Gazzetta Musicale di Milano, 1844/N. 18

N. 18 - 5 maggio 1844

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[p. 71 modifica]i. STORIA MUSICALE carattere. (Continuazione: vedi il foglio antecedente). laceravano h Seroi di’ oro della mugica italiana. Progressi della Melodia. Valenti Comg>ogitori italiani. Scuole celebri • La musique. par des in fierions vives. accentuées. il. • pourainsi dire, parlantes. exprime toutes Iss pas• sions. peint tous les tableaux, rend tous les objets. • soumet la nature entière a ses savantes imitations, • et porte ainsi jusqu’au coeur de /’Aonmie des seti• timents propres a l’émouvoir.» per t.suoni scorso. Può a produr la certa regola ne adatta i essa concorrere dal canto suo espressione ora ordinando con i suoni, come la grammatica vocaboli; ora unendo con alStoria musicale. Secol d’oro della musica italiana, ere,, eco. - II. Della critica is fatto d’arte. III. Progetto pi usa scova riforma musicale. IV. iSoTIZIB MUSICALI DIVERSE. - V. ÒUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI. pascolo, e se il terrore e la pietà non gli animi degli spettatori, si sentivano essi rapili dall ammirazione, il GAZZETTA MUSICALE ANNO Ili N. 18 DI MILANO Si pubblica ogni domenica. — Ari corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinali a compone un volume in 4." di centocinquanta pagine circa, il ([naie in apposito elegante frontespizio si intitolerà As’kuogia classica miskai.f. — Per quei Signori Associati che amassero invece altro genere di musica si distribuisce un Catalogo di circa N. Stimi pezzi di musica dal quale possono far scelta di altrettanti pezzi coriispondenli a N. iòti pagine, e questi vengono dati gratis all atto che si paga P associazione annua; la metà, per la associazione semestrale. eggasi I’avvertimento pubblicalo nel joglio N. jp, anno II, 1ï43. ■a sica tutto insieme piaceva noni^dimeno agli Italiani ad onta de’ suoi difetti si per la noviyq^^^ar^ta. si perchè non ne avevano un altro migliore. Avendo perduta intieramente l’idea del teatro antico, e non vedendo sul moderno se non le tragedie, e commedie piene di mille assurdità, era ben naturale che s’appigliassero al melodramma, in cui trovavano un ampio compenso. Se il cuore non vi si mischiava per nulla, gli occhi almeno trovavano il loro (piale alletto sostituito ad ogni altro rendeva spregevole uno spettacolo contrario per sè stesso al buon senso. 1 suoi difetti erano riputati altrettante bellezze, e si metteva come pregio iutrinsico del componimento la sloggiala pompa del macchinista, la quale faceva perder ogni suo effetto alla musica e alla poesia} senza riflettere, come osserva un grandissimo ingegno, che quest’apparente ricchezza altro non era che povertà, nella medesima guisa che i fiori sparsi innanzi al tempo sulle campagne indicano per lo più la sterilità del terreno. Tuttavia non poteva a meno di non avvenire che fra le tante lascivie dell’arte, ond erano ingombrate la musica e la poesia. non uscisse alle volle dagli istromenti qualche suono, il quale penetrasse più avanti nell’animo e qualche tratto non infelice dalla penna dei poeti. La natura ha questo di proprio, che basta che ci si mostri nel suo vero aspetto, perchè tosto faceia nascer vaghezza di sè. Ecco il momento della rivoluzione. I poeti cominciarono a conoscere, che si potevano interessare gli animi a preferenza degli occhi, c s avvidero i musici che la possanza dell’arte loro, avvegnaché abbia per fondamento gli accordi e le leggi armoniche, era nondimeno riposta principalmente nella melodia. Essa in fatti è la sola che converte la musica ni vera arte imitai rice della natura, esprimendo colla varia successione de’ tuoni e delle note i diversi accenti delle passioni. Essa è quella che adoperando i ino • vimenli or rapidi, or lenti, or con debita misura sospresi, ci strappa le lagrime nel dolore, affretta il corso del sangue nell’allegrezza, ci fa smarrire nell’abbattimento, e ci determina alla speranza, al timore, al coraggio ed alla melanconia. Essa è, che riproducendo le sensazioni che in noi risvegliarono le immagini rappiesentalive degli oggetti fisici, sa dipingere il mormorio U un ruscello, che scorre lentamente fra herbe, e lo strepito d’un torrente, che rumoreggia precipitando dalle montagne, lo spavento d una tempesta, e il susurro voluttuoso d’un fresco venticello, gli urli delle furie e il sorriso delle grazie, la maestà e il silenzio della notte, o 1 allegrezza d un meriggio rischiarato dal sole (1). Essa è l’unica parte della musica, che cagioni degli alletti morali nel cuor dell uomo, i quali oltrepassano la limitata sfera dei sensi e che trasmette a1 suoni quella energia dominatrice, che s ammira ne1 componimenti de gran maestri. La quale non altronde deriva se non se dal prendersi le inflessioni musicali come altrettanti segni delle nostre affezioni e delle nostre idee: dal che nasce, che risovvenendoci degli oggetti che vengono per mezzo di esse rappresentati, ci sentiamo parimenti agitare da quei movimenti medesimi che avrebbe in noi eccitati la presenza loro. Essa è