Gazzetta Musicale di Milano, 1845/Suppl. al N. 3
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SUPPLEMENTO al N. 3. ’©; © suggerito esser lui un giovane compositore, il quale ha sì ben trovato il segreto di farsi applaudire, che le opere sue vanno facendo il giro del mondo, e nella stessa musicalissima Napoli, ove i giornalisti non lo conoscono, ha tale una quantità di conoscenti, che non solo venne impegnato per dare un’opera questo medcsim’anno 1849, ma un’altra ancora per l’anno 1847. Il rispondere altro sarebbe fiato perduto per chi ha la bile negli occhi, nè può veder bianco, dove vede giallo, e giova risparmiarlo. Ove poi la risposta l’avessi dovuta far io, come incolpato fabbricatore di frontespizj, gli avrei soggiunto che sulle sponde dell’Olona non si suole, come altrove, attribuir valore alle cose che non ne hanno, c che le sopraccoperte delle musiche vaglion qui per sopraccoperte c nulla più. Che Verdi capitò sotto Rossini per la stessa ragione che Bellini capitò sotto Donizetti (10), per la stessa ragione che Mandanici capitò con Mcyerbeer, con Merendante e Mazzucato, cioè perchè nomi troppo lunghi non potevano stare in campi troppo piccoli. Che la sopraccoperta, volendo dare un elenco degli autori, non un panorama del tempio dell’immortalità, avevan diritto di figurare così i maestri Verdi c Mandanici come Rossini vivo e Bellini morto, quand’essi pure faccvan parte della raccolta. Che il fare diversamente, cioè rassegnare a ciascuno un posto secondo la sua celebrità, mi avrebbe fatto parere un fonditore di fame e di riputazioni, come dice il suo articolo, il che era appunto ciò che io non voleva essere. Se al signor Somma è parso altrimenti, la colpa non è mia, ma di chi vede il male dove non entra che la sua malizia. Ora ch’egli sa ciò che gli avrei risposto, e mi pare d’aver tenuto la mia promessa di farlo degnamente conoscere ai lettori della Gazzetta, lo abbandono alla sua fama, alle sue visioni, ai suoi deliramenti; e consigliandolo a lasciare in pace i galant uomini, che vi troverà il suo meglio, ritorno alle mie occupazioni cedendo ad altri il campo difficile delle polemiche, che per questo solo caso ho creduto dover usurpare. Giovanni Ricordi. (10) E dispiaciuto al sig. Somma ch’io abbia posto Bellini insieme a Donizetti, perchè l’uno è morto e l’altro è vivo. Davvero è singolare! lo voleva dare i nomi degli autori componenti la raccolta, non una nomenclatura dei vivi e dei morti. Chi si poteva peusare che tata così la mia sopraccoperta dovesse essere intcrprcinalignamenlc? TEATRO RE Farsa, posta in musica da un dilettante, c rappresentata la prima volta la sera 15 corrente dalla signora Sara, e dai signori B®ozzolini, lassarsi e ^Laureiti. 47 ■yP uesto modesto anonimo, questo discettante, che ben a ragione l’affisso i^della giornata aveva fatto preccdorè dall’epiteto di distintissimo, C5 è^non è altri che il sig. Conte Antonio Bclgiojoso. Ce lo dice apertamente nel suo numero di giovedì la Gazzetta Privilegiata, c noi amiamo ed andiamo superbi di ripeterlo, perchè dappertutto si sappia di quali veramente distintissimi dilettanti dell’arte musicale si arricchisca ogni dì maggiormente questa nostra Milano. Codesta Figlia di Domenico, lo si scorge chiaramente dal suo titolo, è La Fille de Dominique, spiritoso Vaudeville che noi udimmo alcun tempo fa a questo medesimo teatro, recitatovi da una compagnia francese. Questa Figlia ne riaperse perciò la mente a dolci memorie, che è a dire a quelle d’una Mad. Albert, che cantava come la Persiani (almeno le belle romanze del Masini), c che recitava come come infatti sapeva recitare Mad. Albert in questa graziosa Pièce de’ signori De-Villeneuve c Charles, atta eminentemente a dare svariato saggio del multiforme talento di quella egregia artista. Ma se noi abbiamo perduta La Fille de Dominique, in suo luogo abbiamo or guadagnata La Figlia di Domenico; vogliam dire che se più non ci è dato ammirare Mad. Albert, abbiamo d’altra parte la soddisfazione di veder accresciuto il non ricco numero delle nostre buone operette buffe, di una, quale si è questa del Conte Belgiojoso, ricca de’ più bei pregi. Quanto il Vaudeville succitato si presti a vestirsi delle forme complete dell’Opera noi sapremmo dire. L’argomento scherzoso sembra a primo aspetto prcstarvisi assai bene: ma, venendo al fatto, due difetti sensibili ne si parano immediatamente dinanzi. 11 primo risulta da ciò, che tolta la parte della protagonista, le’altre sono veri pertichini, affatto inutili all’azione, che dieon niente, che fan niente: non sono che macchiette della figura del (piatirò principale. Ed infatti non è quest’operetta che una grand’aria della prima Donna, che dura quanto dura l’intera farsa, c che viene accompagnata or da uno, or da due, ed or da tre pertichini, e dai cori. Tale è il senso che se ne ritraggo, per (pianto sieno stali ingegnosi gli studj c gli sforzi del nobile compositore nel cercare f equilibrio delle parti vocali, o, per meglio spiegarci, nel tentar di salvare le convenienze de’ signori cantanti. - Il secondo difello poi si è questo; che tutte quo’ canti caratteristici di vario colore, i quali nel testo francese trovavansi nicchiati e spiccavano a meraviglia (appunto pel marcato distacco dalla prosa al canto), qui rimangono un cotai poco scoloriti, c quasi, direi, non si distinguono che a fatica; poiché mancano in