Gazzetta Musicale di Milano, 1843/N. 49

N. 49 - 3 dicembre 1843

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[p. 205 modifica]GAZZETTA MUSICALE ANNO II. domenica N. 49. 3 Dicembre 843. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno sì danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica classica aulica c moderna, destinali a comporre un volume in l." di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante Frontespizio figurato si intitolerà A aDI MIL AIVO La musique, pur îles inflexions vives, accentuées. et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir. •./. J. Roussbjv. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta c e’dittologia classica musicale è di cITutt. Ausi. L. 12 per semestre, ed etlcll. Ausi. L. I l affrancata di porto Gito ai confinidella Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — I,o spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente o franca di porlo ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Orncnoni N.° 1720; all’estero pressò i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. — I,e lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. I. Esame dello stato attuale della Musica Drammatica in Italia. - II. Carteggio. Osservazioni estetiche, pensieri, ecc. - Ili. Musica Sacra. - IV. I. R. Teatro ai.la Scala. - V. Notizie Diverse.-VI. Nuova Pubblicazione Musicale. ESAOTE DI LLO STATO ATTUALE D E L I, A MUSICA DRAMMATICA II! ITALIA (Vedi i N. 19, 27 c 48.) poco a poco il canlare colle parole diviene l’esercizio più ^^^’Simportante, siccome scopo cui tN^y^y^tendono tutti gli sludi preliminari • e qui è dove le cure del buon maestro debbono rivolgersi a sviluppare tutte le facoltà del suo alunno. S’ha da cantare non da emettere soli suoni come fa uno stroinento. Meditiamo bene che cosa ciò significhi, e vedremo, dovere questo studio rivolgersi: i.° alla parola di cui si deve esprimere il senso e coll’articolazione e coll’accento. Dunque il maestro deve far conoscere questo senso, abituare l’allievo a spiegarlo ed a cercare l’affetto che alla parole dà vita. E se trattasi di qualche scena drammatica, deve fargli intendere il carattere del personaggio, la relazione che questi ha coi fatti dell’azione, e la situazione particolare di quella scena. Badi quindi che la pronuncia riesca chiara e corretta, e la declamazione animata senza esagerazione o affettatura (>); 2." Alla musica la quale deve porsi nel più perfetto accordo colla poesia: al qual effetto conviene distinguere ove il canto debba essere declamato, ove sia ideale o misto, e interpretare colla scorta del sentimento il giusto carattere dello stile e degli accenti. Con egual cura badi il maestro agli abbellimenti perché riescano convenienti all’espressione, e lo scolare apprenda a non porre sé stesso in mostra invece dell’essere che deve rappresentare, e si avvezzi a riporre sua gioii) l’er l’ordinario lutto clic riguarda l’interpreta- [ zionc del testo si trascura affatto, o per l’insufficienza j dei maestri di canto si studia sotto un altro istruttore | ohe poi non sa di musica. La conseguenza 6 che si. unisce poi assai male l’espressione musicale a quella j 1 della parola. Il maestro di canto non deve essere ad j I un tempo maestro di grammatica; ma se non cono- j > scc bene la lingua c non sa accordarla colla musica, > si separerà necessariamente ciò che deve formare un } tutto della massima unita. ria nel commovere più che nel sorprendere. Dovrebbero basiate questi pochi cenni a dimostrare quanta debba essere l’erudizione e dottrina di un buon maestro di canto, e quale, fra i tanti, meriti la confidenza di chi vuole apprendere quest’arte. Tale infatti debb’essere la scuola di canto onde adattarsi ad ogni tempo, ad ogni stile purché la mania delle stravaganze non invada, come già dicemmo, e poeti e maestri compositori, e pubblico. 1 cantanti non sono che gli interpreti degli altrui concetti, e sono spesse volte degni di scusa se deviano dal retto sentiero, costretti a cosi fare dalla stravaganza degli autori, e lusingati da malaccorti applausi. I primi reclami si volgono dunque sempre ai poeti ed ai maestri. Ai poeti perché si facciano a studiare meglio la natura della poesia melodrammatica, e la pongano in miglior accordo coll’indole de’ tempi, col vero scopo del teatro. Egli è vero che l’esito di un’opera dipende in gran parte dalla perizia del maestro, potendo una buona musica salvare un cattivo dramma, ed un buon dramma cadere per cattiva musica } ma é vero del pari che a formare un tutto perfetto è necessaria la perfezion delle parli, e un cattivo dramma sarà sempre una formidabile spinta a rovina. La scella dellento è cosa della massima nportanza. Perché ricorrere sempre a romanzi, o al teatro francese, o a vecchie commedie poco adattate ai nostri tempi? Non abbiamo noi costumi da osservare, vizii da correggere, virtù da emulare? Non è dai romanzi che Apostolo Zeno e Metastasio, Alfieri e Maffei, Goldoni e Nota per tacere di Molière, di Shakspeare, di Corueille, di Racine, ecc., trassero le loro produzioni sceniche. Ciò che non ha relazione con noi non giungerà mai a interessarci fortemente. Dopo l’argomento viene la disposizione degli avvenimenti nella quale vuoisi seguire la ragione, non il capriccio de’ virtuosi, non le solite convenienze e inconvenienze teatrali, cui la sola pusillanimità degli autori concesse di esercitare un tirannico imEero. Quindi importa il dialogo, e... ma asti a riguardo dei poeti, ai quali non spetta a noi di dare consigli o precetti. Rivolgendosi ai maestri diremo loro: perchè vi ostinate a credere che il teatro aborra dalla musica scritta con profondità di scienza} e voglia solo i frutti acerbi di un’incolta natura? È vero che questa si compiace talvolta a creare di quei genii slraordinarii i quali, datisi a qualche arte o scienza, in un colpo d’occhio lutti ne ravvisano i più intimi segreti e son maestri fatti quando i talenti comuni sono appena ai rudimenti: ma il credersi, senza forti motivi, così privilegiati è follia che conduce ad imperdonabile ignoranza. E aggiungeremo: perchè preferire di farsi imitatori pedissequi del tale o tal altro maestro in voga al farvi uno stile proprio desunto dall’intimo vostro sentire? E non bastano forse a illuminarvi le frequentissime cadute dei tanti che pur seppero fare le solile cavatine, i soliti duetti, i solili crescendo, le solite cappellette} e usare abbondantemente e trombe, e tromboni e tamburone, e banda sul palco con tutti quegli altri mezzi e sotterfugi in cui tanto andate fidando? 