dovesse esser proprio così?... E l’anima di quel poverino? Io ho bensì pregato, e pregherò per lui: di cuore ho pregato, proprio come se fosse stato per un mio fratello. Ma come volete che stia nel mondo di là, il poverino, se di qua non s’accomoda questa cosa, se non è disfatto il male che ha fatto lui? Che se voi intendete la ragione, allora tutto è come prima: quel che è stato è stato: lui ha fatto la sua penitenza di qua...”

“No, Renzo, no: il Signore non vuole che facciamo del male, [p. 700 modifica]per far Lui misericordia. Lasciate fare a Lui, per questo: noi, il nostro dovere è di pregarlo. S’io fossi morta quella notte, non gli avrebbe dunque potuto perdonare? E se non son morta, se sono stata liberata...”

“E vostra madre, quella povera Agnese, che m’ha sempre voluto tanto bene, e che si struggeva tanto di vederci marito e moglie, non ve l’ha detto anche lei che l’è un’idea storta? Lei, che v’ha fatto intender la ragione anche dell’altre volte, perché, in certe cose, pensa più giusto di voi...”

“Mia madre! volete che mia madre mi desse il parere di mancare a un voto! Ma, Renzo! non siete in voi.”

“Oh! volete che ve la dica? Voi altre donne, queste cose non le potete sapere. Il padre Cristoforo m’ha detto che tornassi da lui a raccontargli se v’avevo trovata. Vo: lo sentiremo: quel che dirà lui...”

“Sì, sì; andate da quel sant’uomo; ditegli che prego per lui, e che preghi per me, che n’ho bisogno tanto tanto! Ma, per amor del cielo, per l’anima vostra, per l’anima mia, non venite più qui, a farmi del male, a... tentarmi. Il padre Cristoforo, lui saprà spiegarvi le cose, e farvi tornare in voi; lui vi farà mettere il cuore in pace.”

“Il cuore in pace! Oh! questo, levatevelo dalla testa. Già me l’avete fatta scrivere questa parolaccia; e so io quel che m’ha fatto patire; e ora avete anche il cuore di dirmela. E io in vece vi dico chiaro e tondo che il cuore in pace non lo metterò mai. Voi volete dimenticarvi di me; e io non voglio dimenticarmi di voi. E vi prometto, vedete, che, se mi fate perdere il giudizio, non lo racquisto più. Al diavolo il mestiere, al diavolo la buona condotta! Volete condannarmi a essere arrabbiato per tutta la vita; e da arrabbiato viverò... E quel disgraziato! Lo sa il Signore se gli ho perdonato di cuore; ma voi... Volete dunque farmi pensare per tutta la vita che se non era lui...? Lucia! avete detto ch’io vi dimentichi: ch’io vi dimentichi! Come devo fare? A chi credete ch’io pensassi in tutto questo tempo?... E dopo tante cose! dopo tante promesse! Cosa v’ho fatto io, dopo che ci siamo lasciati? Perché ho patito, mi trattate così? perché ho avuto delle disgrazie? perché la gente del mondo m’ha perseguitato? perché ho passato tanto tempo fuori di casa, tristo, lontano da voi? perché, al primo momento che ho potuto, son venuto a cercarvi?”

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Lucia, quando il pianto le permise di formar parole, esclamò, giungendo di nuovo le mani, e alzando al cielo gli occhi pregni di lacrime: “o Vergine santissima, aiutatemi voi! Voi sapete che, dopo quella notte, un momento come questo non l’ho mai passato. M’avete soccorsa allora; soccorretemi anche adesso!”

“Sì, Lucia; fate bene d’invocar la Madonna; ma perchè volete credere che Lei che è tanto buona, la madre delle misericordie, possa aver piacere di farci patire... me almeno... per una parola scappata in un momento che non sapevate quello che vi dicevate? Volete credere che v’abbia aiutata allora, per lasciarci imbrogliati dopo?... Se poi questa fosse una scusa; se è ch’io vi sia venuto in odio... ditemelo... parlate chiaro.”

“Per carità, Renzo, per carità, per i vostri poveri morti, finitela, finitela; non mi fate morire... Non sarebbe un buon momento. Andate dal padre Cristoforo; raccomandatemi a lui, non tornate più qui, non tornate più qui”.



“Vo; ma pensate se non voglio tornare! Tornerei se fosse in capo al mondo, tornerei” E disparve.