fallo di contorni: c ciò non per colpa certamente del maestro, ma bensì del trovarsi essi incorniciati dalla musica, anziché dal dialogo recitato. Ciò notalo, passiamo, e sinceramente, agli elogj. Dietro questo primo pubblico saggio noi abbiamo dovere di riscontrare nel sig. Conte Antonio Bclgiojoso un talento musicale di una non comune elevatezza: talento che possiede molto buon senso nella giusta applicazione delle note alla poesia, come ben si può riscontrare in tutto il corso di quest’operetta, ove la musica serve fedelmente c senza stento alle parole: dal che succede che molti pezzi riescono anche originali; poiché, come bene avverte un saggio scrittore, «Dove c è verità havvi pure originalità». La musica dunque di quest’operetta (amiamo ripeterlo come elogio che ben di rado possiamo fare a’ nostri maestri) è vera. Degna in ispccial modo di tale encomio è la scena del Delirio, dove la Figlia di Domenico fingesi l’innamorala presidentessa. In tulio questo pezzo, nella prima parte principalmente, l’orchestra vi è svolta con bel colorito e calcolata economia. Questo secondo pregio riscontrasi fortunatamente in tutto il corso della composizione. Ogni brano vi fu applaudito, ed assai. Noi abbiamo riscontralo delle belle qualità in tutti i pezzi; ma crediamo degni di menzione particolare - il bel coro in fa che serve di chiusa all’introduzione-tutto il duetto della signora Sara col sig. Massard - parte della cavatina del tenoreuna buona parte del quartetto - la notata scena della Pazzia - c il breve coro in mi. Una leggera pecca ci sembrò tuttavia di poter accusare. Eccola: - Ogni pezzo si chiude con una cadenza, lavorata anche con bell’.artifizio. Questa cadenza viene replicata costantemente. — — r — La ragione di questa replica?... Oltre che la replica, anche d’una cosa nuova, distrugge immediatamente ogni novità, è dannosa sempre, almeno ci sembra, la prolungazione delle chiuse finali. Raffredda per lo manco la disposizione al plauso, prodotta dall’impressione gradita della cabaletta. L’esecuzione fu accuratissima: ciò che d’altronde non vuol pur dire ch’ella sia stata buona; essendo che tutti han fatto quanto han potuto, ma non tutti han potuto fare quanto avrebbe abbisognato. I cantanti uomini, abbenchè sacrificati, come si avvertì, pel contesto del libretto, furono migliori che nelle opere precedenti, dai medesimi sostenute in questa stagione. Ciò dipende senza dubbio dall’essere stati meglio guidati in questa circostanza dalla vigile direzione del compositore. Dalla signora Sara, dobbiamo dirlo, attcndcvasi di più. Ella vi fu applaudita, è bensì vero, anzi tutti i suoi compagni, ma noi non siam rimasti soddisfatti (pianto lo avremmo desiderato. Comprendiamo che ad una francese che non conosce la lingua italiana è difficile il pronunziarla; comprendiamo che se nella musica hannovi dei passi difficili, possono facilmente nell’esecuzione riescire non puri; ma comprendiamo altresì, che allorquando si hanno mezzi vocali eccellenti ed anche una buona dose d’intelligenza, come possiede madamigella Sara, si può, innanzi che affrontare il giudizio dei pubblici, studiare e lingua c musica: - la lingua, per poter far intendere le parole a chi ascolta; - la musica, per potervi eseguire le note quali sono scritte, perchè il primo scopo d’un musicista deve essere quello della netta esecuzione. Che se, o signori cantanti, il vostro organo non si presta a tale o tal altro passo, fatevelo cambiare (il passo); il compositore’è là appositamente anche per questo oggetto, ed è certo suo interesse il farlo. - Non ce ne voglia male la signora Sara di quanto l’appuntiamo. Non intendiamo avvilire un artista, allorquando gli diciamo «non ci avete dato quanto potevate darci». Tale rimprovero, se non è un elogio alla sua buona volontà, lo è bensì tacitamente al suo talento. Alberto Mazzucato. r^O BIOGRAFIA ETTORE ROMAGNOLI. (’Continuazione e fine.) Quantunque il genere da Ettore prediletto fosse quello dell’oratorio, molto si esercitò anche in quello proprio da chiesa, specialmente dopoché nel 1802, morto il Lapilli, fu nominalo maestro di cappella della insigne collegiata di Provenzano. In questo genere aveva esordito con sommo plauso lino dall’anno 1797 con un Venite exultemus ed un Laudate pueri, che una trentina di anni dopo io stesso ho avuto luogo di sentire, che ho sempre trovato spiranti tutta la freschezza di gioventù. Relativamente alla musica ecclesiastica del Romagnoli, si può dire che in generale si risente alcun poco della sua predilezione pel genere dell’oratorio, quantunque nulla vi abbia che alla santità del tempio disdica. Se oggi, colpa del variato gusto dei tempi, i soli ci possono in essa sembrare talora alquanto barocchi, i ricchi e maestosi pieni nulla lasciano a desiderare. Religioso sinceramente quale egli era, una delle cose clic più lo accoravano era la eliminazione delle donne dai sacri concerti del Tempio, cosa cli’ci riguardava come una delle cagioni della degradazione della ecclesiastica musica. Ei sosteneva — ’ ■ chc senza le voci delle donne la musica manca necessariamente di quella soavità che la fa degna di prender bella parte nei rili di nostra religione. Vi sono alcuni che pretendono la presenza, la coopcrazione delle donne nelle ecclesiastiche musiche, dover riuscire di scandalo come causa di seduzione per gli uomini che assistono alla sacra funzione: «Ma per simil ragione, egli» osservava saviamente, non dovrebbe anche» agli uomini interdirsi di prendervi parte, poi» che la loro presenza, i loro canti, possono» esser causa di seduzione alle donne che devote» intervengono ad assistervi»? In fatti, la tranquillità della coscienza, la purezza dell’animo delle donne, mollo più deboli c sensibili, c così tanto più esposte al pericolo, non merita di esser tutelala altrettanto che quella degli uomini, i quali più sono in grado {ter la franca educazione che han ricevuto di guardarsi da sè? «Non la coopcrazione delle donne alle musiche sacre, ci soggiungeva, ma la tiepida fede, la mancanza di zelo e di religioso fervore nei maestri che profanano il tempio con mondani e talora voluttuosi canti teatrali, è la cagione di ogni scanO» dalo, di ogni male». Queste cose, già vere di per sè, forza maggiore in vero acquistavano sul labbro di un uomo di puri costumi ornato, e in cui di fulgida luce splendevano le più belle morali virtù: tra le quali ultima non era la umiltà. Pieno il pollo di fervido zelo per la religione c per l’arte, bello infatti era il vederlo contentarsi (specialmente nella esecuzione delle sacre musiche) del più infimo posto: «Qui serviamo Id» dio, egli diceva; non vi debbono essere prc» cedenze». Scrisse Ettore anche molla musica istrumcntalc, di cui la maggior parte fu per uso della società filarmonica diretta da suo fratello Dcifebo. Era inoltre eccellente direttore, mirabile per la calma dignitosa c la padronanza che di sè stesso sapea conservare, per l’antiveggenza nel prevenire il disordine, per la prontezza nel rimediarvi avvenuto che fosse, del pari che per la somma delicatezza ch’ei poneva nel non offendere, per quanto possibil fosse, l’amor proprio dei suoi sottoposti. Considerato così brevemente il Romagnoli sotto l’aspetto di musicista, mi resta a dirne qualche parola come dotto, come letterato. Occupatosi egli non senza qualche successo di poesia, ad onesta ricreazione degli anni suoi giovanili, si dette ad incremento degli studj musicali a tradurne nella nostra favella i relativi scritti di Rameau, di D’Alcmbert, di G. G. Rousseau: alle quali occupazioni intramesso la compilazione di un ben ordinato e voluminoso trattato di geografia, arricchito di molte mappe da lui stesso disegnate. Egli stesso si fu similmente, che, avendo a socio dell’impresa il Prof. Giacomo Barzellotti, sommistrò al Gervasoni gli articoli relativi ai musicisti senesi per le sue memorie storico-musicali. Compilò pure una coscienziosa Guida col titolo Cenni storico-artistici di Siena e dei suburbj, che nel 1822 fu pubblicata in iscorrcttissima edizione, c quindi con molte aggiunte e correzioni fu ristampala in Siena nel 1856. Due voluminosi tomi di aggiunte alle Pompe senesi del padre Azzolino Ugurgieri sono del pari coscienzioso lavoro del Romagnoli, in cui per mezzo di altrettanti articoli disposti alfabeticamente si contiene una completa biografia di quanti cittadini senesi si distinsero in ogni genere d’illustrazione, a cominciare dalla metà del secolo XVII c continuando sino al finire della laboriosa vita dello scrittore. Ricchezza di esatte notizie, ponderazione e buon gusto nei molti lettcrarj ed artistici giudizj onde è piena, sono le qualità per cui quest’opera principalmente si distingue. Ma l’opera capitale del Romagnoli, quella a cui dedicò specialmente venti anni di studj indefessi, ed a cui lavorò si può dire finche visse, si è quella che intitolò Storia dei Bellartisli senesi. Relativamente ad essa mi limiterò a riferire ciò ne scriveva poco avanti la sua morte il Proposto Bibliotecario senese Luigi Dc-Angelis: «In quella immensa biografia, così il DcAngelis, ha veramente mostrato l’autore il suo vivissimo amor patrio, avendo scorso foglio a foglio, per classicamente condurla, tutti gli archivj senesi c sopra tutti quello dell’estinta repubblica. L’archivio diplomatico ritornato intatto da Parigi nel 1813, ove era già trasportato per ordine di Napoleone, fu riordinato in questa epoca dal sopraintcndcntc Zaccheri, dal dotto Barone Rumhor e dall’instancabile Romagnoli. E questo elesse il nostro Ettore a palestra dei cari ed ameni studj suoi per oltre dieci anni. Completò quivi la sua storia artistica c la divise in dodici volumi, ricchi di circa settecento sessanta articoli contenenti la vita dei pittori, architeli i, scultori, musaicisti, miniatori, orafi, bronzisti, nicllatori, ingegneri, pittori in vetro, cesellatori, plastici, intagliatori, intarsiatori, incisori, zecchieri, smaltatori, paesisti c commettitori di pietre, senesi e della senese provincia, dal principiare del secolo XII fino ai viventi. Immensi documenti inediti arricchiscono questi articoli. Gli ordinamenti di pubblici lavori, le preziose lettere, i facsimile dei principali autori, la dotta prefazione, i discorsi situati in fronte ad ogni volume, il suo indice, veramente interessante rendono quest’opera ammirabile, ecc.» Pari alla dotta operosità del Romagnoli fu il generoso disinteresse con cui pose a parte chiunque il richiese delle notizie da lui con tanta fatica raccolte per servire alle opere sue. «Ne» ebbe infatti il Davìa per le porte di S. Petroj> nio (così il Conte Giovanni Pieri nell’elogio» funebre del Romagnoli letto nell’adunanza del» dì 3 aprile 1840 dell’accademia senese dei Fisio» critici, di cui il Romagnoli stesso era membro).» Ne