I divoratori/Libro primo/XVI
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XVI.
Vieni, amor mio, vieni: è levato il sole, |
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Così Nancy sognava l’avvenire e la vita. La sua fronte era cinta d’asfodeli, la sua anima era sommersa nella felicità.
Il Libro aspettava.
All’ora del tramonto andavano in barca sul lago. Aldo, ritto presso alla vela, le sorrideva; e il cielo dorato serviva di sfondo al suo profilo.
— Oh! — sospirava Nancy, guardandolo e congiungendo puerilmente le mani. — Potrò dunque guardarti finchè i miei occhi saranno sazii di te! Finchè la tua bellezza mi sarà entrata nell’anima! La tua bellezza, Aldo, ~mi duole~! qui, — e appoggiava la mano sul petto, — mi duole, mi esalta, mi strugge.
Aldo capiva benissimo, e approvava con calmo compiacimento.
Fecero delle lunghe gite, a Premeno e a San Salvatore; e, siccome Clarissa rifiutava di accompagnarli, fu Carlo che, molto seccato, faceva loro da «chaperon».
In breve giunse Valeria. Nancy, rosea e radiosa, andò a riceverla all’imbarcadero. Valeria la baciò con molte lagrime.
— Oh, bimba mia! bimba mia! — disse; e in cuor suo avrebbe voluto che questi diciassette anni fossero stati un sogno, e che le sue braccia materne potessero ancora cingere, protettrici, la testolina della sua creatura.
Nel giovane amore di Nancy, Valeria riviveva i suoi dolci giorni di fidanzata; e Tom risorse nella sua memoria, e fu a tutte le ore con lei. Quante volte, su quello stesso lago azzurro, Tom l’aveva condotta collo zio Giacomo nella piccola barca chiamata «Luisa»! Con le lagrime agli occhi Valeria pregò Aldo e Nancy di venir con lei a vedere se non si potesse trovare quella barca, proprio quella!...
Trovarono infatti tre «Luise», ma Valeria non riusciva a riconoscerle; tutti e tre i barcaiuoli però affermarono di ricordarsi perfettamente di lei; e ricevettero, con scappellate e sorrisi, l’aspettata mancia.
— Capisco, — riflettè Valeria, ch’era molto commossa, — che non possono essere stati tutti e tre.
E Aldo soggiunse ridendo:
— Non bisognava dar nulla a quegli impostori; nessuno di loro aveva più di venticinque anni.
Udendo ciò, Valeria trasse un profondo sospiro. Decisero poi di andare in riverente pellegrinaggio alla Madonna del Monte, dove il padre di Nancy aveva chiesto in sposa Valeria.
Sulla lunga salita erano allineati i mendicanti, malati, storpi, ciechi, che gridavano, mettendo in vista le piaghe e i moncherini.
— Tra questi ce n’è di molto vecchi, — disse Valeria. — Certo saranno già stati qui quel giorno, e mi avranno veduta.
— Daremo una lira a ciascuno, — esclamò Nancy, aprendo il suo grasso borsellino appena il primo accattone sporse coll’unica mano il cappello bisunto.
— Ma, Nancy mia, cosa ti viene in mente? — esclamò Aldo. — Bada che ne troveremo forse cento!
Allora Nancy volse su lui i limpidi occhi interroganti.
— Cosa importa?
— Oh, a me non importa certo, — disse Aldo con una scrollatina di spalle.
Valeria contemplò, pensosa, la snella figura e l’impeccabile profilo del suo futuro genero, che colle mani in tasca e dondolandosi sui fianchi saliva accanto a loro la larga e ripida strada. Ella aveva il cuore greve di ricordi. Per questa stessa via era salita nella sua veste azzurrina e la cravatta rossa, con Tom al suo fianco; Tom, alto e poderoso nella sua larga giacca chiara, aveva dato tutto il rame e l’argento che aveva in tasca a quei mendicanti, proprio come oggi faceva Nancy, sua figlia. E Valeria contemplando la bella persona sottile di Aldo, sospirò.
— Avrei voluto per la mia piccola Nancy un anglosassone, — pensò. E mentre la memoria la riportava in Inghilterra le si affacciò un altro pensiero: — Oppure il povero caro Nino...
E Valeria trasse un altro sospiro, che forse non era tutto per Nancy.
Quella sera stessa ella gli scrisse, e quasi senza saperlo cominciò la sua lettera: «Mio povero caro Nino»...
Nino era fuori di casa, intervistando i consoli riguardo alla presunta morte di Edoardo Villari, quando venne la lettera. Fu Nunziata che l’aprì.