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Lucia andò a sedere, o piuttosto si lasciò cadere in terra, accanto al lettuccio; e, appoggiata a quello la testa, continuò a piangere



dirottamente. La donna, che fin allora era stata a occhi e orecchi aperti, senza fiatare, domandò cosa fosse quell’apparizione, quella contesa, questo pianto. Ma forse il lettore domanda dal canto suo chi fosse costei; e, per soddisfarlo, non ci vorranno, nè anche qui, troppe parole.

Era un’agiata mercantessa, di forse trent’anni. Nello spazio di pochi giorni, s’era visto morire in casa il marito e tutti i figliuoli: di lì a poco, venutale la peste anche a lei, era stata trasportata al lazzeretto, e messa in quella capannuccia, nel tempo che Lucia, dopo aver superata, senza avvedersene, la furia del male, e cambiate, ugualmente senza avvedersene, più compagne, cominciava a riaversi, e a tornare in sè; chè, fin dal principio della malattia, trovandosi ancora in casa di don Ferrante, era rimasta come insensata. La capanna non poteva contenere che due persone: e tra queste due, afflitte, derelitte, sbigottite, sole in tanta moltitudine, era presto nata un’intrinsichezza, un’affezione, che appena sarebbe potuta venire da un lungo vivere insieme. In poco tempo, Lucia era stata in grado di poter aiutar l’altra, che s’era trovata aggravatissima. Ora che questa pure era fuori di pericolo, si facevano compagnia e coraggio e [p. 703 modifica]guardia a vicenda; s’eran promesse di non uscir dal lazzeretto, se non insieme; e avevan presi altri concerti per non separarsi neppur dopo. La mercantessa che, avendo lasciata in custodia d’un suo fratello commissario della Sanità, la casa e il fondaco e la cassa, tutto ben fornito, era per trovarsi sola e trista padrona di molto più di quel che le bisognasse per viver comodamente, voleva tener Lucia con sè, come una figliuola o una sorella. Lucia aveva aderito, pensate con che gratitudine per lei, e per la Provvidenza; ma soltanto fin che potesse aver nuove di sua madre, e sapere, come sperava, la volontà di essa. Del resto, riservata com’era, nè della promessa dello sposalizio, nè dell’altre sue avventure straordinarie, non aveva mai detta una parola. Ma ora, in un così gran ribollimento d’affetti, aveva almen tanto bisogno di sfogarsi, quanto l’altra desiderio di sentire. E, stretta con tutt’e due le mani la destra di lei, si mise subito a soddisfare alla domanda, senz’altro ritegno, che quello che le facevano i singhiozzi.

Renzo intanto trottava verso il quartiere del buon frate. Con un po’ di studio, e non senza dover rifare qualche pezzetto di strada, gli riuscì finalmente d’arrivarci. Trovò la capanna; lui non ce lo trovò; ma, ronzando e cercando nel contorno, lo vide in una baracca, che, piegato a terra, e quasi bocconi, stava confortando un moribondo. Si fermò lì, aspettando in silenzio. Poco dopo, lo vide chiuder gli occhi


[p. 704 modifica]a quel poverino, poi mettersi in ginocchio, far orazione un momento, e alzarsi. Allora si mosse, e gli andò incontro

“Oh!” disse il frate, vistolo venire; “ebbene?”

“La c’è: l’ho trovata!”

“In che stato?”

“Guarita, o almeno levata.”

“Sia ringraziato il Signore!”

“Ma...” disse Renzo, quando gli fu vicino da poter parlar sottovoce: “c’è un altro imbroglio.”

“Cosa c’è?”

“Voglio dire che... Già lei lo sa come è buona quella povera giovine; ma alle volte è un po’ fissa nelle sue idee. Dopo tante promesse, dopo tutto quello che sa anche lei, ora dice che non mi può sposare, perchè dice, che so io? che, quella notte della paura, s’è scaldata la testa, e s’è, come a dire, votata alla Madonna. Cose senza costrutto, n’è vero? Cose buone, chi ha la scienza e il fondamento da farle, ma per noi gente ordinaria, che non sappiamo bene come si devon fare... n’è vero che son cose che non valgono?”

“Dimmi: è molto lontana di qui?”

“Oh no: pochi passi di là dalla chiesa.”

“Aspettami qui un momento,” disse il frate: “e poi ci anderemo insieme.”

