Gynevera de le clare donne/33. De Francesca Bruna de li Arienti Bolognese
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33. De Francesca Bruna de li Arienti Bolognese
Non possiamo fare che a queste nostre lucubratione, per invito di benigni cieli, non agiungiamo cum debita laude la virtù de la dolce memoria de la mia consorte, sì perchè in lei fu vero amore, fu intera fede del matrimonio, et la conservata castità; per il che trovandosi hoggidì questa virtù sancta rara, meritamente debbe essere levata in splendore de non poca laude; et sì perchè fu de le lettere amatrice; et sì perchè, vivendo, a mi fu continuo sperone al fianco, dovesse el mio ingegno afaticare in gloria de quelle donne che sono state per virtute clare, per ornare el nostro Gynevero, quale da lei fu sempre observato; et sì ancora perchè da lei fui tanto teneramente amato, per le sanctissime lege del sacro matrimonio, che havendome veduto finire, et in che modo fusse stato, se sarebbe, credo, disposta a quella medesima morte et medesimo tempo; et non cum manco animo et pietosa fede, che facesse Pompea Paulina, moglie de Lucio Anneo Seneca, preceptore del crudelissimo et bestiale Nerone; che volse lei ne la tepida acqua, incise le vene, morire insieme col suo marito. Et quando pur doppo me fusse restata, son certo, per honorare el mio basso nome aeternamente, non haverebbe perdonata a faticha nè a spesa, secundo le sue force, de honorare el mio terreo corpo di exequio et de sepulcro, et non cum manco amore che facesse Artamixia regina, moglie de Mausolo re de Caria, che tanto l’amò vivo et morto, che li fece fare per le mane de illustri maestri uno sepulcro de tanta gloria, che fu numerato infra le septe cose mirabile del mondo. Se io duncha le proprie mie cose celebrarò cum vera laude, sarò da essere excusato, sottoponendomi perhò a la difesa di prudenti censori, et cum quella pia increpatione che vorano, ad penitentia del mio humano peccato.
Questa mia consorte hebbe nome Francesca, figliuola de Carolo di Bruni, homo che in quilli tempi, essendo molto giovene, floritte de integrità et de li humani studii, quanto altro Bolognese de la sua aetate. Fu in la nostra citate la sua famiglia nobile et antiqua et perillustrata de regii privilegii da Phylippo et da Carolo re de Franza. La pudica matre de lei fu de’ Megivilani et Bargelini, famiglie clare in la cità nostra. Costei a me fu coniuncta, vergene polcella, de anni xviii. Li suoi parenti la poterono maritare ad homini de più condictione et fortuna di me; ma lei, come femina de bona conscientia, non volse, sì perchè le fortune et richeze de quilli tali non erano bene aquisite, et sì perchè in loro intendea non essere bone virtute et beni de l’animo. Ma intendendo in me, et forsi più assai che non era, essere virtute et bontate, subito indisolubilmente li aplicò l’animo haverme sopra ogni altro per marito, senza guardare al mio exiguo stato, argomentando a chi contradicea a la sua dispositione, che solamente vivere li satisfacea: il quale non potea essere se non honorevole et felice, essendo copulata ad homo bono, de virtute ornato.
Ringratiando Dio del dono de tanta donna, dico che di beleza fu assai mediocre. Hebbe dui bellissimi occhii, pieni de grande honestate; fu più presto bruna che biancha; fu de honesta grandeza. Non fu vana, nè pomposa; ben havea piacere, quando intendea essere tribuito laude a le sue opere et virtute, come cibo dolce a l’humana mente. Ma Dio de la tribuita laude ringratiava, per fugire el peccato de la vanagloria, perchè da esso Dio ogni laude et gloria per sua munificentia procede, et non per le nostre opere reputare dobiamo. Parlava raro, ma quando pur parlava, erano prudente le sue parole. Era ornata et polita in tutte le cose; che ancora la sua politeza et ornamento, cum sua benigna memoria, odore me rende. Era remota. Non fu curiosa in vedere feste. Fu assai virtuosa ne lo exercitio donesco, et discreta gubernatrice de la casa, iocunda et grata in ricevere li parenti et amici, in forma che uno ucellino facea parere falcone. Havea piacere assai in audire legere li versi de Virgilio; legea lei voluntiera Plinio de naturali hystoria, posto in materna lingua, et de li libri spirituali et sancti. Fu donna molto devota et de bona conscientia. Quando a le mane qualche lucro me pervenea, me dicea guardasse non fusse de peccato, perchè più presto volea l’aqua et il pane, che le delicate vivande contro coscientia. Secundo le sue substantie fu elemosinatrice. Se dolea alcuna volta non havere roba, per munificare li parenti et amici, et li poveri de Dio. In lei fu una liberalità fuori de natura del sexo femineo; spesso la vidi per doglia fremire li denti, in dispretio de potente avare femine, le quale haveano posto la loro felicità in li loro ornamenti disordinati et vane pompe; per che haverebbeno facto cosa che più gratia et gloria al mondo et a Dio essere munifice et liberale, et di proprii panni spogliarse, vestendone le povere et costumate donne et donzelle, et li nudi, de quello che li avanza. Lei fu de natura molto pietosa. Quando la nostra citate fu opressa da grande penuria, che richi et poveri haveano sinistro del pane, che mai tanta penuria se ricordava per viventi (se audiva il giorno, et specialmente la sera et la nocte, gridare et piangere li poveri fanciulli per la citate, adimandando il pane per non morire de fame), la pietosa mia consorte se facea chiamare in casa quilli che passavano per la sua contrata, et cibavali de quello poco de pane, che supportava le nostre substantie. Et la nocte, non potendo lei patire, per amore de Dio, il pianto de li miseri affamati, se levava del lecto et facevali, uno, duo, o tre, per la serva in casa condure; et refrigeravali al fuoco, essendo il verno, dandoli da mangiare et da dormire; che io non la sentìa, nè lo sapea, se non il sequente giorno, quando me levava.