ebbe infatti il Davìa per le porle di S. Petronio, il Vcrmiglioli per la storia del Pinturicchio, il Lillà per le famiglie illustri, il Troya per il Veltro allegorico, il Repelli per il Dizionario, il Dc-Angclis per la Biografia degli scrittori senesi, il Gervasoni per le vite dei musurgici, ed il defunto Plattcn per non so qual lavoro. Ei stava trascrivendo l’intiera interessantissima vita di Giorgio Martini per un letterato distinto di cui ho perduto il nome,» allorquando fu sorpreso dalla morte». Morendo, legò il Romagnoli alla biblioteca pubblica di Siena il manoscritto di questa opera interessantissima, che sarebbe a desiderarsi fosse presto resa di ragion pubblica con le stampe. Entrare a descrivere i particolari della vita privata del Romagnoli non è mia intenzione: noterò solo che buon marito, buon padre, quanto era stato figlio esemplare, fu cristiano filosofo nella morte, tantoché, sorpreso nel 28 marzo 1857 da tocco apopletico, mentre tutti lo crcdevan ristabilito, ei, riguardandosi ormai per brev’ora nel mondo, venne a bella posta in Firenze per prender commiato dagli amici, quasiché si trattasse di un ordinario viaggio, c per rivedere gl’insigni monumenti artistici onde questa città è ricchissima. Tornato in Siena ed infcrmataglisi la moglie mentre la assisteva nel ricevere i conforti della religione, cadde semivivo per nuovo soprassalto del male nel dì 15 gennajo 1858, c dopo brevi giorni morì. Dal sullodato conte Giovanni Pieri, amicissimo e già discepolo suo nella musica, ne fu trasportata la salma c datole amorcvol sepolcro tra i suoi nella sua cappella di S. Antonio in Presciano posta nel suburbio senese: ne fu poi onorata la memoria con mortuaria iscrizione al sepolcro, e con l’apposizione di marmorea lapide con iscultavi epigrafe panegirica nell’atrio che mette alla pubblica comunal biblioteca di Siena, sua patria diletta. L. F. Casamorata. PIANOFORTI BOISSELOT. (t) p r^Q°i abbiamo avuto più d’una voila s^’j I ^(l’occasione di segnalare gli sforzi che Bl ** ipÇ’ signori Boissclot di Marsiglia, atf
- eti intelligenti fabbricatori di
>fâ pianoforti, fanno incessantemente | onde raggiungere il perfezionamento dell’arte i loro. Incoraggiati nel 1854 da una onorevole | menzione, ricompensati nel 1859 con una medaglia d’argento, essi hanno raddoppiato di zelo, ed in oggi ci presentano due notevoli invenzioni che ci sembrano destinate ad un grande successo, perocché esse aumentano le risorse del pianoforte somministrando all’esecutore dei mezzi che finora gli ricusava il clavicembalo ordinario. I pianisti della moderna scuola hanno interamente cangialo il giuoco dell’istrumento. Ciò che si vuole in giornata si è, avanti tulio, la più gran forza, la più grande possibile sonorità, perchè il pianoforte deve rappresentare o ri unire in sè tutta un’orchestra; quindi ({negli accordi sì pieni a doppia e tripla distanza i quali esigono un distacco delle dita accessibile soltanto alle gigantesche mani dei nostri virtuosi; quindi que’ passi di ottave eseguiti colla rapidità della folgore ed una moltitudine di difficoltà che non si trovano a portata del dilettante. Da un’altra parte si sforza di far cantare l’istrumento sia in accompagnare delle cantilene con arpeggi staccati, sia con una fila di note che vi si aggruppano all’intorno. Ma i passi di ottave esigono una mano vigorosa, una forza fisica della quale non tutti gli uomini possono disporre; quanto poi ai passi cantabili, questi si producono, come ognun sa, col mezzo del pedale che lascia alle corde tutta la durata della loro vibrazione. Ma questo pedale, coll innalzar d’un tratto lutti gli smorzato], ci porla l’inconveniente di lasciar vibrare simultaneamente tutte le note indistintamente, d’onde alcuna volta ne risulta una confusione od una armonia poco piacevole, e che d’altronde infastidisce di sovente l’artista, forzandolo d’abbandonare la tenuta di alcune note per evitare una tale discordanza. Colpiti da questi inconvenienti, i signori Boissclot si sono proposti due problemi, (fucilo di poter eseguire le ottave (o in generale molte note in una volta) non toccando che un solo tasto, e quello di poter sostenere quanto vogliasi ciascuna nota indipendentemente dalle altre, vale a dire di poter produrre una frase cantabile, circondata d’arpeggi oppure di note staccate. Questi due problemi essi li hanno risolti in modo soddisfacentissimo, l’uno nel piano-forte otturato, l’altro nel piano-forte de’ suoni sostenuli a piacimento. Il pianoforte ottavaio si costruì dietro due sistemi, de’ quali l’uno consiste nell’impiego della pluralità delle corde, l’altro nell’unione delle leve oblique. Si è secondo il primo sistema clic fu costruito il pianoforte a coda che si trova nel palazzo d’industria. Eccone il meccanismo: Ciascuna nota, in luogo d’avere tre corde come nei pianoforti ordinarli, ne ha cinque, delle quali tre sono accordate ad unisono, e le altre due, messe a sinistra, suonano l’ottava bassa. Quando il clavicembalo si trova nella sua posizione naturalo, il martello non balte che le tre (1) Questo articolo è tolto dalla Gazzetta Musicale di Parigi, e fa parte d’una serie di articoli dello stesso signor Anders, relativi alla grande esposizione, che ebbe luogo l’anno scorso in Parigi nel Palazzo d’industria. Noi vorremmo poter inserire almeno i più interessanti articoli di questa serie, ma la quantità delle materie e la ristrettezza delle nostre colonne ce lo impediscono. Daremoperò quanto prima un sunto de’principali oggetti musicali di questa ricca Esposizione compilato da celebre critico. Abbiam però voluto riportare questo articolo del signor Anders, essendoché ora che i Pianoforti del signor Boissclot di Marsiglia han traversalo le Alpi e son giunti presso alcuni dei nostri negozianti di strumenti e fanno anzi bella mostra di sè in parecchi de’ nostri salons musicali, è bene che si conoscano c si apprezzino nel loro giusto valore. La lled. cor(le ’n unisono. Per ottenere F ottavo, si adopera un pedale, il quale, facendo scorrere lateralmente la tastiera da dritta a sinistra, trac il martello al punto voluto per battere le cinque corde simultaneamente. 