“Vuol dire che lei le farà intendere...”

“Non so nulla, figliuolo; bisogna ch’io senta lei.”

“Capisco,” disse Renzo, e stette con gli occhi fissi a terra, e con le braccia incrociate sul petto, a masticarsi la sua incertezza, rimasta intera. Il frate andò di nuovo in cerca di quel padre Vittore, lo pregò di supplire ancora per lui, entrò nella sua capanna, n’uscì con la sporta in braccio, tornò da Renzo, gli disse: “andiamo;” e andò innanzi, avviandosi a quella tal capanna, dove, qualche tempo prima, erano entrati insieme. Questa volta, entrò solo, e dopo un momento ricomparve, e disse: “niente! Preghiamo; preghiamo.” Poi riprese: “ora, conducimi tu.”

E senza dir altro, s’avviarono.

Il tempo s’era andato sempre più rabbuiando, e annunziava ormai certa e poco lontana la burrasca. De’ lampi fitti rompevano l’oscurità cresciuta, e lumeggiavano d’un chiarore istantaneo i lunghissimi tetti e gli archi de’ portici, la cupola della cappella, i bassi [p. 705 modifica]comignoli delle capanne; e i tuoni scoppiati con istrepito repentino, scorrevano rumoreggiando dall’una all’altra regione del cielo. Andava innanzi il giovine, attento alla strada, con una grand’impazienza d’arrivare, e rallentando però il passo, per misurarlo alle forze del compagno; il quale, stanco dalle fatiche, aggravato dal male, oppresso dall’afa, camminava stentatamente, alzando ogni tanto al cielo la faccia smunta, come per cercare un respiro più libero.

Renzo, quando vide la capanna, si fermò, si voltò indietro, disse con voce tremante: “è qui.”

“Entrano... - Eccoli!” grida la donna del lettuccio. Lucia si volta, s’alza precipitosamente, va incontro al vecchio, gridando: “oh chi vedo! O padre Cristoforo!”

“Ebbene, Lucia! da quante angustie v’ha liberata il Signore! Dovete esser ben contenta d’aver sempre sperato in Lui.”

“Oh sì! Ma lei, padre? Povera me, come è cambiato! Come sta? dica: come sta?”

“Come Dio vuole, e come, per sua grazia, voglio anch’io,” rispose, con volto sereno, il frate. E, tiratala in un canto, soggiunse: “sentite: io non posso rimaner qui che pochi momenti. Siete voi disposta a confidarvi in me, come altre volte?”

“Oh! non è lei sempre il mio padre?”

“Figliuola, dunque; cos’è codesto voto che m’ha detto Renzo?”

“È un voto che ho fatto alla Madonna... oh! in una gran tribolazione!... di non maritarmi.”

“Poverina! Ma avete pensato allora, ch’eravate legata da una promessa?”

“Trattandosi del Signore e della Madonna!... non ci ho pensato.”

“Il Signore, figliuola, gradisce i sagrifizi, l’offerte, quando le facciamo del nostro. È il cuore che vuole, è la volontà: ma voi non potevate offrirgli la volontà d’un altro, al quale v’eravate già obbligata.”

“Ho fatto male?”

“No, poverina, non pensate a questo: io credo anzi che la Vergine santa avrà gradita l’intenzione del vostro cuore afflitto, e l’avrà offerta a Dio per voi. Ma ditemi; non vi siete mai consigliata con nessuno su questa cosa?”

“Io non pensavo che fosse male, da dovermene confessare: e quel poco bene che si può fare, si sa che non bisogna raccontarlo.”

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“Non avete nessun altro motivo che vi trattenga dal mantener la promessa che avete fatta a Renzo?”

“In quanto a questo... per me... che motivo...? Non potrei proprio dire...” rispose Lucia, con un’esitazione che indicava tutt’altro che un’incertezza del pensiero; e il suo viso ancora scolorito dalla malattia, fiorì tutt’a un tratto del più vivo rossore.

“Credete voi,” riprese il vecchio, abbassando gli occhi, “che Dio ha data alla sua Chiesa l’autorità di rimettere e di ritenere, secondo che torni in maggior bene, i debiti e gli obblighi che gli uomini possono aver contratti con Lui?”

“Sì, che lo credo.”

