Gazzetta Musicale di Milano, 1845/N. 4
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GAZZETTA MUSICALE ANNO IV. - N. 4. DI MILANO DOMENICA. 2G Gennajo 4 84è>. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica c moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio si intitolerà: Antologia classica musicai.e. COLLABORATORI. M.° Balbi. - Battaglia. - M.° Bellini. - M.° Bercanovich. - Bermani. - Pr. Bigliani. - M.° Boucheron. - Doit. Calvi. - Cambiasi. - Avv. Casamorata. - Cattaneo. - Dott. Liciitenthal. - M.° Manna. - M.° Mayr. - Pr. Mazzucato. - Minoli. - M.° Cav. Pacini. - M.° Perotti. - M.° Picchianti. - M.° Rossi. - Dott. Torelli. - M.° Torrigiani. - Vitali. - Zucoli, ecc., ecc. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e all’Antologia Classica Musicale è di effettive Austr. lire 12 per semestre, ed effettive Austr. lire 14 affrancata di porlo lino ai contini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’IJllìcio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omcnoni nuin. 172(1, e nelle sale sotto il portico di fianco all’I. R. Teatro alla Scala; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Ùnici postali. SOMMARIO. I. Errata-Corrige. - IL Sullo Slato attuale della Musica in Torino. Lettera l.a - 111. Della Canzone considerata dal lato della musica. - IV. Ancora di Feliciano David. - V. Gazzettino settimanale ni Milano. - Vi. Carteggio. Firenze. - VII. Notizie. Vili. Altre cose.-IX. Nuove pubblicazioni musicali. EBBATA-CORK1GE 1. Pregialiss. sig. Estensore. Siami la S. V. cortese per rettificare un errore incorso nella stampa di ciò che scrissi nel N. 1. di cotesla Gazzetta Musicale relativamente alla messa De Requie del maestro Luigi Rossi là dove si dice (ultima linea), essere egli un potente sostegno della caduta musica sacra. Quel caduta invece di cadente, come io dissi, pugnerebbe col potente sostegno che vi è prima; ed inoltre esprimerebbe così ciò ch’io non penso. Nel mentre mi tengo certo ch’ella vorrà compiacermi, me le prolesto con tutta la stima: Torino, 15 gennajo 1845. Devot. Servitore Gualfardo Bercanovicu 2. Nell’articolo intorno alla Farsa La Figlia di Domenico (N. 5. pag. 11, colonna seconda linea 22.) là i dove trovasi della figura del quadro principale, de- | vosi leggere invece della figura principale del quadro. SULLO Sino ATTUALE DELLA MUSICA IN MIAO LETTERA 1." Della Musica Teatrale. All’Estensore della Gazzetta Musicale di Milano Amico Carissimo. a vostra ultima lettera, ve lo confesso, mi ha posto in un fiero imbarazzo. Ch’io v’informi sullo stato attuale della musica in Torino? e che queste informazioni vengano stampate sulla Gazzetta?Davvero è cosa gravissima per un torinese, che V/ / t-j gUj jia * suoj a(jcrcnti c j suoj amici, i quali appunto debbono ò formar parte del tema che mi pro~ ponete.; Ed io ci ho pensato più d’una volta prima di metter mano alla penna per assecondare il vostro desiderio. Considerando quanto ognuno < s’a aVjd° della lode e si risenta del (p ( biasimo che gli vicn dato, massime in pubblico, io andava eos i fra me e me ragionando. Lo stato della musica in Torino è egli attualmente in tutte le sue parti lodevole? No.- Poss’io in coscienza manifestarne solo la parte lodevole, e tacere dell’altra? No. - 0 parlar di tutto, e lodar tutto? peggio. - Ma se sciorino le cose quali sono, od almeno quali a me pajono, non mancheranno i malcontenti che mi accuseranno, quale di non avere abbastanza con lode parlato di lui, quale di averlo ingiustamente biasimato; c scapperanno fuori pur anco quelli, che diranno, ch’io sono un maligno o un invidioso; che ho traveduto, che debbo guardare a’miei difetti prima di censurare gli altrui, c cento altre cose di simil guisa. D’altra parte, qual è la vera e legittima missione della Gazzetta Musicale, e de’suoi collaboratori? - Quella di promovere il progresso dell’arte, mostrando se nella diritta o nella storta via si cammini, e indicando i modi di rettificare i traviamenti. Siffatti pensieri mi giravano per lo capo, e mi tenevano infradduc, se dovessi piuttosto ristarmi dallo scrivere, che seguire la mia missione. Ma nella perfine, considerando che se nelle nostre cose musicali v’ha del cattivo, v’ha pur anco molto del buono, che la critica diretta contro l’artista non dee mai intendersi contro l’uomo, che la critica non vuole esercitarsi su tutte le parti biasimevoli, ma soltanto su quelle suscettive di un’emendazione utile all’arte, c che in ogni caso è stretto dovere di un artista scrittore il migliorare per quanto sta in lui le condizioni dell’arte; considerando tutte queste cose, dico, ho determinato di compiacervi, a costo pure d’incorrere nel biasimo di coloro che vorranno tenere il mio giudizio come erroneo, o mal fondato, o maligno, od invido, o come che sia dal loro lontano, e disparato. Essendo la musica teatrale il ramo più appariscente, da questo incomincierò. E qui di subito io mi sento rivolto verso il palco scenico, ad osservare di qual calibro sieno i cantanti, e com’essi vengano concertati. In Italia, dove i buoni cantanti si vanno facendo ognor più rari, i teatri debbono, relativamente alla qualità di quelli, ogni giorno più scadere; e così appunto avviene in Torino. Egli è vero, che salvo alcuni pochissimi, noi abbiamo avuto, ed abbiamo tuttora i cantanti di maggior grido: ma rarissime volte una compagnia è buona nel suo complesso, meno raramente due cantanti buoni con il rimanente