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cor(le ’n unisono. Per ottenere F ottavo, si adopera un pedale, il quale, facendo scorrere lateralmente la tastiera da dritta a sinistra, trac il martello al punto voluto per battere le cinque corde simultaneamente. 1 signori Boisselot hanno; ° preveduto il caso in cui non si volesse produrre l’ottava che in una parte sola della tastiera, sia nell’alta o nella bassa. A questo effetto la barra di martelli si trova divisa in due parti, ciascuna; delle quali vicn mutata da un pedale particolare. Se questa disposizione presenta dei vantaggi in certi casi, essa però in alcuni altri offre degli i inconvenienti; perchè può avvenire che un passo in ottave oltrepassi il limite della divisione di cui noi parliamo. D’altronde la molliplieità dei pedali diventa un imbarazzo per l’esecutore. Il secondo sistema consiste, come l’abbiamo di già detto, nell’impiego delle leve oblique c quivi F ottava si ottiene col numero ordinario delle corde. Verso il centro di ciaschedun tasto si trova collocata una di queste leve, che vico messa in movimento mediante F impulso del tasto medesimo col mezzo d’un piccolo uncinetto infìsso in esso, e che corrisponde colla sua estremità al martello di un altro tasto in ottava. Così, percuotendo un solo tasto, due martelli battono simultaneamente le due note. Quale dei due sistemi merita di esser preferito? Noi non esitiamo punto a dichiararci pel secondo; primieramente perchè egli non richiede aumento di corde, di cui F eccessiva tensione potrebbe esser nociva alla solidità dell’istrumento, e poi per la ragione seguente: Lo strumento venendo più di frequente adoperato nel suo stato naturale, vale a dire senza l’impiego del pedale di ottave, il martello, che si logora più presto dalla parte dov’egli non batte che le tre corde, perderà, dopo un certo tempo, l’eguaglianza primitiva per l’attacco simultaneo delle cinque corde. E ben vero che questo inconveniente non si renderà sensibile che dopo un lungo uso dello strumento; ma è! però sempre un inconveniente che non esiste nel sistema delle leve. Del resto, affrettiamoci di dirlo, i due sistemi furono eseguiti con quella; precisione che distingue tutti i pianoforti dei signori Boisselot.! Finora non si è parlato che di una sola ot। fava prodotta dal medesimo movimento. Il sistema delle leve va più lungi: egli può produrne due, vale a dire, la leva essendo doppia ed operando da due lati, può far risuonare insieme alla nota del tasto che si percuote anche la nota dell’ottava inferiore e dell’ottava stipe- 1 riore. Non basta ancora: i due sistemi possono riunirsi nello stesso istrumento, in modo che con un dito solo toccando un solo tasto si fanno suonare quindici corde in una volta! Si giudi- i chi ora delle masse sonore che devono sortire da un pianoforte così costrutto, quando F esecutore ne prodiga gli accordi a piene mani. Perocché un accordo di quattro note fa vibrare! sessanta corde; se voi lo raddoppiate coll’altra, mano ne otterrete i suoni simultanei di cento ’ venti corde. È una cosa da produrre le vertigini nell’uditore. Un pianoforte a coda, riunente i due sistemi, j era destinato a formar parte dell’esposizione, [ ma non fu terminato a tempo; noi però abbia- j mo veduto il modello stabilito su questa coni-! binazione, e che agisce perfettamente. Avanti di partirci da questa invenzione, diciamo alcune parole a coloro che vorrebbero disputarla ai signori Boisselot. Può esser possibile che questi abili fabbricatori abbiano attinta la loro idea negli antichi clavicembali, da’quali, come si sa, si otteneva F ottava con un solo dito per F accoppiamento dei tasti delle due tastiere; po- i Irebbero ancora essi avere avuto conoscenza del-, l’esperimento d’un celebre fabbricatore alemanno [ il quale, nel 1824, produsse un pianoforte sul, quale si faceva sentire F ottava con un solo tasto; ma il procedimento è forse lo stesso? Ecco I dove sta la questione. Q Pare a noi che il modo del procedere dei si- j gnori Boisselot, c particolarmente la maniera j colla quale essi hanno combinato i diversi mec- j canismi, loro appartenga. Non ostante, se tut- j tavia si volesse privarli di questo merito, po- j Iranno essi ben facilmente confortarsi, chè F al- | SgW

