Sopra tutti a bear la mortal gente
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LXXXVIII
VIII
Strofe.
Sopra tutti a bear la mortal gente,
O Sanitade eletta,
Con gran ragion, più che tesor diletta,
Alla freschezza dell’etade ardente:
5Ben forte, ben possente
Rinverdir col bel fior di gioventute
Le membra sotto gel fatte canute.
Antistrofe.
Soave al villanel, dolce a’ nocchieri
Per lo grembo de’ mari,
10Cara al Saggio infra’ libri, e fra gli acciari
Di Marte micidial cara a’ guerrieri:
Dentro a’ palagi alteri
Senza te che sarian, salvo mal nati
Possessori di vita, i re scettrati?
Epodo.
15Nè sul gran Vaticano
Or potrebbe cessar l’altrui sciagure,
Nè farebbe avanzar nostre venture
Il sacrosanto Urbano,
Giona, se atra nel mar sorge tempesta,
20E Giosuè, se Amalechiti infesta.
Strofe.
Sento, che Pindo ad or ad or non tace
Di non so quale Atlante;
Ma Pindo in trastullar la plebe errante
Non si reca a viltà l’esser fallace:
25Io con cetra verace
Dirò, che il mio Signor sostenta il mondo,
E con alta virtute il fa giocondo.
Antistrofe.
A preghiere di lui quaggiù discese
La discacciata Astrea;
30Ed oggi in val di Tebro erra Amaltea
Con larga man de’ suoi tesor cortese;
Spegne le faci accese,
E rompe l’arco a’ condannati amori,
E di Bellona rea sgombra i furori.
Epodo.
35Duri arnesi di Marte,
Asta e coltel, son nella destra amata’
Della felice Cerere dorata
Belle falci ritorte
Ed i fieri elmi ed i ferrigni usberghi:
40Fansi d’Aracne filatrice alberghi.
Strofe.
Trasvola il suo gran pregio ogni confine,
Quaggiù ben poco a dirsi:
Ma fia lassù fra voi troppo ad udirsi,
O del coro Febeo Ninfe divine?
45Trasvola ogni confine,
È colassù fra voi poco ad udirsi;
Lodando il sacro Urban non può mentirsi.
Antistrofe.
Oprate dunque, o di virtute amiche,
Sicchè mio stil non cada:
50Ondeggia innanzi a me campo di biada
Ripien di folte ed adorate spiche:
Dolcissime fatiche
Far grande per Urban messe di gloria,
Ed a Lete involar la sua memoria.
Epodo.
55Mal felice virtute,
Se alte voci per lei non van diffuse;
Ed a gran torto coronate Muse,
Se per virtù son mute,
Via più negando l’Apollinea fronda
60A chi già beve d’Aganippe l’onda.
Strofe.
Dica oggimai dell’amator sbranato,
Dica il Campo Pangeo,
Ch’ei posto in paragon col gran Maffeo,
Nel più caro cantar fu scilinguato:
65Nè tu chiomindorato
Festi quaggiù, com’ei, dolci concenti,
Quando, o Rettor del Sol, reggevi armenti.
Antistrofe.
Se unqua fra’ sette colli a lor ben nota
Ei disciogliea la voce,
70Ogni nume Latin corse veloce
Da vicino a raccor ciascuna nota:
E se lungo l’Eurota
Scosse con dotta man le cetre Argive,
Gemmaronsi di fior le belle rive.
Epodo.
75Veggio, che Idra rabbiosa
Nemica del Parnaso arma furori:
Ella infettar vorrebbe edre ed allori;
Ma non può, ma non osa:
Stiasi negli antri inferni orridi ed atri
80La forsennata; ivi bestemmi e latri.
Strofe.
Castalii fior sono d’onor ghirlande
In sull’eccelse teste;
Ed è l’onda canora onda celeste,
Se di puro Elicona ella si spande.
85Fede ne faccia il Grande,
Che valse a soggiogar l’acque Eritree,
Sommo Rettor delle falangi Ebree.
Antistrofe.
Debora forse fe’ sentirsi invano
Di Cadumino al fonte?
90E vanamente di Sïon sul monte
Davidde all’arpe solea por la mano?
Quei carmi il bel Giordano,
E giojoso gli udiva il bel Carmelo,
E sempre cari or sono uditi in cielo.
Epodo.
95Tra le cime superne,
Cosparse di splendor, campi stellanti,
Altro già non si fa che innalzar canti
Tra quelle anime eterne.
Deh, Clio, deh di quei versi a me concedi,
100E potrò gir del sacro Urbano a i piedi.