cattivo, spesso buono un solo, c talvolta tutti mediocri, od anche cattivi. Sia però qualunque la loro abilità, egli è certo che si può ricavarne grande partito dalla maniera di concertarli. Che direste voi se vi accadesse di assistere alla rappresentazione di un melodramma, in cui una parte dei movimenti fosse in contrassenso con la musica e con le parole? un’aria sfigurata da una folla di malintesi rallentando ed accelerando, c da inopportune rifioriture? un duetto, nel quale i due cantanti, animati dalla medesima passione, pronunziane le medesime parole, eseguissero un tratto, per esempio, di terze o di seste, prendendo fiato, questo in un punto, quello in un altro? un pezzo concertato, nel quale trovaste fuor di luogo i piano e forte, e le varie inflessioni degli accenti, o peggio, non vi scorgeste (piasi ombra di colorito? nel (piale mancasse l’insieme perchè uno sostiene la nota, l’altro l’abbandona, uno prende fiato, l’altro prosegue con la stessa fiatata; uno lega, l’altro stacca, uno precipita, l’altro si mantiene nel movimento? Al certo direste che il maestro concertatore doveva impedire gli effetti del cattivo gusto, del poco sentire, e dell’ignoranza dei cantanti, illuminandoli con la sua saviezza, e costringendoli al ben fare con la sua autorità. All’incontro, che direte, (piando sappiate che in otto giorni ordinariamente il maestro dee mettere i cantanti in grado di poter provare con l’orchestra? che questi si arrogano il diritto di fissare i movimenti come loro piace? che essi ma io v’intrattengo di cose, che voi sapete meglio di me. - 11 fatto sta che, chiunque ne abbia la colpa, nei teatri di Torino, fuor solamente quando l’opera sia messa in iscena dal proprio autore, e questo sia uomo di polso, i cantanti si diportano ora più ora meno strettamente nel senso in cui vi ho parlato. I nostri Coristi non sono veramente cattivi, ma, vaglia il vero, sono ben lontani dall’esser buoni, specialmente le donne introdotte ne’ nostri teatri da non molti anni. Per poco non v’ha fra i nostri coristi chi da se solo sia in grado di studiare anche in abbozzo la parte sua; sono quasi tutti pretti orecchianti, e non pervengono a sapere discretamente la loro parte se non a forza di prove, nelle quali il povero maestro è obbligato a condurre continuamente con la sua la loro voce. Onde ne conseguita che troppo di frequente essi mancano di quella franchezza che sola può dar vita all’esecuzione; e il loro forte riesce o fiacco o stridulo, il piano ( caso mai si tenti di farlo ) snervato, mal sicura l’intonazione, vacillante la misura. 11 poco effetto dei nostri cori decsi ripetere in gran parte anche dal numero de’coristi, scarso rispetto alla vastità dei teatri, ed alla forza dell’orchestra. Ventiquattro coristi al teatro regio sono pochi, e pochissime dodici coriste. Così è a un dipresso al teatro Carignano, dove sono dodici uomini ed otto donne, e al d’Angennes, dove otto uomini formano in tutto c per tutto il complesso del Coro. Pare tuttavia che i Torinesi abbiano a ripromettersi miglior ventura nell’avvenire, dappoiché nel nuovo contratto d’appalto dei due teatri maggiori è stabilita la formazione di una scuola di canto appositamente per fornire i Teatri di coristi. QueU’aggregato di suonatori, chiamato orchestra, è una specie di macchina tanto migliore in potenza, quanto maggiore è l’abilità dei diversi individui che la compongono. La esplicazione di questa potenza riesce in bene od in male secondochè agiscono varie cause; quali sono: la buona e contempcrata organizzazione dell’orchestra; l’energia c la saviezza del governo di chi l’alimenta; l’influenza immanente del direttore; il genio artistico di ciascun suonatore. La nostra orchestra in potenza è senza dubbio fra le eccellenti, perchè ivi non è un suo
natore cattivo, pochi mediocri, e la massima parte sovranamente buoni. I nostri violini, per (pianto mi venne fatto di osservare nelle molte città d’Italia che ho perCsJ corso, non temono rivali; la prima viola, alcuni violoncelli, e quasi tutti i contrabbassi (il primo dc’quali è forse il miglior contrabbasso d’orchestra, che esista), una parte degli strumenti a fiato di legno, e parecchi fra quelli di ottone possono degnamente collocarsi a lato dei migliori che siano nella nostra Penisola. Nel decorso di questa lettera tenterò di chiarirvi com’ella sia in atto. Noi abbiamo cinque teatri, nei quali si rappresentano, ogni anno, in certe stagioni, opere in musica. Ve li nominerò per ordine della loro vastità c della loro importanza: c sono il Regio, il Carignano, il d’Angcnnes, il Sutera, e il Diurno. Il parlarvi dell’orchestra di ciascuno mi porterebbe a soverchia prolissità: mi limiterò dunque a quella dei tre primi; e voi potrete facilmente estendere sulle altre le mie riflessioni, purché solo sappiate decrescere sotto ogni riguardo il merito dell’orchestra di mano in mano clic il teatro diminuisce di vastità e d’importanza. Il teatro regio è, dopo quello delia Scala di Milano e quello di S. Carlo a Napoli, uno de’ più vasti teatri d’Italia. Comecché io giudichi mal fondato il lamento di taluno che dice essere questo teatro poco sonoro: tuttavia, siccome ho I - già detto de’ cori, il numero degli strumenti d’arco, non ostante l’abilità de’suonatori, non mi pare sufficiente, sì per la vastità del locale, i sì per il contrapposto degli altri strumenti. Quivi j i violini sono 17 compreso il direttore, le viole 4, i violoncelli 5, i contrabbassi 