finalmente quella che sottopone, a cosi dire, l’universo all’imperio dell’orecchio. non altrimenti che il sottopongono la pittura e la poesia, quella al giudizio degli occhi, e questa a quello della immaginazione. (f) Con questa come con altre opinioni dell’esimio scrittore cui togliamo questi frammenti (vedi Arteaga, iìivoluzioni del teatro musicale) noi non concordiamo al tutto. (ìli ultimi progressi della critica hanno indotte in chi parla ili arti a’ giorni nostri delle convinzioni ben diverse da quelle di coloro che ne ragionavano al finire del passalo secolo. Ma è pur sempre curioso e istruttivo il vedere come ne ragionassero. La II. DOMENICA ò’ Maggio 4 844. Il prezzo dell’associazione alla Cassetta e alla Musica è di effetlivc Austriache L. lì per semestre, ed enclins Ausli.ichc I,. 14 affrancata di porto fino ai confini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. La spedizione dei pezzi di musica viene falli mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio //icordt. nel modo indicalo nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso lIfficio della Gazzetta in casa /licordi. contrada degli Dinenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli t’itici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porlo. I ulto ciò non può ottenersi dalla semplice armonia considerata in sè slessa: imperocché, consistendo principalmente nelle proporzioni equilemporanee dei suoni, è atta bensì a formare un accozzamento gradevole che diletti I udito. ma non può sollevarsi fino al privilegio d imitar la natura. colla (piale 1 unione degli accordi non ha se non se una relazione troppo lontana, ne può avere un influenza notabile sugli alletti, che e il vero scopo della musica teatrale. Media stessa maniera che le sole regole della grammatica faranno bensì un discorso puro e regolato, ma non saranno giammai sufficienti a formar uno scrittore eloquente. La forza degli argomenti. la convinzione dello spirito, l’eccitamento delle passioni, 1 arte in somma di persuadere, sebbene non possano ottenersi senza osservar la sintassi, non e perciò che dalla sintassi in tal modo dipendano, che basti 1 averla osservata perchè altri divenga oratore. La retorica e quella che disponendo a sua voglia delle regole, e delle parole, e servendosi di esse come di veicoli delle idee, comunica loro quella espressione che da sè sole non avrebbero fra le mani di un grammatico. Ora come la melodia è per la musica ciò che la retorica per il linguaggio, cosi l armonia e cune leggi di modulazione la succession loro, come I ortografia ne distingue i periodi; ora rendendo più giuste le inluonazioni per mezzo degli intervalli, come la sintassi rende più intelligibile l’orazione per mezzo dell’acconcia collocazione delle parole: ora assoggettando al sistema generale dei suoni le inflessioni difettive e vaganti, non altrimenti che la grammatica lenta di accomodare ai precetti generali le anomalie denomi e de’verbi. Ma fintantoché il compositore resterà fra colai cancelli. la musica non avrà nè vita nè spirilo; 1 accento spontaneo e naturale delle passioni si convertirà in un intervallo armonico, il quale appunto perchè e figlio dell’arte, non produrrà il menomo efletto sul cuore. che mai non vien mosso da proporzioni astratte, o da semplici ragioni numeriche; restringerà ad un nicciolissimo numero di modi le varie c molteplici inflessioni, di cui è capace il linguaggio If fi [p. 72 modifica]— — — â’ü?,’ dell’uomo appassionato; impoverirà di molf° l’eloquenza musicale, escludendo una folla di suoni attissimi a commuovere 1 gUJ unicamente perchè non entrano nel siq sterna arbitrario dell’armonia, non che ’ levando a quelli che restano il mezzo più | possente della espressione, che è quello di 1 parlar all’anima nostra un qualche linguaggio, e di rappresentarle un oggetto determinato. Imperocché ove la musica non mi farà sentire che intervalli, consonanze, proporzioni, accordi e rapporti; ove tutta la sua possanza si ridurrà a titillare unicamente i nervi auditor) con certe vibrazioni metodiche e insignificanti. io applaudirò bensì alla scienza del musico, ammirerò quell1 algebra sonora come ammiro i calcoli di Ricatti e d’Eulero; godio anche dello stesso materiale diletto che mi arrecano i gorgheggi d’uno usignuolo, od un canario, ma non ravviserò punto quel prin-. cipio d’imitazione, che di tutte le belle arti è il fondamento, non troverò alcun segno di convenienze tra gli accordi armonici e le mie proprie affezioni, nè sentirò ricercarmi 1 anima e il cuore da 3 nei movimenti improvvisi e forti, che alle arti del genio ogni uomo sensibile ha diritto di esigere. Come i colori accozzali su un quadro niun effetto cagionano senza il disegno che è lo spirito vivificante della pittura, così la combinazione de1 suoni nulla giova a interessare senza la melodia. L’immagine delle nostre passioni e degli oggetti che le mettono in esercizio, lo specchio delle nostre idee e de’ nostri sentimenti rinovellato alla memoria per mezzo del canto o della sinfoI nia, ecco Tunica via d intenerirci. di smuoverci e di render