1 signori Boisselot hanno; ° preveduto il caso in cui non si volesse produrre l’ottava che in una parte sola della tastiera, sia nell’alta o nella bassa. A questo effetto la barra di martelli si trova divisa in due parti, ciascuna; delle quali vicn mutata da un pedale particolare. Se questa disposizione presenta dei vantaggi in certi casi, essa però in alcuni altri offre degli i inconvenienti; perchè può avvenire che un passo in ottave oltrepassi il limite della divisione di cui noi parliamo. D’altronde la molliplieità dei pedali diventa un imbarazzo per l’esecutore. Il secondo sistema consiste, come l’abbiamo di già detto, nell’impiego delle leve oblique c quivi F ottava si ottiene col numero ordinario delle corde. Verso il centro di ciaschedun tasto si trova collocata una di queste leve, che vico messa in movimento mediante F impulso del tasto medesimo col mezzo d’un piccolo uncinetto infìsso in esso, e che corrisponde colla sua estremità al martello di un altro tasto in ottava. Così, percuotendo un solo tasto, due martelli battono simultaneamente le due note. Quale dei due sistemi merita di esser preferito? Noi non esitiamo punto a dichiararci pel secondo; primieramente perchè egli non richiede aumento di corde, di cui F eccessiva tensione potrebbe esser nociva alla solidità dell’istrumento, e poi per la ragione seguente: Lo strumento venendo più di frequente adoperato nel suo stato naturale, vale a dire senza l’impiego del pedale di ottave, il martello, che si logora più presto dalla parte dov’egli non batte che le tre corde, perderà, dopo un certo tempo, l’eguaglianza primitiva per l’attacco simultaneo delle cinque corde. E ben vero che questo inconveniente non si renderà sensibile che dopo un lungo uso dello strumento; ma è! però sempre un inconveniente che non esiste nel sistema delle leve. Del resto, affrettiamoci di dirlo, i due sistemi furono eseguiti con quella; precisione che distingue tutti i pianoforti dei signori Boisselot.! Finora non si è parlato che di una sola ot। fava prodotta dal medesimo movimento. Il sistema delle leve va più lungi: egli può produrne due, vale a dire, la leva essendo doppia ed operando da due lati, può far risuonare insieme alla nota del tasto che si percuote anche la nota dell’ottava inferiore e dell’ottava stipe- 1 riore. Non basta ancora: i due sistemi possono riunirsi nello stesso istrumento, in modo che con un dito solo toccando un solo tasto si fanno suonare quindici corde in una volta! Si giudi- i chi ora delle masse sonore che devono sortire da un pianoforte così costrutto, quando F esecutore ne prodiga gli accordi a piene mani. Perocché un accordo di quattro note fa vibrare! sessanta corde; se voi lo raddoppiate coll’altra, mano ne otterrete i suoni simultanei di cento ’ venti corde. È una cosa da produrre le vertigini nell’uditore. Un pianoforte a coda, riunente i due sistemi, j era destinato a formar parte dell’esposizione, [ ma non fu terminato a tempo; noi però abbia- j mo veduto il modello stabilito su questa coni-! binazione, e che agisce perfettamente. Avanti di partirci da questa invenzione, diciamo alcune parole a coloro che vorrebbero disputarla ai signori Boisselot. Può esser possibile che questi abili fabbricatori abbiano attinta la loro idea negli antichi clavicembali, da’quali, come si sa, si otteneva F ottava con un solo dito per F accoppiamento dei tasti delle due tastiere; po- i Irebbero ancora essi avere avuto conoscenza del-, l’esperimento d’un celebre fabbricatore alemanno [ il quale, nel 1824, produsse un pianoforte sul, quale si faceva sentire F ottava con un solo tasto; ma il procedimento è forse lo stesso? Ecco I dove sta la questione. Q Pare a noi che il modo del procedere dei si- j gnori Boisselot, c particolarmente la maniera j colla quale essi hanno combinato i diversi mec- j canismi, loro appartenga. Non ostante, se tut- j tavia si volesse privarli di questo merito, po- j Iranno essi ben facilmente confortarsi, chè F al- | SgW