6, in tutti 52; i I quali sono contrapposti a quattro coppie di strumenti a fiato di legno, e a 10 strumenti d’ottone, oltre i timpani, la gran cassa e compagnia. Il difetto si rende vieppiù sensibile al teatro Carignano, dove il numero de’ violini scema di 4, delle viole, dei violoncelli c dei contrabbassi di 2, mentre quello degli strumenti a fiato resta il medesimo. Peggio poi al teatro d’Angcnnes, dove gli strumenti d’arco non giungono a pareggiare in numero gli strumenti a fiato. Oltre questo difetto, havvene un altro nella proporzione delle diverse specie d’istrumcnli d’arco fra loro. Le viole nelle nostre orchestre non solo, ma, se non erro, in tutte le altre d’Italia e d’oltremente sono al più nella proporzione di una contro due violini primi o secondi (1), spesso di una contro tre, e talvolta ancora in proporzione più disparata. Il che, a mio giudizio, reclama una riforma. Passi che le viole fossero poche in confronto de’ violini nella maggior parte delle opere teatrali anteriori alle prime di Rossini. In quei tempi la loro quasi non era che una parte riempitiva, c per lo più esse non facevano altro che raddoppiare il basso. Ma nella musica odierna le viole hanno acquistato un’importanza tale, che è meraviglia come finora non j sia stata al giusto riconosciuta; un’importanza, che pareggia ordinariamente quella dei secondi violini, e che, disconosciuta, fa andar perduta quasi sempre la parte di questi belli strumenti, e toglie al compositore una porzione delle sue risorse. - Quasi altrettanto debbo dire dei violoncelli; i quali, sia per ben collegare i suoni gravi i e potenti dei contrabbassi con quelli degli strumenti acuti, sia per dar rilievo alla melodia che talvolta ad essi viene parzialmente assegnata, sia ancora per dar corpo alla loro massa, quando è sola in azione, dovrebbero essere in maggior numero. - Un ultimo difetto io lo veggo ancora ncll’assegnamento delle parti ai tre tromboni. Qui il trombonista più abile fa la parte più acuta, il meno abile la più grave. Da ciò deriva che la parte più grave degli strumenti d’ottone é sempre la più snervata, e la meno ben eseguita: anzi succede bene spesso ch’essa appena si senta, soffocata com’è dalla franca esecuzione delle altre due, e tanto meno quando tutti gli ottoni I sono in azione. Di quanta importanza sia una (1) AI nostro I. R. Teatro alla Scala abbiamo otto viole a confronto di dodici violini primi, ciocché è nella proporzione di una ad uno e mezzo. {La Redazione) ’ " ’ riforma a quest’oggetto, ognuno può vederselo; il la quale è agevole a farsi col solo scambiar le ’ parti ai suonatori. Ma a proposito dirò di passaggio, non sarcbb’egli buona cosa l’introdurre nelle nostre orchestre un trombone basso, e così avervi due tromboni tenori ed un basso, invece di tre tromboni tenori? Ciò però sia detto sempreché i compositori trattino il trombone basso come trombone d’orchestra, e non come trombone concertante. L’area della nostra orchestra è un parallelogrammo rettangolare, lungo quanto é larga la platea del teatro, e largo quanto basta per capire comodamente, nei teatri Regio c Carignano, quattro persone sedute di fianco l’una all’altra, oltre ad uno spazio vuoto per dare accesso ai posti dei professori addetti all’orchestra; nel d’Angennes quanto basta a capire due persone sedute di fronte, frammezzate da un leggìo. In tutti c tre i teatri il Direttore siede sur uno scaffale alquanto elevato, nel bel mezzo del lato del parallelogrammo clic aderisce alla platea, con la faccia rivolta verso il palco scenico. Nel teatro Regio alla destra del direttore sono collocati i 16 violini in quattro file, due primi, e due secondi per ogni fila, dopo i quali seguono quattro violoncelli, e tre contrabassi, e infilici timpani; in mezzo, quasi dirimpetto al direttore, stanno il! primo violoncello e il primo contrabbasso frammezzati dal maestro al cembalo; poi seguono nelle file a sinistra le viole, oboi e flauti, clarinetti c fagotti, una coppia di corni e ofieleidi, l’altra coppia di corni c due contrabassi, tre tromboni, c poco stante da questi, la banda turca. Negli altri teatri la cosa va a un dipresso su questo fare, salvo la diversità, che induce necessariamente la natura della località, e la quantità degli individui componenti l’orchestra. Avuto riguardo alle esigenze delle località, panni che disposizione migliore di questa non potrebbesi dare alla nostra orchestra. Difatto il direttore con un semplice girar d’occhi può veder tutti i suonatori, i quali tutti, nella stessa maniera possono veder lui; il direttore ha d’intorno a sé il così detto quartetto, la base dell’orchestra; le diverse masse d’istrumcnti d’arco e da fiato di legno e d’ottone trovansi riunite, fuor solamente i violoncelli e i contrabbassi, i quali sono saviamente distribuiti nel centro e nelle due estremità dell’orchestra, sì per mantenerne l’appiombo che dipende principalmente da questi strumenti, sì perché il direttore non sia assordato dal loro frastuono, quando fossero collocati vicino a lui per averli riuniti. In quanto all’effetto acustico che produce, mi pare altresì che tale distribuzione sia molto ben congegnata, perciocché, essendo le masse d’istrumenti disposte successivamente per lo lungo dell’orchestra, la forza dell’ima non è mai soverchiata da quella dell’altra, c l’uditore può coglierle distintamente e pienamente tutte. Un solo inconveniente é per coloro che vi si mettono troppo davvicino, perché