viva, ardente ed energica la favella musicale. Questa è la cagione eziandio per cui rimanendo freddo e indifferente lo spettatore alla veduta d’un bosco o di un deserto dipinto sulla tela, da un valente pennello, non rimane altresì ozioso nel sentire una voce, che canti in quella solitudine o in quel boschetto. Le fronde degli alberi, 1 albeggiante azzurro dell’orizzonte, le punte delle roccie inerpicate, le lontananze e i chiaroscuri delle valli rappresentale sul quadro, sebbene invaghiscano 1 occhio de riguardanti, nulla dicono però allo spirito loro, laddove una voce solitaria che risuoni dolcemente nel silenzio di solinga valle annunzia tosto a chi T ascolta, che colà soggiorna un essere socievole, compagno nelle sciagure e nei diletti, e creato al paro di lui dalla natura per fruir l’aura della vita, e per godere le delizie dell Universo. Talmente incominciarono a pensare i compositori italiani. O fosse che la riflessione li recasse a così interessante scoperta, o si lasciassero condurre da quelT intimo sentimento del bello, che genera il gusto, e che vieti generato dall istinto; o nascesse ciò dalla perpetua e inalterabile oscillazione, per cui le facoltà appartenenti alla immaginazione e alla sensibilità passano dal pessimo stato al mediocre, e dal mediocre all’ottimo per ricader di bel nuovo nel pessimo; cerio è, che il cuore riacquistò i diritti ad esso tolti dai sensi e che la musica da un puro accozzamento di suoni divenne un’arie imitativa capace di esprimere tutte le pas- j Ò sioni, e di rappresentare tutti gli oggetti. 1 vR II primo benché debole cangiamento venne dalla musica ecclesiastica. Orazio Benevoli, Anlon-Maria Abballini, Francesco jj? Foggia, Pietro Licerli - e il rinomatissimo 1 Cesti cominciarono in Roma i primi a ripulir alquanto, e semplificar T armonia dagl’ispidi intrecci del contrappunto, a concertar con più esattezza le parti, a connetter fra loro i passaggi secondo ilgluogo che debbono occupare nella modulazione, e a scegliere e regolare gli accordi secondo la relazione che essi hanno col tutto. Lodovico Viadana. inventando il basso continuo, così chiamalo perchè dura lutto il tempo della composizione, inventò parimenti con siffatto mezzo la maniera di regger meglio T armonia, di sostenere la voce, e di conservar i tuoni nella debita proporzione e giustezza. Cosi la misura prese a poco a poco un andamento più regolare- il tempo divenne più esatto, e più preciso, e il ritmo musicale acquistò una cadenza sensibile altissima a fare spiccar maggiormente le progressioni del movimento e della misura. Con tali preparativi la declamazion musicale, ovvero sia il recitativo, confuso fin allora col canto, o non abbastanza distinto, divenne un genere di per sè, che acquistò peculiar forma e leggiadria. Giacomo Carissimi, illustre compositore romano, dopo la metà delio scorso secolo (0, cominciò a modular i recitativi con più di grazia e di semplicità. avvegnaché non vi si facesse allora particolar riflessione, sì perchè il gusto del pubblico, rivolto intieramente alle macchine e alle decorazioni, badava poco alla dilicatezza della composizione, come perchè la poesia dei drammi così poco interessante faceva perdere il suo pregio anche al lavoro delle note. Ma il vero stile della declamazione musicale si riconobbe più distintamente nelle opere di Giambattista Lui li fiorentino, il quale, passando in Francia nella piccola età di sei o sette anni, e apparando ivi l’arte di suonar il violino e di comporre per musica, divenne, portato dal grandissimo ingegno onde avealo fornito la natura, il corifeo della Francia. Lo che egli fece imitando la musica sacra quale si trovava allora nei bravi compositori italiani, e trasferendola al proprio idioma ed al teatro con quella mutazione che esigeva il genio dell’uno e dell’altro. Chi ha sentilo eseguire i celebri mottetti del Carissimi e del Cesti da qualche bravo cantore, vi ravvisa per entro la sorgente onde ricavò Lulli il suo recitativo; se non che lo svantaggio che ebbero quei primi lavorando su parole sconnesse e mezzo barbare d una lingua morta. non lo ebbe già il musico fiorentino, cui toccò in sorte un poeta francese impareggiabile (2). L’alta riputazione di Luigi decimoquarto, al cui servigio si ritrovava il Lui 1 i, avendo richiamato alla sua Corte il fiore delle altre nazioni nelle arti e nelle lettere, eccitò in particolar maniera la curiosità degli Italiani, i quali vi si portarono in folla, spinti non meno dal desiderio d’imparare e di conversare cogli uomini grandissimi che allora fiorivano in Francia, che da quello di far mostra de’proprj talenti alla Corte d’un gran re protetto!’ dichiarato d’ogni sorta di merito, e divenuto assai più celebre per questo mezzo, che per l’incomparabile sua fortuna nella guerra o per la preponderanza acquistata sugli affari di Europa, documento luminoso a’sovrani per far loro conoscere, che la sola maniera d’eternar il loro nome e di farsi adorare dai po(t) L’Arteaga scriveva sul finire del secolo XVII. (2) Quinault. - - p steri è quella di rendersi veramente utili alla umanità, promovendo le arti che soddisfanno a’bisogui degli uomini, e favoreggiando le scienze, che perfezionano il loro spirito. La gloria delle armi, e delle conquiste passa, come il fragore d" un turbine di cui non si conserva la memoria se non per le rovine che ci attestano della strage, laddove quella de’ principi. che proteggono le cognizioni proficue, inseparabile dal vero merito, dura come la quercia descritta da Lucano, che era la figliuola primogenita del bosco, riverita da pastori e abitato da’Numi, ai rami della quale appendevano corone di fiori le ninfe, e i capitani i loro militari trofei (1). (Sarà continualo) (I) Ragion vuole, che *ì ricordi al lettore un pregio, che suole accompagnare il regno di quei Monarchi a’quali si dà il titolo di Grandi, cioè, che ai suoi tèmpi mirabilmente fiorivano le lettere, e i letterati non meno fra i Cristiani che fra i Pagani. Muratori, Annali d’Italia, anno 595. Il bibliotecario Estense è (piasi sempre più erudito, che filosofo; ma questa volta fa eccezione alla regola. DELLA CRITICA IH FATTO DIETE Amiicoi.o I. E questa una del e questioni più spinose e che suscitano maggiori discordie fra tutte quelle che vengono combattute e difese sul campo dell’intelligenza. A i sono gli eclettici che vorrebbero generalizzato il diritto di giudicare dei prodotti di un’arte ad ogni persona che abbia criterio, gusto, finezza nel sentimento del bello, conosca ella od ignori il meccanismo delle regole su cui Tarte è basata, e vi sono d’altra parte gli esclusivi che rifiutano rigorosamente questo diritto ad ogni profano, non ammettendo che vi possa essere giustezza di giudizio sotto l’involucro di frasi, alle quali manchi il tecnicismo delle espressioni. Frammezzo a queste due opinioni tanto divergenti, e che sono sostenute da ragioni in apparenza inespugnabili, il problema resta ancora indeciso, e la critica domanda ancora a chi debba consegnare i suoi due magnifici emblemi, il turibolo e la sferza:, incerta con? è d’ingannarsi se s’attacca o all’uomo che ha per tutta sua guida il gusto, o a quegli che è trionfalmente penetrato nel santuario dell’arte. Io cerio non voglio, nè adesso nè più tardi, mostrare a nudo la mia opinione su questo riguardo; lo scioglimento della gran disputa non sarà mai un effetto del ragionamento ma del tempo e dei fatti, ed io abbandono volentieri a queste invincibili potenze 1 incarico di determinare la vittoria ad uno dei due partiti. Mio solo scopo, trattando un tale argomento, si è di offrire così alla rinfusa, come si presenteranno nel mio cervello, alcune idee che militeranno ed in favore e contro i due principi! si opposti, e che si urtano si fieramente di fronte. Starà ai lettori trarre tutte le deduzioni che sembreranno a loro più convenienti. Ma prima di tutto, onde la mia intenzione non venga fraintesa, io debbo dicbiarare che non mi fo per nessun conto il difensore di quella parte di giornalismo, che nell audace sicurezza d una ignoranza senza confronti, abusando stranamente di una posizione acquisita per una di quelle bizzarrie sociali di cui nè io ne voi potremmo mai dare la soluzione, getta là col sussidio d’un cerio numero di vecchie frasi [p. 73 modifica]gV eternamente ripetute. delle sentenze gonfie di alterezza e di dispotismo, e che giun^crebbero a suscitare il dispetto se non Ài fossero alla fine si stravagantemente ridiq cole ed imbecilli. Mo mio Dio! lungi da me il pensiero di perorare la causa di esseri che mancano di tutto, d* intelligenza | e di gusto, di principi! e di convinzioni, Id" idee e di criterio., di grammatica e di buona fede; d esseri che imbrandiscono la. terribile arme della pubblicità per servire a bassi interessi, a meschine passioni, a parzialità rivoltanti •, d esseri infine che quando non hanno nulla meglio da fare j si mettono alla coda del pubblico, e bat8 tono le mani quando es>o balte, fischiano quando esso fischia, impotenti come sono a formarsi da sé stessi un giudizio, che possa venire approvalo dal loro intelletto e dalla loro coscienza. Io abbandono volentieri questi vermi della critica. queste creature che gettarono la mirabile statua del giornalismo nelle fogne e nel fango, ai sorrisi d ironia, agli scherzi sanguinosi, alle osservazioni pungenti e giustamente velenose di coloro, che provano dei santi trasporti d’ira quando scorgono queste mani mercenarie aggrapparsi a tutte le celebrità. a tutte le illustrazioni. a tutte le glorie per deturparle coi loro biasimi, per deturparle più ancora coi loro encomi!. Artista o no, io parlo soltanto del critico che! ha della nobiltà, della grandezza nel cuore 1 e nell’intelligenza, e che non accetta altra! schiavitù tranne quella della propria coscienza. Ed ora che ci siamo bene intesi su questo punto, lasciatemi penetrare intrepidamente nell* argomento. t Non è critico chiunque voglia esserlo } è questo un assioma quanto vero altrei-! tanto facilmente posto in non cale. Non basta essere uomo di genio, di spirito, di gusto, per credersi alto ad assumere la terI ribile funzione di raddrizzare, di confer| mare, e qualche volta anche di creare la pubblica opinione gettando la la propria, come una splendente colonna di fuoco destinata a guidare le masse attraverso il misterioso cammino dell’avvenire dell intelligenza. 