11 teatro vuole evidenza di espressione, artifizio coperto coll’apparenza di spontanea ispirazione, novità di concetto (I), varietà di forme, e tutto insomma che l’arte fornisce adoperato con aggiustatezza e squisito gusto senza ostentazione. Nè tampoco è da temersi che un frequente uso delle frazioni d’orchestra sia per nuocere all’effetto e snervare l’istromentazione. Tre o quattro voci bastano d’ordinario all’abile contrappuntista per riempiere sufficientemente l’armonia, nè è duopo ristringersi sempre a cosi limitato numero di parti. Che anzi, se si abbia cura di variare di continuo le combinazioni, e di ben adattarle alle diverse circostanze si vedrà quanta vaghezza, e qual maggiore verità drammatica si potrà ritraine. Ili tal modo, ci viene asserito, il celebre |! Berlioz ottiene effetti stupendi e non prima j | sentiti} e senza ricorrere agli stranieri, che;■ i poco o nulla conosciamo se non per fama j! ( e ciò con non lieve nostro danno ) ab- I hiamo pure fra noi esempi bastevoli a per- ( suaderci. Ce ne fornisce quello stesso Mercadante. che tante volte abusò stranamente dell’orchestra soffocando con essa il can- ] to, e basta ricordare di lui il Giuramento j ed il Bravoi ma in questi, che pure ebbero il plauso universale, egli non fu guari I imitato. Ai tratti dal medesimo sparsi nelle! opere teatrali in cui si trovano impiegati! per un tempo considerevole soltanto al- | cuni pochi istromeuli ne aggiungeremo uno I (1) So. l’originalità o per lo meno il fare proprio ca- | ralleiTStico è pregio in ogni arte perché si attrae l’at- i tenzionc ili ehi vede o ascolta, e perchè anche in ] mezzo all’illusione sorge sempre un sentimento di am- li nitrazione verso l’artista che l’opera sua seppe trarre ® dalla propria ispirazione, ella è poi nel dramma della rr massima importanza. Clic direste infatti, di colui il Kg quale per esprimervi le pene di una sua amorosa pas-. sionc vi recitasse un sonetto di Petrarca? Quale conipassione vi desterebbe nell’animo? ne [p. 206 modifica]il quale sarà men noto perchè appartiene i! all’ultima grandiosa messa ch’egli scriveva j prima di lasciare la Cappella di Novara. j I maestri più celebrati in ogni nazione j in ogni tempo furono, o sono forse ine- i sperti nell’arte loro, e solo dal genio na-! turale collocati in sublime grado? E, per: non dire degli altri, Donizetti e Mercadante: tengono forse il primato fra i moderni j compositori italiani sforniti di scienza? i Mai no!. Se pensate solo al numero sterminato! di opere che il primo compose essendo 1 ancora in fresca età, al favore che esse j ottennero in Italia e fuori; se alla facile j melodia, sempre chiara e spontanea, facil- i niente vi indurrete a crederlo maestro di: genio. Considerate meglio, e vedrete Puomo di talento sostenuto da uno studio che la scienza in seconda natura converse. Vedrete l’arte attraverso allo stile più imitato che proprio, attraverso alla trascuratezza con cui d’ordinario egli scrive, attraverso alla stessa uniformità che passa nelle sue opere buffe, o serie che elle siano. E l’arte di Donizetti consiste nel far parer nuove cose sentite e risentile, nell’appropriarsi tutti gli stili e farne un solo, nel rendere popolare il scientifico, nel piacer sempre senza innalzarsi alla vera sublimità come senza cadere nel basso e triviale. È noto che la più parte degli scrittori di cose o giudizi musicali, o lodando, o censurando Mercadante, convenne nell’asserire che questo egregio scrittore esaurito avendo la potenza dell’immaginativa tutto ritraesse dal solo studio. Noi non entreremo a discutere in tale questione, sebbene ci sembri alquanto inconsiderata sentenza:, vogliamo anzi ammetterla per intiero, onde ritrarne la necessaria conseguenza. Ed è che se il sapere può produrre le bellezze di cui son piene le opere di Mercadante senza il concorso di un fervido immaginare, il sapere merita certamente maggiore stima di quanta ne riscuota dalla più parte. Se lo studio, lunge dall’inaridire l’immaginazione, la favorisce, e fino ad un certo punto può farne le veci. si studii indefessamente come tutti i grandi han fatto per essere grandi noi pure. Studiamo i nostri, studiamo gli stranieri, i moderni c gli antichi, e come l’ape che da ogni fiore succhia il nettareo liquore, procuriamo emularne i pregi evitandone i difetti. Ma più che le opere altrui, delle quali troppo facilmente si riesce imitatori, si mediti sulla natura degli affetti e sul modo che ha l’arte di esprimerli, affinchè ogni dramma, ogni opera abbia un carattere vero e distinto, e si scuota il tirannico giogo dell’abitudine, che ne vorrebbe sempre sulle medesime orme. E questo l’unico mezzo di non lasciare che la nostra musica drammatica decada da quel grado cui la recarono i sommi che precedettero e ancora fioriscono’: è il mezzo di farla progredire pur anche, non essendo finora esclusa la possibilità di un ulteriore progresso. L armonia e la melodia hanno acquistato tutta l’ampiezza, tutta la pieghevolezza necessaria all’espressione di ogni af» l’etto. L’orchestra ha acquistato una mirabile ricchezza di caratteri, e grazie ai miglioramenti a poco a poco introdotti nella costruzione dei diversi istromenti, e ai buoni-metodi di trattarli, questi si sono resi capaci di obbedire a tutte le esigenze di un avveduto compositore. Poco adunque o nulla rimane ad aggiungere alla ricca suppellettile di cui ci troviamo abbondantemente forniti. Ma non sempre il perfezionare richiede di aggiungere-, ei può consistere nel fare un uso migliore di quello che già si ha, nel variare, nel dare forme più larghe e analoghe, nel liberarsi dalle non ben ragionate abitudini che spesse volte inceppano, impiccioliscono il pensiero. (iSai’à continuato) M.