Giambi ed epodi/Libro II/Il canto dell'Amore
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Oh bella a’ suoi be’ dí Rocca Paolina
Co’ baluardi lunghi e i sproni a sghembo!
La pensò Paol terzo una mattina
4Tra il latin del messale e quel del Bembo.
— Quel gregge perugino in tra i burroni
Troppo volentier — disse — mi si svia.
Per ammonire, il padre eterno ha i tuoni,
8Io suo vicario avrò l’artiglieria.
Coelo tonantem canta Orazio, e Dio
Parla tra i nembi sovra l’aquilon,
Io dirò co’ i cannoni: O gregge mio,
12Torna a i paschi d’Engaddi e di Saron.
Ma, poi che noi rinnovelliamo Augusto,
Odi, Sangallo: fammi tu un lavoro
Degno di Roma, degno del tuo gusto,
16E del ponteficato nostro d’oro. —
Disse: e il Sangallo a la fortezza i fianchi
Arrotondò qual di fiorente sposa:
Gittolle attorno un vel di marmi bianchi,
20Cinse di torri un serto a l’orgogliosa.
La cantò il Molza in distici latini;
E il paracleto ne la sua virtú
Con piú che sette doni a i perugini
24In bombe e da’ mortai pioveva giú.
Ma il popolo è, ben lo sapete, un cane,
E i sassi addenta che non può scagliare,
E specialmente le sue ferree zane
28Gode ne le fortezze esercitare;
E le sgretola; e poi lieto si stende
Latrando su le pietre ruinate,
Fin che si leva e a correr via riprende
32Verso altri sassi ed altre bastonate.
Cosí fece in Perugia. Ove l’altera
Mole ingombrava di vasta ombra il suol
Or ride amore e ride primavera,
36Ciancian le donne ed i fanciulli al sol.
E il sol nel radïante azzurro immenso
Fin de gli Abruzzi al biancheggiar lontano
Folgora, e con desío d’amor piú intenso
40Ride a’ monti de l’Umbra e al verde piano.
Nel roseo lume placidi sorgenti
I monti si rincorrono tra loro,
Sin che sfumano in dolci ondeggiamenti
44Entro vapori di vïola e d’oro.
Forse, Italia, è la tua chioma fragrante
Nel talamo, tra’ due mari, seren,
Che sotto i baci de l’eterno amante
48Ti freme effusa in lunghe anella al sen?
Io non so che si sia, ma di zaffiro
Sento ch’ogni pensiero oggi mi splende,
Sento per ogni vena irmi il sospiro
52Che fra la terra e il ciel sale e discende.
Ogni aspetto novel con una scossa
D’antico affetto mi saluta il core,
E la mia lingua per sé stessa mossa
56Dice a la terra e al cielo, Amore, Amore.
Son io che il cielo abbraccio, o da l’interno
Mi riassorbe l’universo in sé?....
Ahi, fu una nota del poema eterno
60Quel ch’io sentiva e picciol verso or è.
Da i vichi umbri che fóschi tra le gole
De l’Apennino s’amano appiattare;
Da le tirrene acròpoli che sole
64Stan su i fioriti clivi a contemplare;
Da i campi onde tra l’armi e l’ossa arate
La sventura di Roma ancor minaccia;
Da le ròcche tedesche appollaiate
68Sí come falchi a meditar la caccia;
Da i palagi del popol che sfidando
Surgon neri e turriti incontro a lor;
Da le chiese che al ciel lunghe levando
72Marmoree braccia pregano il Signor;
Da i borghi che s’affrettan di salire
Allegri verso la cittade oscura,
Come villani c’hanno da partire
76Un buon raccolto dopo mietitura;
Da i conventi fra i borghi e le cittadi
Cupi sedenti al suon de le campane,
Come cucúli tra gli alberi radi
80Cantanti noie ed allegrezze strane;
Da le vie, da le piazze glorïose,
Ove, come del maggio ilare a i dí
Boschi di querce e cespiti di rose,
84La libera de’ padri arte fiorí;
Per le tenere verdi mèssi al piano,
Pe’ vigneti su l’erte arrampicati,
Pe’ laghi e’ fiumi argentei lontano,
88Pe’ boschi sopra i vertici nevati,
Pe’ casolari al sol lieti fumanti
Tra stridor di mulini e di gualchiere,
Sale un cantico solo in mille canti,
92Un inno in voce di mille preghiere:
— Salute, o genti umane affaticate!
Tutto trapassa e nulla può morir.
Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate.
96Il mondo è bello e santo è l’avvenir. —
Che è che splende su da’ monti, e in faccia
Al sole appar come novella aurora?
Di questi monti per la rosea traccia
100Passeggian dunque le madonne ancora?
Le madonne che vide il Perugino
Scender ne’ puri occasi de l’aprile,
E le braccia, adorando, in su ’l bambino
104Aprir con deità cosí gentile?
Ell’è un’altra madonna, ell’è un’idea
Fulgente di giustizia e di pietà:
Io benedico chi per lei cadea,
108Io benedico chi per lei vivrà.
Che m’importa di preti e di tiranni?
Ei son piú vecchi de’ lor vecchi dèi.
Io maledissi al papa or son dieci anni,
112Oggi co ’l papa mi concilierei.
Povero vecchio, chi sa non l’assaglia
Una deserta volontà d’amare!
Forse, ei ripensa la sua Sinigaglia
116Sí bella a specchio de l’adriaco mare.
Aprite il Vaticano. Io piglio a braccio
Quel di sé stesso antico prigionier.
Vieni: a la libertà brindisi io faccio:
120Cittadino Mastai, bevi un bicchier!
1877.