Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro I/III
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CAPITOLO TERZO.
Continua l’Autore a notare ciò, che vide in Manila,
dopo esser ritornato da Cavite.
Vi andai adunque il Giovedì 17. ed essendomi assegnato, per ordine del Governadore, e del Generale del Galeone il Cate (ch’è un letto ben picciolo, incassato di tavole) che dovea per sette mesi di navigazione, servirmi di carcere; trovai gran difficultà intorno al mangiare: perocchè tanto il Generale, quanto i Piloti, Contramestre, e Mestre, pregati dal Castellano di Cavite di tenermi a lor tavola, si scusarono, dicendo: aversi di già addossata la cura di tanti passaggieri, quanti appunto potevano sostentarsi colle vettovaglie, che loro era permesso d’imbarcare. Fummi d’uopo adunque di aggiustarmi col Guardiano del Galeone, il quale, eziandio con difficultà, lo fece, per riguardo del Castellano, con cento pezze d’otto; quando per aver Cate, e tavola in tutto il cammino, soglion pagarsi quattro, cinque, e seicento pezze d’otto; perche costa più il Cate, o luogo da dormire, che il mangiare.
Il Venerdì 18. alloggiai in casa di Giuseppe di Milano, ammogliato da 30. anni in Cavite. Egli si era Piloto maggiore d’un petacchio Regio, che, d’ordine di S. M. Cattolica, dovea in brieve partire per l’Isole Mariane, col soccorso; e per iscoprire l’Isole di Mezzo giorno: particolarmente la Carolina, gli anni addietro trovata, di cui s’era tralasciato l’acquisto.
Ritornai il Sabato 19. in Manila: e perche mormoravano i Religiosi, per la mia dimora in Convento; pensai disoccupare la camera, per non far sentire quelle indiscrete lamentanze al P. Rettore, che, con tanta cortesia, mi avea favorito. Diceano essi, cotale stanza dover servire per coloro, che aveano a fare gli esercizj spirituali: e perche sapeano, che l’imminente partenza non potea darmi luogo di fargli ancora io, come quello, che dovea andar facendo i fatti miei per la Città; mi dissero, che quando volessi esercitarmi ancora io in quegli atti di pietà, era in mio arbitrio di rimanermi. Io che vidi lo scopo della loro intenzione, e conobbi l’arte; risposi, che non avea tanto tempo: e che gli affari non potevano permettermi di star con animo tranquillo, e rassegnato, qual si richiede in sì fatte cose: e così lasciai la tanto invidiata stanza.
La Domenica 20. feci portare le mie valige in una camera dell’appartamento del Padre Antonio di S. Paolo, dell’Ordine di S. Francesco, Cappellano del Regio Ospedale. Egli, et un’altro Padre suo compagno mi ricevettero con molto onore, e cortesia, a richiesta del P. Andrea di Bersavana, eletto Custode del futuro Capitolo del 1700. che dovrà celebrarsi in Roma, per l’elezione dei nuovo Generale: come anche per riguardo del Padre Fr. Francesco de la Conceçion, Religioso di vita molto esemplare, e mio amico.
Fu fondato il mentovato Ospedale, per curarvisi i soldati Spagnuoli. Il Re vi spende ducento cinquanta pezze d’otto al mese; delle quali 40. si pagano al Cappellano suddetto, 25. allo Speziale, 25. al Maggiordomo, 25. al Medico, et altri ministri; e’l resto si spende per servigio degl’infermi. Dà di vantaggio il Re le galline, e’l riso necessario; i legumi, legna, e sale; le cose dolci, e la tela, che bisogna a’ medesimi. Quanto alla fabbrica, ella è ben grande, con corridoj capaci per trecento infermi, e stanze per tutti gli assistenti. Rimase questo spedale bruciato nel 1603. allor che s’attaccò il fuoco a gran parte della Città; e consumò anche il Convento di S. Domenico, e’ magazzini Reali.
Andai il Lunedì 21. a render grazi4 al Governadore de’ favori fattimi, in una casetta di campagna, posta in un’Isoletta, che fa il fiume, mezza lega discosto dalla Città. Quivi s’era egli ritirato, per ispedire il Galeone con più quiete; per l’istessa cagione essendosi già chiuso il Tribunale. Ciò si fa per un mese continuo, acciò i Ministri abbiano tempo di scrivere alla Corte; e porre in ordine i processi, e le informazioni, che deono colà mandarsi. Per ritornare alla casetta, ella è vistosa, benche l’appartamento superiore sia di legno. Il suo giardino è picciolo, ma bello, e gode della vista sul fiume; per lo quale continuamente si veggono barche andare in su, e giù, che portano alla Città vettovaglie della Laguna di Bahì.
Il Martedì 22. uscito due miglia fuori della Città, andai a vedere la Dottrina, o Parrocchia de’ PP. Agostiniani; altrimente detta, Nostra Señora de los Remedios. Tutto il frontispizio, e la Chiesa al di dentro fu abbellita, da un Padre Portughese, di scorze d’ostriche, ed altre frutta di Mare, artificiosamente disposte; non meno che il Chiostro, e’ corridoj di sopra; onde rimane ben soddisfatto un curioso forestiere, che si prende la fatica d’andarvi. Prima d’entrar nella porta, si truova un quadro di fiori, diviso in Croce, con arbuscelli, che vagamente l’abbelliscono.
Il Mercordì 23. andai in S. Francesco, de’ PP. Riformati. La Chiesa è picciola, ma con sei altari, assai ben dorati, et adorni; per quanto permette la povertà del loro Istituto. Entrarono essi PP. in Manila a’ 2. d’Agosto del 1577. e furono distribuiti alla cura delle Parrocchie.