° il a imondo BoucheuonCAUTELE IO OSSERVAZIONI ESTETICHE. PENSIERI - ECC. Gentiliss. sig. Estensore Firenze li. Mi rimproverate dolcemente nell’ultima grata vostra la indolenza clic pongo nel trasmettervi articoli per la Gazzetta Musicale, c mi stimolate a sortire dal mio dolce riposo! Grazie della buona opinione clic cosi mostrate nutrire di me e dei meschini mici scritti. Avranno eglino ragione, però, i lettori del vostro foglio di esserne grati ad ambedue; a me, se compiacendo alla vostra esortazione mi pongo a schiccherare un articolo, a voi, se ne fate a loro regalo in una delle prossime pubblicazioni? - Permettetemi che ne dubiti alquanto. Pure, se per empire in qualche modo una colonna del giornale vi fosse indispensabile l’opera mia, non intendo rifiutarcela, ed eccomi anzi a compiacervi. Ma qui mi sorge davanti la solita difficoltà. - Qual subbictto mi proporrò io a trattare? - Vi confesso che la risposta a tal quesito è stata per me sempre di tanta difficoltà, che ad essa principalmente dovete se di rado, a detta vostra, vi trasmetto mici articoli. Infatti, ognivollachò, in luogo di occuparmi di critica attuale, di che spesso mi manca il modo, vorrei slanciarmi nel campo dell’astratta artistica o scientifica speculazione, mi avviene che, preso a trattare un subbiclto, quello di mano in mano che vo scrivendo mi si vicn tanto allargando sotto la penna, clic vedendo l’incominciato articolo assumere a poco a poco quelle terribili gigantesche forme del trattato, c disperando potere acconciamente dir tutto che vorrei in brevi parole, getto scoraggiato la penna e lo scritto, passano le intiere giornate, ed i corrieri fanno intanto regolarmente le loro corse tra questa c codesta città, senza però clic abbiano a recarvi un solo periodo, da me vergato; lo elio in fin d’ogni conto la coscienza mi avvisa non esser gran danno nò pel vostro foglio nè pei lettori di esso. - Ma se irremissibilmente questa volta la posta non deve partire senza qualcuna delle mie ciance, eccomi fervorosamente all’opra, c siccome questo micro-tosco-musico-cosino in clic mi trovo non mi presenta al momento convenientemente subbictto lo be rcviewed, come direbbe un giornalista inglese, cosi per criticare pur qualche cosa, andrò a scovare il subbictto criticabile perfino nei fogli della nostra stessa Gazzetta; e a tal uopo precisamente dal fondo dell’ultima colonna del N. 41 dell’annata corrente, dove in santa pace riposa tranquillo, trascinerò senza pietà sull’arena della controversia un mcmbrelto del primo periodo dell’avvertimento, diretto in lettere majuscolc, carattere filosofia di forte impressione a Ai Signori Lettori, a - In quel primo periodo si va dicendo che per la stagione teatrale della decorsa fiera di Cremona il coreografo Morosini compose un nuovo ballo nel quale con ottimo divisamente introdusse un coro vocale.. (1) Ora, credereste voi che quelle tre povere parole, clic qui ho segnale in corsivo, sono stale per me un vero eculeo, una corda, un incubo, un purgatorio, un inferno, dallo sventurato momento in che le lessi, c clic solo a scaricare con uno sfogo criticoespansivo dell’animo sopra di voi, e (quel che è peggio) per rimbalzo sovra i poveri innocenti lettori le (1) L’Estensore della Gazzetta Musicale era assente da Milano quando si inserì queW’avvertimento, e la persona da lui provvisoriamente incaricata della redazione lo diede come articolo comunicalo, declinando cosi dalla responsabilità di quanto in esso diccvasi. La Red. pene clic mi opprimono sono dedicate le. se; role? - Comincio dunque, la mia diceria. 0 quell’inciso» con ottimo dioisamento u si riferisce in genere al divisamente d’introdurre dei pezzi vocali nei balli pantomimici, o, in un senso più ri- f stretto c speciale, dichiara ottimo il divisumcnlo di averne introdotto uno nel ballo di cui ò menzione ncll’avycrliiiicnto. Nel primo caso contiene un giudizio, che, richiamalo al tribunale della ragione, mi pare non possa meritar plauso, in quanto che contrario ai principi elementarmente essenziali alle arti d’imitazione: nel secondo, al contrario, potrebbe forse esser giusto. Ora quale di queste due significazioni debba aversi per vera nel caso nostro, non chiaro apparisce dal contesto dello scritto; mi pare però poter dire clic là erroneità del senso generale c basata su tali principi j che escludono quasi assolutamente la possibilità che il senso ristretto c speciale sia vero. Sia intanto discorso del significato generale e assoluto. Quale, è il fine prossimo delle arti belle?-La imitazione della natura, ond’ò che anche arti d’imitazione o imitative son delle. Credo mi si concederà ritenere questo principio generale come ammesso da lutti, senza che mi deliba dilungare a giustificarlo con ragionamenti, che potranno occorrer piuttosto per indagare le leggi particolari ed i modi diversi della imitazione. Intorno a che sia per ora quello che esser si voglia: questo osservo soltanto, tutte le arti imitative aver ciò di comune, clic più o meno completamente e dappresso rivaleggiano con la natura,-risvegliando nell’animo dell’uomo, per mezzo della imitazione, sensazioni analoghe a quelle che vi produce ciò clic nella natura stessa esiste realmente. Se però per un lato questo vincolo identico le unisce c pareggia, dall’altro un diverso processo d’imitazione una dall’altra le distingue, servendosi ognuna di mezzi imitativi speciali che le son proprj. E qui prendendole ad una ad una più specialmente in considerazione, tra tutte primeggia la poesia. clic ad imitar la natura si serve della parola, con che lutto descrive, lutto rappresenta. A lei tengon dietro in grado di presso a poco egual dignità la pittura, la scultura, la