11 talento della critica è una specialità che ha una necessaria analogia, ma che non può confondersi colle altre: varietà di talenti che servono a costituire, il poeta, il romanziero, lo storico, il coni- ’ positure, insomma 1 artista a qualunque ordine esso appartenga. 11 critico deve । avere come tulli questi una superiorità intellettuale incontestabile, ma composta di elementi diversi, giacché gli uni debbono essere gli apostoli, mentre egli sarà il Lutero dell’arte e delle sue produzioni. Io non darò certamente la definizione’. fisiologica del critico’, I impresa è troppo ardua perchè io m’attenti circonscrivere in qualche frase il senso complesso rappre-! sentalo da questa grande parola. Mi limi- | terò ad accennare alcuni dei rapporti che lo legano e che lo disgiungono dal resto! degli artisti. L’immaginazione, questo sangue che alimenta, che feconda, che genera l’idea, ed il gusto che scieglie, che prepara, che modifica, che abbellisce, e che crea alcune volte la forma da cui 1 idea sarà rivestita, ecco i due principali estremi che disegnano la figura dell’artista. Tutto il resto non è ® dal più al meno che un assieme di qua- > xn lità intermedie che sentono vivamente, per ry cosi dire, la consanguineità con questi due y/3 punti cardinali. Privo d’uno di questi due elementi fondamentali T artista è incompleto e deve necessariamente mancare alla propria missione } sono due principi! che hanno bisogno d’appoggiarsi a vicenda e che non possono essere impunemente separati: sono l’anima e il corpo legati da un nodo fatale ma necessario, sciogliendo il quale voi trovate subito per corollario la morte. Il critico non ha bisogno. strettamente parlando, di questa dualità intellettuale, purché possa comprenderla, apprezzarne il valore e 1 importanza. scorgerne i difetti e le mancanze, valutarne I" esagerazione o 1 insufficienza, sottoporla insomma al crogiuolo dell’analisi, egli ha (pianto occorre onde poter affrontare intrepidamente i doveri delle proprie funzioni. (Sarà continuato’). Bermani. PROGETTO Di U1TA 1T307A RIFORMA MUSICALE Siamo pregati ad inserire le seguenti sei lettere di un distinto cultore della musica nelle (piali si ragiona di diverse cose interessanti V arte, e specialmente di una novella Riforma Musicale. Abbandoniamo al senno de’ nostri lettori il giudicale (pianta e (piale attenzione questa proposta si meriti, persuasi dal canto nostro che un giornale della natura di questa gazzetta deve far luogo a tutte le discussioni che o d un modo o dell’altro giovar possono agli studi! dell’arte. Mio caro Lorenzo Era mia intenzione, come ti dissi già, fanno due mesi, di scrivere mi traltalello con tavole analoghe per far meglio conoscere il mio progetto per una riforma musicale; ma riflettendo più seriamente all’importanza del lavoro, a dir vero poco adatto alle mie cognizioni letterarie, e più ancora alla poca probabilità che venga approvalo, ne deposi il pensiero. Se non che capitandomi tutto dì sotl’occhi que’ tali inconvenienti, nella maniera attuale di scriver la musica, che m’hanno indotto a trovarne un’altra, c sentendo che non solo in Italia, ma anco in Francia v’è chi pensa a questa riforma, voglio per mio divertimento parlarne un po’ a lungo con le mio buon Lorenzo che mostri conoscer più ch’altri questa mia nuova maniera, e per parlarne un po’diffusamente non l’incresca che vada ripetendo qualcosa del già dello per dartene un’idea più chiara. Se mal non m’appongo dalla ripetizione delle 7 note, e dal voler quindi formare altri toni che corrispondessero a quello di do, ebbero origine i diesis, e bemolle. Vediamolo col fallo. Prendiamo le due ottave di do, immaginandole per un momento colle, sole mezze voci che sono naturalmente nella scala, ed in questa serie prendiamo l’ottava di sol come quella che ne’ suoi intervalli si scosta meno da quella di do, o almeno va per un più lungo tratto correlativa al do. Troveremo dal sol al mi intervalli simili a quelli dal do al la, e quindi un piccolo intervallo dal mi al fa che non è dal sol al la, ed un più grande dal fa al sol che dal si al do. Per far dunque che gl’intervalli dclp ottava di sol corrispondessero a quelli dell’ottava di do, non v’era altro a fare che accrescere la distanza dal mi al fa, e diminuire quella dal fa al sol. Questo s’è fallo dividendo per metà il fa, e chiamando la seconda metà diesis, che. suona (piasi dieresi, per cui una sillaba si divide in due, cd allora nella scala di sol andando dal wiija questa seconda metà del fa, e da questa al sol, abbiamo una progressione simile a quella in do. Ritenendo ora questo fa diesis troviamo che nella scala in re basti fare del do quel che s’è fatto del fa nella scala in sol, ed avremo un’altra scric simile, c via discorrendo, ed ceco formala la progressione de’ diesis fjC< di quinta in (pùnta partendo dal sì prima settima na(oralmente maggiore. Dove termini poi è tuttora un UK mistero. 