I divoratori/Libro primo/XVII

XVII

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XVII.

Oh bocca chiusa, oh fonte di mistero,
Schiudi le ignote tue delizie a me...

Alle rosse labbra arcuate di Aldo l’impellente passione di Nancy chiedeva non baci soltanto, ma parole.

— Parla, parla, — diceva lei, fissando coi chiari occhi urgenti quella giovine bocca vivida, dolce e silenziosa.

Durante le lunghe ore che passavano insieme, ella chiedeva, ed egli doveva rispondere. I suoi splendidi occhi profondi la incitavano a rapide domande, e i baci che egli le dava non spegnevano la sete della sua anima per l’anima di lui. Poco a poco, timidamente, ella scostava i cancelli del giardino chiuso; giorno per giorno arrischiava, trepida, un passo più in là nei misteriosi sentieri. Dove erano le non vedute rose? dove le fontane di luce e i laghi di mistero? Trepida, in punta dei piedi, ella s’avventurava per gli angusti sentieri dove prima di lei Clarissa e tante altre erano passate. Quando l’ebbe girato tutto, ella si disse:

— Io certo ho sbagliato. Non sono ancora entrata nel giardino...

Il matrimonio doveva aver luogo quasi subito. Aldo era impaziente, e Nancy innamorata. E il Libro aspettava. Quindi Valeria partì per Milano a preparare il corredo, e Nancy doveva seguirla una settimana dopo.

L’ultima sera nella villa Solitudine, Clarissa salì da Nancy per darle la buona notte in camera — nella grande camera vuota in cui il capolavoro non era stato scritto. I bauli di Nancy erano fatti, la penna d’avorio e il Libro [p. 127 modifica]riposti. E sulla grande tavola stava, vano e malinconico, l’immenso calamaio.

Nancy era appoggiata alla finestra guardando le stelle; Clarissa si mise accanto a lei, e immerse anch’ella lo sguardo frivolo in quelle profondità di cobalto.

— Detesto le stelle, — disse Nancy a bassa voce. — Ne ho tanto paura.

— Paura! Perchè? — rise Clarissa, per la quale una stella era una stella e null’altro.

— Oh! — sospirò piano Nancy, — vorrei essere certa che a un dato punto non ve ne fossero più!... Vorrei sapere che smettono, che terminano! Mi fa troppo terrore il favoloso Nulla al di là dello Spazio illimitato — il perpetuo Giammai al di là dell’Eternità senza fine. Vorrei che ci fosse una muraglia intorno all’universo, un baluardo che ci rinserrasse tutti sani e salvi, lontani dal terribile Infinito!

Clarissa rise.

— Che strane idee! Forse quando sarai sposata ti sentirai meno piccola e paurosa.

— Forse, — disse Nancy; e soggiunse: — Aldo dovrà essere il mio baluardo.

— Oh! diletta mia! — esclamò Clarissa, — per carità, non voler fare del povero Aldo ciò che non è. Aldo è bello, è delizioso, è adorabile! Ma quanto all’essere un baluardo, lo è quanto questa sciarpa!...

E lasciò sventolare nella quieta aria notturna il lieve velo diafano che portava al collo.

Poi la baciò e scese da suo marito che l’aspettava brontolando.

Quando furono a letto, Carlo disse:

— Sono seccato!

Clarissa, che non voleva informazioni a questo riguardo, continuò a leggere il suo libro di Mirbeau, particolarmente nauseabondo e affascinante. [p. 128 modifica]

— Sono seccato, — ripetè Carlo; — sento che non dovrei permettere che quel malarnese di mio fratello sposi quella cara ragazzina. So che la renderà infelice.

— Ma che! — disse Clarissa, — neanche per idea! Nancy sarà perfettamente beata scrivendo dei versi sul profilo di Aldo, finchè s’accorgerà che tutte le sue qualità terminano col suo naso greco. E allora si consolerà con qualcun altro. E sarà felice lo stesso.

— Ah, va bene, — grugnì Carlo. — Forse te ne intendi più di me. Già, voialtre donne siete tutte vipere, che non sapete che graffiare e gracidare.

— Che metafora mista! — mormorò Clarissa, spegnendo la candela col suo libro, cosa particolarmente spiacevole a Carlo. Poi si volse al muro, e si addormentò col confortante pensiero che Carlo, in vero, era un baluardo.