musica, dello quali la prima, ad mutazione della natura, si serve delle linee e dei colori, delle forme materiali senza i colori la seconda, dei suoni la terza, sia clic li tragga dagli stromcnti, sia che dalle umane voci li ottenga, c, maritandoli alla poesia, divenga canto. Dei quali mezzi d’imitazione o isolatamente, o collettivamente, essa si serve, del pari che la pittura di quelli clic specialmente le spettano, rinunziando talora all’uso illimitato di tutti i colori per attenersi alle varie gradazioni ih un’unica tinta o all’impiego delle sole linee variamente modificate. - Ed a queste altre due arti d imitazione tengon dietro; ambedue, però, a qualche distanza, ma per ben diversa ragione: la prima, l’architettura, perchè più da lungi la natura imitando nella sua positiva austerità più si accosta alla gravità delle scienze; la seconda, la mimica, perchè, mentre scrvcsi in certo modo come stromenlo d’imitazione dell’essere più nobile della creazione, dell’uomo stesso, lo priva per servirsene della qualità caratteristica ed essenziale per cui si sviluppa la sua perfettibilità c sociabilità, della favella voglio dire, cui solo incompletamente supplisce per mezzo di un manchevole linguaggio di gesti (I). (1) Ben s’intende che parlando cosi della mimica la considero come arte d’imitazione per sè stessa, e non come associala alla poesia declamata, di cui è necessario e nobilissimo accompagnamento. E del gesto scompagnato dalla parola ch’io parlo, i di considerare quasi simile al lizzato: nel che se io erri noi so. Veduto per caso da taluno il sopiatrascritto articolo, mi ha fatto le meraviglie per non avere io annoverato tra le arti belle il ballo o danza propriamente detta. Se si fosse trattato della declamazione, che io però considero come una dipendenza delta poesia, non mi avrebbe ciò sorpreso, ma che vi possa essere chi sul serio annoveri il ballo tra le arti belle mi recò non lieve meraviglia. Vorrei mi si dicesse un poco che cosa prende il ballo ad imitare. No clic desso non è imitazione, ma in certo modo un prodotto della natura esso stesso; ad ottenere il quale maggiormente perfetto si preparano c rendon più atte le membra deH’uomo per mezzo di esercizi insegnati da un’arte che non ha diritto a sollevarsi oltre la serie di quelle die son dette ginnastiche, utilissime alcune, altre comode, altre piacevoli, altre inutili, delle quali il novero incomincia con l’equitazione, il nuoto, la scherma, ecc., c finisce coi giuochi di anelli, di palle c di bacchette dcU’indiano jongleur. o unicamente v [p. 207 modifica])j Oltre però il fine prossimo o immediato della imi| fazione della natura, hanno le arli imitative; o almeno C aver dovrebbero, uno scopo ulteriore morale, dal clic j traggono maggiormente la nobiltà loro. Entrare in i una disquisizione a ciò relativa sarebbe qui fuor di luogo, di fronte allo scopo clic nel tracciar queste linee mi son proposto, e che ben rammento esser soltanto il dimostrare che la introduzione di pezzi cantali nei balli pantomimici è, in generale, errato divisamcnlo. Se ognuna delle arti belle o imitative ha una serie di mezzi o linguaggio d’imitazione clic le è propria, è un confondere malamente cose che debbono essere separale c distinte, il dare a prestanza all’una il linguaggio che all’altra appartiene. E questa una di quelle sentenze, la verità delle quali più forse si fa sensibile al sentimento mediante esempj appropriati, di quello che le convenga un’argomentativa dimostrazione. - Cosa di più strano potrebbe, infatti, immaginarsi, che, per esempio un basso rilievo dal campo del quale, dipinto accuratamente c con veraci colori dell’aspetto di vaga campagna, staccassero scultc le bianche marmoree sembianze dei nostri primi padri? - Cosa diverrebbe fuor clic un miserando fantoccio la stessa Venere medicea, se di colori fosse al naturale impiastrata? - E chi, in fine, potrebbe trattenere le risa in faccia a un poeta, clic declamando alcuni suoi versi, in cui con tutta la potenza di una bella poesia fosse descritta la pugna di due forti guerrieri, giunto a dire come uno dei due soggiacque ai colpi dell’altro, si ammutolisse ad un tratto, c, anziché con le parole lo desse ad intendere agli allenti uditori coi gesti? - Dcnique sii quotivis simplex dumlaxat cl unum, c’insegnò il Vcnosino, e contrario tanto all’unità che alla semplicità riuscirebbe questo balzare nella stessa produzione dal campo di una in quello di altra delle arli belle, del pari che lo sarebbe dipingere una bella donna che turpiler alrum desinai in pisccm. E lo sarebbe perché i mezzi d’imitazione sono in questi casi di diversa natura, perchè dipendono da una diversa idea primitiva. E per rapporto al rispetto con cui debbon guardarsi i confini che l’una dall’altra le arti belle dividono, che potrebbe congniamente, a mio credere, ripeterai quello ebe con intendimento diverso ne insegnava lo stesso illustre, quando ci ammoniva clic «sani certi dcnique fincs, Quos ultra cilraqtic ncquil consistere recium h. Ogni volta che un artista imprende a dilettare con un lavoro spettante all’arte clic professa, ha luogo tra lui e gli uditóri o li spettatori in certo tal qua! modo una convenzione, un concordalo, per cui, rinunziando è l’uno e gli altri alla generalità dei mezzi con clic la natura può imitarsi, stipulano esser contenti che si ristringano ad un genere solo. I colori, le ombre, le lince promette il pittore; le forme materiali senza i colori lo scultore, c cosi via discorrendo; c di ciò solo promettono contentarsi per parte loro gli spettatori. Per quanto strana possa sembrare questa idea, non meno però la mi par vera, se considero che questo concordalo è appunto il fondamento di tutta la illusione nelle arti. Ora, se quando non senza un certo sforzo è riuscito allo spettatore o all’uditore d’illudersi, gli si richiamano alla mente i mezzi d’imitazione cui si era indotto a rinunziare forzandolo a riflettere a ciò che ha di manchevole l’arte di che sta intrattenendosi ( ed ogni arte cónsidcrata in relazione alle altre è in alcun clic difettiva ), trovasi rotto in un tratto quel fascino sotto l’influenza del quale si stava, c, ritornando egli freddo e assoluto padrone di se, trovasi spoglio e privo di ogni illusione. Perchè avviene che ci disgustano quelle pitture in cui gli antichissimi maestri, con una bonarietà degna in vero dei loro tempi, diffidando di giungere a far sì che le figure da loro effigiate esprimessero ciò clic pure avrebber dovuto esprimere, appiccavan loro alla bocca svolazzanti dipinti cartelli su cui scrivevano parole convenienti alla situazione rcspeltiva? Appunto perchè quel meschino artificio ci fa tanto più sentire quanto in quei dipinti siavi di manchevole; perchè gettandoci all’improvviso dal campo della Pittura in quello della Poesia, fa si che restiamo nello sbalordij mento della disillusione. E cosi è nella mimica, se, ■ dopo esser riusciti a far si clic gli spettatori si con» tentino che ad esprimere affetti non solo ma perfino | le idee si usino gesti soltanto, si torna all’improvviso ■ a far uso della parola. Troppo grande è il sacrificio cui assoggcUaronsi rinunziando alla ricchezza del linguaggio parlalo per contentarsi di quello dei soli gesti, per richiamarli cosi inconsideratamente a rifletj torvi sopra! E, come ognun vede, ciò clic dissi della | nuda parola, può dirsi pure della parola sposata ai; numeri musicali o del canto (1). Per queste cose, dunque, che meschinamente e | come la pochezza mia pcrmcttevami andava io sviluppando, ma che in sostanza sembravanmi vere, credo dover concludere che il divisamento d’introdurre pezzi cantati nei balli pantomimici sia deplorabilmente mostruoso, c come tale da condannarsi, perchè contrario alla retta ragione ed al principio essenziale clic le arti di bella imitazione governa. Resterebbe ora a vedersi se tal divisamento fosse plausibile in vista delle speciali circostanze in cui il Morosini lo concepiva. Ma a ciò converrebbe conoscere l’argomento del suo ballo, che per vero mi è ignoto del tulio. Pur nonostante riflettendo alla natura delle ragioni che mi hanno fallo scendere alla generale sentenza da cui sopra, io non so concepir modo clic l’innesto potesse essere convenientemente eseguito. Ma essendoci detto clic il ballo del Morosini era di genere fantastico, potrebbe credere alcuno che»0" dovesse procedersi con lanlo rigorismo di critica. E, cerio, se per fantastico dovesse intendersi qualche cosa quasi di matto, come pare oggi da taluno s’intenda, non vi sarebbe modo di replicare. Ma quantunque anche la pazzia possa essere subbictto d’imitazione per le arti belle, (c chi negherà il pregio di bella poesia a quelle stanze in cui ii Ferrarese descriveva il furore di Orlando, o non sarà commosso alle noie con clic Pace coloriva i dclirj del padre di Agnese?),, anche ciò ritenuto, coni’ io diceva, non polrcbbe poi scendersi a sostenere da senno che le orli stesse debbano o possano esser malte nel loro esercizio, e fallo d’agni libito licito in lor legge, disprczzino a capriccio lo leggi fondamentali su cui riposa 1 edificio dcll’arliNò cerio.... nò certo credo la finirci sì in fretta, se volessi dar libero corso a tutte, le ciancc che mi prenderebbe ii ticchio di fare: ond’6 clic ad evitar si gran danno interrompo qui iljgià soverchiamente lungo corso della mia cicalata, che rimetto intieramente al vostro giudicio, signor Estensore, ecc., ecc. Abbiatemi intanto sempre pel vostro affezionatissimo L. F. Casamobata. (t) Non vorrei le mie parole fosscr prese da taluno in un senso ben lontano da quello clic intendo esse abbiano, quasiché volessi sostenere non possano le arti belle associarsi cd insieme, unite cospirare allo stesso fine. Nnllajio clic dire contro q_ucsta associazione, clic scirc. Cosi la pittura e la scultura congniamente si associano all’architettura per decorarne gli edifici: cosi alla mimica si unisce la musica, come la si unisce alla poesia, ^pcr renderla più espressiva c gradita. Se le arti però lo fa coi mezzi clic le son propri c con’essenziale indipendenza dall’altra nel loro impiego. Cosi,nel primo sSSsSiHIBES che senz’esse sarebbe, redificio^uf’séràono adecorare! cosi quella musica c compiuta e ni sé perfetta anche mitazione*chMo, s^nd^VmìòtSpdo divederci1 condanno. MUSICA SACRA (Articolo comunicato). Nelle solenni Esequie pei defunti della Società Filarmonica di S. Cecilia, celebrate nel tempio di S. Martino in Venezia", fu riprodotta per desiderio unanime la messa da Requiem, che il chiarissimo maestro G. A. Pcrotli faceva eseguire la prima volta nella basilica Patriarcale di S. Marco nei funerali Soldini. Lo stile di questa musica è sacro, sacra la forma dell’istrumentazionc, sacro il carattere che il dotto maestro impresse in tutte le parti del suo lavoro. L’estetica, c la filosofia gli rivelarono nell’unità del concetto la.varietà delle gradazioni di quelle armonie c melodie, che la feconda sua imaginazione seppe creare, c l’arte lavorò con splendida copia d’istromcnti.! Flebile lamento geme intorno all’ara dell’espiazione: (; voci fioche pregano pace agli estinti: poi all’improv- < | viso una terza maggiore muta il pianto in un palpito < | di g’oja, crescente sino al grido dell’inno, cui segue ‘! la calma; c I’ eterna requie scende a rallegrare d’inefj fabilè dolcezza l’animo del pio credente, memore in: quell’istante de’suoi cari, clic lo hanno preceduto nel i sonno della pace. Il medesimo concetto del Requiem è ripetuto al post Communio, ed al Libera me Domine, c savio accorgimento fu questo del signor Perolti, clic volle conformarsi allo spirito della Chiesa, la quale ivi ripete la stessa preghiera. Nel Te tlccel htjmnus prendono i bassi, i tenori rispondono, poi i contraili, ed i soprani; le (piali voci accompagna una istruinenlazione originale, che non le nasconde, ma le rinforza e le armonizza in modo varialo c beilo: passando quindi all’accento della preghiera traduce con pietose note le parole, cxaudi oralionem