Vidi Giov. 24. S. Potenziana, Convento fondato dal Rè per 16. povere orfane; alle quali dà il sostentamento necessario, e la dote quando si maritano. Vi entrano anche donne maritate, e meretrici, postevi dal braccio della Guistizia; però non hanno veruna comunicazione colle sedici orfane. Sono alimentate le meretrici dal Re, e per lui deono anche faticare. La Chiesa tiene tre convenevoli Altari.
Il Venerdi 25. uscito per la Porta Reale, andai nell’Ospedale di S. Lazaro, lontano un miglio dalla Città; per parlare al Padre Miguel Flores, Proccuratore della Missione de’ PP. Riformati di Cina. Negl’inferiori corridoj erano i maschi; e ne’ superiori le donne, abbastanza ben servitd a spesd Regie vi restai qui Sabato 26.
Essendo andato la Domenica 27. fuori della Città, per fare alquanto di esercizio lungo la spiaggia; inavvedutamente m’innoltrai tanto, che mi trovai vicino alla Casa della polvere, più di tre miglia lontano dalla Città. Quivi entrato, trovai un picciol Fortino, con suoi piccioli torrioni, forniti di falconetti; e nella piazza molte camere, dove si lavora la polvere, per servigio della Real soldatesca.
Vidi un combattimento di galli il Lunedì 28. giuoco così usitato nelle Filippine, che vi si consumano gli averi delle intere famiglie. Nutriscono questi animali dimesticamente, e mansuetissimi; separati però l’un dall’altro, affinchè per lo natural rancore, che eglino fra di loro serbano, più fieramente s’azzuffino, quando poscia vengono ad incontrarsi. I padroni, per far che la battaglia sia a guerra finita (dopo aver fatta scommessa di molte pezze d’otto) legan loro al piè sinistro un coltellino, fatto a modo di falce coll’aguto taglio rivolto in su. Quindi gli fan beccare sulla cresta, per istizzargli maggiormente; e poscia gli pongono in campo così armati. Veggonsi allora combattere da lioni, non da galli; investirsi fieramente, esaltar l’un sopra l’altro; sino ad aprirsi le viscere, e’l petto con spessi colpi, e rimanerne uno morto, o con ferita tale, che debba abbandonare al vincitore il campo.
Il Martedì 29. il Portiero della Real Audienza venne ad aprirmi la sala della^ medesima, per farmela vedere. Si entra per una porta, separata da quella, che conduce negli appartamenti del Governadore; e montata una spaziosa scala, si truova una bella loggia, e poscia la sala. Quivi entrato, la vidi convenevolmente apparata di damaschi. Nell’estremità era un gran baldacchino; e sotto un lungo banco, coperto di drappo di seta, nel quale siede il Governadore, in mezzo a gli Auditori, ciascheduno secondo l’ordine d’anzianità; con tavola grande avanti, coperta di damasco cremesino: il tutto otto gradi alto da terra. In due bassi banchi, fuori del baldacchino, sogliono sedersi gli Avvocati; e in un’altro picciol banco il Relatore, nel piano della sala, a fronte de’ Ministri; a’ quali insieme uniti si dà titolo d’Altezza. Si passa da questa sala in una camera contigua, dove essi sogliono unirsi per particolari, ed importanti negozj. Vi è anche la Cappella, per celebrarsi la Messa; il tutto bene ornato di damasco, ed altri drappi di seta: e tutto questo edificio è adorno di loggie vistose con invetriate, per piacere de’ Ministri.
Il palagio del Governadore, quivi attaccato, benche di legno la maggior parte, è ben grande, e La sua figura è quadrata; e da tutti i lati, con ugual simmetria stan disposte le finestre, e loggie; tanto per la parte di fuori, quanto all’intorno al Cortile; nè vi ha che desiderare, o di ornamento, o di comodità di stanze. Avanti al medesimo si vede una spaziosa Piazza d’armi, nella quale tra per la grandezza, e per esser poco frequentata, cresce tanta erba, e fieno, che fora bastevole a sostentare buon numero di cavalli.
Il Mercordì 30. fui, per miei affari, in Dilao, Dottrina, o Parrocchia de’ Padri Francescani Riformati. La Chiesa è picciola, e’l Convento altresì capace di otto soli Frati. Il Giovedì ultimo entrai a vedere Santa Crux, Parrocchia de’ Padri della Compagnia, fuori le mura della Città. La Chiesa è grande, ma poco ben’ornata. S’amministrano nella medesima i Sacramenti a’ Cristiani Cinesi, e si predica nellia lor lingua.
Andai il Venerdì primo di Giugno a vedere la Chiesa del Parian, de’ PP. Domenicani; la quale è bene ornata, e servita da tre Sacerdoti, che assistono a’ Cristiani Cinesi, et Indiani. E questo è quanto si vede in Manila di più singolare per gli Tempj, palagi, ed altro.
Terminerò bensì questo Capitolo con un fatto assai stravagante, riferitomi dal Padre Francesco Borgia, della Compagnia di Giesù, Proccuratore della Missione delle Filippine, e da più Religiosi, e Cittadini degni di fede. Nel 1680. D. Maria Quiros j moglie di D. Giuseppe Armixo, partorì in Manila, dopo due anni di gravidanza; e fu dichiarato il parto legittimo. Il fatto è notorio, e pubblico; non antico, ma ben moderno: però come ch’è difficile a succedere il parto biennale, e quasi impossibile; creda pure il lettore ciò, che gli aggrada.