tra scoperta, della quale noi ora parleremo, non potrà esser loro contrastata; ed essendo essa, a nostro giudizio, molto superiore e da preferirsi da tutti i veri amici dell’arte. Una invenzione che dà al pianoforte delle qualità cantanti, dell’incantesimo, della grazia, vale ben più che que’ procedimenti i quali, aumentandone la forza sonora, col soccorso del raddoppiamento delle ottave, porgono facilmente occasione agli abusi e possono divenire, sotto delle mani troppo focose, mezzi di rumore e di strepito di già troppo frequente nell’esecuzione sui pianoforti ordinarli. Eccoci a parlare del pianoforte dei suoni sostenuti a piacimento. Come si è veduto più sopra, non si tratta quivi dei mezzi atti a prolungare il suono delle corde al di là delle loro vibrazioni naturali prodotte dal colpo del martello, quali sono F impiego dell’aria o di una specie d’archetto, come fu più volte applicato al pianoforte, ma che ne travisa intieramente il suo carattere. Trattasi solamente di lasciar vibrare, a volontà del pianista, ciascuna nota levandone separatamente il suo smorzalojo, mentre che nei pianoforti comuni, tutti gli smorzato] levandosi unitamente, le corde che si percuotono continuano a vibrare indistintamente. Questo risultato i signori Boisselot lo hanno ottenuto mediante il seguente procedimento: Un pedale particolare fa agire una leva a scappamento, che solleva lo smorzalojo c lo tiene in questa posizione col soccorso d’un contropeso. Lo smorzatolo rimane in tal modo sollevato finché si tiene il piede sul pedale, senza che vi sia bisogno di tenere il dito sul tasto. Questo conserva tutta la sua indipendenza e può essere nuovamente percosso mentre il pedale sostiene lo smorzatojo. Dcvesi rimarcare che il pedale agisce sopra uno o più tasti, secondo la volontà dell’esecutore. Nel vedere questo meccanismo tanto semplice, sorprende come l’idea non sia venuta ad alcuno e che un simile istrumento non sia stato fatto più presto. Questa preziosa- invenzione, quando si sarà estesa, eserciterà una grande influenza sul modo di scrivere per F istrumento favorito de’ nostri giorni. Si può concepire quale varietà di nuovi effetti i compositori ed i pianisti improvvisatori potranno oggimai ottenere. Il canto, in luogo di confondersi e d’imbrogliarsi colle note che lo circondano, si farà sentir chiaro e distinto, e si crederà soventi volte di sentire un pezzo eseguito da due artisti sopra due pianoforti differenti. Parleremo noi degli altri pianoforti, esposti dagli stessi fabbricatori? del pianoforte in ebano, intarsiato di madrcperla e di corallo, istrumento di lusso degno di attrarre gli sguardi dei passanti? d’un pianoforte diritto, più piccolo, meno ricco, ma d’ima non meno strepitosa sonorità? d’un pianoforte a coda col meccanismo ordinario, e dei pianoforti quadrati, che hanno preso successivamente il loro posto al palazzo dell’industria? Noi li passeremo sotto silenzio perchè qualunque sieno le loro qualità, essi sono ecclissati dai due nuovi pianoforti, de’ quali abbiamo discorso. Questi due slromcnti formano, a mio credere, la vera esposizione dei signori Boisselot. Essi hanno riunito i suffragi di artisti tali quali sono Thalberg, Liszt e Dòìiler; cosa potremmo noi aggiungere ad elogi tanto lusinghieri che validi? G. E. Anders. GAZZETTIHO SEÏTIMA1TALS DI MILANO — Alla Scala jeri sera la prima rappresentazione della Vestale di Merendante colla Marini: malissimo. — L’opera nuova di Battista, Ilosvina, è già avanzata nelle prove; e sperasi di vederla entro la settimana. La sorte di questa deciderà delle disposizioni venture. — Al teatro Re, la farsa La Figlia di Domenico d’anonimo compositore ebbe esito fortunatissimo (vedasi più sopra F articolo relativo). - L’Osteria dì Andujar non si rialzò. - Affrettasi la Linda in cui la parte della protagonista verrà sostenuta dalla signora Pecorini, allieva di questo I. R. Conservatorio. O CARTEGGIO PARTICOLARE Parma 15 gennajo 1845. La sera dell’Il nel Ducale Teatro di questa città, all’opera dei Verdi Emani è succeduta la Lucia del Donizetti. La cantavano la signora Barbieri-Nini, ed i signori Ivanoff, Varesi, e Boucher. Dire dei pregi di questa partizione che ha corso con plauso pressoché tulli i teatri d’Europa sarebbe un portar vasi a Samo; parimenti dell’Ivanoff c del Varesi, che quante volte la cantarono furono, come in questa, rimeritali da caldi e dovuti encomi, non ci dilungheremo a parlare, nè del Boucher il quale piace nella poca sua parte; ma è debito di questa Gazzetta che intende, al progresso dell’arte e degli artisti, l’accennare come la signora Barbieri-Nini, che vestì per la prima volta con tanta passione e vero accento drammatico il carattere di Lucia, abbia posto a noi bellissima occasione di gustare pienamente la stupenda voce ch’ella ha, fornita dei tanti pregi di cui la natura e l’arte l’arricchirono, e a lei di farsi quindi valutare e come attrice c come caillante valentissima, c mostrarsi prossima a toccare quell’altezza cui è dato a ben poche arrivare. Dobbiamo perciò rallegrarci, e coll’arte che ha d’uopo di chi valga ad interpretare le sue produzioni, e coi maestri che avranno la fortuna di scrivere per la signora Barbieri-Nini e coi pubblici dai quali sarà, come ora è, apprezzala, semprecchè le sia dato come nella partizione di Donizetti di far palesi le dovizie della sua voce e del suo canto. P. Toiuuguni. Venezia 15 gennajo 1845. Bonifazio de’ Geremei del principe Poniatowski è un’opera che nel generale non manca d’effetto, e se non si fa ammirare dal lato dell’ispirazione c della novità, certamente è un lavoro ch’onora l’autore. L’opera è divisa in quattro parti, un prologo e tre atti. Al prologo si è voluto dare un’aria di grandiosità: v’entrano tutte le parli ed i cori, e v’c frammezzo un ballabile nazionale (la tarantella). E per il fallo, l’ingombro della scena, il contemporanco canto di tulle le parti e dei cori, l’accompagnamento fragoroso di lutta l’orchestra c della banda sul palco, la forza massima ottenuta