meam, c tosto riproducendo il soggetto diritto, c retrogrado, con modo sempre più vibrato compie una fuga, in cui sviluppa tutta la potenza della triade armonica, sotto l’azione della fantasia creatrice c dell’ingegno calcolatore. Nella terribile agitazione del Dies ine: nel clamoroso del Tuba mirum, nell’andante mosso del Mors slupcbil, nel Rcx trcmcndtc mqjestalis, e in tutti i pezzi di forza l’espertissimo maestro fe’sentire quanto potente fosse l’orchestra eli’ei dirigeva, c quanta la sapienza sua nella difficile arte dell’istrumcntaziono. Nel versetto Libar scriplus profcrctur rivelò il senso filologico delle parole, in quo loluin conlinclur proponendo un soggetto fondato sui tre accordi generatori, nei quali l’essenza dell’arte è riposta. Qui è da osservarsi un singolare pregio del maestro, clic seppe tenersi lontano dall’abuso delle reboanti orchestre, il cui effetto è rintronamento di orecchi. Egli tradusse le sacre parole con soavi melodie nel metro dell’inno, c nei modi affettuoso, devoto, solenne, allegro, c versando intorno alle armonie una islrumcntazione naturale c facile, ottenne mirabili effetti. Nel Recordare concertò tre voci accompagnate dagli Oboe, c dai Clarini, e ne trasse un concento celeste. Una voce dolente esprimeva la contrizione, della preghiera Oro supplex, cui accompagnavano due Corni, rispondenti a quel pianto, a quel dolore. Nel Laergmosa dies illa è riprodotto il primo motivo clic costituisce I’ unità della composizione, completata da una fuga sulle parole Die Jcsu Domine lavoro di profonda scienza delle armonie. L’erudito maestro nel Sanctus ripetuto tre. volle ricordò, essere la sacra liturgia non umano ritrovato, si bene inspirazione del grande Apostolo, che in Patmos scrisse quanto avea veduto in un’estasi divina; ricordò, clic colle forme dell’Ara santa, dei candelabri, delle corone di fiori, dei cerei accesi dei turiboli, versanti odorosi incensi (pici gran Profeta ebbe dai Cicli il tipo fonico del culto esterno, che rivelò poi alla Chiesa universale. Il quale divino concetto, sdegnoso dei brevi periodi della cavatina, c della romanza, recondito come l’arcana lingua della Bibbia, il valente Pcrotli traducca col terribile c sublime manifestazione dell’immensurabile potenza degli accordi, j Queste parole di lode scrive un amico dell’illustre i maestro Pcrotli, consolalo di trovare in Venezia vivo J ancora il genio della.Musica Sacra. E ilici dicca il |l grande Mayr. Nella mia diletta Venezia arde ancora j! il sacro fuoco; custode di quello vegliava un tempo i| il mio maestro Bertoni, vegliò Furlaiietlo; ora tro- il vcrai il maestro Pcrotli, a cui ricordami spesso amico, ammiratore..46. Rcrnardo Bianchi. I. R. TEATRO ALLA SCALA Giovedì sera ebbe fine la stagione autunnale pel nostro grande teatro; la folla era compatta nella platea, l’aristocrazia c la bellezza brillavano nei palchi; persino il loggione presentava il suo inesplicabile aggomitolamcnto di persone, che sembrano innalzarsi le une sulle spalle delle altre: era insomma uno di quei magnifici teatri che rallegrano lavista degli spettatori, e che fanno sorridere le fronti degli impresari. La pluralità di questo pubblico rispettabile c numeroso era accorsa per festeggiare con un ultimo c grandioso trasporlo d’entusiasmo il talento meraviglioso c l’inarrivabile esecuzione delle Milanollo, che davano, fatto unico nei fasti delle nostre accademie, il loro oliavo concerto, ili inutile dunque il dire clic la parte più eminente dello spettacolo fu costituita dai pezzi suonati da queste due celebri fanciulle, c che il resto non fu clic la cornice, più o meno apprezzabile, del quadro, per continuare la metafora, formalo dalle note sgorganti sotto i magici archetti delle microscopiche arlislc. La nostra Gazzella s’è già varie volte occupala delle j Milanollo, ed ha cercalo di adoperare a vicenda il ] suo vocabolario jaculatorio ed artistico nel costatare «la apparizione ed i successi di questi due astri musicali clic scintillano d’una luce si pura c sì slraordi [p. 208 modifica]naria. Era un fallo troppo interessante pell’arlc, perchè l’analisi e l’elogio, ma un elogio sentito, profondo, senza riserve, non dovessero scorrere con profusione per festeggiare due fanciulle che calme, tranquille, modeste, ignorando quasi l’immensa loro superiorità, venivano a gettare lo stordimento nella testa degli intelligenti, la meraviglia in quella di tutti. Ma appunto perchè questo giornale ha adempito senza parsimonia, per quanto era possibile, agli obblighi della propria missione, io, l’umile relatore dell’ultimo concerto, mi trovo nellimbarazzo o di riprodurre delle idee già emesse, o di restringermi a narrare con rapide parole la semplice storia della brillante serata. Ed io mi atterrò a questo secondo partito. Lasciando dunque ogni finse d’elogio divenuto oramai inutile ed impotente parlando «Ielle Milanollo, accennerò come ciascuno dei sci pezzi clic furono da esse suonati, venisse coronato da una tale tempesta e furia di grida e di applausi, che pochi dei passati trionfi possono essere a questo paragonali, nessuno dichiarato maggiore, lo non indicherò il numero delle chiamate, ma costaterò colla stessa compiacenza con cui fu applaudito dal pubblico, il gentile pensiero di chi volle dare una splendida testimonianza di animirazione alle sublimi fanciulle, facendo in modo clic terminato l’ultimo pezzo il palco scenico si aprisse per presentare il tempio della gloria, mentre un grazioso fanciullctto, scendendo dall’alto, ponea sulle gentili leste delle sue coclancc due eleganti corone. Se quanto ci si disse ò vero, e noi lo crediamo assai volentieri, clic sia stata cioè l’impresa del nostro grande teatro, quella che indovinò ed interpretò con tanta cortesia il desiderio del pubblico, noi la lodiamo jsenza restrizione, giacche siamo sempre pronti a metterei inischicm con chi erede essere cosa nobile l’onorare la difficile ed ahi! troppo rara associazione del genio, dello studio, della modestia. Era