0* Veniamo ora ai bimmolle, o vuoi bemolle. Nella scala in fa abbiamo invece la settima naturalmente maggiore, e la distanza dal la al si più grande di «piclla dal mi al fa nella scala in do; onde pei’ eguagliare queste distanze conveniva fare del si (pici che s è fatto del primo fa. Ma siccome qui la distanza è maggiore, bisognò prender la prima metà, e darle per conseguenza un altro nome. Questa prima metà la chiamargli bimmolle, forse da bimembre, ed ecco l’altra progressione di (piarla per i bemolle partendo dal fa prima quarta naturalmente minore. Ora, per venire al nostro proposito, se questi diesis, c bemolle non servissero ad altro che a formare ora la distanza di settima maggiore, ora quella di (piarla minore, non sarebbe male il lasciarli se non altro per memoria di chi ha saputo con questi formare tanta varietà di toni, ma siccome alla loro volta servono di note essenziali non meno delle prime settime, ragion vuole, o almeno vorrebbe, che anche loro avessero un nome. Formali tulli i toni secondo abbiamo dello di sopra, ora prendendo la seconda metà d’una nota per formarne settima maggiore, cd ora la prima d un’altra per formarne (piarla minore, ne risulta una serie di 12 mezze voci che formano la base di tulio il sistema musicale. Le prime sette hanno un nome, perchè non darlo alle altre cinque? Aggiungi che per non avere queste un nome proprio, accade sovente di dover sbattezzare le prime sette, come per esempio il do non più do ma si diesis, oppure re doppio bemolle, il re non più re ma do doppio diesis, oppure mi doppio bemolle, c via di seguilo. Se dunque con soli cinque nomi, e sien questi le. cinque vocali, oppure i cinque monosillabi Pa Ilo Tu />e No, o altri a piacere si potesse togliere questa farragine d accidenti che formano, direi (piasi, tutta la difficolta della lettura della musica, sarebbe a mio parere un vantaggio. Che la cosa sarebbe più chiara lo vedrebbe un orbo, se poi possa mandarsi ad effetto m’ingegnerò provartelo un’altra volta. Dimmi in risposta se hai avuto pazienza di leggere questa mia lanlafcra, onde possa regolarmi per scriverne delle altre. Genova 28 novembre 1845. Maurizio Sciorati. NOTIZIE MUSICALI DIVERSE — Parigi. Il gran concerto isterico dato dal signor Amadeo Méreaux a beneficio della società degli artisti di musica, ebbe luogo il 28 aprile, a due ore. nella sala di Pleyel. Eccone il programma: Parte prima. 1498 Prière au tombeau du Christ, il venerdì santo, musica di Giovanni Mouton, maestro di Cappella di Francesco 1, cantala dagli allievi della scuola di Pastou, con accompagnamento (Porgano. - 1737. Renais plus brillante, prologo, e Tristes apprêts, Castor et Follux, di Rameau, cantali da Delsarte. - 4695. Trois pièces de clavecin, di Francesco Cooperili, della musica di Luigi XIV, eseguiti da Amadeo Méreaux. - 1735. ■Ve cerca, se dice, aria dell’Olimpiade, di Pcrgolese, cantala da Carlo Dumas. - 1530. Zìa Romanesca, aria di danza del XVI secolo, eseguita da Alarti. - 1540. Les Cris de Paris sotto Francesco I, di Clemente Jannequin, cantati dagli allievi della scuola di Pastou (senza accompagnamento). - 1726. Trois pièces de clavecin, di Rameau, eseguili da Amadeo Méreaux.- 1550. Choral di Claudio Goudiinel, cantato dagli allievi della scuola di Pastou. - 1685. Ah,! quel tourment d’aimer sans espérance, aria di Rolando,di Lulli, cantato da Delsarte. - 1720. Grande sonate fuguée, per pianoforte e violino, di Gio. Sebastiano Bach, eseguita da Amadeo Méreaux e Alani. - 1737. Frisons tous nos fers, coro di Castor et Pollux, di Rameau, cantato dagli allievi della scuola di Pastou. - Seconda parte. - 1785. Grand Concert in re minerò, di Mozart, con accoro- njj pagnamento d’orchestra, eseguito da Amadeo Méreaux. kg - 1779. De noirs pressentiments, aria di Thoas, d’Z phigénie en Tauride, di Gluck, cantala da Delsarte. feX 4700. Cantando un di, duetto madrigalesco di Clari, [p. 74 modifica]cantato dalla signora Dorus-Gras e da Carlo Dumas. 1730. siir varié pour le clavecin, di Damici, eseguita da Amadeo Mcreaui. - 1620. Romance di Guedron, maestro di cappella di Luigi XIII, cantala dalla signora Dorus-Gras. - 1741. yllleluia del Messia. di Haudel, cantato dagli allievi della scuola di Pastini, con accompagnamento d’orchestra. L’orchestra venne diretta da Ettore Berlioz; il pianoforte venne tenuto da Sdiirnon. (//. et G.V ) — Sopra Parish-Alvars, il celebre arpista scrivono i fogli inglesi: è impossibile descrivere l’impiessione che jj produsse il suono di Parish-Alvars; egli venne generalmente riconosciuto pel più sublime che abbiasi mai sentito sull’arpa. Egli suonò un concerto di propria composizione, che ci trasportò all incanto dei concerti di Hummel, per i classici progressi dell’armonia e della modulazione nei soli, che intrccciaronsi coHurchestra in una maniera piena d’arte e ricca d’elTettu. Il suo nono è tutto sentimento, mentre egli vince le maggior difficoltà con sorprendente facilità e grazia. Basti dire ehe il suo suono eccitò universale entusiasmo. — In seguito al magnifico concerto dato a Liège da Camillo