tra scoperta, della quale noi ora parleremo, non potrà esser loro contrastata; ed essendo essa, a nostro giudizio, molto superiore e da preferirsi da tutti i veri amici dell’arte. Una invenzione che dà al pianoforte delle qualità cantanti, dell’incantesimo, della grazia, vale ben più che que’ procedimenti i quali, aumentandone la forza sonora, col soccorso del raddoppiamento delle ottave, porgono facilmente occasione agli abusi e possono divenire, sotto delle mani troppo focose, mezzi di rumore e di strepito di già troppo frequente nell’esecuzione sui pianoforti ordinarli. Eccoci a parlare del pianoforte dei suoni sostenuti a piacimento. Come si è veduto più sopra, non si tratta quivi dei mezzi atti a prolungare il suono delle corde al di là delle loro vibrazioni naturali prodotte dal colpo del martello, quali sono F impiego dell’aria o di una specie d’archetto, come fu più volte applicato al pianoforte, ma che ne travisa intieramente il suo carattere. Trattasi solamente di lasciar vibrare, a volontà del pianista, ciascuna nota levandone separatamente il suo smorzalojo, mentre che nei pianoforti comuni, tutti gli smorzato] levandosi unitamente, le corde che si percuotono continuano a vibrare indistintamente. Questo risultato i signori Boisselot lo hanno ottenuto mediante il seguente procedimento: Un pedale particolare fa agire una leva a scappamento, che solleva lo smorzalojo c lo tiene in questa posizione col soccorso d’un contropeso. Lo smorzatolo rimane in tal modo sollevato finché si tiene il piede sul pedale, senza che vi sia bisogno di tenere il dito sul tasto. Questo conserva tutta la sua indipendenza e può essere nuovamente percosso mentre il pedale sostiene lo smorzatojo. Dcvesi rimarcare che il pedale agisce sopra uno o più tasti, secondo la volontà dell’esecutore. Nel vedere questo meccanismo tanto semplice, sorprende come l’idea non sia venuta ad alcuno e che un simile istrumento non sia stato fatto più presto. Questa preziosa- invenzione, quando si sarà estesa, eserciterà una grande influenza sul modo di scrivere per F istrumento favorito de’ nostri giorni. Si può concepire quale varietà di nuovi effetti i compositori ed i pianisti improvvisatori potranno oggimai ottenere. Il canto, in luogo di confondersi e d’imbrogliarsi colle note che lo circondano, si farà sentir chiaro e distinto, e si crederà soventi volte di sentire un pezzo eseguito da due artisti sopra due pianoforti differenti. Parleremo noi degli altri pianoforti, esposti dagli stessi fabbricatori? del pianoforte in ebano, intarsiato di madrcperla e di corallo, istrumento di lusso degno di attrarre gli sguardi dei passanti? d’un pianoforte diritto, più piccolo, meno ricco, ma d’ima non meno strepitosa sonorità? d’un pianoforte a coda col meccanismo ordinario, e dei pianoforti quadrati, che hanno preso successivamente il loro posto al palazzo dell’industria? Noi li passeremo sotto silenzio perchè qualunque sieno le loro qualità, essi sono ecclissati dai due nuovi pianoforti, de’ quali abbiamo discorso. Questi due slromcnti formano, a mio credere, la vera esposizione dei signori Boisselot. Essi hanno riunito i suffragi di artisti tali quali sono Thalberg, Liszt e Dòìiler; cosa potremmo noi aggiungere ad elogi tanto lusinghieri che validi? G. E. Anders. GAZZETTIHO SEÏTIMA1TALS DI MILANO — Alla Scala jeri sera la prima rappresentazione della Vestale di Merendante colla Marini: malissimo. — L’opera nuova di Battista, Ilosvina, è già avanzata nelle prove; e sperasi di vederla entro la settimana. La sorte di questa deciderà delle disposizioni venture. — Al teatro Re, la farsa La Figlia di Domenico d’anonimo compositore ebbe esito fortunatissimo (vedasi più sopra F articolo relativo). - L’Osteria dì Andujar non si rialzò. - Affrettasi la Linda in cui la parte della protagonista verrà sostenuta dalla signora Pecorini, allieva di questo I. R. Conservatorio. O CARTEGGIO PARTICOLARE Parma 15 gennajo 1845. La sera