i tre pezzi nuovi suonati dalle Milanollo citeremo un duetto per violino composto da due giovani allievi dei nostro conservatorio, che senza offrire grande novità nella composizione, ò però scritto con disinvoltura, con gusto, ed ò tale da produrre molto effetto sul pubblico. La Teresa Milanollo prese congedo dal pubblico colla fantasia e capriccio di Vieux-temps, di cui si chiese e si ottenne, come nelle altre sere, la replica. Questo pezzo sarà sempre, a quanto ci pare, il pezzo-monstri: clic porterà all’ultima concentrazione il fanatismo degli uditori. Nulla può dare una idea più completa, più esalta, più abbagliante del senso «Iella terribile parola perfezione al pari di questa fantasia eseguita dalla Milanollo; sono il sentimento, la delicatezza, l’espressione, l’arte, nella loro manifestazione più affascinante, nmmalgamatc in un assieme meraviglioso, clic stabiliscono un’elettrica communicazione di divine sensazioni fra il pubblico e questo angioletto, che fa piovere delle note d’una purezza, di una soavità, piuttosto celesti che umane. È facile il prevedere che gli altri frammenti componenti lo spettacolo della sera, doveano ricscirc languidi e di piceol effetto per un pubblico, che s’apparecchiava a subire od avea già subite delle sensazioni tanto eccezionali. Ad ogni modo, per adempire con esattezza all’ufficio di storici, indicheremo clic il largo del secondo atto dèli’ opera del maestro Bnjctli ebbe l’onore della replica, e clic l’aria finale della Lucia cantala dalia signora De Giuli, valse all’esecutrice una chiamata. Due nuovi passi a due, l’uno assai gentile composto dal Blasis per due sue giovani e brave allieve, la signora Fuoco e la signora Baderna, e l’altro composto da Mcrantc per sé stesso e per la Bcaucourl, furono festeggiali da applàusi e chiamate. Lo due allieve del Blasis mostrarono molta abilità e molta eleganza, e massime la signora Baderna sfoggiò dei passi d una difficoltà che avrebbe fatto impallidire forse più d’una delle grandi illustrazioni della danza. Questa fanciulla lui, come la signora Fuoco, un bell’avvenire innanzi a se, e farà mollo onore alla scuola, diventila ornai celebre, del nostro maestro di perfezionamento signor Blasis. E cosi fu chiusa la stagione autunnale del noslro grande teatro. NOTIZIE MUSICAL? — Ro.ua. Il Conte ili Lavagna di Tcodulo Mabellini che ncH’cstatc scorsa al primo suo apparire a Firenze ebbe luminoso esito, prodotto ora sulle scene di questo teatro Argentina fu accollo con entusiasmo, ed il compositore che qui venne a dirigere le prove ottenne veraci congratulazioni. In questo spartito il più forte allievo di Mcrcadanlc fu meglio inspiralo che nel /lolla. Impone e trasporta la stretta dcU’introduzionc; patetico si è l’andante ddl’aria della Barbieri; degno di rimarco per condotta e per concertazione giudicossi l’adagio del linaloi; -la vaghezza delle cantilene c la venustà dell’intreccio resero assai gradilo il duetto delle donne. Oltre gli or citati distinti pezzi uc esistono molti altri che racchiudono de- brani commendcvoli e che meglio potrebbero apprezzarsi se in certo qual modo qua c là non fossero offuscati da preponderante robustezza nell’istru-. mentazione, da confusa complicazione nelle parli armo- I niche, da frasi di soverchio aggirate fra le modulazioni, dai canti ricercato ed a salti, e da troppo alla tessitura de’soprani e de’ tenori,in ispecie nelle strette de’ pezzi concertati: difetti più da attribuirsi al fatale sistema che invalse la nostra musica mclodràmmalica, che al giovine maestro, il quale per acquistare a se e alja propria patria maggior onore, dovrebbe aver ben fermo in mente che l’oricalchico strepito e le grida distruggono il ragionato effetto musicale, straziano l’orecchio dell’uditore e rovinano gli esecutori. In complesso il Conte di Lavagna non è indegno di figurare nei principali teatri a canto alle più acclamale opere della giornata. (da lettera del 22) — Venezia. Alcuni giornali accordarono la piena loro approvazione allo Spartito del maestro Galli intitolato TVarbek recèntemente comparso al teatro di S. Samuele. Giova sperare che riprodotto sopra altre scene avrà l’incontro di Pordenone, Zara c Venezia, c clic si verificheranno le speranze che l’autore del TVarie* fa concepire. — Qui si attende impazientemente l’arrivo delle portentose Milanollo: già da un pezzo ogni giorno ognuno si fa domanda se alla fine sono approdate in questa capitale. - È già venuto il pianista Jacel (1), ragazzo di due lustri, di cui diconsi meraviglie. Che angelico trio faranno I — Genova. Il celebre pianista italiano Dòhlcr fu qui di passaggio. Non si fermò clic due giorni. Chi mercoledì ebbe la fortuna di ammirarlo in una cospicua casa rimase incantalo dalla finita,nitida c brillante sua esecuzione nella fantasia sul Guglielmo Teli e dalla toccante espressione nella Serenata c nell’addio di Schuhert, che acquistarono maggiori attrattive eseguite sopra un pianoforte verticale della rinomata fabbrica Pleycl c C. a Parigi. L’illustre patrizio genovese, sig. Gian Carlo di Negro, mosso da entusiasmo, sorse ad improvvisare alcuni inspirali vèrsi in lode dell’esimio artista,anche in questa occasione dando bella prova della sua gentilezza d’animo e del preclaro suo ingegno. Dòhlcr s’imbarcò per Marsiglia. — Da una orchestra composta di circa -120 parti e da una proporzionata coorte di cantanti [nel giorno di S. Cecilia si eseguì una solenne messa espressamente immaginala dal maestro Gambini, il quale non c solo da qualificarsi fra i più abili coiliposilòri-piónisli d’Italia, ma merita eziandio un posto fra i migliori che il loro talento applicano a celebrare le glorie d’iddio, siccome quello che uc suoi componimenti per chiesa con criterio sa togliersi dalle forme usitatc in teatro. I pezzi che riuscirono di maggior effetto furono il Iiyric, il Cam sancto spirilu ed il Qui lollis, questo ultimo con lodevole intelligenza interpretato dal tenore Caggiati. — Bologna. Gli Sludj di