Valeria scriveva a Nino che Nancy, «la nostra piccola Nancy», era fidanzata ad Aldo Della Rocca, ed oh, mio Dio! non poteva Nino far nulla per impedirlo? Ed ah! perchè, perchè sua sorella Clarissa li aveva invitati tutti e due alla villa Solitudine, in modo che, come diceva Fräulein Müller, — o forse era Heine? — «wie könnte es anders sein»? Poichè nessuno, nessuno che avesse veduto Nancy nello splendore dei suoi diciassette aprili poteva non innamorarsene. Ed oh! le doleva tanto il cuore pel povero caro Nino, di cui aveva ben indovinato il segreto; e di cui poteva comprendere le sofferenze, poichè, mio Dio! non aveva sofferto tanto anche lei quando s’era accorta che l’amore di Nino non le apparteneva più?... Ma a che curarsi ora di tutto ciò? E poi non era mai stata colpa di Nino! Era la sua propria colpa e quella del destino... E del resto Nino non doveva credere che ella avesse veramente sofferto, poichè non era vero... E ora non pensava più affatto a quelle cose, ma solo a Nancy, solo a Nancy! E per carità, che egli venisse presto, e forse sarebbero ancora in tempo ad evitare il matrimonio; e certo egli ne avrebbe il cuore spezzato, ma non doveva disperarsi che tanto era inutile. Ed essa era per sempre, per sempre la sua infelice Valeria....
Nunziata lesse tre volte l’incoerente epistola prima di comprenderla; quando l’ebbe compresa, i suoi occhi si aprirono.
E con gli occhi aperti Nunziata ci vedeva bene. Vide la infocata catena di desideri stendersi anello per anello dal cuore di Valeria a quello di Nino, dal cuore di Nino a Nancy, dal cuore di Nancy ad Aldo, come in un giuoco di bambini. E l’Amore passare dall’uno all’altro, soffermandosi innanzi a ciascuno coi suoi doni di passione, di strazio e di piacere. E vide che i suoi anni la mettevano indietro di Valeria, lontana, lontana, fuori dal giuoco; e sentì che l’Amore l’aveva oltrepassata e che non si fermerebbe mai più, mai più davanti a lei.
Poi ricordò che i suoi doni essa li aveva avuti; ricordò che l’Amore aveva riversato ai suoi piedi le passioni come torrenti di fuoco e che la sua vita era passata in mezzo ai desideri come un bimbo passa in un campo di fiori.
— «On sera beau joueur», — disse Nunziata.
Poi entrò nella sua camera e spalancò le imposte. A lungo, a lungo si guardò nello specchio, e vide la sua faccia avvizzita e tinta; e la bocca vermiglia; e la complicata acconciatura dei capelli. Si mise in ginocchio accanto al suo letto e recitò con voce piana e puerile un «Pater noster» e un’«Ave Maria». Indi aprì le mani riluttanti, e restituì a Dio la sua morta giovinezza.
Si lavò la faccia con acqua calda e sapone; tolse gli elaborati riccioli, e si appuntò i propri morbidi capelli semplicemente intorno al capo. Poi indossò una veste nera, lunga e liscia, e scese così nel salotto ad aspettare Nino.
Quella stessa sera, ella lo rimandò a suo padre. I bauli di Nino erano già pronti, la carrozza alla porta, ed egli protestava ancora che non sarebbe partito, che non l’avrebbe lasciata mai! Nunziata, col viso terreo e le labbra bianche, lo baciò in fronte, benedicendolo, e gli ingiunse di partire e di non tornare mai più.
Finalmente, davanti all’ostinato rifiuto di Nino, ella si servì dell’arma che più le faceva male, e se ne valse per trafiggersi il cuore.
— Nancy! — sussurrò. — Pensa a Nancy! Forse sarai ancora in tempo a salvarla dalle braccia di quel mascalzone!
Nino trasalì. Il sangue gli montò agli occhi. Poi guardò quella pallida faccia straziata da cui l’acqua calda e le lagrime avevano lavato ogni traccia di volgarità; e perchè era uomo, e perciò ingenuamente crudele, non discusse, non rifiutò, non pensò neppure ad aspettare un’altra corsa; ma disse candido e spietato:
— Hai ragione, sei un angelo! sii mille volte benedetta!
... Nunziata uscì sul balcone e seguì cogli occhi la carrozza che si allontanava rapida nella notte. A un punto parve rallentare, poi girò, sparve.
Con essa sparve la luce nella vita di Nunziata Villari.
Giovinezza, amore, speranza, desiderio — tutti i lumi della ribalta il Destino li spense; e la lasciò nel buio.