Geografia (Strabone) - Volume 2/Libro II/Capitolo V

CAPITOLO QUINTO

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Strabone - Geografia - Volume 2 (I secolo)
Traduzione dal greco di Francesco Ambrosoli (1832)
CAPITOLO QUINTO
Libro II - Capitolo IV Libro III


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CAPO V.

Dei Climi.


Restaci da parlare dei Climi1: ed anche in questo può farsi una generale descrizione, qualora si cominci da quelle linee che denominammo elementi: voglio dire da quelle che determinano la lunghezza e la larghezza maggiore; ma da quest’ultima principalmente. [p. 286 modifica]

Agli astronomi più che agli altri appartiene il trattare di questa materia, siccome fece appunto Ipparco, descrivendo (come dice egli stesso) tutti i varj fenomeni celesti corrispondenti a ciascun luogo compreso in quella quarta parte del globo nel quale si trova la nostra Terra abitata2, cioè a ciascun luogo compreso fra l’equatore ed il polo settentrionale. Ma non s’aspetta ai geografi il trattare di quelle cose che sono fuori della nostra Terra abitata; e nemmanco rispetto alle parti di questa giova metter dinanzi all’uomo di Stato tutte le possibili differenze; perocchè sono molto numerose e complicate. Quindi a noi basterà il registrare in questo luogo soltanto le più notabili e le più semplici da Ipparco indicate: e supponendo, com’egli dice e come insegnò anche Eratostene, che la circonferenza della terra sia di duecento cinquantadue mila stadii, non troverassi diversità di gran momento rispetto ai fenomeni nei varii gradi dei luoghi ai quali si limiterà la nostra enumerazione.

Chi pertanto divida in trecento sessanta parti (gradi) il cerchio massimo della terra, troverà che ciascuna di queste parti corrisponde a settecento stadii. Ora di questa misura appunto si serve Ipparco a determinar le distanze su quel meridiano che passa per Meroe, come abbiamo già detto. Egli pertanto comincia [p. 287 modifica]da coloro che abitano sotto l’equatore3, e fermandosi sempre di settecento in settecento stadii ne’ luoghi abitabili che s’incontrano lungo il meridiano già detto, si sforza di venire indicando i fenomeni occorrenti in ciascheduno di essi.

Ma a noi non gioverebbe di pigliare le mosse dall’equatore. Perocchè se que’ luoghi sono abitabili, siccome stimano alcuni, si vuol dire che quella è una Terra che sta da sè sola, angusta, collocata fra que’ paesi che l’eccesso del caldo rende inabitabili, tale insomma da non poter essere risguardata come una parte di questa nostra. Ora il geografo considera soltanto la Terra abitata nella quale noi viviamo: e questa è limitata a mezzogiorno dal parallelo che attraversa il Cinnamomoforo, a settentrione da quello di Ierna: nè fa mestieri, se i nostri lettori ricordansi della figura geografica, di venire menzionando tutte le abitazioni che questo spazio comprende, nè tutti i fenomeni celesti a quelle corrispondenti. Bensì dobbiamo cominciare anche noi, come fa Ipparco, dalle parti meridionali.

Dice egli pertanto come quei popoli i quali abitano sotto il parallelo del Cinnamomoforo4, distanti tre mila stadii da Meroe verso il sud, ottomila e ottocento stadii dall’equatore verso il settentrione, trovansi [p. 288 modifica]vicinissimo al punto di mezzo fra l’equatore e il tropico d’estate di Siene: perocchè Siene è distante cinque mila stadii da Meroe. Sono questi i primi popoli, presso i quali l’Orsa minore si trova tutta compresa nel cerchio artico, e sempre visibile. L’astro che splende nell’estremità della coda di quella costellazione e n’occupa il punto più meridionale, trovasi anche all’estremità del cerchio artico, in modo da toccar l’orizzonte.

Al meridiano già detto giace quasi parallelo dalla parte d’oriente il golfo Arabico, la cui uscita nel mare esteriore è il Cinnamomoforo5, dove soleva farsi anticamente la caccia degli elefanti. E il parallelo di questo paese riesce parte ne’ paesi un po’ più meridionali di Taprobana, od almeno all’estremità di quest’isola verso mezzogiorno, e parte ne’ luoghi più meridionali della Libia.

