I miei versi
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II
I MIEI VERSI
Come un nido d’uccelletti
che tu senti pispigliar
sovra i gelsi o in cima ai tetti
quando allegro il maggio appar.
5van cantando i versi miei,
bruna figlia di Corfú;
belli no, come tu sei;
freschi no, come sei tu.
Van cantando; ed uno vola
10dentro un cespite di fior,
e consegna all’agii gola
l’allegria che chiude in cor.
Dentro i rami d’un cipresso
si va un altro a rifugir,
15e con murmure sommesso
dice all’ombra il suo martir.
Sulla barca i patrii carmi
dice un terzo al timonier;
canta un quarto amori cd armi
20sulla tenda del guerrier.
E nei lutti e nelle feste
niun di loro lia nodi al piò,
né darebbe la sua veste
per la porpora d’un re.
25San le glorie dell’Egeo,
sanno il riso del Velin,
sanno i riti del Pangèo,
sanno il carme sibillin.
Or le zu(Te dei leoni
30vanno in Roma a celebrar,
or negli attici odeoni
d’Afrodite il bianco aitar.
Con le faune dormon lieti
tra le niente del ruscel,
35o coi silfi nei frutteti
quando Cinzia arride in ciel.
Se una bianca margherita
foglia a foglia si disfa,
sulle sorti della vita
40per saper quel che dirá;
o se a Pasqua gioca al «verde»
una bella ed un garzon,
essi trillano a chi perde
dal mirteto una canzon.
45Se le lepri a notte aperta
van danzando in gaio stuol,
o la pallida lucerta
cerca i sassi a’ rai del sol;
questi miei pellegrinanti
50fanno gli alberi stormir,
e dai rami arcani canti
si cominciano a sentir.
E poi van per la campagna
sui covoni al falciator,
55van seguendo alla montagna
la cornetta del pastor.
Van nell’ombra delle valli
con le late a conversar,
raccontando i freschi balli
60delle naiadi sul mar.
E van sempre, araldi eterni,
van lontano e piú lontan,
van dal cielo ai foschi averni
e van sempre e sempre van.
65O malcauti, a tanto volo
non fidatevi cosí:
qui nell’atrio afflitto e solo
io v’attendo e notte e di.
Non c’è guardia sui confini;
70procellosa è la stagioni
uccelletti pellegrini,
deh, tornate al mio balconi