Già di udir mi rimembra
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LXXXIX
IX
Strofe.
Già di udir mi rimembra
Melpomene cantare inclita Musa,
Che il fiero teschio della ria Medusa
Sassificava altrui le vive membra:
5Sì dal volto crudel spandeasi fuore
Mirabile terrore.
Antistrofe.
A ragion bestemmiate
Sembianze ognora dall’umano ingegno,
Certo a ragion; ma già non manco è degno
10Paventar l’esecrabil povertate,
Odioso mostro a tormentarne, forte
Più che falce di morte.
Epodo.
Costei vile per sè fuor di misura,
Altrui col solo nome anco nojosa,
15Dell’ozio nacque, e della disventura,
Ed al dispregio poi si diede a sposa:
Delle querele amica,
Mirasi sempre a lato
Ed affanno e fatica;
20Fabbrica ognora lusinghevol frodi,
E s’avventa per uso in varj modi.
Strofe.
Me, che in riposta parte
Sul Parnaso salìa per via deserta,
Già minacciava, e m’assalìa coperta
25Sotto l’acciar del sanguinoso Marte:
Già le mal’arti sue metteva in opra,
Empia già m’era sopra.
Antistrofe.
Per entro un aër bruno
Sorgea tempesta a’ miei viaggi avversa,
30E mia speranza omai cadea sommersa;
Tal trascorreva il tridentier Nettuno:
Io stava in forse con pensier devoti
Verso chi far miei voti.
Epodo.
Oh quale a tanti tranquillar baleni
35Oh quale, oh quale apparirà Polluce?
Mentr’io così dicea, lampi sereni
Cosparse intorno a me candida luce:
Urban dall’alta Sede
Spirò soavemente
40Aura di sua mercede;
E non finto Polluce a mio conforto
Appianò l’onde, e mi ridusse in porto.
Strofe.
Quinci alle più remote
Piagge del bel Permesso io mi rivolgo
45E cerco bene attento, ed indi colgo,
Ove ridono più, l’erbe fiorite,
Bramoso poscia di versarle inchino
Al piè sacro e divino.
Antistrofe.
Oscura cosa e vile
50Oro è al pensier di regnator sovrano,
Se non che in darne altrui con larga mano
Fa chiara prova del suo cor gentile.
I Grandi sulla terra han per tesoro
Almo plettro canoro.
Epodo.
55Cui non è noto d’Alessandro altero
Il grido che finor tanto rimbomba,
Quando per sè bramando un altro Omero,
Sospirò del Pelide in sulla tomba?
Ha vaghezze maggiori
60Urban celeste in terra;
Ma di veraci onori
Lascia guidarsi alla virtute, e brama
Farsi del nome suo serva la Fama.
Strofe.
Però gli alti pensieri
65In me risurti alcun timor non frena;
Intorno a queste mete, in quest’arena
Han da sudar correndo i miei destrieri.
Or, bella Clio, da cui soccorso attendo,
Onde principio prendo?
Antistrofe.
70Dirò de’ suoi fresch’anni
I giorni spesi in ascoltar Sofia?
O come in corteggiar l’alma Talia
Ebbe per gioco il sofferire affanni?
Quando, abborrendo il rio venen di Circe,
75Bevea l’onda di Dirce1?
Epodo.
In mezzo i sette colli a spirti egregi
Empier solea di meraviglia il seno;
E sulla Senna, gran messaggio a’ regi2,
Quei Grandi fea meravigliar non meno:
80Poi di bell’ostro asperso
Tenne del Vaticano
Lo sguardo in sè converso;
Ed un tempo insegnò, come si spegne
L’avara rabbia delle liti indegne.
Strofe.
85Che fo? Dunque m’affretto
Tutti i fiori a raccor d’un’ampia riva?
Fatica immensa: deh posiamo, o Diva,
A pregj sommi ecco il veggiamo eletto:
Siede nocchier sovra l’eterea barca
90E del mondo è monarca.
Antistrofe.
Sotto saggio governo
Stassene in calma il suo diletto Legno;
Ne teme d’Aquilone aspro disdegno,
E se fremere ei sa, frema l’inferno:
95Quale orgoglioso il negherà? follia
È sostener bugia.
Epodo.
Arte di lingua è vana, ove dispiega
Le sue ragion la veritate istessa.
Nacque Urbano alle palme; Istro nol niega,
100Ed Italia non manco oggi il confessa.
Svegliasi il vulgo, e dice:
Roma ha ben poche squadre
Per farsi vincitrice.
Ah sciocca plebe, ove con destra ardente
105Fulmina Dio, non fa mestier di gente.
Strofe.
Era il buon Gedeone
In Madïano alle battaglie intento
Ed a lui disse Dio: Scegli trecento,
E rieda il rimanente a sua magione;
110lo non vo’, che oggidi questa vittoria
Di vostra man sia gloria.
Antistrofe.
Ubbidisce il gran Duce:
Indi con trombe gl’inimici assale;
Gli faga, e dietro lor poi mette l’ale,
115Ed al varco di morte ei gli conduce;
Tutti del sangue lor fur pieni i lidi,
E tutto il ciel di gridi.
Epodo.
Or stian tremanti, e dian l’orecchia gli empi;
Il Dio, che per gli Ebrei fece difesa,
120Sempre quaggiù rinnoverà gli esempi,
E sarà scampo alla Romana Chiesa.
Il sovero s’immerge
Dentro l’acque spumanti,
Ma non mai si sommerge:
125Il fedele di Dio ben si travaglia,
Ma non è forza, che atterrarlo vaglia.