dall’islromcntazionc, certe cadenze e certe riprese che succedono ai pianissimo, producono un effetto, che si potrebbe chiamare grandioso, se io non credessi la vera grandiosità della musica drammatica doversi riporre nelle qualità del concetto e della frase, nel far largo e solenne e nella severità dell’armonia, più che nel loro fragore. Ma certi maestri e certi pubblici scambiano coi nomi le cose. - Del prirn’allo poco è a notarsi che si levi dalla comune. Nel second’atto un quartetto tra la Gazzaniga (Imelda), nizzardo (Roppa), Orlando (Porlo) e Patriossi (Petronio), è di buona fattura e di effetto: e così pure l’aria con cori di Ronconi (Bonifazio) con cui si chiude quest’atto è maestrevolmente condotta, essendovi tratto un bel partito da un canto claustrale, dall’organo e dalle campane. Nel terzo alto un duetto Ira la Gazzaniga e Ronconi è di un bel canto, di buona scuola, avente una tal (piale dolcezza che piace. Il finale poi dell’opera, ch’è un cantabile di Ronconi con pertichini è il pezzo più filosofico dall’opera stessa, e il Ronconi spiega (ulti i di lui mezzi per farne spiccare i pregi. Dobbiamo conchiuderè, che in questo lavoro il Poniatowski non si è attenuto ad unità di siile, ma è ccclclieo, senza però il buon garbo di qualche contemporaneo. Come si è detto peri», se. non in tulli i pezzi, in molli si ottenne un effetto, c ne sia prova la discreta soddisfazione che viene continuala dal pubblico, che d’altronde non ha a lodarsi della più bella esecuzione. NOTIZIE — Beklino. (24 dicembre’. - Per domanda di Mcyerbeer, maestro di cappella della corte e direttore generale della musica reale, il re ha ordinato che si rappresenti al teatro dell’Opera V Euriante di Weber, c che il prodotto di tale rappresentazione sia mandato alla Q giunta formatasi a Dresda per innalzare un monumento lì^T) a quel grande compositore. (Fama) — Dhesda. Il capodopera di Spontini La Pestale venne quivi testé rappresentato con felicissimo successo. L’autore stesso vi era presente e venne più volle festevolmente chiamato. voa’O’ oÿQ)’) — Firenze. H concerto drammatico lirico del maestro Maglioni, annuncialo in uno dei passati numeri, non avrà luogo che nella prossima quaresima, atteso le continue recito e prove in questi teatri, le quali resero iinpossibile di riunire le due orchestre necessarie ali’ese(tyj cuzionc. (/?a Lettera). — Francoforte. Pare che il sig. Felice Meiidclssohn si stabilirà decisivamente in questa città. - I nostri compositori hanno più fecondità che fortuna; si annuncia un’opera nuova del sig. Al. Schmitt, è intitolai «La Figlia del Deserto». La scena è al Nord dell’Africa. — Genova. Maria di Rohau piacque la prima sera, e più ancora alle rappresentazioni successive. Il terzo atto in ispecie tien desta la generale attenzione. — Londra. C Antigone di Sofocle, coi cori di Mendelssohn ottenne esito clamoroso al teatro Covoni Garden. — Parigi. Leggesi nel Monde Musical:» Alla Beatrice di Tenda terrà dietro quanto prima La Rinegata. Già annunziammo ai nostri lettori che La Rinegata altro non era che Lucrezia Borgia. Il signor Vatel fece adattare da un letterato italiano di grande riputazione un nuovo poema alla partizione di Donizetti. - Sovente il bene è prodotto dal male. E così la Lucrezia Borgia offriva il disavvantaggio che la prima donna non s’incaricava se non die con difficoltà duna parte che la rappresentava come madre del tenore. - Questa inverosimiglianza non esiste punto nel nuovo libretto in cui l’eroina non è più la madre ma l’amante dell’eroe. La scena si linge a Granata, in quella città il di cui nome soltanto risveglia tante poetiche rimembranze. Zoraide, schiava cristiana, divenuta sposa favorita d’Abdallah, re di Granata, ha concepito una violenta passione per un guerriero cristiano, Dahar, il quale è suo cugino; Abdallah scopre i loro amori e li punisce; Zoraide muore di disperazione. Questa Zoraide, giovane, avvenente e virtuosa, tocca ben più il cuore che Lucrezia Borgia, macchiata di delitti e non avente altro uman sentimento che l’amore materno, che non può bastarea far simpatizzare con un carattere sì odioso. Zoraide non ha che un torto, quello cioè d’aver rinegalo il suo Dio, ma nel momento di morire Zoraide si pente e Dio perdona al pentimento. - Tutte le importanti situazioni musicali del libro primitivo sono stale, dicesi, conservate con molta accuratezza dall’autore della Rinegata Epperò il gran finale del primo atto, il bel terzetto de! secondo ed il duetto sì drammatico che dà fine all’opera, sono condotti in una maniera altrettanto naturale e logica.quanto nella Lucrezia Borgia. - La Rinegata avrà a principali interpreti Mario c la Grisi, i quali già, tre anni or sono, produssero grande sensazione nella Lucrezia Borgia, e Ronconi, cui la parte d’Abdallah varrà un trionfo al pari di quello che non ha guari ottenne nella parte di Filippo nella Beatrice di Tenda. In siffatto modo l’ostinazione del sig. Vittor Hugo avrà per risultato d’aumentare vieppiù la fama de! successo che non può mancare al Teatro Italiano; poiché in queste circostanze, la prima rappresentazione della Rinegala ecciterà indubitatamente un interesse più vivo di quello che naturalmente avrebbe promesso la ripresa delia Lucrezia Borgia». — Leggesi nella Revue et Gazette Musicale: -Il secondo concerto del sig. Feliciano David, dato al Teatro Italiano, produsse meno