<dc:title> I fioretti di Sancto Francesco </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Anonimo</dc:creator><dc:date>XIV secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Anonimo - I fioretti di Sancto Francesco.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=I_fioretti_di_Sancto_Francesco/Capitolo_XXV&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240630142146</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=I_fioretti_di_Sancto_Francesco/Capitolo_XXV&oldid=-20240630142146
I fioretti di Sancto Francesco AnonimoAnonimo - I fioretti di Sancto Francesco.djvu
Come sancto Francesco sanò uno lebbroso della anima e dello corpo.
I
l vero discepolo di Cristo messere sancto Francesco, vivendo in questa misera vita, con tutto il suo sforzo s’ingegnava di seguitare Cristo, perfetto maestro; onde adivenía ispesse volte, per divina operazione, che a cui elli sanava il corpo, Iddio sanava l’anima a una medesima ora, siccome si legge di Cristo. E però ch’elli non solamente servía volentieri a’ lebbrosi, ma oltre a [p. 93modifica]questo avea ordinato che e’ frati dello suo Ordine, andando o stando per lo mondo, servissono a’ lebbrosi per lo amore di Cristo, il quale volle per noi essere reputato lebbroso; addivenne una volta che in uno luogo presso a quello, ove dimorava allora sancto Francesco, i frati serviano in uno spedale a’ lebbrosi et infermi, nello quale era uno lebbroso sí impaziente et importabile e protervo, che ognuno credeva di certo, e cosí era, che fusse invasato dallo dimonio; imperò ch’elli villaneggiava di parole e di battiture sí isconciamente chiunque il servía, e, che peggio era, elli vituperosamente bestemmiava Cristo benedetto e la sua ’santissima madre vergine Maria, che per niuno modo si trovava chi lo volesse servire. Et avegnia che le ingiurie e villanie proprie i frati si ingegnassono di portare pazientemente, per accrescere il merito della pazienzia: nondimeno l’ingiurie di Cristo e della sua Madre non potendo sostenere le coscienzie loro, determinarono al tutto d’abbandonare il detto lebbroso; ma non lo vollero fare infino a tanto ch’elli il significassono ordinatamente a sancto Francesco, il quale dimorava allora in uno luogo presso. E significato ch’elli l’ebbero, sancto Francesco se ne va a questo lebbroso perverso, e giungendo a lui sí lo saluta, dicendo: — Iddio ti dia pace, fratello mio carissimo. — Risponde il lebbroso rimbrottando: — E che pace posso io avere da Dio, che m’à tolto pace et ogni bene, et àmmi fatto tutto fracido e putente? — E sancto [p. 94modifica]Francesco: — Abbi pazienzia, imperciò che le infermità de’ corpi ci sono date da Dio in questo mondo per salute dell’anima; però ch’elle sono di grande merito, quando sono portate in pace. — Risponde lo ’nfermo: — E come poss’io portare con pace la pena continua che mi afrigge il dí e la notte? e non solamente io sono afritto dalla infermità mia, ma peggio mi fanno i frati tuoi che tu mi desti perché mi servissono, e non mi servono come debbono. — Allora sancto Francesco, conosciendo per rivelazione che questo lebbroso éra posseduto da malvagio spirito, posesi in orazione, e pregò divotamente Iddio per lui. E fatta l’orazione, ritornò a lui e dice chosí: — Figliuolo, io ti voglio servire io, dappoi che tu non ti contenti delli altri. — Piacemi, disse lo ’nfermo; — ma che mi potrai tu fare piú che gli altri? — Risponde sancto Francesco: — Ciò che tu vorrai, io farò. — Dice il lebbroso: — Io voglio che tu mi lavi tutto quanto, imperoch’io puto sí fortemente, ch’io medesimo non mi posso patire. — Allora sancto Francesco di súbito fece iscaldare acqua con molte erbe odorose, poi ispogliò costui, e comincia a lavarlo colle sue mani, et un altro frate metteva su l’acqua; e, per divino miracolo, dove sancto Francesco toccava colle sue sancte mani, si partiva la lebbra e rimaneva la carne perfettamente sanata. E come si cominciò a sanare la carne, cosí si cominciò a sanare l’anima; onde veggendosi il lebbroso cominciare a guarire, co[p. 95modifica]minciò ad avere grande compunzione e pentimento de’ suoi peccati, e a piagnere amarissimamente; sicché, mentre che lo corpo si mondava di fuori della lebbra per lavamento d’acqua, l’anima si mondava dentro dello peccato per la contrizione e per le lagrime. Et essendo compiutamente sanato quanto allo corpo e quanto all’anima, umilemente si rendé in colpa e dicea piagnendo ad alta voce: — Guai a me, ch’io sono degno dello inferno per le villanie et ingiurie ch’ò fatte a’ frati, per la impazienzia e bestemie ch’io ò auto contro a Dio! — Onde per xv. dí perseverò in amaro pianto de’ suoi peccati, et in chiedere misericordia a Dio, confessandosi allo prete interamente. E sancto Francesco, vedendo cosí espresso miracolo, il quale Iddio avea adoperato per le mani sue, ringraziò Iddio e partissi indi, andando in paese assai di lunge; imperò che per umiltà volea fuggire ogni grolia mondana, et in tutte le sue operazioni solo cercava l’onore e la grolia di Dio, e non propria. Poi, com’a Dio piacque, il detto lebbroso, sanato dello corpo e della anima, dopo xv. dí della sua penitenzia, infermò d’altra infermità, et armato delli sagramenti ecclesiastici si morí santamente, e la sua anima, andando a paradiso, apparve in aria a sancto Francesco, che stava in una selva in orazione, e dissegli: — Riconoscimi tu? — Qual se’ tu? — disse sancto Francesco. Et elli disse: — Io sono il lebbroso, il quale Cristo benedetto sanò per gli tuoi meriti, [p. 96modifica]et oggi io vo a vita eterna; di che io rendo grazie a Dio et a te; benedetta sia l’anima e lo corpo tuo, e benedette le tue parole e le tue operazioni; imperò che per te molte anime si salveranno nello mondo; e sappi, che non è dí nello mondo, nello quale i sancti angioli e gli altri santi non ringrazino Iddio de’ sancti frutti che tu e l’Ordine tuo fate in diverse parti dello mondo; e però cònfortati e ringrazia Iddio, et istà colla sua benedizione. — E détte queste parole, se n’andò in cielo, e sancto Francesco rimase molto consolato. A laude di Cristo benedetto. Amen.