Golinelli, maestro di pianoforte ai Liceo musicale, alla metà di dicembre vedranno la luce in Milano presso Ricordi ed in Parigi presso Troupenas. Trattasi di un lavoro clic deve produrre non comune sensazione, e che estenderà la fama del bravo nostro pianista, il quale quanto prima si rivolgerà a Parma c probabilmente auebe alla capitale della Lombardia. — Fibknzk. La Società filarmonica prepara l’esecuzione vocale c strumentale delle Selle parole di Uaydn che con invito mai eransi eseguite. - Dòliler diede uua brillante accademia in cui si distinse anche il violinista Giovacchini, allievo dell’egregio Giorgetti, suonando due pezzi insieme al grande pianista. — II Sogno d’unu notte d’estate, dramma fantastico di Shakspearc, posto in musica da Mendelsshon fu rappresentato quattro volle di seguito sul rcal teatro di. Bcrliuo, con grande successo e alla presenza di una folla di spettatori ammirati. — Come c solito fare dappertutto Listz ha dato a Monaco una grande Accademia a benefizio dei poveri. Una porzione dell’introito venne destinata a metter insieme la pensione per una piazza nell’Istituto aperto a favore dei ciechi. Il Re di Baviera decretò che quella pensione fosse chiamata Premio-Listz. Egli 6 a questo modo che si onora il gonio e si nobilitano le arti. A vanto della classe de’virtuosi è a dire che simili tratti di virtù filantropica non sono rari. Valgano a compenso dei tanti tesori che l’egoistica opulenza profonde in un lusso inutile, c in una ostenlalricc munificenza. — Dreyschock continua il suo giro trionfante per la Germania. Dovunque egli è accollo con entusiastica ammirazione. (i) La Gazzetta di T’entzia del 2S parla con stupore ed entusiasmo del triestino Jacel, oltremodo ammirato al teatro Gallo in due accademie, ove fra va ri i pezzi esegui la fantasia del Mosè di Thalbcrg c io studio del trillo di Dòhler. — Fra i tanti c tanti giornali francesi che ebbero a riferire con maggiore o minor pompa di frasi il grande trionfo del Dom Sébastien de Portugal, la sola Gazette gj Musicale de Paris si fa lecite alcune osservazioni critiche o intorno ai valore più o meno contestabile del nuovo (7 capolavoro donizettiano. Osserva essa fra le altre cose, g che, a cagione della cupa natura del poema, la musica I veste una tinta di tristezza forse un po’ monotona, e! conchiude coll’affermare che il Dom Sébastien, non è da notarsi fra i migliori spartiti di Donizclìi (i). Al contrario parlando della Maria di Ilobati è larga di tali elogi alle bellezze potentemente drammatiche di questa musica che di rado la vedemmo profonderne di maggiori. Parlando in ispecie del terzo atto di quest’opera la Gazette Musicale de Paris ne dice: - Le troisième acte est rempli par une suite de scènes énergiques ou le talent du musicien s- est soutenu à une grande hauteur. La situation est magnifique, mais il l’a comprise et traitée avec tout le sérieux désirable, et c’est l’acte le plus complet qu’il ait peut être écrit. Tout est vrai, éloquent cl pathétique dans le duo de Marie cl de Chalais; la prière de Marie, l’all’de Chevrcusc, et les scènes finales entre celui-ci, Marie et Chalais. Qu’on découpe à volonté toute cetleglramej en fragments, qu’on appelle arbitrairement airs, duos et trios; ce ne sera jamais qu’on magnifique ensemble ou les entrées et les sorties des acteurs ne fout aucune solution de continuité pour l’auditeur constamment emu et surexcité *. Questi elogi tributati al genio fecondo del nostro Donizetti sono tanto più da pregiarsi in quanto che la Gazzetta Musicale di Parigi si addimostrò sempre animata, verso il celebre maestro lombardo, da uno spirilo d’imparzialità clic talvolta polca facilmente scambiarsi per rigorismo soverchio. — Si cita un fatto singolare ultimamente accaduto a Weimar, ove alla rappresentazione di non so quale tragedia tedesca, gli attori indispettiti al vedere il piccolo numero di spettatori radunati nella platea, si diedero a fischiare il pubblico, colpevole di avere osato ci stesso manifestare a questo modo la sua disapprovazione, composto coni’ era di sole sette persone, numero troppo limitato per poter competere con vantaggio contro l’intera compagnia de’recitanti fiancheggiata dal personale dell amministrazione. Avvenne quindi che per questa volta fu il pubblico clic dovette cedere e ritrarsi dal teatro! Non vorremmo che questo caso riuscisse di cattivo esempio a qualcuna delle nostre meno fortunate compagnie comiche. — La direzione del Couvent-Gardcn, uno de’principali teatri di Londra, si dichiarò in istato di fallimento. Giorni fa, mentre gli artisti eransi radunati per le prove del Re Lear, tragedia di Shakspearc, venne loro annunzialo che stante il tristo caso accennalo, le rappresentazioni cesserebbero c che tutta la guardaroba spettante agli artisti era stata posta sotto sigillo. (1) A questo giudizio forse troppo severo della Gazzetta Musicale, ne piace contrapporre l’articolo dato nel giornale del Débats, da quel Berlioz che non fu mai inclinato a parziale benevolenza verso i viventi compositori italiani, e può anzi dirsi il porlainsegne di un antagonismo musicale non sempre felicemente sostenuto degli eletti della moderna scuola francese contro i discepoli della nostra. E puro Berlioz, così rigido, cosi puritano nelle sue teoriche, così duro nell’applicazione delle sue dottrine estetiche alla critica, questa volta fu ammansato dagli incanti della musica di Donizetti, e recò del Dom Sébastien tu» tale vantaggioso giudizio che esso solo vale un trion fo pel nostro compositore. SCOVA PUBBLICAZIONE MUSICALE IlELL’l. n. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVII.EG." Dì GIOVANNI BICORDI mmim 1*l’.01 TUE VOCI f’S/c^u’a.no & r(Bcnorc, CON CORO A PIACERE etl acconti».0 Organo POSTA IN MUSICA DA p&mmdq amsiMïiaîiii ISS21 Er. 1 SO GIOVAMI RICORDI EDITOBE-PROPBIKTARIO. Dall’I. K. Stabilimento Razionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria c Tipografia ftlusiealc di GIOVARVI RICORDI Contrada degli Omenoni zV. 1720.