Le nozze di Nancy ebbero luogo a Roma. Tutti i poeti d’Italia mandarono dei poemi, e Nino le portò una collana di perle. Dal Quirinale venne un medaglione che racchiudeva la miniatura di un giovinetto. Nancy, pallida e riverente, osò sfiorare colle labbra quel grave viso d’adolescente, sulla cui fronte era già l’ombra d’una corona.

Dopo la colazione nuziale tutti gli invitati si accommiatarono, e si avviarono alle loro carrozze, passando gaiamente sul tappeto scarlatto steso sulla scalinata, dal portone fino all’orlo del marciapiede.

Poi Nancy, nell’abito da viaggio grigio-sorcio, abbracciò Valeria e pianse, dicendole addio. E abbracciò Nino e pianse, dicendogli addio.

Poi scese, sempre piangendo, le scale, e a braccio dello sposo traversò il tappeto rosso e salì in carrozza. Clarissa e Carlo, lo zio Giacomo, la zia Carlotta e Adele seguirono in altre vetture alla stazione, dove una grande folla aspettava per salutare alla partenza gli sposi. [p. 129 modifica]

Valeria e Nino restarono soli nelle stanze desolate.

Valeria teneva il viso nascosto nelle mani. Ella guardava nell’avvenire; vedeva la lunga fuga dei giorni a venire, oscuri e solitari.

Nino, con gli occhi velati di pianto, contemplava quella figura curva davanti a lui; e i suoi pensieri volsero indietro e risalirono il corso degli anni.

Si chinò e le prese la mano.

— Cuginetta mia! — diss’egli.

Ella gli sorrise di un sorriso triste. Poi gli domandò.

— A che cosa pensi?

Vi fu una pausa.

— Pensavo a Nancy e al passato, — rispose Nino. — Pensavo a suo padre — al povero Tom! morto così improvvisamente, così miseramente, in viaggio, fra estranei...

— Già, — sospirò Valeria; e aggiunse a bassa voce, seguendo il filo dei ricordi: — Ma bisognava salvare Nancy.

— E pensavo anche al vecchio nonno, morto solo, nella notte, sulla collina...

— Bisognava trovare Nancy, — disse Valeria.

— E pensavo alla piccola Edith e alla sua povera madre, che dovettero partir sole... abbandonate da quelli che amavano, nell’ora più fosca della loro vita...

— Ma bisognava pur proteggere Nancy, — disse Valeria, con grandi occhi stupiti.

Udendola, egli comprese tutta l’inesorabile, la spietata forza dell’amore materno. Per Valeria nulla contava, nulla esisteva all’infuori di Nancy, — di Nancy che pure con dolce mano incosciente le aveva tutto rapito. Anche lui, non si era staccato da lei, preso e avvinto da Nancy?

— E penso a te, Valeria, — seguitò Nino, con voce bassa e tremante, — a te, di cui io ho calpestato il povero cuore... [p. 130 modifica]

— Non importa, non era colpa tua, — disse Valeria con un piccolo singhiozzo. — Amavi Nancy; come potevi non amarla? — I pietosi occhi le si empirono di lagrime. — Ed ora anche le tue speranze sono naufragate, anche tu hai il cuore spezzato!...

Nino non rispose. Si volse e andò alla finestra. Rivedeva Nancy, Nancy dalla voce dolce, dagli occhi come giacinti ceruli sotto il fosco slancio delle chiome.

E ancora una volta egli comprese come essa, nella sua innocenza di tortorella, avesse assorbito e sommerso l’esistenza di tutti quelli che le stavano d’intorno. Nella sua soave debilità, nella sua fralezza puerile, ella aveva infranto, distrutto e devastato. Le esistenze di tutti quelli che l’avevano amata erano state necessarie a nutrire la chiara fiamma del suo genio, il bianco fuoco della sua gioventù.

Nino fissò gli occhi sul rosso tappeto nuziale che stendeva la sua striscia scarlatta fino all’orlo della strada. E gli parve un sentiero di sangue.

— Ecco — diss’egli — la traccia del Divoratore!... Ecco il passaggio della colombella di preda!...


Il treno palpitò e si scosse; poi si avviò lento; poi con battito affrettato pulsò fuori dalla tettoia della stazione. E per Nancy gli addii e gli evviva e i fazzoletti sventolanti furono lasciati indietro, fermi nel suo passato.

Essa allora sollevò verso lo sposo i teneri occhi illuminati di pianto.

Ora dunque le porte del giardino sognato s’aprirebbero al tocco della sua bianca mano consacrata. La chiusa anima di Aldo le si svelerebbe alfine.

Ora per lei le fonti di luce e i laghi di mistero, e le non vedute spirituali rose!