I Caratteri/I caratteri morali/La scostumatezza
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11.
LA SCOSTUMATEZZA
Non è difficile definire la scostumatezza1, poiché essa è uno scherzare sfacciato e vituperoso, e lo scostumato è cotal uomo che incontrandosi con gentildonne s’alza le vesti e mostra le pudenda. E in teatro applaude quando gli altri stanno cheti, e fischia gli attori che gli altri stanno a veder con piacere, e quando il teatro è silenzioso egli alza la testa e rutta2 per far voltare quelli che stanno seduti. E in pieno mercato, accostatosi alle noci alle coccole di mirto e alle nocciole3, si ferma a mangiarne e intanto4 discorre con quei che le vende, e chiama a nome uno di quelli che passano con cui non abbia familiarità anche se pol vede che hanno fretta5. E a chi esce dal tribunale sconfitto in una causa importante egli si avvicina e gli fa le congratulazioni. Si fa la spesa da sé e noleggia da sé le flautiste6, e mostra a quelli che incontra le provvigioni e li invita a mangiarne. E stando7 sulla bottega di un profumiere o di un barbiere racconta che egli vuol prendere una sbornia. E se la mamma esce per andar dall’aruspice8, egli bestemmia9; e intanto che pregano e fanno libagioni, ei lascia cadere il suo bicchiere e se la ride come se abbia fatto una gran bella cosa; e stando a sentir sonare, egli solo degli altri batte le mani, e accompagna canterellando, e racceffa10 la sonatrice perché ha smesso così presto11. E volendo mandar lo sputo di là dalla tavola12 scaracchia in faccia al coppiere.
Boccaccio adopera assai spesso il vocabolo «scostumato», e nel Commento a Dante, parlando di certe donne, allude alle loro «scostumataggini». In greco βδελυρός è il flagitiosus, impudens, impurus. L’italiano «ineducato», «screanzato», «maleducato», direbbe meno.
ἀνακύψας va tradotto, non come tutti, o quasi tutti, traducono, «si drizza su, si leva», ma «alza la testa» che è il suo vero significato e che esprime bene l’atto di chi sollevando il capo rutta. Teofrasto, è bene ricordarselo, è attento conoscitore della fisiognomica.
Probabilmente ἀκρόδρυα che ho tradotto «nocciole» è glossa delle due voci precedenti.
Nota che spesso in Teofrasto ἅμα ha valore temporale.
Traduco e leggo diversamente dal Diels, poiché non metto punto, ma virgola, prima del καὶ σπεύδοντας δέ που ὁρῶν, e non accetto la lezione aggiunta dai codici più recenti. Non è nient’affatto strano che Teofrasto abbia risoluto in plurale un indefinito collettivo; ed è possibile perciò che il trascrittore dei codici più recenti, non avendo capito, abbia cercato di rimediare alla sintassi del periodo ch’egli reputava fossa scorretta.
Nel cosiddetto mercato delle donne, del quale si discorre nel secondo carattere.
Abbiamo già detto innanzi che in Plutarco leggesi di Teofrasto il quale chiamava ἄοινα συμπόσια, abstemia convivia le barberie «per le chiacchiere che vi fanno quelli che vi si mettono a sedere». Anche oggi nel mezzogiorno d’Italia le barberie sono abstemia convivia: e luoghi di ritrovo dovevano essere al tempo di Teofrasto le profumerie. Teofrasto ha προστάς, come Plutarco ha προσκαθιζόντων: «che sta presso», «che siedono presso».
ἐπιτιμᾶν qui vale «racceffare», che è più di «sgridare» o altro verbo analogo, ed è piú acre e dispettoso, poiché la si spiattella villanamente sul muso e s’insiste di più nel rimprovero, racceffando.