allora questi sentiranno troppo fortemente la massa vicina, c poco o nulla le altre, secondochè vanno allontanandosi. Ma questo è inconveniente, a cui diffìcilmente si può ovviare in qualsiasi maniera d’orchestra; se già non torna affatto impossibile l’evitarlo. Discorsa così l’organizzazione delle nostre orchestre, è a dirsi come sieno messe in azione. Ma di ciò in un’altra. Gradite intanto ch’io mi dichiari Di Torino,.... gennajo 1843. Tutto Vostro Luigi Rossi. DELIA CANZONE ASSIDERATA DAL LATO DELLA MUSICA DE LA CHANSON CONSIDÉRÉE SODS LE SEUL RAPPORT MUSICAL. Lu a la Séance publique de la Société libre des beaui-arts. PAU J. ADRIEN DE LAFAGE (Trad. dal francese. - Continuazione e fine.) n Francia, la canzone ha, da un quarto di secolo in poi, preso una foggia più elegante, la quale (parlando sempre musicalmente) le ha fatto perdere parte del di lei incanto: non si riscontra più in essa l’antica semplicità: a’ giorni nostri ella rassomiglia ad una villanella, conciata a festa con abiti di città, cui, inceppate le mosse, é sparita ogni grazia e leggerezza propria. D’altronde molli capi speciali andarono perduti, e precisamente quelle arie si piacevoli per la loro forma ben marcata, vale a dire, per la loro snella andatura, per il loro carattere semplice e deciso. Ali! che quegli antichi monumenti della giovialità francese | pili non esistono se non che nella ricordanza di alcuni provinciali. Si sono messe da un canto le antiche strofe con ritornelli, e non si sa oggigiorno dar segno di maggior riprovazione per | una data composizione musicale che coll’accu- ■ sarla di sentire il Flonflon; eppure! quanti antichi Flonflons avuti a sdegno ed in obblio i erano arie studiate molto più che non si pensi, in cui, come nei versi dei grandi poeti, l’arte destramente veniva celata per dare a tutta la composizione l’apparenza del facile e dello spon- i tanco!... Non cadrà mai in mente ad un musicista di dichiararsi difensore deliberato del Flonflon e 1 tale certamente non è il pensici’ mio, ma egli è duopo rendersi conto di tutto; per cui si può dare una spiegazione del Flonflon senza prò- [ porre con ciò di rimetterlo in vigore. Osserviamo pertanto che i Flonflons, i Farelaridadondaine3 j’ le Turelure, le Lontani ad ari rei te, considerate j. nel loro vero punto di vista, non erano già così ridicola cosa, come qualcuno potrebbe crederlo I oggigiorno. Tali forinole non sono altro che onomatopejc (1) rappresentanti il suono degli istrumenti: esse servivano egregiamente a contraddistinguere l’istante in cui la musica prendeva in un modo assoluto il vantaggio sopra le parole, a segnalare il momento in cui la poesia lasciava alla musica la cura di far comprendere ciò che ella stessa ricusava di esprimere, allorquando nel trasporto di una eccessiva gajezza e dell’entusiasmo, o pur anco per bisogno d’azinne, ella aveva l’opportuno accorgimento di lasciare in piena libertà la sua rivale. In fatti la musica solo poteva provocare all’istante non già la danza incivilita, in cui più non si balla, tanto meno poi quella danza misurata a rigore di scuola, e pagata tanto all’anno, e tanto per ogni qual volta uno balla, bensì quei passi animati, quegli allegri scambietti, quei giri mossi da liete voci in coro, c tutte quelle figure, e quegli atteggiamenti non istudiati, ma ispirati dalla natura, graziosi, svariati, pittoreschi, corn’ella. In conferma di quanto sopra basterà una prova, la quale si è, che, in certi casi, la musica può ricorrere al Flonflon, trattandosi anche di composizioni di primo ordine. Un esempio felicissimo riscontrasi nel tanto dilettevole Matrimonio segreto, una delle più belle opere dell’illustre Cimarosa. Nel secondo atto, dopo la burlesca contestazione che forma la prima metà del bellissimo duetto dei due bassi, i personaggi venuti alla fine d’accordo, esprimono con una mutazione di movimento la loro scambievole soddisfazione: poscia, più non trovando parole bastantemente efficaci a ritrarre la matta gioja da cui sono compresi, eglino si dispongono a cantare ed a ballare sopra semplici sillabe; ed allora la musica, senza l’intermediario delle parole, prendesi il carico di trasfondere nell’animo degli spettatori l’immagine di una gioja, di una ebbrezza, • —
^i ima esultazione portata al grado di delirio. Si potrebbero eitare molti altri esempi cavali WJÌa dall’antico, come dal nuovo repertorio (2). vtR Inoltre vi hanno delle canzoni, in cui vcrawJj mente distinguesi il tipo musicale di un popolo: in esse più che in tutt’altra composizione riflettesi la fisonomia degli individui: dal confronto delle canzoni de’ diversi paesi c della varietà delle loro forme si potrebbero trarre opportune induzioni sull’influenza che il clima c le vicende politiche esercitano sul genio musicale degli abitanti del globo, ed investigare nello stesso tempo, come la musica, alla sua volta, reagisca sul gusto, sui costumi, c sul carattere di ciascheduno di essi. Nel rapporto musicale, mero ed unico, il compositore studia accuratamente in ciascheduna contrada le canzoni indigene: egli distingue in esse, ora un carattere originale di tonalità (5),o di ritmo, ora una maniera particolare di fraseggiaraento, ora, infine, una singolarità qualsiasi di composizione; ed a ciascuna di esse particolarità egli vi attacca il più grande interesse. Per altro egli non è già il solo, a cui le canzoni riescano gradite: siffatto genere di composizioni è tanto più atto a