Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 41

N. 41 - 9 ottobre 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 41

DOMENICA
9 Ottobre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


ESTETICA MUSICALE. Precetti Artistici applicati alla musica. (ìhticolo ii (°)). Moius in fine velocior. Ogni volta che la potenza del genere della vita si mostra vittrice della potènza che l’oppugnava acquista diritto alla nostra stima, alle nostre lodi. Se poi, durando alcun tempo la lotta, la medesima potenza vitale si mostra non solo vittoriosa, ma piena di esuberante energia, quando appunto saremmo inclinati a crederla stanca-, allora ne suscita il sentimento di ammirazione che non manca mai di manifestarsi coi più clamorosi applausi. Tale è il motivo del citato detto, che si può applicare egualmente alla potenza morale e creatrice del compositore, ed alla sveltezza e potenza fisica dell’esecutore. Dico potenza morale del compositore riferendola e a quanto sopra accennammo dell’aumento di artifizio^verso il fine!, e a qualche felice idea novellamente introdotta prima della conclusione, la quale non mancherà mai di effetto se ispirata ed espressiva, e finalmente ancora al semplice ritmo più concitato o all’uso di passi più fraorosi e brillanti, o di maggior bravura, enchè gli applausi ottenuti con quest’ultimo mezzo non sempre siano al compositore dovuti. Ella è questa la ragione della stretta nella fuga, della cappelletta o cabaletta che dirsi voglia, nei pezzi drammatici di qualche estensione, cosi come dei passi più difficili i quali, riservati al fine, non mancano mai di assicurare un trionfo all’esecutore che sa renderli con una certa apparenza di facilità. Ragione che spiega l’importanza del trillo finale egualmente che la vaghezzaTdel capitello corinzio, eil soffermarsi immobile il danzatore dopo molti rapidissimi giri dopo i quali stimasi difficile riprendere l’equilibro. LII. Egli è qui luogo di ricordare il dovere che hanno gli artisti di sagrificare alle grazie, temperando tutte quelle espressioni che si riferiscono a soggetti spiacevoli quando non si possano evitare intieramente. Sebbenelearti debbano non al solo diletto, ma al perfezionamento morale per quanto sta in loro aspirare, egli è però vero che non possono giungere a sì nobile scopo che Fer mezzo di quel diletto che nasce dalesercizio di sensibilità e della vita: eser(a) Vedi il N. 40 di questa Gazzella. DI MILANO La musique, par des inflexions vires, accentuées, et,» pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas» sions. peint tous les tableaux-, rend tous les objets, «soumet la nature entière à ses savantes imitations,» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen» timents propres à l’émouvoir.» J. J. Roussf.au. j! cizio al quale la volontà ricusa di prestarsi 1 se si tratta di oggetti o idee ributtanti. La: vista di un cadavere o di un’orrida ferita fa torcere lo sguardo inorridito, cosi come j le grida stridule e forsennate feriscono inI gratamente l’orecchio e conviene veraI niente che l’artista sia di pessimo gusto, e d’animo tutt’altro che gentile, per lordare sè stesso e l’arte con la rappresentazione di cose che l’urbanità proscrive; massimamente se non giustificate da lodej vole scopo. Il Pittore ed il Poeta, le cui arti possono accennare ad oggetti materiali e determinati e sono per ciò stesso dotate di un’influenza più immediata sulle idee, possono più spesso essere condotti dalla natura dell’argomento ad accennare a simili idee; ma sono in pari tempo con maggior facilità avvertiti della loro sconcezza e bruttezza. Il musico non è meno in pericolo di cadere in siffatti errori senza poterli poi giustificare colla ragione di lodevole scopo morale al quale egli coi soli mezzi dell’arte propria non può mirare che indirettamente. Pel musico sono trasgressioni a sì giusto precetto le imitazioni obbiettive di suoni discordanti, di voci urlanti, di grida smoderate quando si vogliano rendere troppo | fedelmente a costo della buona armonia. Ciò fanno quei concertisti ciarlatani che privi di vero merito cercano supplirvi imitando l’abbajar de’ cani, il miagolar dei gatti, e tante altre scioccherie che il solo idiota applaude credendole cose molto difficili. Più ancora il trasgrediscono quei maestri che disprezzando le leggi più inconcusse della buona armonia, affastellano nelle loro composizioni modulazioni viziose, armonie discordanti, errori d’ogni sorta, sì che se argomentar