Sivori, a beneficio dei poveri, il presidente della commissione dello stabilimento di beneficenza ha diretto al celebre violinista la seguente lettera: «Siamo ben lieti di potervi annunciare ehe il concerto dato jeri a profitto delle vittime dell inondazione, ha prodotto un incasso che ci permetterà d apportare qualche sollievo j alle calamità clic colpirono un gran numero de’ nostri I concittadini. Questo felice risultalo è dovuto a voi, signore, al vostro ammirabile talento, ai sentimenti d’umanità che v’innalzano ad un grado si eminente. Voi obbliasle il vostro interesse per non pensare che ai mali cui potevate soccorrere; mercè il vostro nobile disinteressamento, ci fu possibile offrire al pubblico, in iscambio d’una buona azione, un delizioso trattenimento di cui conserverà memoria per lungo tempo. — Madamigella Teresa MilanoJlo ba scritto il seguente vigliello al rinomato fabbricatore di stromenti sig. Bausch a Lipsia: Monsieur, • C’est avec la plus grande satisfaction que je peux vous déclarer que la réparation que vous avez fait à mon Straduarius, a rendu cet instrument infiniment meilleur de ce qu ii était déjà d’avance. et je me ferai un devoir, Monsieur, de faire connaître voire immense talent à tout les artistes et amateurs de violon que I j’aurai l’honneur de rencontrer dans mes voyages. Agréez, Monsieur, l’assurance de ma plus haute considération» Teresa Milanollo. | — Lipsia. Nella chiesa dei Pantani ebbe luogo un concerto spiritualeaa vantaggio dell’erettovi stabilimento musicale per le vedove. Vi si eseguì il XLI1 Salmo di Mendelssolm-Bartholdy ed il Requiem di Mozart, sotto la direzione, del direttore della musica sig. Killer. — Per la risiaurazione del teatro di Lipsia la Deputazione ha accordalo, dietro ordine del Consiglio della città, I0,lu0 talleri. (Seguale) — I quattro più gran pianisti attuali sono Austriaci (cioè nati nella Monarchia austriaca): Thalberg viennese, Liszt ungherese, Diihler viennese e Dieyschock boemo. — Dresda. Si rappresenta f Opera di Mozart Telmonte e Costanza, che da dicci anni non crasi sentita, con straordinario successo. (G. M. di Tienila). — Il direttore e proprietario del teatro di Lemberg, conte Skarbeck, possessore di circa 30 domiuj galliziaui, ha destinato tutta la sua facoltà consistente negli stessi. di un milione e mezzo, per reiezione di un istituto pei poveri e per gli orfani in Gallizia. -- La canzone popolare napolitaiia «Io te voglio bene assaje • che per la sua attraente melodia da Napoli si. sparse quasi in un momento per tutta ITtalia, è comparsa ora a Lipsia con traduzione tedesca di C. G. Probst. (Segnale) — Una scena scandalosa ebbe luogo al teatro della Regina a Londra Dopo una rappresentazione del Don Pasquale, due individui, i signori Hanvell et Freirc domandarono perchè non avocasi scritturalo Salvi. Il pubblico rispose a tale richiesta, vociferando il nome di Salvi. Gli autori di questa piccola cospirazione furor: condotti in prigione, ed il sig. Lumley, il direttore, ha dichiaralo di portar querela contro di essi; i quali non hanno ottenuta la loro libertà provvisoria che fornendo una cauzione. O — Leggesi nei giornali della Nuova-Orléans: L’affilto delle logge per la rappresentazione di madama Damoreati che eseguiva l’ambassadrice, è stato messo all’asta; la maggior parte delle logge erano siate prese a lì, 1 15 e 18 piastre. Malgrado una pioggia forte, la folla più brillante e numerosa si stipava in tutte le file del teatro: le logge erano troppo piccole per le dame; il parquet, la platea troppo angusti pei dilettanti. Il successo e l’entusiasmo sono stati in proporzione dell’affluenza del pubblico. - Londra. Le Queen’s fheatre ba mostrato lutl’insieine Lablache, Fornasari, Mario e madamigella Grisi nel capolavoro di Bellini I Puritani; nel Don Pasquale. Mario solo, che per una indisposizione mancava d’effetto attrattivo; egli è stato supplito da Gorelli, che ha ottenuto gli onori del bis nella serenata. Il ballo desta fanatismo coll’E sin era Ida e la Polka. — Duprez < ha terminato le sue rappresentazioni a Drury-Lane. can-; land» ancor una voila I’Arnoldo del Guglielmo Teli, fra un entusiasmo ehe smentiva la flemma britannica. Per tentare di supplire all’influenza del suo n me e del suo talento, si darà Un’Opera nuova di Bénédict, e si annunzia il debutto della vezzosa danzatrice, madami gclla Grabn, che ottenuti tanto successo in Italia i j i/Z. et G. IH.). — L’egregio signor maestro Giovanni Bacini venne incaricato dall’impresario sig. Alessandro Lanari a com-!! porre Un’Opera da rappresentarsi il venturo carnevale: al gran teatro della Fenice di Venezia. — Amsterdam. L’Opera del maestro Farlo Pcdrulli, ’ La figlia dell’sdrciero ottenne un brillante successo. I । professori e gli amatori ne giudicarono la musica assai favorevolmente e ne attestarono la loro soddisfazione onorando f autore di una brillantissima serenata alla prima rappresentazione. Ai 20 dello scoi so mese si rappresentava l’Opcra per l’undecima voila, a cui assistette la Corte reale che rcplicalainente manifestava il suo aggradimento.

