Ma, poi che noi rinnovelliamo Augusto,
Odi, Sangallo: fammi tu un lavoro
Degno di Roma, degno del tuo gusto, 16E del ponteficato nostro d’oro. —
Disse: e il Sangallo a la fortezza i fianchi
Arrotondò qual di fiorente sposa:
Gittolle attorno un vel di marmi bianchi, 20Cinse di torri un serto a l’orgogliosa.
La cantò il Molza in distici latini;
E il paracleto ne la sua virtú
Con piú che sette doni a i perugini 24In bombe e da’ mortai pioveva giú.
Ma il popolo è, ben lo sapete, un cane,
E i sassi addenta che non può scagliare,
E specialmente le sue ferree zane 28Gode ne le fortezze esercitare;
E le sgretola; e poi lieto si stende
Latrando su le pietre ruinate,
Fin che si leva e a correr via riprende 32Verso altri sassi ed altre bastonate.
Cosí fece in Perugia. Ove l’altera
Mole ingombrava di vasta ombra il suol
Or ride amore e ride primavera, 36Ciancian le donne ed i fanciulli al sol.