A coloro che trovansi in Meroe ed in Tolemaide della provincia Trogloditica, il giorno più lungo è di tredici ore equinoziali. La posizione di queste città è quasi nel punto di mezzo fra l’equatore e il parallelo di Alessandria, se non che v’hanno mille e ottocento stadii di più dalla parte dell’equatore. Il parallelo di Meroe poi passa da una parte a traverso di paesi sconosciuti, dall’altra a traverso delle estremità dell’India. [p. 289 modifica]

A Siene ed in quella città di Berenice che trovasi lungo il golfo Arabico nella Trogloditica durante il solstizio d’estate il sole è allo zenit, e il giorno più lungo è di tredici ore e mezzo equinoziali: e quivi apparisce compresa nel cerchio artico quasi tutta l’Orsa maggiore, tranne le gambe, l’estremità della coda, ed una sola stella del carro. Il parallelo di Siene passa da una parte a traverso al paese degl’Ittiofagi abitanti nella Gedrosia e nell’India, dall’altra a traverso di regioni che sono più meridionali di Cirene lo spazio di poco meno che cinquemila stadii.

In tutti i paesi che stanno di mezzo fra il tropico e l’equatore le ombre cadono alternativamente da tutti e due i lati, così verso il settentrione, come verso il mezzogiorno: ma in quelli al di là di Siene e del tropico d’estate, le ombre gittano sempre dalla parte meridionale: e però quelli si chiamano Amfischj, gli Eteroschj6. Avvi poi anche un’altra particolarità che distingue i paesi sottoposti al tropico, della quale parlammo già prima quando abbiamo trattato delle zone. Perocchè il suolo vi è arenoso, asciutto e ferace soltanto di silfio; mentre invece le parti più meridionali sono abbondanti d’acqua e di frutti.

Ne’ paesi che trovansi più meridionali di Alessandria e di Cirene quanto è lo spazio di circa quattrocento7 stadii, dove il giorno più lungo è di quattordici ore equinoziali, trovasi allo zenit la costellazione di Arturo, [p. 290 modifica]inclinata peraltro alcun poco a mezzogiorno. In Alessandria il gnomone sta alla propria ombra nel tempo di equinozio, come sette a cinque8. Così i luoghi situati a quattrocento stadii da Alessandria verso il mezzogiorno sono di ben mille e trecento più meridionali di Cartagine; s’egli è vero che nell’equinozio il gnomone in Cartagine sta alla propria ombra come undici a sette.

Il parallelo poi di Alessandria da un lato passa per Cirene, pei paesi situati al mezzodì di Cartagine quanto è lo spazio di novecento stadii, e per la Maurosia; dall’altro lato attraversa l’Egitto, la Celesiria9, la Siria superiore, Babilonia10, la Susiade, la Perside, la Carmania, la Gedrosia superiore e va fino all’India.

Ne’ dintorni di Tolemaide fenicia11, di Sidone e di Tiro il giorno più lungo è di quattordici ore ed un quarto equinoziali: e questi paesi sono più settentrionali di Alessandria circa lo spazio di mille e seicento stadii, e di Cartagine circa settecento. [p. 291 modifica]

Nel Peloponneso, nel mezzo di Rodi, a Xanto di Licia, o forse alcun poco al mezzogiorno di questa città, come anche ne’ luoghi che sono a quattrocento stadii da Siracusa, pur verso il sud, il dì più lungo è di quattordici ore e mezzo equinoziali. Questi luoghi sono distanti da Alessandria tremila e seicento quaranta stadii; e il loro parallelo, secondo Eratostene, attraversa la Caria12, la Licaonia, la Cataonia, la Media, le Porte Caspie e quella parte dell’India ch’è vicina al Caucaso.

Nelle regioni vicine ad Alessandria di Troade13, ad Anfipoli, ad Apollonia d’Epiro, come anche ne’ paesi più meridionali di Roma e più settentrionali di Napoli, il giorno più lungo è di quindici ore equinoziali: e il loro parallelo è distante circa settemila stadii da quello che passa per Alessandria d’Egitto, verso il settentrione; più che diciotto mila dall’equatore, e tremila e quattrocento dal parallelo di Rodi: ed è invece più meridionale di Nicea, Bizanzio e Marsiglia lo spazio di mille e cinquecento stadii.

Di poco più settentrionale è il parallelo di [p. 292 modifica]chia14, il quale, al dir di Eratostene, attraversa la Misia e la Paflagonia, e le regioni di Sinope, dell’Ircania e di Battra.

