I Salmi di David (Diodati)/SALMO LXVIII

SALMO LXVIII.

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SALMO LXVIII.

1          Sorga pur il Signore,
     E rotto fie de’ suo’ ribelli avversi
     Il numeroso campo.
     A lo scoppiar del lampo
     De’ lumi suoi sen fuggiran dispersi,
     Qual di fumo vapore,
     Che ’l vento volve e caccia.
     E come al fuoco liquefatta cera,
     De’ malvagi sarà strutta la schiera,
     A’ raggi ardenti de l’irata faccia.
2          Ma i giusti trionfanti
     Esulteran con giubilanti accenti,
     Nel cospetto di Dio,
     Disciolti in gaudio pio.
     Fate di voci e suoni alti concenti,
     Per dargli onori e vanti.
     E sgombrate il cammino
     A quel che ’n ciel le nuvole cavalca,
     E ’n terra piagge solitarie calca:
     L’ETERNO è il grande suo nome divino.
3          Di pupilli smarriti
     È padre, e difensor di vedovelle,
     Ch’opprime sforzo umano.
     Ei, per seggio sovrano,
     Scelse del Tempio le sacrate celle.
     Di figliuoli fioriti
     Ei dà le case piene
     A quei che d’orbità sentir le doglie.
     Esso i prigioni avvinti in ferri scioglie,
     Ed i ribelli caccia in erme arene.
4          Quando scorta potente
     D’Egitto uscendo, a la tua gente festi,

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     Premendo nuove strade,
     Per romite contrade:
     Tremò la terra a’ segni manifesti
     Di tua deità presente.
     E le celesti spere
     Stillar, da te crollate, ansi sudori:
     Si riscosse Sina d’interni orrori,
     De lo Dio di Iacob a l’apparere.
5          Su la tua terra spandi
     Fecondo umor di pioggia liberale.
     Al tuo retaggio caro,
     Posto in travaglio amaro,
     Opportuno ristoro, almo e vitale,
     Dal ciel dispensi e mandi.
     Quivi, in dolce quiete,
     Il raccolto drappel de’ tuoi dimora,
     E a’ bisognosi tua bontade ognora
     Provede, ond’appagar e fame e sete.
6          D’un ragionar gioioso
     A’ suoi diede il Signor largo argomento.
     Le fanciulle schierate
     Recar novelle grate.
     I regi armati in rotta ed ispavento
     Sen fuggir a ritroso.
     L’usate a star assise
     In casa a l’ombra, vergini e matrone,
     Sconfitta l’oste e vinta la tenzone,
     De’ nemici le spoglie hanno divise.
7          Se, sozzi affumicati,
     Paruti siete già famigli vili
     Di caldaie e cucine;
     Sarete a l’oro fine,
     O de l’argento a quel candor simili,
     Ond’hanno variati
     Colombi vanni e penne.
     Dispersi i re per le divine imprese,

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     Mutò faccia e color, l’almo paese,
     E, qual neve in Salmon, bianco divenne.
8          O voi, monti famosi,
     Monti frequenti in alte vette e gioghi:
     Di Basan colli opimi,
     Perchè salir sublimi,
     Per gareggiar a prova i primi luoghi
     D’onori gloriosi?
     Questo monte gradire
     Piacque al Signore per lo seggio altero,
     Del suo divin universal impero,
     N’unque lo muterà per l’avvenire.
9          In aringate schiere
     Armati cavalier a mille a mille,
     Fanno al Signor d’intorno
     Trionfal cerchio adorno.
     E par, che ’l Tempio tutto arda e sfaville
     Di celesti lumiere,
     Come un Sina novello.
     Salisti in alto, e dietro a te prigioni
     Tratti, prendesti da’ ribelli doni,
     Per abitar nel tuo real ostello.
10          Or date a Dio le lodi
     D’alma bontade e d’invitta fortezza:
     Che tuttor de’ suo’ beni
     Ne dà ruscelli pieni.
     Ei n’è liberator, ei n’è salvezza:
     E ’n mano tiene i modi
     Di scamparci dal chiostro
     D’oscuro avello e spaventosa morte,
     Ond’aprir puote e risserrar le porte,
     Redentor, Padre, Signor e Dio nostro.
11          Ei de’ nemici suoi
     Il capo triterà fiero ed irsuto,
     Di color che ’n peccati
     Camminan ostinati.

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     I’ ti darò, dice il Signor, aiuto,
     Come già i padri tuoi
     Trassi d’abissi fondi,
     E da Basan: afin che ’l piè tu bagni
     Del sangue ostile ne’ torrenti e stagni,
     E de’ cani la lingua in quel s’affondi.
12          Al Tempio venerando
     Muover fusti veduto i passi santi,
     In sacra pompa, o Dio,
     Signor e Rege mio.
     E cori di cantori andarti innanti;
     Seguir altri sonando;
     Nel mezzo verginelle
     Toccar tamburi e dire con baldanza
     Or Dio laudate in grande raunanza
     Voi, che del fonte siete d’Israelle.
13          Quivi la nazione
     Del piccol Beniamin ancora fue,
     Che sopra ’l popol pria
     Ebbe la signoria.
     Qui fu Iuda con le bandiere sue,
     Neftali e Zabulone,
     Lor duci e capitani.
     Il Signor face, o tu beata gente,
     Che viver puoi sicura quetamente,
     Per lo valor di sue potenti mani.
14          Ciò ch’hai per noi oprato,
     Rendi, Signore, stabile ed eterno.
     Da la sagrata reggia,
     Che su Salem campeggia,
     Sopra noi spandi il tuo favor superno.
     E ’l fio ti fie pagato
     Da’ regi domi e vinti.
     Belve feroci o giovenchi disperdi,
     Pasciuti in paschi prosperosi e verdi,
     Che son d’alto poter e forza accinti.

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15          Genti d’orgoglio insane
     A’ tuo’ piedi, Signor, fiacca ed atterra;
     Che fan d’argentee piastre
     In sul terren le lastre:
     E si dilettan in contese e guerra.
     E da parti lontane,
     Per supplicarti, umili
     Mandino Egizj i lor ambasciadori:
     Corran, porgendo a te le mani i Mori,
     E a’ tuo’ s’arrendan cenni signorili.
16          O voi, regni del mondo,
     Le lingue e’ cori, al Signor sciogliete
     Per dargli onori e fregi
     Di sempiterni pregi.
     Temprate i suoni con le note liete,
     Vantando lui ch’a tondo,
     In foggia maestosa,
     De’ cieli eterni lo stellante suolo
     Ratto cavalca ed è portato a volo,
     E quindi tuona in voce poderosa.
17          Di sua possa infinita
     E del valor, ch’è sopra tutti i cieli,
     E su Iacob si spande,
     In maniere ammirande,
     Siate per tutto banditor fedeli.
     Da tua Magion gradita
     Apparisci tremendo:
     E ’l popol tuo, tratto di servitute,
     Tu rinforzi, Signor, d’alma virtute.
     Lodato sie il tuo Nome riverendo.