La lezione è incerta e io ho accettato le correzioni dei filologi Eberhard e Ribbeck che mi sono sembrate legittime; ma i codici hanno, in vario modo i più antichi e i più recenti, «perché non ha smesso subito », o «che non ha smesso subito»: e può anche intendersi, io penso, «perché non ha fatto subito pausa» se παύομαι è termine musicale.
L’excreare o il conscreari in pubblico non pare che fosse presso i Greci maleducazione: ma sputare in faccia, προσπτύειν lo era anche... presso i Greci.
- ↑ [p. 108 modifica]Boccaccio adopera assai spesso il vocabolo «scostumato», e nel Commento a Dante, parlando di certe donne, allude alle loro «scostumataggini». In greco βδελυρός è il flagitiosus, impudens, impurus. L’italiano «ineducato», «screanzato», «maleducato», direbbe meno.
- ↑ [p. 108 modifica]ἀνακύψας va tradotto, non come tutti, o quasi tutti, traducono, «si drizza su, si leva», ma «alza la testa» che è il suo vero significato e che esprime bene l’atto di chi sollevando il capo rutta. Teofrasto, è bene ricordarselo, è attento conoscitore della fisiognomica.
- ↑ [p. 108 modifica]Probabilmente ἀκρόδρυα che ho tradotto «nocciole» è glossa delle due voci precedenti.
- ↑ [p. 108 modifica]Nota che spesso in Teofrasto ἅμα ha valore temporale.
- ↑ [p. 108 modifica]Traduco e leggo diversamente dal Diels, poiché non metto punto, ma virgola, prima del καὶ σπεύδοντας δέ που ὁρῶν, e non accetto la lezione aggiunta dai codici più recenti. Non è nient’affatto strano che Teofrasto abbia risoluto in plurale un indefinito collettivo; ed è possibile perciò che il trascrittore dei codici più recenti, non avendo capito, abbia cercato di rimediare alla sintassi del periodo ch’egli reputava fossa scorretta.
- ↑ [p. 108 modifica]Nel cosiddetto mercato delle donne, del quale si discorre nel secondo carattere.
- ↑ [p. 108 modifica]Abbiamo già detto innanzi che in Plutarco leggesi di Teofrasto il quale chiamava ἄοινα συμπόσια, abstemia convivia le barberie «per le chiacchiere che vi fanno quelli che vi si mettono a sedere». Anche oggi nel mezzogiorno d’Italia le barberie sono abstemia convivia: e luoghi di ritrovo dovevano essere al tempo di Teofrasto le profumerie. Teofrasto ha προστάς, come Plutarco ha προσκαθιζόντων: «che sta presso», «che siedono presso».
- ↑ Bisogna tradurre così e non altrimenti, e l’aoristo ἐξελθούσης indica per appunto che in quel momento la mamma esce di casa per recarsi dall’arúspice, εἰς ὀρνιθοσκόπου.
- ↑ Traduco il greco βλασφημεῖν con «bestemmiare», poiché certamente qui è adoperato nell’uso che ha anche in un frammento di Menandro, e che la cosiddetta lingua communis, ellenistica conoscerà sempre meglio.
- ↑ [p. 109 modifica]ἐπιτιμᾶν qui vale «racceffare», che è più di «sgridare» o altro verbo analogo, ed è piú acre e dispettoso, poiché la si spiattella villanamente sul muso e s’insiste di più nel rimprovero, racceffando.
- ↑ [p. 109 modifica]La lezione è incerta e io ho accettato le correzioni dei filologi Eberhard e Ribbeck che mi sono sembrate legittime; ma i codici hanno, in vario modo i più antichi e i più recenti, «perché non ha smesso subito », o «che non ha smesso subito»: e può anche intendersi, io penso, «perché non ha fatto subito pausa» se παύομαι è termine musicale.
- ↑ [p. 109 modifica]L’excreare o il conscreari in pubblico non pare che fosse presso i Greci maleducazione: ma sputare in faccia, προσπτύειν lo era anche... presso i Greci.