Grido antico risuona
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Strofe.
Grido antico risuona,
Che la Fama è fornita
Di mille orecchie, e che mille occhi gira;
E più, ch’ella ragiona
5Con mille lingue unite
Sopra ciò ch’ella ascolta, e ch’ella mira:
Or quinci d’affermare io prendo ardire,
Che non mai sempre la sua voce è vera,
Ma ch’ella alcuna volta è menzognera.
Antistrofe.
10S’accompagna ad errore
Soverchio favellare;
Per bella prova oggi ne sono esperto.
Va famoso rumore
Empiendo cielo e terra,
15Che Pindo d’ogni grazia oggi è deserto:
All’orecchio di Re grillo notturno
Porta manco di noja, e men l’attrista,
Che la voce Febea d’un Citarista.
Epodo.
Sorga il Cieco fra noi, che tanto vide,
20E bene armando la Meonia lira,
Ei ritolga da Lete il gran Pelide,
Fia nudo. Dive son le Muse, è vero:
È ver, che amiche della gloria eterna,
Sopra l’obblivione elle hanno impero;
25Ma loro basti quel Parnaso aprico:
Dirsi talmente ascolto; ora io che dico?
Che dico? Innalzo i carmi,
E per la verità m’accingo all’armi.
Strofe.
Chiamo chi regge il freno
30Inclito della Dora1;
Chiamo del Mincio a contraddire i Grandi2,
E vo’ chiamar non meno
I regi alti dell’Arno,
Cosmo eccelso, e con lui due Ferdinandi:
35Costor della mia cetra il Greco legno
Non ebbero in dispetto, anzi il gradiro,
E lo fregiaro d’or poi che l’udiro.
Antistrofe.
Quinci lor cara mano,
Qual d’Aganippe amica,
40Oggi divulgo e volentier celebro:
Ma che? Del sacro Urbano
Vuolsi tacere il pregio,
Sommo Pastor, sommo Rettor del Tebro?
Ei dell’Aonio coro e canti e preghi
45Non solo sempre di buon grado ascolta,
Ma le sue cetre ei piglia in man talvolta.
Epodo.
Alme Donzelle, che l’eburnea fronte,
E la bellezza delle crespe chiome
Terger solete nel Castalio fonte,
50Su d’Engaddi nel pian fiori intrecciate,
Sopra il Libano omai tessete fronde,
E di si gran Pastore il crine ornate:
Titol d’ingrato a cor gentile è tosco.
Non sia del tetro obblio nembo si fosco,
55Che a lui non si rischiari,
E l’arsa invidia a riverirlo impari.
Strofe.
Degno mai sempre, degno
Dell’alma eccelsa Sede,
Ove oggi posto egli è beato, e bea;
60Poiche il nobile ingegno
Fra le nebbie del vulgo
Ma sempre il Sol della virtù scorgea;
Ne giammai fu del mondo arte si scaltra,
Che a fargli inganno ella movesse ardita,
65E non tornasse alla per fin schernita.
Antistrofe.
Fra lor mettono in prova unghioni e denti;
Tale i suoi Duci armati
Per l’immenso retaggio
De’saldi suoi pensieri
70Nella rocca sublime
Ad ognor la ragion fa vincitrice:
Or chi fia che non speri
Sotto sì fatto scettro
Sulla terra impetrar vita felice?
75Fiera tiranna delle piagge Eoe,
Falange Macedonica, ben dei
Cosparger di silenzio i tuoi trofei.
Epodo.
Mio stil per ira a favellar non prende;
Parlo per vero dire, ed è malvagio
80Chi di sentir la verità si offende,
Dunque Alessandro abbatte i Greci, e poi
Fiacca le corna al Nilo, indi fra’ Persi
L’impeto fa sentir de’ lampi suoi:
Nè per cammino egli era lasso ancora,
85Ma ruppe i suoi vïaggi
Morte crudel che non paventa oltraggi.
Strofe.
Qual leoni affamati
Sovra cervetta ancisa
Corsersi incontra a guerreggiar frementi.
90Ah dell’imperio lor miseri giorni!
Quanti in quel tempo per discordi acciari
Ondeggiaro di sangue e fiumi e mari!
Antistrofe.
Al gran guerrier Latino
Ora volgasi il guardo,
95Poichè sul Rubicon ruppe il divieto.
Il popol di Quirino
Provò secol giammai
Per la sua libertate unqua men lieto?
Vide Tessaglia, vide Libia e Spagna
100Starsene vilipesa, e senza fossa
La carne uccisa de’ Romani e l’ossa.
Epodo.
Armasi quinci il sucessore, e spiega
Insegne minacciose a far vendetta,
Ad altri vincitor la vita niega,
105Tutte funesta le marine Etnee,
Ed a domar le Paretonie prore
Fulmina di furor sull’onde Egee.
Sì fatti fur quegli oltraggiosi: or quale
Sacrasi al nome lor fama, immortale?
110Con strage sì profonda
Per uomo adunque monarchia si fonda?
Strofe.
O belle Albe serene,
Che di Roma sgombrare,
Dolce cosa ad udir, notte sì ria.
115Pien di pietà sen viene
Pietro soletto e scalzo
La Croce a sublimar fin di Soria.
Vuol che d’ingiusto amor si spegna il foco,
Che umiltate corregga i cor superbi,
120E che a ciascun per legge il suo si serbi.
Antistrofe.
Di verace virtute,
Ad onta de tiranni,
In mezzo a’ sette colli un fonte aperse;
E per altrui salute
125Con intrepido petto
Sprezzando ogni martir morte sofferse;
E lui traslato infra le stelle eterne,
Non vengono quaggiù men successori,
Per fatti eccelsi, degl’istessi onori.
Epodo.
130L’occhio di Dio, che in ogni parte vede,
Sceglie per se ministro agli alti uffici,
Perchè ei s’adora, e gli si bacia il piede:
Ed oggi al sacro Urban di tre corone
Orna la fronte, e dàgli in man le chiavi,
135Sì, che ei del Cielo a suo voler dispone,
Sommo Pastor della cristiana greggia.
Or stiasi lieto in sì mirabil Seggia,
Ed io, per farlo chiaro,
Su Pindo intaglierò marmi di Paro.