effetto del primo. Tutta la prima parte, composta della sua sinfonia in mi bemolle e di qualche romanza, è stata freddamente accolta; quanto alla seconda parte, composta dal Désert, se essa non ha eccitato lo stesso entusiasmo della prima volta, non vuoisi attribunlo all’opera che tulli trovarono pregevole: ma, al primo concerto, credcvasi che quei dilettevolissimi motivi fossero del sig. Feliciano David, ed orasi sa ch’egli ha il merito grandissimo della riduzione e delrislrumenlazione, ma che i motivi principali sono melodie arabe». — Chopin è di ritorno a Parigi; egli reca una nuova grande sonata e delle variazioni. — Roma. Teatro di Apollo. Lunedì 13 corrente andar dovea in iscena la nuova opera del maestro Vaccai intitolata Virginia, scritta sulle parole di Camillo Giuliani. - Gli interpreti principali n’erano la Malvani, il Musici), Derivis e la Olivieri. (Fama) — Vienna. La Società Filarmonica eseguì nei giorni 22 e 23 di dicembre nel teatro di Corte l’oratorio di Haydn, La Creazione. a beneficio delle vedove e dei pupilli della Società. Come al solito le LL. MM. l’imperatore, l’imperatrice e l’imperatrice madre, le LL. AA. II. l’Arciduca Francesco Carlo colla Serenissima sua consorte l’Arciduchessa Sofia, che onorarono della loro presenza la prima rappresentazione, come pure le LL. AA. II. gli Arciduchi Carlo e Luigi, contribuirono generosamente al filantropico scopo. (Fama) diverse sezioni hanno provato che la Società continua i ad adempiere nobilmente lo scopo che si è proposto. Nel j corso dell’anno passato, la Società ha dato alla luce un j inno ad otto voci: Clemens est Dominus. del sig. I.; I. H. Verhulst, ed una Collectio operum musicorum Batavorum sceculi XIT, redatto dal sig. F. Gommer a i Berlino (di cui già pubblicaronsi due tomi.) Essa ha pure distribuito a’suoi membri due numeri del suo Album, contenente una collezione di produzioni musicali de’ più celebri compositori, ed una esposizione delle sue idee concernenti l’arte de’ suoi progetti, de’ suoi voti e di tritio che può offrirsi di rimarcabile nel circolo de’ suoi lavori. In questa stessa adunanza un quartetto in mi bemolle ha riportato il premio decretalo; l’ottenne il sig. I I. H. Verhulst, ed un premio accessorio, per un quartetto in do, è stato assegnato al sig. Giacomo Francesco Mendes. La Società si occupa ancora d’un progetto per formare i fondi che serviranno a sovvenire ai bisogni d’artisti nell mfortunio. Sono nominati: membro di merito il sig. Giulio Rietz, direttore di musica a Dusseldorf, e membri corrispondenti, i signori, professor C. F. Rungenhagen, direttore dell’accademia di canto a Berlino, cil cavaliere G. V. Wintenfeld a Berlino. - Felice Mendelssohn-Barlholdy che trovasi da non molti giorni in Francoforte sul Meno, ha testé terminata la partizione d’un grande oratorio, la prima esecuzione del quale avrà luogo, sotto la sua direzione, alla Società di Santa Cecilia. (Cecilien Ferein.) DEDICATI A Op. 25. 16109 Fase. I. Fr. 3 90 16H0» II.,4 50 16111. IH.» 4 05 Uniti Fr. 9. ESBiaiLDI A L T lì E C O S E I*1 Pfuss*a continuano le risurrezioni drammatiche. Si mummia presentemente una nuova tragedia greca, I OEdipe à Colonne, di Sofocle. Se ne sta preparando la messa in iscena al teatro reale della Grand Opera i a Berlino. - Quest’opera è stata tradotta in versi tede- ’. schi dal sig. Federico Donner, e Felice Meiidclssohn- |; Barlholdy ne ha composta la musica. - Il celebre poeta Luigi Ticck si sta attivamente occupando delia traduzione tedesca, per lo stesso teatro, del l ’Oreste fa, il trilogia d’Escbilo. che si compone, coin è noto, d’Aga- |! O menane, delle Cheofore c delle Eumenidi. ■ Queste i! (flOH tre tragedie saranno poste in musica dai signori Bene- j dici, Schneider c Muller. r**/ -— Fa Società de Paesi Bassi per l’incoraggiamento i dell’arte musicale si è radunata il 31 agosto 1S44 ad 1 /àv Amsterdam, sotto la presidenza del sig.’dottore Viotto | e del secretano signor dottore Heye. Gli atti delle । «BOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DEI.L’I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PR1VILEG.0 Di GIOVAWI RICORDI Bailo ai GSULId PERROT eseguilo all’I. II. Teatro alla Scala PEZZI SCELTI DANZATI E RAPPRESENTATI dall’esimia signora E DAL SIG. MUSICA DEI SIGNORI BLETTI E Piti*! (Lame délaissée) pev (Sauto cou accotup. 5?iauoptte DI ridotta per Pianoforte solo dal sig. L. Truzzl N. l.Atlo I. Sortila d’Esmeralda e Ballabile.» 2.» li. Passo fra Esmeralda c Gringoire.» 5. «n Esmeralda sorpresa da Frollo nella sua stanza. Scena mimica.» 4. ii III. Gran Passo a due. n 5. h IV.Scena mimica nella camera d’osteria.» 6. i> V. Esmeralda condotta alla morie. Scena mimica. 16974 Fr. 1 50 Parole francesi di C. Delav igne, col facsimile dell’Autore e parole italiane di G. Vitali. ©pere nuove per pianoforte DI DEI CAPULETI E MOXTECCH1 1 <3750 16751 Op. 18. Fr. 4 80 IMPROVVISO Op. 20. Fr. 1 80 CCtta tenete NELLO STABAT d. ROSSI Ni 16749 variata Op. 21. Fr. 4 50 LES PÉCHÉS DU DIABLE Quadrille fantastique pour Pittno SUR DES MOTIFS FAVORIS PAR 16887 Fr. 2. u wmww mu fioser Piano PAR 17101 Fr. 1 — FANTAISIE St&wsr Piano et Violon PAR 16137 Op. 17. Fr. 3 60 GIOVANNI BICORDI editore>pboprietario. Dall I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di Giovanni ISicoicdx Contrada degli Omcnoni N. 1720, e gotto il portico di fianco all’1. R. Teatro alla Scala.