“Ora sappiate che noi, deputati alla cura dell’anime in questo luogo, abbiamo, per tutti quelli che ricorrono a noi, le più ampie facoltà della Chiesa; e che per conseguenza, io posso, quando voi lo chiediate, sciogliervi dall’obbligo, qualunque sia, che possiate aver contratto a cagion di codesto voto.”

“Ma non è peccato tornare indietro, pentirsi d’una promessa fatta alla Madonna? Io allora l’ho fatta proprio di cuore...” disse Lucia, violentemente agitata dall’assalto d’una tale inaspettata, bisogna pur dire speranza, e dall’insorgere opposto d’un terrore fortificato da tutti i pensieri che, da tanto tempo, eran la principale occupazione dell’animo suo.

“Peccato, figliuola?” disse il padre: “peccato il ricorrere alla Chiesa, e chiedere al suo ministro che faccia uso dell’autorità che ha ricevuto da essa, e che essa ha ricevuta da Dio? Io ho veduto in che maniera voi due siete stati condotti ad unirvi; e, certo, se mai m’è parso che due fossero uniti da Dio, voi altri eravate quelli: ora non vedo perchè Dio v’abbia a voler separati. E lo benedico che m’abbia dato, indegno come sono, il potere di parlare in suo nome, e di rendervi la vostra parola. E se voi mi chiedete ch’io vi dichiari sciolta da codesto voto, io non esiterò a farlo; e desidero anzi che me lo chiediate.”

“Allora...! allora...! lo chiedo;” disse Lucia, con un volto non turbato più che di pudore.

Il frate chiamò con un cenno il giovine, il quale se ne stava nel cantuccio il più lontano, guardando (giacchè non poteva far altro) fisso fisso al dialogo in cui era tanto interessato; e, quando quello fu lì, disse, a voce più alta, a Lucia: “con l’autorità che ho dalla [p. 707 modifica]Chiesa, vi dichiaro sciolta dal voto di verginità, annullando ciò che ci potè essere d’inconsiderato, e liberandovi da ogni obbligazione che poteste averne contratta.”



Pensi il lettore che suono facessero all’orecchio di Renzo tali parole. Ringraziò vivamente con gli occhi colui che le aveva proferite; e cercò subito, ma invano, quelli di Lucia.

“Tornate, con sicurezza e con pace, ai pensieri d’una volta,” seguì a dirle il cappuccino: “chiedete di nuovo al Signore le grazie che Gli chiedevate, per essere una moglie santa; e confidate che ve le concederà più abbondanti, dopo tanti guai. E tu,” disse, voltandosi a Renzo, “ricordati, figliuolo, che se la Chiesa ti rende questa compagna, non lo fa per procurarti una consolazione temporale e mondana, la quale, se anche potesse essere intera, e senza mistura d’alcun dispiacere, dovrebbe finire in un gran dolore, al momento di lasciarvi; ma lo fa per avviarvi tutt’e due sulla strada della consolazione che non avrà fine. Amatevi come compagni di viaggio, con questo pensiero d’avere a lasciarvi, e con la speranza di ritrovarvi per sempre. Ringraziate il cielo che v’ha condotti a questo stato, non per mezzo dell’allegrezze turbolente e passeggiere, ma co’ travagli [p. 708 modifica]e tra le miserie, per disporvi a una allegrezza raccolta e tranquilla. Se Dio vi concede figliuoli, abbiate in mira d’allevarli per Lui, d’istillar loro l’amore di Lui e di tutti gli uomini; e allora li guiderete bene in tutto il resto. Lucia! v’ha detto,” e accennava Renzo, “chi ha visto qui?”

“Oh padre, me l’ha detto!”

“Voi pregherete per lui! Non ve ne stancate. E anche per me pregherete!... Figliuoli! voglio che abbiate un ricordo del povero frate.” E qui levò dalla sporta una scatola d’un legno ordinario, ma tornita e lustrata con una certa finitezza cappuccinesca; e proseguì: “qui dentro c’è il resto di quel pane... il primo che ho chiesto per carità; quel pane, di cui avete sentito parlare! Lo lascio



a voi altri: serbatelo; fatelo vedere ai vostri figliuoli. Verranno in un tristo mondo, e in tristi tempi, in mezzo a’ superbi e a’ provocatori: dite loro che perdonino sempre, sempre! tutto, tutto! e che preghino, anche loro, per il povero frate!”