toccare il cuore, in (pianto che per l’ordinario è breve e conciso; nel passare ch’ci fa per la bocca di coloro, i (piali non sanno un’ette di musica, poco o nulla ei perde del proprio valore: poiché, siccome si è notato poc’anzi, egli appartiene essenzialmente al popolo, a cui riesce di sollazzo, e di distrazione nelle penose durale fatiche: nei villaggi egli eccita le danze e bene spesso si confonde con le medesime senza che in tal caso si possa con precisione stabilire, se la musica sia stata composta per la danza, o, veramente, la danza perla musica; poiché i movimenti misurati della prima sembrano essere, siccome i suoni melodiosamente prolungati della seconda, una specie di necessità posta dalla natura nel cuore della gioventù. Notisi bene che quivi si è dato il nome di canzoni nazionali ad ogni componimento poeticomusicale, particolare ad un popolo, c non già solo alle canzoni patriottiche che sono nazionali per eccellenza. Nel fare a quest’ultime l’applicazione dei principj stabiliti finora, diverrà maggiore il grado d’evidenza, ed a ciascheduna novella osservazione sarà avvalorala l’idea, che si deve avere sull’importanza della musica nelle canzoni. LTno squarcio di musica, che sia stato tanto felice da vestire un carattere veramente patriottico, non ha più altrimenti bisogno della poesia per muovere l’entusiasmo: se ne potrebbe citare una quantità di esempi... Prescindendo da tutto ciò, che riguarda l’antichità, basta il rammentarsi clic nel corso di più secoli, la canzone di Rolland, guidò alla vittoria i campioni della patria, ed insegnò loro, come si affrontino i pericoli c la morte. In un’epoca più vicina, c dietro risultati diversi, noi vedremo soldati svizzeri prorompere in dirotto pianto tosto ch’e’ sentono intonare il Ranz delle loro montagne, c disertare a stormi, al suono di quelle j incantevoli ed innocenti melodie, che risvegliaI vano entro ai loro cuori commossi la memoria i dei parenti, degli amici e de’ lieti anni della prima gioventù. In altri tempi, gli Scozzesi, battuti a Quebec, fanno istanza di riavere le loro cornamuse, c contemporaneamente ch’elleno presero a suonare un’aria nazionale, eglino si dispongono bravamente in retroguardia. Volete voi esempi di più fresca data? Richiamate alla memoria l’emozione, che provarono gli antichi servitori del re, allorquando al ritorno dei Borboni, eglino intesero la loro aria favorita, la vecI chia aria caratteristica di Vive Henri IV. Note «lei Traeiwttore» (1) Parola tratta dal Greco, e vuol dire formazione o fingimento di un nome tolto dal suono imitante quello della natura medesima della Ìcosa che vuoisi esprimere, come per esempio la voce tricche-tracche, dal remore che fa chi cammina in zoccoli, la parola bombarda perchè rimbomba ccc., ecc. Musicalmente parlando, si chiama Onomatopéja l’imitazione fisica del suono gwg— = degli strumenti per parte di una voce cantante, come è il caso quivi notato dal signor De-Lafage; o l’imitazione fìsica, materiale e servile de’suoni e romori, che la natura produce da sé medesima sotto diverse condizioni e con clementi suoi proprj, come il canto c le strida degli animali, c l’azione più o meno intensiva dell’aria mossa d’attorno ad un corpo che presenti una sensibile resistenza; o per ultimo, l’imitazione esatta del movimento, regolare ed ordinato tal (piale riscontrasi in natura, come, il galoppar dei cavalli (così Cimarosa nel Matrimonio segreto), il dimenar della culla, ed il placido vogare della barchetta. Quest’ultima imitazione però, benché altro non sia se non che la riproduzione, nell’ordine materiale della sua azione, del ritmo muto della natura fatta dal ritmo sonoro della musica, pure, per una tal quale proprietà di colorito inerente al ritmo istcsso, cessa di appartenere onninamente alla parte fìsica di essa imitazione, partecipando alcun po’ della parte sentimentale, la (piale distrugge così in qualche modo, i principj radicali della Onomatopéja. Di queste due imitazioni, della fisica, cioè, e della sentimentale, crederei pregio dell’opera tener discorso in apposito articolo, giacché panni richiederlo la condizione trascendentale, in cui vuoisi porre oggigiorno l’arte dei suoni, cet art le plus essentiellement libre de tous. Così il signor Berlioz, nel suo articolo sopra il concerto del sig. Felicitino David. (Feuilleton du Journal des Débats du Ih décembre 184-4). (2) Fra gli esempi clic sono riscontrabili nel nuovo repertorio, si osservi il coro d’introduzione nella Sonnambula di Bellini in cui una. parte di esso vien cantato sopra la sillaba la... (5) Per carattere di tonalità intendasi la forma particolare della scala costituita da intervalli caratteristici, c basala sopra corde essenziali sue proprie. «In venti maniere circa, (così il sig. Fetis, Résumé Philosophique de l’JIistoire de la Musique), la forma della scala variò di mano in mano, e l’effetto di ciascheduna di esse è stato di procurare alla musica un particolare valore, e di far nascere dalla stessa certe impressioni, che non avrebbero potuto essere il risultamento di alcun’altra scala. Con un dato sistema di tonalità, l’armonia non solamente è possibile, ella è una necessità; un altro dato non abbraccia che la melodia, ed essa melodia non può essere che di una data specie. L’uno produce naturalmente la musica calma c religiosa; l’altro, l’espressiva e la passionata. L’uno mette i suoni a distanze eguali, c per la loro estensione facilmente