volessimo il grado di squisitezza del sentire dal modo di scrivere di molti di essi, non privi di felice immaginare e di talenti artistici, saremmo portati a crederne ben ottuso l’organo sensorio. No, le leggi dell’armonia non sono nè convenzioni da cui si possa deviare, nè sono dettate dal capriccio o dispotismo dei maestri istruttori; ma la rivelazione dell’intima natura dell’uomo in relazione coll’arte, sono il limite del bello nell’elemento armonia. Chiuderemo questo articolo con ricordare ai novelli Scrittori la necessità di formarsi uno stile ponendo sott’occhio un’osservazione pur troppo giustissima che ci vien fatta dai critici stranieri alla quale non Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta c alVdnloloyia classica musicale è di Aust. lire 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. I.’affrancazione postale della sola Gazzella per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad.-11111110 lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzella in casa Ricordi, contrada degli Omenoni K.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. vale rispondere altrimenti che colf invincibile eloquenza dei fatti. LIII. A ragione osservano essi che nella musica italiana, specialmente drammatica, ( quasi la sola che abbiamo dacché fummo presi dalla mania delle riduzioni) a partire dalla rivoluzione Rossiniana, non ostante la moltiplicità degli scrittori, trovasi una tale uniformità che difficile ne rende il riconoscere lo stile individuale di ciascuno, e ben poca varietà e meno novità presentano le nuove produzioni. (*) Dipende ciò forse da carattere nazionale? 0 dovremo noi pendere verso l’opinione di chi reputa esaurite tutte le possibili combinazioni e nulla di nuovo ed originale potersi ornai immaginare? Nè l’ima nè l’altra ci sembrano le vere cagioni e perchè riflettiamo quanto varia è dovunque natura e perchè troviamo grandissima differenza di stile e molta novità negli autori stranieri. Rensì crediamo tanta uniformità dei nostri nascere dall’essersi fatti seguaci, anzi schiavi di certe determinate forme e per lo favore che ottennero presso il pubblico, e per la fatica che in seguirle si risparmia. Volgiamo lo sguardo alle nostre opere teatrali, consideriamone le sinfonie, le arie, 1 duetti e troveremo quest’uniformità, queste forme che fanno di essi quasi un medagliere in cui non trovi variati che i tratti delle fisonomie che vi sono effigiale. Sempre le medesime divisioni di tempi, sempre motivi intercalati coi crescendo e negli adagio e nelle cappellelte e nelle sinfonie e nei pezzi concertati. La medesima uniformità si può di leggieri osservare nell’arte di trattare gli accompagnamenti: sempre i medesimi arpeggi o piani o a sestine o a contrattempi o a suoni battuti. Ora qual novità vi può essere mentre si seguono così servilmente le medesime traccio? Fossero anche sempre nuovissime le melodie, sempre svariate le modulazioni vi sarebbe pur sempre monotonia se non si varia la disposizione, e le forme degli accompagnamenti, e non si tralascia di intercalare coll’ornai troppo sentilo crescendo rossiniano (9). (8) Questa accusa ci fanno gli stranieri c specialmente i francesi. Hanno ragione, e pochi 0 nessuno de’ nostri scrittori di musica potino vantarsi di non meritarla. A che serve adunque il ribellarsi? L’amore della gloria nazionale debbe impegnarci a smentire col fatto tale censura, non con polemiche che vane riescono quando non sostenute dal vero. (9) Aggiugni a questa monotonia di condotta quella non meno nocevolc degli accompagnamenti. Cinque o sei forinole di arpeggi c movimenti d’armonia, ceco lutto. È egli questo buon mezzo di ottenere varietà ed interesse? Non mai: chè anzi lo associare queste idee accessorie tanto comuni ad una melodia benché peregrina [p. 178 modifica]Apriamo ora gli spartiti del Guglielmo Teli di Rossini, di Roberto il Diavolo o degli Ugonotti di Meyerheer, della Mula di Portici di Auber, del Tebaldo e Isolina di Morlacchi, del Giuramento di Mercadante, e vedremo clic, sciolti dalla servilità delle forme, ne nasce ben tosto maggior novità, e non essendone men ragionata la condotta, l’interesse ne è più vivo, il carattere più individuato, e il genio più libero spazia. Allo scrittore che veracemente il voglia non sarà difficile formarsi uno stile,purché alla propria immaginazione appresti alimento colla lettura di quegli autori che più si distinguono per originalità. Rossini ebbe immaginazione fervidissima, eppure dopo certo numero di opere sembrò quasi esausto; quando recatosi a Parigi, ed ivi pascolata la mente coi capi d’opera delle scuole Tedesca e Francese, potè prendere nuovo slancio e sorprendere di nuovo 1 Europa col suo Guglielmo Teli, in cui niuna reminiscenza trovi delle opere antecedenti. Ma alla lettura conviene applicarsi non già per imitare il fare di tale o tal altro maestro, bensì per ampliare le proprie vedute e risvegliare la fantasia. 