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i divoratori 127

riposti. E sulla grande tavola stava, vano e malinconico, l’immenso calamaio.

Nancy era appoggiata alla finestra guardando le stelle; Clarissa si mise accanto a lei, e immerse anch’ella lo sguardo frivolo in quelle profondità di cobalto.

— Detesto le stelle, — disse Nancy a bassa voce. — Ne ho tanto paura.

— Paura! Perchè? — rise Clarissa, per la quale una stella era una stella e null’altro.

— Oh! — sospirò piano Nancy, — vorrei essere certa che a un dato punto non ve ne fossero più!... Vorrei sapere che smettono, che terminano! Mi fa troppo terrore il favoloso Nulla al di là dello Spazio illimitato — il perpetuo Giammai al di là dell’Eternità senza fine. Vorrei che ci fosse una muraglia intorno all’universo, un baluardo che ci rinserrasse tutti sani e salvi, lontani dal terribile Infinito!

Clarissa rise.

— Che strane idee! Forse quando sarai sposata ti sentirai meno piccola e paurosa.

— Forse, — disse Nancy; e soggiunse: — Aldo dovrà essere il mio baluardo.

— Oh! diletta mia! — esclamò Clarissa, — per carità, non voler fare del povero Aldo ciò che non è. Aldo è bello, è delizioso, è adorabile! Ma quanto all’essere un baluardo, lo è quanto questa sciarpa!...

E lasciò sventolare nella quieta aria notturna il lieve velo diafano che portava al collo.

Poi la baciò e scese da suo marito che l’aspettava brontolando.

Quando furono a letto, Carlo disse:

— Sono seccato!

Clarissa, che non voleva informazioni a questo riguardo, continuò a leggere il suo libro di Mirbeau, particolarmente nauseabondo e affascinante.