percettibili; nell’altro, le distanze sono irrazionali e smisuratamente approssimate. Per ultimo, l’uno è essenzialmente monotono, cioè, di un sol tono; nell’altro, con facilità viene stabilito il j passaggio da un tono all’altro, c la modulazione j lassi inerente». Si deduce da quanto sopra che l’universale accettazione di un sistema unico di tonalità, non che la sua perpetua conservazione | può esser tenuta, siccome un’assoluta impossibilità del progresso dell’arte. «Con tutto ciò (così lo stesso Fetis nell’opera precitata) e per quanto si faccia, non si arriverà mai a dare un carattere veramente religioso alla musica senza la tonalità severa, e senza l’armonia consonante del canto fermo: non si potrà mai caldamente esprimere le passioni di un dramma, che con una tonalità suscettibile di svariate modulazioni, come quella che appartiene alla musica moderna; infine, non patrassi mai formare accento più lan-: guido, tenero, molle ed effeminato di quello che sanno ritrarre dalla loro scala divisa in tanti piccoli intervalli gli abitanti della Persia c dell’Arabia, o gli Indiani dalla loro tonalità stabilita sopra una quantità d’intervalli ineguali». Per carattere di tonalità intendasi altresì l’uso particolare di una data specie di terza maggiore, o minore che ha luogo sulla tonica, ne determina i il modo, ed imprime un carattere speciale! alla musica delle canzoni. Sopra di che avvi cosa degna d’essere notata, ed è lo scorgere: che si è fatto c si fa continuamente, come presso tutti i popoli antichi e moderni, la maggior parte delle canzoni veramente popolari, note, per così dire, e cantate all’aria aperta dei campi, abbia per base il modo minore, nella rispettiva tonalità, il 1 quale debolmente temprato, pare, corrisponda in certa guisa alla naturale condizione di voluttuosa mestizia in cui trovasi l’animo nostro in istato di calma, siccome pare, che, in suo flebil accento, ci riveli l’universale languore degli umani spiriti, sopraffatti dalla contemplazione della trascendente, immensa natura, c dalla considerazione di noi stessi c del nostro essere comune... Pier-Angelo Mi.xoli. ANCORA DI FECICIANO DAVID cggiamo nel Ménestrel: «Ora che oQ nessuno più niega che Felidano ^j^David sia un uomo di talento, ora ^che mercè una riproduzione della sua Ode-Sinfonia i giudizj bau po5Ç" luto calmarsi, riflettere e maturarsi quanto conveniva, la critica deve riprendere i suoi drilli. Non trai tasi adesso più di lanciare delle grida d’entusiasmo nè d’intonare iperbolici osanna; fa d’uopo dire il perchè della nostra ammirazione, fa d’uopo vedere se David si merita tutti gli eccessivi elogi prodigatigli, fa d’uopo in una parola, pesare, discutere, analizzare tranquillamente il valore delle sue composizioni. Anzi tutto, è giustizia che Feliciano David renda una parte della sua gloria al compositore da cui direi lamente procede, e dal (piale, diremmo (piasi, egli ebbe esistenza; cioè a Berlioz, il creatore del genere pittoresco, non come lo si intendeva scssant’anni fa, ma (piale lo si pratica a’ nostri di. Ma se la cosa è in questi termini, coni’ è egli mai che al primissimo esporsi David abbia ottennio un successo più sicuro e meno contrastato, che, dopo (ante e lunghe lotte, non ha ancora potuto ottenere l’autore di Harold, della Sinfonia Fantastica e di Romeo? - Egli è perchè David seppe con fina sagacité profittare delle cadute del suo predecessore, perchè attingendo alla scuola di Berlioz la sua forma espressiva e pittoresca, introducendo nella sua musica dc’brani di sola orchestra, dei cori, de’soli, ed anche de’versi declamati, cose che lutte Berlioz aveva praticato da lungo tempo nel Melologo, nella Sinfonia di Romeo e Giulietta, ccc.; l’autore del Désert non ha osato arrischiare alcuna delle eccentricità che avidamente ricerca il genio ardito c arrischiante del suo antecessore, eccentricità che furono spesse fiate per codesto uno scoglio, ma alle quali pure egli dovè le ispirazioni più sublimi e raggianti. Ecco donde proviene la differenza di fortuna tra l’uno e l’altro: la poesia di Berlioz è or brillante ed or oscura, sempre possente ed elevata; quella di David è più unita, più costantemente accessibile, ma non oltrepassa giammai una certa altezza; insomma, per riepilogare il nostro sentimento con una comparazione di circostanza, David è a Berlioz corno Ponsard a Victor Hugo. Ora, esaminiamo la maniera di David in sè stessa, astrazion fatta da qualsiasi parallelo. Certo che non lo si può tacciare di volgarità; eppure il suo armonizzare, la sua istrumcntazione nulla olirono di nuovo, nulla d’inatteso; della sua melodia non possiamo dir parola, poiché quasi tutti i temi della sua Ode-Sinfonia non sono che cantilene arabe, da lui raffazzonate c lavorate. Rimane il pregio dell’estrema chiarezza, che risiede principalmente nella semplicità dei i mezzi impiegati dall’autore. - Vuol egli scrivere un coro? Tutte le sue voci partono ed arrcstansi simultaneamente, camminano sovente all’unisono, oppure si dividono in accordi di nota contro nota; F istrumcntazione pure è semplicissima; ben di rado un pensiero accessorio viene a distrarre dal pensiero principale; ed è perciò che alla prima udizione della musica di David, si vede tutto, si comprende tutto, c l’insieme c le parti; le sue idee non hanno grande larghezza; son nette, ma brevi: e s’egli vuole fermarvisi sopra per qualche tempo, anzi che svilupparle, si può asserire che le ripete. Il Deserto offre tutti