Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. II/Libro II/IV

Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Fiori, frutta, miniere, animali, monete, armi,

clima, e confini della Persia.


N
Ella Persia sono fiori d’ogni sorte, e sino all’incolte campagne sono adorne di bellissimi tulipani: sopra tutto però abbonda di rose, di cui si fa acqua distillata, e si manda per negozio nell’Indie, ed in altri paesi.

Le frutta sono di assai maggior perfezione di quelle di Europa, e di tutte le spezie; però i melloni sono d’un sapore affatto singolare, e migliori di quelli di Parabito nel Regno di Napoli, che vengono stimati eccellentissimi. Ve ne sono di cinque varie sorti, che giungono in diversi tempi a maturità. I primi, detti Ghermech, che sono gialli, servono per purgare il corpo, nè fanno alcun nocumento per qualsivoglia quantità, che se ne mangi; essendovi Persiano, che in un sol giorno ne divorerà 30. libre. I secondi con corteccia verde, sono di miglior sapore de’ primi, e si chiamano Puost-sabs; i terzi Facteri; i quarti Anagabatì; i quinti Belgnè; gli ultimi Carpusa-pais [p. 207 modifica]o melloni d’Autunno, che si conservano per tutto l’anno.

Le pesche, o persiche sono di buon sapore, e qualità; nè per molte che io ne avessi mangiate, ne sentii mai alcun nocumento, avvegnache gli antichi Scrittori dicessero esser velenosi. I fichi sono buoni, però non se ne truovano in tutto il Regno, per la freddezza d’alcuni paesi. Le mandorle sono di più spezie, e di tanta copia, e bontà, che se ne fa negozio (come anche delle noci) per tutto l’Indostan; e i Portughesi ne portano sin nella Cina, ch’è manchevole di sì belle frutta. Il terreno di Casbin, e Sultania produce buoni pistacchi; e nelle Provincie di Ghilan, e Masandran poche castagne, olive, melaranci, e limoni.

Vi sono tra le altre tre sorti d’uva saporosissima, ch’essi chiamano Kisemiscì, senza quel picciolo seme al di dentro; benche ogni altra superi assai quelle del Regno di Napoli, che pur sono delle migliori d’Italia. L’abbondanza n’è sì grande, che oltre il mangiarsene tutto l’anno fresca; il vino che se ne fa, basta ad essi Persiani, che dal primo sino all’ultimo sono grandissimi bevitori; e a provvederne tutto l’Indostan, la Cina, ed altri Regni. Il [p. 208 modifica]migliore, e più dilicato si è quello di Sciras, e di Yed.

In quei paesi non si conserva il vino nelle botti, come nella maggior parte di Europa, ma in vasi di terra cotta, stagnati al di dentro, o pure unti di grasso di coda di montone. Le cantine sono poco profonde, e fatte con buona simmetria, per potervi menar decentemente gli amici a bere. Suol’esservi perciò una conserva d’acqua nel mezzo, tappeti sul suolo per sedervi, e lunghi ordini di nicchie nel muro, con più vasi, e caraffe di differenti vini.

Tutte le mentovate frutta con ispezial modo le conservano fresche tutto l’anno, e particolarmente una sorte di prugne, dette Abuboxra, che sono di colore incarnato mischio. Le migliori erbe, per l’uso cotidiano della vita, sono in Persia lattuche, cavoli, borragini, spinaci, e radici.

Quanto alle miniere, ve ne sono di rame, di piombo, di ferro, e di acciajo. Nella montagna di Phirusku, quattro giornate lontana da Mesced, si cavano preziosissime turchine, che si distinguono in rocca vecchia, e nuova: le prime si tengono per la Casa Reale, [p. 209 modifica]essendo di color più vivo, e durevole. S’aggiugne a tutto ciò la pesca d’ottime perle, che si fa nell’Isola di Baharen.

Per gli animali di servigio hanno i Persiani ottimi cavalli, mule buone, e grandi cammelli, ed asini di due generi: Persiani, che servono per soma; ed Arabi più spiritosi per cavalcare. Per la cacciagione, non mancano da per tutto cinghiali, porci-spini, cervi, daini, gazelle, lepri, tigri, lioni, orsi, ed altre fiere. Basta dire, che Scia-Abas fece fare una Torre in Ispahan d’ossa d’animali, uccisi nella caccia d’un sol giorno: è ben vero però, che sogliono quei Monarchi far circondare 40. e più miglia di paese, da 30. e 40. mila uomini, per far menare le fiere tutte ad un passo. Le volpi sono stimate immonde, e i Persiani non solo non le uccidono, e non le toccano, ma schifano d’avvicinarsi a chi tenesse la veste foderata delle lor pelli.

Volatili ve ne ha prodigiosa quantità, spezialmente di colombe, oche selvaggie, grui, anitre, mallardi, tortore, corvi, aironi, e pernici di due spezie; una picciola quanto una quaglia, e l’altra grande come quelle d’Europa. Le colombe, che tengono nelle Torri, sogliono [p. 210 modifica]ammaestrarle, acciò conducano, a guisa de’ delfini, l’altre silvestri nelle colombaje, o quelle de’ vicini; che spesso allettano anche con miglior cibo.