dell’Il nel Ducale Teatro di questa città, all’opera dei Verdi Emani è succeduta la Lucia del Donizetti. La cantavano la signora Barbieri-Nini, ed i signori Ivanoff, Varesi, e Boucher. Dire dei pregi di questa partizione che ha corso con plauso pressoché tulli i teatri d’Europa sarebbe un portar vasi a Samo; parimenti dell’Ivanoff c del Varesi, che quante volte la cantarono furono, come in questa, rimeritali da caldi e dovuti encomi, non ci dilungheremo a parlare, nè del Boucher il quale piace nella poca sua parte; ma è debito di questa Gazzetta che intende, al progresso dell’arte e degli artisti, l’accennare come la signora Barbieri-Nini, che vestì per la prima volta con tanta passione e vero accento drammatico il carattere di Lucia, abbia posto a noi bellissima occasione di gustare pienamente la stupenda voce ch’ella ha, fornita dei tanti pregi di cui la natura e l’arte l’arricchirono, e a lei di farsi quindi valutare e come attrice c come caillante valentissima, c mostrarsi prossima a toccare quell’altezza cui è dato a ben poche arrivare. Dobbiamo perciò rallegrarci, e coll’arte che ha d’uopo di chi valga ad interpretare le sue produzioni, e coi maestri che avranno la fortuna di scrivere per la signora Barbieri-Nini e coi pubblici dai quali sarà, come ora è, apprezzala, semprecchè le sia dato come nella partizione di Donizetti di far palesi le dovizie della sua voce e del suo canto. P. Toiuuguni. Venezia 15 gennajo 1845. Bonifazio de’ Geremei del principe Poniatowski è un’opera che nel generale non manca d’effetto, e se non si fa ammirare dal lato dell’ispirazione c della novità, certamente è un lavoro ch’onora l’autore. L’opera è divisa in quattro parti, un prologo e tre atti. Al prologo si è voluto dare un’aria di grandiosità: v’entrano tutte le parli ed i cori, e v’c frammezzo un ballabile nazionale (la tarantella). E per il fallo, l’ingombro della scena, il contemporanco canto di tulle le parti e dei cori, l’accompagnamento fragoroso di lutta l’orchestra c della banda sul palco, la forza massima ottenuta dall’islromcntazionc, certe cadenze e certe riprese che succedono ai pianissimo, producono un effetto, che si potrebbe chiamare grandioso, se io non credessi la vera grandiosità della musica drammatica doversi riporre nelle qualità del concetto e della frase, nel far largo e solenne e nella severità dell’armonia, più che nel loro fragore. Ma certi maestri e certi pubblici scambiano coi nomi le cose. - Del prirn’allo poco è a notarsi che si levi dalla comune. Nel second’atto un quartetto tra la Gazzaniga (Imelda), nizzardo (Roppa), Orlando (Porlo) e Patriossi (Petronio), è di buona fattura e di effetto: e così pure l’aria con cori di Ronconi (Bonifazio) con cui si chiude quest’atto è maestrevolmente condotta, essendovi tratto un bel partito da un canto claustrale, dall’organo e dalle campane. Nel terzo alto un duetto Ira la Gazzaniga e Ronconi è di un bel canto, di buona scuola, avente una tal (piale dolcezza che piace. Il finale poi dell’opera, ch’è un cantabile di Ronconi con pertichini è il pezzo più filosofico dall’opera stessa, e il Ronconi spiega (ulti i di lui mezzi per farne spiccare i pregi. Dobbiamo conchiuderè, che in questo lavoro il Poniatowski non si è attenuto ad unità di siile, ma è ccclclieo, senza però il buon garbo di qualche contemporaneo. Come si è detto peri», se. non in tulli i pezzi, in molli si ottenne un effetto, c ne sia prova la discreta soddisfazione che viene continuala dal pubblico, che d’altronde non ha a lodarsi della più bella esecuzione. NOTIZIE — Beklino. (24 dicembre’. - Per domanda di Mcyerbeer, maestro di cappella della corte e direttore generale della musica reale, il re ha ordinato che si rappresenti al teatro dell’Opera V Euriante di Weber, c che il prodotto di tale rappresentazione sia mandato alla Q giunta formatasi a Dresda per innalzare un monumento lì^T) a quel grande compositore. (Fama) — Dhesda. Il capodopera di Spontini La Pestale venne quivi testé rappresentato con felicissimo successo. L’autore stesso vi era presente e venne più volle festevolmente chiamato. voa’O’