Guida d'Udine/Il Castello
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IL CASTELLO
Sulle rovine dell’antico castello, che l’anno 1511 per un terribile scotimento di terra restò abbattuto1 si pose solennemente la prima pietra del nuovo, coll’intervento delle autorità civili ed ecclesiastiche, e fra gli applausi del popolo, l’anno 1517, reggendo la provincia Jacopo Cornaro2. Ne fu l’architetto Giovanni Fontana3 maestro del Palladio4, di cui non si conosce altra fabbrica. Fino alla caduta del veneto governo vi stanziò il luogotenente general della Patria; in appresso fu consegnato ai soldati, che il malmenarono in guisa da minacciare rovina. Fortunatamente in questi ultimi tempi nacque l’idea di stabilirvi i tribunali; ma non si trasse tutto il partito, che trar doveasi peravventura da cotesta idea conservatrice. Infatti riformate furono le finestre, levate via le iscrizioni e gli stemmi, abbellito d’ornamenti non suoi, e l’edificio tutto indecentemente imbiancato; il perchè più non si presenta col carattere di tre secoli, e più non lega colle vetuste fabbriche a lui vicine. La sala è maestosa, e per vaso magnifica, da cui si gode la vista della soggetta città, e dell’intera provincia. Era essa consecrata al primario magistrato, quindi tutti gli ornamenti a ciò solo alludevano. Nel mezzo del soffitto, cinta da due angeli che davan fiato alle trombe, vi stava la Patria, cui attorniavan da ogni lato varie Virtù. Formavan fregio alla sala l’armi ed i nomi di tutti i luogotenenti. Copriano le pareti le gesta e guerre de’ Veneziani, cui venivano uniti da’ fatti gloriosi dei Catoni e dei Curzj, quasi volessero significare, che essi nelle virtù repubblicane ai romani non la cedevano. Nel basamento finalmente vi stava un chiaroscuro composto di guerrieri in varie guise aggruppati. Gio: Battista Grassi, e Pomponio Amalteo5 vi avevan dipinto. Ma invano ti lusinghi di poter oggi goderle, più non esistendo che il compartimento e il pensiero. Si tentò, è vero, ora lodevolmente di restaurarle, ma il tentativo fu vano. Diffatti erano già anticamente guaste, quando il preside Pietro Canal, che pari nello zelo di abbellir la città non avea l’intelligenza a ciò neccessaria, nel 1794 le diede in balia ed uno sciagurato pittore che le rovinò. Aggiungi a ciò le ultime accennate vicende del castello. Le stanze d’udienza non si trovavano addobbate in modo condegno della maestà del luogo, poichè, secondo la veneta costituzione, uno stabile magistrato in esso non risiedeva, ma ogni sedici mesi cambiava di padrone. Solo vi delle opere di artisti friulani, ma per lo più di mediocri. In esse scorgevansi in alto vastissime tele, che in generate nella parte superiore rappresentavano santi con figure allegoriche, e nel basso i deputati della città ed il luogotenente. Nella prima anticamera una ven’era di Francesco Floriani d’uno stile per altro secco, ed altra mediocrissima di Pomponio Amalteo. Entrambe dannosi ora a vedere nel municipio. Era la terza d’artefice che altrove non si nomina, e che è piacciuto a monsignor Renaldis chiamare Alessandro di Spilimbergo6. Le due ultime finalmente erano dei Secanti, i quali nella vicina camera di udienza fino a sei ne contavano, non avendo lasciato agio, che a due pittori mediocri al pari di essi, Innocenzo Brugno e il canonico Cosattini, di collocarvi il primo due de’ suoi quadri, e l’altro uno. Nell’anticamera del vicario coprian le pareti due superbe opere di Antonio Carneo, che anch’esse si conservano nella comune, le quali, sebbene d’un soggetto analogo, diversissime son nello stile, l’una essendo finita, l’altra a tocchi franchi condotta. Nella cappella per ultimo ammiravasi Gesù Cristo, che dà a san Pietro la podestà delle chiavi, dell’autore medesimo.
Note
- ↑ La Patria del Friuli descritta ed illustrata ec. Venezia 1753 pag. 21.
- ↑ Doc. I a
- ↑ Doc. I b
- ↑ Temanza vite de’ più celebri architetti ec. ec. Venezia 1778. pag. 290. in quella di Palladio.
- ↑ Storia delle belle arti friulane. Udine, seconda edizione 1823, me autore, pag. 224.
- ↑ Renaldis Saggio sulla pittura friulana. Udine 1798, pag. 75.