E porse la scatola a Lucia, che la prese con rispetto, come si farebbe d’una reliquia. Poi, con voce più tranquilla, riprese: - ora ditemi; che appoggi avete qui in Milano? Dove pensate d’andare a alloggiare, appena uscita di qui? E chi vi condurrà da vostra madre, che Dio voglia aver conservata in salute?

“Questa buona signora mi fa lei intanto da madre: noi due usciremo di qui insieme, e poi essa penserà a tutto.”

“Dio la benedica,” disse il frate, accostandosi al lettuccio.

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“La ringrazio anch’io,” disse la vedova, “della consolazione che ha data a queste povere creature; sebbene io avessi fatto conto di tenerla sempre con me, questa cara Lucia. Ma la terrò intanto; l’accompagnerò io al suo paese, la consegnerò a sua madre; e, soggiunse poi sottovoce, - voglio farle io il corredo. N’ho troppa della roba; e di quelli che dovevan goderla con me, non ho più nessuno!”

“Così,” rispose il frate, “lei può fare un gran sacrifizio al Signore, e del bene al prossimo. Non le raccomando questa giovine: già vedo che è come sua: non c’è che da lodare il Signore, il quale sa mostrarsi padre anche ne’ flagelli, e che, col farle trovare insieme, ha dato un così chiaro segno d’amore all’una e all’altra. Orsù, riprese poi, voltandosi a Renzo, e prendendolo per una mano: noi due non abbiam più nulla da far qui: e ci siamo stati anche troppo. Andiamo.”

“Oh padre!” disse Lucia: “la vedrò ancora? Io sono guarita, io che non fo nulla di bene a questo mondo; e lei...!”

“È già molto tempo,” rispose con tono serio e dolce il vecchio, “che chiedo al Signore una grazia, e ben grande: di finire i miei giorni in servizio del prossimo. Se me la volesse ora concedere, ho bisogno che tutti quelli che hanno carità per me, m’aiutino a ringraziarlo. Via; date a Renzo le vostre commissioni per vostra madre.”

“Raccontatele quel che avete veduto,” disse Lucia al promesso sposo: “che ho trovata qui un’altra madre, che verrò con questa più presto che potrò, e che spero, spero di trovarla sana.”

“Se avete bisogno di danari,” disse Renzo, “ho qui tutti quelli che m’avete mandati, e...”

“No, no,” interruppe la vedova: “ne ho io anche troppi.”

“Andiamo,” replicò il frate.

“A rivederci, Lucia...! e anche lei, dunque, quella buona signora,” disse Renzo, non trovando parole che significassero quello che sentiva.

“Chi sa che il Signore ci faccia la grazia di rivederci ancora tutti!” esclamò Lucia.

“Sia Egli sempre con voi, e vi benedica,” disse alle due compagne fra Cristoforo; e uscì con Renzo dalla capanna.

Mancava poco alla sera, e il tempo pareva sempre più vicino a [p. 710 modifica]risolversi. Il cappuccino esibì di nuovo al giovine di ricoverarlo per quella notte nella sua baracca. “Compagnia, non te ne potrò fare,” soggiunse: “ma avrai da stare al coperto.”

Renzo però si sentiva una smania d’andare; e non si curava di rimaner più a lungo in un luogo simile, quando non poteva profittarne per veder Lucia, e non avrebbe neppur potuto starsene un po’ col buon frate. In quanto all’ora e al tempo, si può dire che notte e giorno, sole e pioggia, zeffiro e tramontano, eran tutt’uno per lui in quel momento. Ringraziò dunque il frate, dicendo che voleva andar più presto che fosse possibile in cerca d’Agnese.

Quando furono nella strada di mezzo, il frate gli strinse la mano, e disse: “se la trovi, che Dio voglia! quella buona Agnese, salutala anche in mio nome; e a lei, e a tutti quelli che rimangono, e si ricordano di fra Cristoforo, dì che preghin per lui. Dio t’accompagni, e ti benedica per sempre.”

“Oh caro padre...! ci rivedremo? ci rivedremo?”

“Lassù, spero.” E con queste parole, si staccò da Renzo; il quale, stato lì a guardarlo fin che non l’ebbe perso di vista, prese in fretta verso la porta, dando a destra e a sinistra l’ultime occhiate di compassione a quel luogo di dolori. C’era un movimento straordinario, un correr di monatti, un trasportar di roba, un accomodar le tende delle baracche, uno strascicarsi di convalescenti a queste e ai portici, per ripararsi dalla burrasca imminente.