Presso Bizanzio il giorno più lungo è di quindici ore ed un quarto equinoziali; ed in questa città nel solstizio d’estate la proporzione fra il gnomone e la sua ombra è come quella di quarantadue meno un quinto a centoventi. Questi luoghi poi sono distanti dal parallelo che passa pel mezzo di Rodi quattromila e novecento stadii, e dall’equatore circa trentamila e trecento.

Chi entra nel Ponto e procede verso il settentrione quanto è lo spazio di mille e quattrocento stadii, trova che il giorno più lungo è di quindici ore e mezzo equinoziali: e que’ luoghi sono egualmente distanti dal polo e dall’equatore, ed hanno allo zenit il cerchio artico, nel quale si trova la stella del collo di Cassiopea, e quella che sta nel destro gomito di Perseo riesce alcun poco al settentrione.

Ne’ luoghi che sono a tremila e ottocento stadii da Bizanzio verso il settentrione il giorno più lungo è di sedici ore equinoziali, e la costellazione di Cassiopea si muove tutta nel cerchio artico. Questi luoghi sono [p. 293 modifica]le parti meridionali del Boristene15 e della Palude Meotide; e sono distanti dall’equatore circa trentaquattromila e cento stadii16. Quivi poi quella parte dell’orizzonte che trovasi al settentrione, è rischiarata durante le notti d’estate da un crepuscolo, mentre che il sole tramuta la sua luce dal ponente al levante: perocchè il tropico d’estate s’allontana colà dall’orizzonte sol quanto equivale alla metà ed alla dodicesima parte di un segno; e non più che altrettanto per conseguenza allontanasi il sole dall’orizzonte stesso nel punto di mezza notte. Ma nel nostro paese, quando il sole si trova a questa distanza dall’orizzonte, secondo che ciò accade o prima del suo levarsi o dopo del suo tramonto, produce un crepuscolo nell’atmosfera di levante o di ponente. Nei giorni invernali poi, in que’ luoghi de’ quali parliamo, il sole nella sua maggiore elevazione innalzasi a nove cubiti: ed Eratostene dice ch’essi sono distanti da Meroe poco più di ventitrè mila stadii17: perocchè egli ne conta diciotto mila dal parallelo di Meroe fino all’estremità settentrionale dell’Ellesponto, e cinquemila di quivi fino al Boristene.

Nei paesi distanti da Bizanzio circa seimila e trecento stadii al settentrione della Meotide, il sole nei giorni d’inverno innalzasi il più fino a sei cubiti, ed il giorno più lungo è di diciassette ore. Delle regioni poi che sono [p. 294 modifica]al di là di queste e s’avvicinano già alla zona inabitata a cagione del freddo eccessivo, non giova punto al geografo ragionarne. Chi anche di queste vuole avere contezza, e di tutti quegli altri fenomeni celesti dei quali Ipparco ha parlato (e noi li passiamo in vece in silenzio siccome non appartenenti al lavoro che ci siamo proposto) li apprenda da Ipparco stesso18. Questo vale anche di ciò che Posidonio dice intorno ai Perischj, agli Amfischj ed agli Eteroschj: ma di costoro peraltro dobbiamo toccarne almen tanto che basti a chiarirne la denominazione, ed a far conoscere in qual parte sia utile alla geografia, e in quale infruttuosa.

Siccome dunque si tratta delle ombre dipendenti dal sole, e questo, per ciò che ne pare al nostro senso, muovesi intorno a quello stesso centro intorno al quale si muove anche il mondo, così ne viene che tutti quei popoli presso i quali ad ogni rivolgimento del mondo s’alternano il giorno e la notte, secondo che il sole trovasi rispetto a loro al di sopra o al di sotto della terra, s’immaginino gli uni Amfischj, gli altri Eteroschj.