(Da Lettera).


— Leggesi nel Fédéral, Giornale di Ginevra: • Venerdì 19 Aprile 1844. - Nel Concerto del signor Bonoldi, i pezzi che furono maggiormente gustati, sono stati senza dubbio i due per clarinetto eseguiti dal sig. Cavallini; la fama di questo artista l’aveva preceduto nella nostra città, ma la realtà ha sorpassato l’aspettazione, e di moltissimo; in guisa tale che il sig. Cavallini fu accolto con entusiasmo: successo tanto più lusinghiero in quanto che Ginevra possiede un artista che ne ha resi difficili per questo stromento. Intorno a noi sentivamo de’ dilettanti che chiedevansi tra loro, non potendo vedere l’esecutore. È egli un flauto, è un oboe, o un clarinetto? Ed in vero, la dolcezza dei suoni e la loro pienezza, la purezza dell’imboccatura, producevano successivamente tutti i caratteri di questi tre stromenti: nessuno mai arrivò a tanta grandezza di effetto coi suoni d’un clarinetto, e, ciò che deve ancor più valutarsi, nessuno giammai ha superato il sig. Cavallini nelle alte qualità dell’arte, nell’ espressione e nel perfetto buon gusto delle sue agilità e fioriture. Aggiungasi che il signor Cavallini è dotato d’un petto infaticabile: noi l’abbiamo udito sostenere, senza riprender fiato, nove misure sopracariche di note, e ciò ancora con una sorprendente facilità. Sentiamo che questo artista si eminente si farà sentire di nuovo in un Concerto che darà egli stesso al Casino il prossimo lunedì.

NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI

DELL’l. II. STABILIMENTO NAZIONALE PUIVILEG." Di GIOVANNI RICORDI pour Piano à 4 mains SUR DES MOTIFS FAVORIS DE L’OPÉRA DON PASQUALE DE DONIZETTI COMPOSÉ PAR 15766 Op. 62. Fr. 5 — LE DANZE DELLA RIUNIONE (VEREINIGUNGS-TAENZE) per Pianoforte DI GÏÏSSPPE UTO? 16090 Op. 9S. Fr. 2 50 i| Contrada NR. Si unisce a questo foglio

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RONDO powr Piano à quatre mains SUR LES THÈMES FAVORIS DE l’oPERA L0Î3SA D] ©2 ©©K321V72 COMPOSÉ PAR 15767 Op. 398. N. 16. Fr. 4 L0RELEY-R1IEIN-KLANGE i II ÏMBI «ni |! ìibtahn mossa Op. 154. i 16072 16075 16081 16082 155055 15936 15958 15959 15957 Per Pianoforte solo Per Pianoforte a quattro mani BUONTEMPONI (BRUDER-EUSTIG) (in forma di L&ndler) GIOVAMI STRAUSS Op. 155. Per Pianoforte solo Fr. 5. Per Pianoforte a (piatirò mani.. h 5 ssâiinsïo sfiio JLANNERGiuseppe. Alniacks-Tanze. Op. 205 Fr. — Lascito di I,armer. Fascicolo I. h STRAUSS Giovassi. Brindisi al Walhalla. Op. 117» — I Demoni. Op. 149....» — Valzer per la Festa da Ballo degli Artisti. Op. 150 «1 2 1 1 1 SUR DEUX MOTIFS FAVORIS DE L OPÉRA 25 73 23 23 25 DON PASQUALE DE DONIZETTI pour TTûle avec accompagnement de Piano 1Ì726 Op. 29. Fr. i 50 FANTASIA BRILLANTE SOPRA MOTIVI DELL OPERA E>@M ©D ©©mSETTl COMPOSTA per il Pianoforte a 4 mani 15747 Op. 53. Fr. 6 — FANTAISIE ET VARIATIONS l>otcr te Piano SUR LES THEMES FAVORIS DE l’oPÉRA MARIA DI ROHAN DE DONIZETTI COMPOSÉE PAR CAT^nilE ©raOLABD 15642 Op. 2. Fr. 3 50 il pezzo N. 3 dell’ANTOLOGIA CLASSICA MUSICALE, Anno III. Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria • Tipografia Musicale di GIOVANNI RICORDI degli Omenoni A. 1730, roti deposito per tu vendita in dettaglio nei diversi lottili terroni situati sotto il nuovo partivo di fianco all’!. R.Teatro odia Scala.