Fu solicita in le sue oratione. Fu casta, pudica et continente, per tale forma, che più volte hebbe a dire, se lei Dio non offendea, et havesse prima la copula carnale cognosciuta, mai se sarebbe congiunta; et a questo ne chiamo testimonio Dio et la mia conscientia. De lei hebbe octo figliuoli, quali, fin che vixe, furono alevati et nutriti, et in documenti de Dio. Di quali figliuoli, uno de anni octo in duo giorni da repentina morte fu rapito. Questo figliuolo, oltra el sensuale dolore, hebbe, fin che ella vixe, grande melenconia, dubitando non fusse damnato per non essersi confessato. Di che parea che poco li giovassero li conforti iustificati de li theologi religiosi.
Venne al termine de sua vita, per havere abortito uno figliuolo, havendo de sua aetate compito anni xxxiii, cum sexanta giorni. Ma prima serasse gli occhii, prese de la chiesia tutte le sacrate arme, sempre pregando Dio fin al ultimo spirito li conservasse la lingua, a ciò potesse in suo auxilio el victorioso nome di Iesù chiamare. De questa gratia fu exaudita, che cum intelecto sano et bona lingua dimandò venia et mercede a ciascuno presente et absente, parenti et amici, se in ciascuno stato de lei, virginale o coniugale, li havesse offesi. Infra quali, essendoli venuta ad visitare Beatrice donna de grandissima liberalità et religione, et cara coniunta del conte Andrea Bentivoglio, alciò li languidi occhii, et disse, per gratitudine di receputi beneficii da tanta donna, et per la caritevole visitatione, che se essa andava in luoco de salute, pregarìa Dio sempre per lei. Poi, il sequente giorno, havendo cum le proprie mane date per Dio alcuni denari, et satisfacto ad alcune obligatione a Dio, et havendo dato la sua benedictione a li nostri figliuoli, cum optimi documenti, et confortato Angelica, nostra prima figliuola, che se rencludesse a li servitii de Dio, che megliore stato non potea trovare; et disse il symbolo de la nostra fede, quale, per rechesta de lei, dire glielo aiutai. Detto che l’hebbe, ben affannatamente, per mancharli a poco a poco li spiriti vitali, stette alquanto quieta, et poi misse uno profundo suspiro, dicendo: «Oimé!» Il patre de la sua anima, che intorno gli era, disse: «O madonna Francesca, el pare che habiate paura: sperate in Dio, che è misericordioso.» Respose lei suspirando: «Tutta la mia speranza è in Dio, ma io ho pur paura de la paura, perchè non so dove me vada.» Et poi, spesso Iesù invocando, lassò la misera et dolente vita; et me, insieme cum gli altri suoi coniunti, restamo pieni de pianto et de singulti. Feci vestire l’honesto corpo de sarza biancha, ad honore de Maria gloriosa et beata Vergine, et così, cum quello funebre honore che a mi fu possibile, al sepulcro mandai. La sua anima possiamo iudicare che se repossa infra le beate, orando per il nostro Gynevero, che tanto in vita da lei dolcemente fu observato; come sempre lei fu de affectione acesa de la virtuosa fama de la infrascripta donna, che ancora vive per honorare el nostro Gynevero, nel numero de le clare donne, in questa forma.