Amfischj sono coloro appo i quali di mezzogiorno le ombre talvolta cadono da una parte, talvolta da un’altra, secondo che il sole perquote in diversa direzione il gnomone collocato perpendicolarmente sopra una superficie piana. E questo suol accadere soltanto presso coloro che abitano frammezzo ai tropici. Eteroschj sono invece coloro ai quali l’ombra cade sempre o verso il [p. 295 modifica]settentrione, siccome avviene presso di noi, o verso il mezzogiorno siccome avviene presso gli abitanti dell’altra zona temperata. E questo accade in tutti que’ paesi che hanno il cerchio artico minore del tropico. Quando essa invece è uguale o maggiore cominciano tosto i Perischj e vanno fin sotto al polo. Perocchè dove il sole, durante tutto il rivolgimento del mondo19 rimane sopra la terra, quivi anche l’ombra debbe muoversi intorno al gnomone; e perciò Posidonio denominò Perischj que’ luoghi. Essi peraltro non sono di veruna importanza nella geografia, giacchè pel freddo eccessivo non sono abitabili, come abbiam detto nel confutare Pitea20. Sicchè non vuolsi cercare nemmanco qual sia la grandezza di questa regione inabitata; giacchè siccome costoro hanno il tropico in luogo del cerchio artico, così trovansi sotto quel circolo che il polo dello zodiaco descrive nella rivoluzione del mondo, supponendo che lo spazio intermedio fra l’equatore ed il tropico comprenda quattro sessantesime parti del cerchio massimo della terra.

  1. I climi in geografia sono strisce o zone del globo della terra parallele all’equatore, determinate con questa norma, che sotto i cerchj onde sono limitati dalla parte del nord il giorno solstiziale dura una mezz’ora più che sotto i cerchj del sud.
  2. Καθ᾽ ἕκαστον τῆς γῆς τόπον τῶν ἐν τῷ καθ᾽ ἡμᾶς τεταρτημορίῳ τεταγμένων. Così, dopo la correzione del Tyrwhitt, leggono gli Edit. franc. ed il Coray.
  3. Il testo dice: sotto il meridiano, ἐν τῷ μεσημβρινῷ; ma è evidente doversi leggere, ἐν τῷ ισημερινῷ. Così gli Edit. fran. Vuolsi per altro notare che il Coray s’è in questo luogo attenuto alla lezione comune.
  4. Il centro dell’Abissinia. - Meroe è ora Gherri nel regno di Fungi. (G.)
  5. Così il testo: τούτου δ᾽ ἔκβασις εἰς τὸ ἔξω πέλαγος ἡ Κινναμωμοφόρος ἐστίν. Espressione singolare, dicono gli Edit. franc., per la quale potrebbe credersi che il testo sia scorretto. Essi poi intendono che il luogo dove il golfo sbocca nel mare corrisponda, rispetto alla latitudine, al Cinnamomoforo.
  6. Vedi la nota a pag. 200.
  7. Osserva il Gossellin che dovrebbe leggersi cinquecento.
  8. Questo confronto creduto un’interpolazione di qualche scoliaste, è errato.
  9. La Celesiria o la Siria vôta è propriamente la valle che sta fra il Libano e l’Anti-Libano.
  10. Osserva il Gossellin che dee leggersi la Babilonia, cioè la provincia di questo nome e non la città, la quale da Ipparco era collocata a 1700 stadii dal parallelo di cui qui si parla, verso il settentrione. - La Susiade poi è ora il Kusistan. La Perside è il Fars. La Carmania il Kerman. La Gedrosia superiore è l’alto Mekran, parte della Persia moderna.
  11. San Giovanni d’Acri.
  12. La Caria corrisponde alla parte meridionale ed occidentale dell’Anatolia vicino all’isola di Rodi. La Licaonia è una parte del Kerman. La Cataonia è compresa nell’Aladulia. La Media è l’Irac-Adjami. Le Porte Caspie sono le Gole di Firouz-Coh. La parte dell’India qui accennata comprende lo Zablistan e l’alto Penj-Ab. (G.)
  13. Ora dicesi Eski-Stamboul. Così Anfipoli è Iamboli, ed Apollonia d’Epiro è Polina.
  14. Lisimachia, città del Chersoneso di Tracia fu detta poi Hexamilion perchè l’istmo su cui stava era largo sei mila passi. Ora dicesi Examili. – La Misia poi è il Karasi nell’Anatolia. La Paflagonia è anch’essa una parte dell’Anatolia, ma più orientale. Sinope è ora Sinoub. L’Ircania corrisponde al Corcan ed al Daghistan. Battra è Balk. (G.)
  15. Cioè, l’imboccatura di questo fiume.
  16. Leggasi, circa 34,000, o più esattamente, circa 33,900 stadii. (G.)
  17. Leggasi 23,100; e poco dopo in luogo di 18,000 leggasi 18,100. (G.)
  18. La sua opera andò sventuratamente perduta.
  19. Cioè duranti tutte le 24 ore del giorno.
  20. Strabone l’ha detto ma non l’ha per altro provato. Anche allora, come al presente, o l’abitudine o la cupidigia rendevano abitabili tutti i climi. (Ed. franc.)