Per la cacciagione di tai volatili ammaestrano eziandio sparvieri, falconi, ed altri uccelli di rapina; de’ quali s’avvagliono altresì per gli quatrupedi, in questa guisa. Accostumano sì fatti uccelli a mangiare dentro la concavità degli occhi delle fiere (di cui a tal fine conservano il teschio, e la pelle piena, sicchè pajan vive) e poi cominciano a farle muovere a poco a poco con maggior velocità; in maniera tale, che l’uccello avido del cibo, lor vada appresso: in fine ligata la finta bestia in piedi sopra una carretta, la fan tirare da un cavallo a tutta carriera; e così quando l’uccello va in campagna, credendo dover trovare lo stesso cibo, si pone sul capo delle vere fiere, e beccando loro su gli occhi, dà tempo a’ cacciatori di sovraggiugnerle, ed ucciderle.

Oltre de’ falconi, e de’ cani usano anche alcuni animali detti Onse, piccioli come una volpe, velocissimi, di pelle macchiata come tigri, e così mansueti, che si portano sulla groppa del cavallo; [p. 211 modifica]però se il cacciatore troppo negligente gli scioglie al corso con molto disavvantaggio, di maniera che non giungano la fiera; vergognosi talmente s’avviliscono, che un fanciullo gli può uccidere.

Monete d’oro non se ne battono in Persia (come s’è detto di sopra) se non nella coronazione del Re. D’argento ve ne sono di tre maniere: Abassì, che vale quanto quattro carlini Napoletani; Mamudi, che val due; e Sciaè, che vale uno: vi sono anche pezzi di uno Abassì e mezzo, e di due, ma rari. Queste monete non hanno alcuna effigie, ma caratteri, che dinotano, dall’una parte il nome del Re di quel tempo; e dall’altra il nome della Città, in cui sono impresse, coll’anno dell’Epoca Maomettana.

Le monete di rame sono di differente forma, ed impronto; perché in alcune parti si dicono Kasbeke, in altre Gaze, quaranta delle quali fanno un’Abassì. Le Gaze da una parte hanno la figura d’un Lione, dall’altra il nome della Città. Le Kasbeke sono di figura rotonda, come le Gaze, però se ne trovano anche bislunghe.

L’arme de’ Persiani sono per lo più [p. 212 modifica]arco, freccie, e scimitarra; avvegnache sappiano maneggiar l’archibuso ed abbiano l’uso del cannone, e bombe. Nella loro fanteria (che potrebbe assomigliarsi a’ nostri battaglioni nel Regno di Napoli) non v’è da fare gran fondamento, ma il nerbo principale consiste nella cavalleria; imperciocchè può il Re ad ogni cenno porre in piedi 150. mila buoni soldati sopra migliori cavalli. Combattono però alla rinfusa, e senza verun’ordine. Quanto al Mare non hanno nè anche un bergantino armato.

La qualità dell’aria è diversa, giusta la diversità delle Provincie. In Edzerbayan è freddissima, ma sana: in Mazandran cattiva, a cagion delle acque stagnanti: in Ispahan, ch’è quasi nel cuore del Reame, si sentono più mesi di freddo, che di caldo, per la gran copia delle nevi, che caggiono in vece di pioggia; avvegnache ella sia a 32. gradi, e pochi minuti di elevazione: il caldo però è tollerabile, anche in tempo della canicola; nè và accompagnato colla molestia delle cimici, pulici, zanzare, ed altri nojosi animaletti.

Le nevi, come dissi, vengono in tanta copia l’Inverno, che alle volte [p. 213 modifica]sopravvanzano una pietra alta tre palmi, discosta una lega dalla Città, verso la montagna; donde i Persiani traggono argomento della fertilità dell’anno. Nelle Provincie Meridionali e spezialmente ne’ porti di Bander-Abassì, e Bander-Congo, che sono sul Golfo Persiano, si sente eccessivo, e dannevole caldo; imperocchè a gli Europei fa generar nelle gambe alcuni vermi sottili, e lunghi 50. e 60. palmi, che poi si tirano a poco a poco avvolti ad un legno, in molti giorni. I Signori si ritirano allora al fresco delle montagne vicine.

Molte e varie Nazioni imperarono già nella Persia, che stesero lor Signoria in tutte e tre le parti del Mondo allor conosciute. Avevano Hornii historia pag. 108. e 155. Ptolom. Geog. lib. 6. nell’Asia l’Armenia, la Persia, l’India di quà dal Gange, l’Assiria, la Soria, l’Asia minore, e l’Isola di Cipro. In Africa possedevano l’Egitto, parte dell’Etiopia, e la Libia. In Europa la Tracia, e la Macedonia; oltre l’Isole del Mar Egeo, appartenenti così all’Asia, come all’Europa. Certamente sotto il Dominio de’ Parti abbracciava l’Imperio Persiano tutto ciò che si contiene fra l’Indo, e l’Eufrate: oggidì Cluverii Georg. lib. 5. c. 12. Mallet descript. del Univers. to. 2. chap. 8. (per venire al mio proposito, ch’è delle cose moderne) i suoi confini sono da [p. 214 modifica]Settentrione il Mar Caspio; da Mezzo dì l’Oceano; da Levante gli Stati del G. Mogol; e da Occidente quelli del Turco, da cui vien separato per mezzo de’ fiumi Tigri, ed Eufrate.