i vari taggi e svantaggi d’un siffatto metodo; non è un quadro vasto; è una serie di piccoli medaglioni tutti contornati e stretti da una sola cornice; i vantaggi son di già conosciuti: ne abbiamo potuto apprezzare le conseguenze prodigiose; sugli svantaggi il solo avvenire potrà mostrarci se sieno della gravità clic noi supponiamo. È nostra opinione che in fatto di musica strumentale non sia cosa essenziale che l’uditore comprenda troppo presto e troppo completamente, poiché la composizione che lo avrà deliziato dapprincipio potrà sembrargli vuota c nulla nell’intenderla una seconda volta se nulla di nuovo gli resta in essa a scoprire: al contrario, un componimento in cui la chiarezza risulti, per così dire, da un complesso armonico, guadagnerà quanto più sarà inteso, mercè gl’innumerabili tesori che rinchiude e dei quali, anche a’ più sperimentati, non è dato che tardi di penetrare le misteriose bellezze. Concludiamo da quanto s’è detto che Felicitino David è, come si notò da principio, un uomo di mollo talento; ma che troppo presto si volle fare la sua apoteosi, e che la stampa periodica fu colpevolmente esagerata nel sacrificargli tutti gli altri compositori, a rischio di provocare contro lui una reazione pericolosa, o, peggio ancora, di soffocare ogni progresso tra nuvole d’incenso. Egli è da lusingarsi, tuttavia, che l’avvedutezza e la modestia di Feliciano David sapranno salvarlo da tale dannosa ebbrezza». GA2ZETTIÏTO SETÏIMA1TÀLE 1*1 HIII.ANO -o-îxmg-o— Jcri sera alla Scala la prima rappresentazione dell’opera nuova del maestro Battista, llosvina de la Foresi, eseguitasi dai conjugi Poggi, e da Colini. — La Vestale, mutilata sensibilmente e ridotta in due atti, affrontò il giudizio del pubblico una seconda sera. Fu disgraziata come alla prima Le s’imputano colpe che forse non ha. Si condanna il fragore della musica, quando delle ultime opere di Merendante (dal Giuramento in poi) è la più quieta. E musica che dovrebbe esser meglio da noi giudicata; ma a ciò ottenere, converrebbe che l’esecuzione fosse almeno sopportabile. Qui, tranne qualche brano trattatovi con bella larghezza di modi dall’egregia signora Marini, il rimanente dell’esecuzione era assolutamente cosa da far pietà. — I giornali francesi, lutti di comune accordo ne danno la notizia del succès éclatant, grand et légitime della Semiramide alla Scala c della signora Michel nel ròle tanto périlleux della protagonista (!!!). - Leggansi, in proposito di tali notizie sì fedelmente genuine, il Débals, la France Musicale, ed altri. — Al Teatro Re attendes! Linda di Chamounix al più presto. condonarla alla circostanza ben nota, che all’impresario Lanari è convenuto improntare all’improvviso lo spettacolo, non essendogli stalo concesso il teatro che pochi dì prima del giorno della obbligata apertura. Del resto, intorno al inerito della musica parleremo distesamente in seguilo. E in Firenze l’esimio pianista Golinelli. Giovedì mattina si produrrà pubblicamente in un concerto. Intanto egli ha riscossi sinceri e meritali applausi in tutte le particolari società, ed in uno dei privali trattenimenti della Società Filarmonica, in cui si è fallo sentire. Domani mallina debbono eseguirsi alla medesima Società filarmonica i tre cori di Rossini intitolali Fede, Speranza c Carità. {Vedasi più sotto la data di Firenze’). NOTIZIE — Barcellona. Venne non ha guari qui data una nuova opera Ernesto duca di Scilla. Ne è autore un giovine Catalano. L’opera non ebbe felice successo. — Bordò. L’inaugurazione della nuova sala da concerto doveva aver luogo il 18 corrente. Questa sala è, a quanto affermano i giornali francesi, la più bella che esista in Europa in questo genere. — Firenze. 20 gennajo. - Jeri sera in uno dogli esercizi privati della società filarmonica si eseguirono benissimo i tre cori di Rossini. La Speranza e la Carità fu forza replicarli. L’ultimo destò entusiasmo. (Da Lettera) — Kassel. Il primo gennajo venne quivi eseguita per la prima volta la nuova opera di Spohr Die Ereuzfahrer (1 Crociati) con splendido successo. Quest’opera è tolta dal dramma di Kotzebue dallo stesso titolo. Ogni pezzo venne vivamente applaudito, e alla fine il compositore due volte chiamato fra le più strepitose acclamazioni. — Londra. Il maestro Benedici darà un gran concerto il 6 febbrajo prossimo. — Napoli. Il celebre arpista Parish-Alvars, giunto non ha guari in questa capitale, si fece già più volte sentire in pubblici e privati concerti, e dappertutto fu accolto con entusiasmo. Il 10 corrente diede un concerto nella sala del Monte Olivelo che gli valse strepitose acclamazioni ad ogni pezzo. Una fantasia sulla Lucia di Lammermoor. uno studio ad imitazione del mandolino, ed un Notturno in suoni armonici fecero grande impressione. (Da lettera) — Parigi. Il duca di Montpensier ha di buon grado accettato la dedica della sinfonia le Désert del sig. Feliciano David, e diresse all’autore una lettera piena di entusiasmo. — Le LL. AA. RR. i principi fecero rimettere al sig. Feliciano David, dopo il suo concerto, un bel presente accompagnato da una lettera la più lusinghiera. — Domenica 42 gennajo doveva aver luogo la prima matinée della Società dei concerti al Conservatorio. — Il Teatro Italiano sta per far eseguire di nuovo lo Slabat di Rossini. La signora Eugenia Garcia è stala espressamente impegnala per cantarlo con Mario, Ronconi e la signora Grisi. — Lo Slabat deve già all’ora in cui parliamo essere