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130 | annie vivanti |
— Non importa, non era colpa tua, — disse Valeria con un piccolo singhiozzo. — Amavi Nancy; come potevi non amarla? — I pietosi occhi le si empirono di lagrime. — Ed ora anche le tue speranze sono naufragate, anche tu hai il cuore spezzato!...
Nino non rispose. Si volse e andò alla finestra. Rivedeva Nancy, Nancy dalla voce dolce, dagli occhi come giacinti ceruli sotto il fosco slancio delle chiome.
E ancora una volta egli comprese come essa, nella sua innocenza di tortorella, avesse assorbito e sommerso l’esistenza di tutti quelli che le stavano d’intorno. Nella sua soave debilità, nella sua fralezza puerile, ella aveva infranto, distrutto e devastato. Le esistenze di tutti quelli che l’avevano amata erano state necessarie a nutrire la chiara fiamma del suo genio, il bianco fuoco della sua gioventù.
Nino fissò gli occhi sul rosso tappeto nuziale che stendeva la sua striscia scarlatta fino all’orlo della strada. E gli parve un sentiero di sangue.
— Ecco — diss’egli — la traccia del Divoratore!... Ecco il passaggio della colombella di preda!...
Il treno palpitò e si scosse; poi si avviò lento; poi con battito affrettato pulsò fuori dalla tettoia della stazione. E per Nancy gli addii e gli evviva e i fazzoletti sventolanti furono lasciati indietro, fermi nel suo passato.
Essa allora sollevò verso lo sposo i teneri occhi illuminati di pianto.
Ora dunque le porte del giardino sognato s’aprirebbero al tocco della sua bianca mano consacrata. La chiusa anima di Aldo le si svelerebbe alfine.
Ora per lei le fonti di luce e i laghi di mistero, e le non vedute spirituali rose!