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i divoratori | 125 |
Si lavò la faccia con acqua calda e sapone; tolse gli elaborati riccioli, e si appuntò i propri morbidi capelli semplicemente intorno al capo. Poi indossò una veste nera, lunga e liscia, e scese così nel salotto ad aspettare Nino.
Quella stessa sera, ella lo rimandò a suo padre. I bauli di Nino erano già pronti, la carrozza alla porta, ed egli protestava ancora che non sarebbe partito, che non l’avrebbe lasciata mai! Nunziata, col viso terreo e le labbra bianche, lo baciò in fronte, benedicendolo, e gli ingiunse di partire e di non tornare mai più.
Finalmente, davanti all’ostinato rifiuto di Nino, ella si servì dell’arma che più le faceva male, e se ne valse per trafiggersi il cuore.
— Nancy! — sussurrò. — Pensa a Nancy! Forse sarai ancora in tempo a salvarla dalle braccia di quel mascalzone!
Nino trasalì. Il sangue gli montò agli occhi. Poi guardò quella pallida faccia straziata da cui l’acqua calda e le lagrime avevano lavato ogni traccia di volgarità; e perchè era uomo, e perciò ingenuamente crudele, non discusse, non rifiutò, non pensò neppure ad aspettare un’altra corsa; ma disse candido e spietato:
— Hai ragione, sei un angelo! sii mille volte benedetta!
... Nunziata uscì sul balcone e seguì cogli occhi la carrozza che si allontanava rapida nella notte. A un punto parve rallentare, poi girò, sparve.
Con essa sparve la luce nella vita di Nunziata Villari.
Giovinezza, amore, speranza, desiderio — tutti i lumi della ribalta il Destino li spense; e la lasciò nel buio.