stato eseguito anche all’Opéra, dove anzi doveva essere susseguilo da un grande galop (!) — Il signor De Bériot è arrivato a Parigi. — Roma. Al teatro di Apollo andò in iscena la nuova opera Virginia del sig. maestro Vaccai, private lettere ci attestano mirabilia dell’esito. Lodasi in ispecial modo in questa musica un ritorno verso la purezza della vera scuola italiana. — Vienna. Alfredo Jaell, il giovanetto pianista, diede il suo secondo concerto il 12 corrente. Egli suonò opere di Thalberg, Dohler, Mayer con molta sicurezza - Jaell, che conta appena undici anni, possiede, a quel che pare, una memoria straordinaria: egli sa suonare a mente, ci dicono, circa cento ottanta pezzi! — Il maestro di Cappella dell Opera di Corte sig. Ottone Nicolai ha testé terminata la sua nuova messa, ch’egli destina all’I. R. Cappella di Corte. La stessa è scritta per 4 voci e coro con accompagnamento d’orchestra. I — Il noto violinista e compositore Carlo Eckert di 1 Berlino ha ricevuto a Roma dall’Accademia di Santa Ce| cilia, che già lo ha nominato a proprio membro nell’anno scorso, il titolo di professore ed una gran medaglia in ricognizione de’ suoi meriti nell’arte musicale. — Il signor Giuseppe Strauss, maestro di Cappella di Corte del Gran Duca di Baden in Carlsruhe, venne nominato membro onorario dell’Accademia dei maestri professori di musica di santa Cecilia in Roma. — La signora Cinti-Damoreau è partita giorni sono per Lione. L’illustre cantante, darà sul Gran Teatro di quella città alcune rappresentazioni; quindi ella ritornerà a Parigi. — La seconda settimana dell’anno a Parigi è slata feconda di processi, ne’ quali il teatro e la musica si trova1 vano interessati. Da una parte, il sig. Leone Pillet, direttore dell’Opéra domandava al Constitutionnel l’inscrizione duna lettera in risposta ad un articolo di quel giornale poco favorevole alla situazione della sua impresa. 11 tribunale di prima istanza si è pronunciato per il direttore ed ha ordinato che la lettera fosse inserita. - Dall’altra parte essendo insorta una contestazione tra il sig. Vate!, direttore del Teatro Italiano, ed i signori Feliciano David, Augusto Colin ed altri, a proposilo dell’esecuzione della sinfonia intitolata le Désert, il tribunale di commercio si è pure dichiarato in favore del direttore, | mediante l’offerta da lui fatta di pagare a Feliciano David la somma di 500 franchi per ogni esecuzione della sua sinfonia. MUOVE PUBBLICAZIONI HUSICALI DELL’I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIV1LEG.0 DI GIOVARMI RICORDI DEUX MORCEAUX DE SALON N. 1 Ave Maria. - N. 2 Toujours heureux pour Piano et Violon, concertant COMPOSÉS PAR 4L 16154 Op. 16. Fr. 6 — DUETTO! CONCERTANTE PER DIE FLAUTI COMPOSTO DA 16065 Op. 50. Fr. 7 — 10. GRAND SOLO pour la Fiate avec accomp. de Plano PAR W gna CARTEGGIO PARTICOLARE Firenze 18 gennajo 1845. La sera di sabato 11 del corrente ebbe luogo nel Teatro del Cocomero un’accademia vocale e {strumentale, che la famigerata cantante signora Schoberlechner delle a vantaggio delle vitiime delle ultime inondazioni. L’esimia artista seppe mostrarsi sempre eguale alla sua fama. A lei si associarono nell’opera bella e con lei divisero la lode mol i distinti artisti, tra i quali primeggiarono a buon conio il violinista sig. Corazzi, il professore di flauto sig. Ciardi, ed il maestro DeiBianco, suonando la fisarmonica..Ieri sera andò in scena al Teatro della Pergola l’opera di Verdi intitolata / due Foscari. L’esito, abbcnchè in complesso non tale (piale forse avrebbe potuto desiderarsi, fu piuttosto felice, abbrucile felicissima nell’insieme non fosse la esecuzione Pure la Borlolotli ed il Badiali meritarono sinceri applausi come attori e come cantanti. Il complesso accusa una certa meschinità di mezzi di esecuzione, che se non dovrebbe esser sofferta nel primo nostro teatro, convien ALTRE COSE — Bazzini, il rinomato violinista, prosegue le sue peregrinazioni artistiche in Germania, acquistandosi ovunque grandi applausi. - A Magdeburgo diede sette concerti, 5 dei quali in teatro, il quale fu si affollato che le signore invasero l’orchestra ed il palco scenico, di maniera che non c’era quasi più posto per suonare. A Halle diede pure tre concerti affollatissimi. - A Lipsia suonò quattro volte al Gewandhaus e in teatro. Due volte eseguì coi signori Ernst, David e Joachim il concertante per quattro violini di Maurer, che destò entu- j i siasmo. - A Chemnity diede quattro concerti; al primo; non assisteva che Vélite della società; al secondo eranvi 500 persone, al terzo ed al quarto più di mille. - Bazzini trovasi ora a Magdeburgo: fra breve sarà a Milano (1). (Da Lettera} — Si sta ora traducendo in inglese l’opera la Reine de Chypre. — madamigella Jenny Lind, che conseguì così bril- l lanti successi al suo esordire a Berlino nella parte di Norma, è nata a Stocohna. Ella aveva studiato un anno a Parigi, poi soscritto un contratto per Stocolma, allorché Meyerbeer, che l’aveva sentita a Parigi, le volle j affidare una parte nel suo Prophète. (t) Di Bazzini pubblicherà il Ricordi quanto pri- I ma diversi pezzi. 16775 Op. 92. Fr. 6 — fantasia e bariajioni per Flauto con accomp. <11 Pianoforte sopra un tema della MUTA DI PORTICI COMPOSTE DA Mi W 16771 Op. 20. Fr. 6 — GIOVANNI RICORDI LDITORE-I’ROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di Giovanni Rifornì Contrada degli Omcnoni N. 1720, e «otto il portico di fianco all’I. R. Teatro alla Scala.