Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. II/Libro II/V
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CAPITOLO QUINTO.
Genealogia della famiglia oggi Regnante in
Persia.
Or trovandosi i Persiani oppressi dal giogo de’ Tartari Asiæ nove descript. lib. 2. cap. 1. sin dal 1250. ed ardendo d’intestine guerre, per gli odii, che regnavano nella famiglia degli Ussun-Cassan; preso ardimento Ismael Sofì terzogenito di Sceik-Aidar, coll’ajuto de’ Caramani, cominciò ad occupare l’Imperio; espugnando primamente Tauris divisa in fazioni; e poi disfacendo in battaglia Alamut Re di Persia (o secondo altri Aluante nato di Jacupio figlio di Ussum-Cassan) ed uccidendolo di propria mano presso la stessa Città Angiolello in gestis Usum-Cassani.. Ciò accadde circa gli anni del Signore 1499. e da indi in poi la Persia si chiamò Regno de’ Sofì Barroso in sua Asia., come soggetta alla Schiatta d’Ismael. Alcuni vogliono, senza alcun fondamento però, che questi fusse parimente nipote d’Ussum-Cassano Bizarro de rebus Persicis., come nato della di lui figliuola, e da Sicaidarì, cognominato Arduelle da una Città di tal nome, che possedea: ma la più certa, anzi vera opinion vuole, che fusse figlio di Sceik-Aidar (come si è detto) secondo nipote di Mortuz-Alì cugino, e genero di Maometto.
Ad Ismaele succedette Tammus suo figliuolo; a Tammus Ismaele II. che per la sua crudeltà sedè poco sul Trono, essendovi da’ Grandi posto in luogo di lui Maomet Codabendè suo fratello, benche inesperto nel mestier di regnare. Alcuni son di parere, che costui fusse cieco; ma il vero si è, ch’egli avea gli occhi indeboliti dal ferro rovente fattovi passar dal fratello, dal primo di che montò sui Trono: costume che dura anche oggidì fra’ suoi successori. Dopo Maometto regnò Scia-Abas I. suo figlio, che per lo gran valore e prudenza, con cui ampliò i confini dell’Imperio Pietro Teixiera lib. 2. cap. 59. nella Relatione de’ Re e di Persia., coll’acquisto de’ Reami di Lar, Ormuz, Candaxar, ed altre Città, e Provincie, meritò il nome di Grande. Di molti figli ch’egli ebbe, vide solamente Sofì-Mirzà, il quale avendo d’una sua schiava avuto un figliuolo, quanto cresceva l’amore verso il nipote, tanto s’avanzava l’odio verso il figlio; ed in tal guisa, che impose a un Signor di sua Corte, che morir lo facesse. Ma in vedendone poscia il capo, amaramente lo pianse, privò de’ beni l’esecutore del barbaro pensiero, e diegli a colui, che prima avea mandato in esilio, per aver ricusato di ciò fare. Da indi in poi i figliuoli maschi de’ Re sono sempre stati tenuti nell’Aram. Morì Scia-Abas sulla fine del 1628. dopo aver regnato 40. anni: e comandò che dopo la sua morte fusse il Reame di Scia-Sofì suo nipote; ciò che fu eseguito dal Generale della Cavalleria, e da altri Grandi.
Pervenuto alla Corona Scia-Sofì, non potè sul principio dar saggio del suo valore; sì per esser ancor fanciullo, come a cagion del molto oppio fattogli prender dall’avo, a fine di renderlo stupido. La prima azione memorabile, ch’egli fece, si fu a Casbin, dove ordinò, che si mozzasse il capo ad Ali-Culikan (persona benemerita della Corona, avendo in tempo di Scia-Abas acquistato i Reami di Lar, ed Ormuz) ed a tre suoi figli: poi nell’ingresso che fece in Ispahan, fece il medesimo a sette principali Ministri della sua Corte (fattigli chiamare colle buone in Palagio) ed alla Regina Madre; tanto e sì assoluto, e independente è il signoreggiare di quei Monarchi, e sì cieca l’ubbidienza de’ lor soggetti. Crederà forsi alcuno, che alla veduta di quelle teste i popoli proccurassero d’investigar la cagione di tal fatto, per biasimare il crudele procedimento del loro Re; ma il bello si è, che quante persone si trovarono nel Meidan, tutte senz’altro pensare dicevano: Se il Re ha fatto morir questi cani, segno è, che l’han meritato. Morì Scia-sofì nel 1642. per lo soverchio bere.
A costui succedette Scia-Abas II. suo figliuolo, che si tratteneva in Casbin, onde non prima del principio dell’anno seguente 1643. fece la sua solenne entrata in Ispahan. Egli regnò 21. anni con fama di valoroso, e gentil Signore; però così soggetto all’ubbriachezza, che un giorno fece bruciare tre sue donne, perché avean ricusato di bever più vino. Morì in fine d’una infiammazione, dallo stesso vizio cagionatagli nella Città di Telizon, nel 1664.
I Grandi, che si trovavano in Corte mandarono subitamente il Generale de’ moschettieri, col capo degli Astrologi, a darne avviso al figliuolo; il quale nello stesso punto laceratesi in segno di dolore le vesti, si pose a sedere sulla porta dell’Aram. Accostatosi poi un Signore destinato a tale uficio, gli cinse la spada, dicendo: che un suo schiavo avea avuto un tanto onore. Si pose quindi il Re la berretta di Sofì (larga al di sopra, con dodici pieghe, in ricordanza de’ dodici loro Profeti, ed un non so che di figura cilindrica, lungo mezzo palmo, e coperto dello stesso drappo) ed al suono d’infinite trombe e tamburri, corse il popolo nel Meidan, gridando ciascuno Patscia Sal-amelek, cioè a dire: Io ti saluto Imperadore; ch’è tutta la solennità della Coronazione de’ Maomettani, come altrove è detto. Non guari di tempo dopo infermatosi gravemente, per consiglio de’ Medici, mutossi il nome, pigliando quello di Scia-Selemon; siccome nel libro precedente abbastanza abbiam divisato. Morì poscia egli a 29. di Luglio nel 1694. mentre io faceva dimora in Ispahan; imponendo espressamente al figliuolo di non porre in opra l’antico, ma crudel costume della lor casa, di render ciechi gli altri fratelli col ferro infocato.
Montò sul Trono Scia Ossen a 6. di Agosto del medesimo anno, essendo egli in età di 25. anni: e benche sin’ora abbia osservato il comandamento del Padre, non mancherà però col tempo d’accecare i fratelli, e nipoti trasversali, giusta l’antica costumanza; se pure non torrà loro la vita.