11 vero fonte da cui derivare lo stile è il proprio cuore. Fatto tesoro di idee, conviene studiare sé stesso ed esprimere ciò che si sente; ma sovra ogni cosa conviene guardarsi dalle forinole. 11 ripetiamo; formarsi uno stile non è cosa sommamente difficile, e se riescono i semplici esecutori ad imprimere un carattere particolare a tutto che suonano o cantano, benché lavorino le idee altrui, ben più facile ciò sarà al compositore. Così fecero i grandi artisti d’ogni genere, tempo e nazione, e i loro nomi celebra non peritura fama. Qui non possiamo a meno di lamentare altamente la mancanza di una istituzione in questa nostra Italia, il di cui scopo sia di lar conoscere le migliori produzioni dei maestri d1 ogni tempo e nazione che non possono trovar luogo nei nostri teatri. La quale istituzione potrebbe recare in uno tre sommi vantaggi. L’istituzione degli artisti cioè, maggior buon gusto e intelligenza nel pubblico, e mezzo facile agli esordienti di farsi conoscere, esponendo coi necessari mezzi di esecuzione le loro composizioni. Giunti gli alunni di composizione al termine dello studio del contrappunto, tutti si accordano nel raccomandare ai medesimi l’osservazione continua delle opere dei migliori maestri, e di prenderle a modello; ma a dir vero lo studio fatto sulle partizioni senza sentirne l’effetto nell’esecuzione è di ben poco giovamento. Egli è come studiare su una piccola incisione appena delineata le opere di Raffaello, di Tiziano, di Canova, di Migliava, di Hayez. Questi medesimi alunni poi han duopo di provare le proprie forze, di esporsi al giudizio del pubblico per farsi dotti di probasta a coprirla di una tal quale monotonia ed a farle perdere gran parte di sua originalità. Si consultino su di ciò le incomparabili opere di Beethoven, in ispecic gli adagio delle sue meravigliose sinfonie. Nè si creda che noi vogliamo distogliere gli artisti novelli da quella semplicità che il buon gusto tanto raccomanda nelle orti tutte, e consigliare un fare complicalo e confuso. Vorremmo vedere anzi questa semplicità nelle compozioni musicali de’ nostri maestri come la rinveniamo nelle statue di Canova, di Barlolini, di Barimi, di Pampaioni; nei dipinti di Rafaello, del Quercino, di Tiziano, di Guido, ecc. Ma non si confondano le idee. Altro è semplicità, altro è scipitezza e sterilità di maniere, così come altro è confusione, altro eleganza, altro è grazia, altro alienazione. pria esperienza e per trovar committenti, al che fare trovano mille ostacoli. Infatti vogliono essi far conoscere le loro produzioni col mezzo della stampa? conviene fare le spese dell’edizione col rischio di non esitarne dieci esemplari. Cercano aprirsi la via sempre pericolosa del teatro? conviene lottare colla ritrosia degli appaltatori sempre diffidenti, perchè non tutti capaci di giudicare da sè del merito di un maestro. Tendono essi allo stile di Chiesa? Saranno costretti per lo più a commettere le loro composizioni a scarsa e cattiva orchestra, cui per giunta increscono le prove troppo necessarie ad una passabile esecuzione. Sorte comune a tutti i maestri che non hanno acquistato tanta fama da poter dettar legge ai committenti. A tutto ciò provederebbe abbondantemente un’Accademia non difficile ad istituirsi in qualunque città possegga un Conservatorio od una sufficiente orchestra. E se ne ritrarrebbe inoltre il vantaggio di diffondere sempre più il buon gusto nel pubblico, la cui retta maniera di giudicare dipende in gran parte dal numero dei confronti che può fare. R. Boucheion. DELL’ISTROMENTAZïOAE. ( ContiMiiaatotte (i)j. Forte e solenne è il timbro della tromba, e specialmente s’addice alle idee guerresche, a’gridi del furore e della vendetta, del pari che ai canti del trionfo; egli si presta alla espressione di tutti i sentimenti forti, fieri e grandiosi, alla più parte dei tragici accenti; può altresì bene essere adoperato in un pezzo allegro, quando che ivi spiri una colai specie di allegrezza pomposa, grave e solenne. L’estension della tromba è a un dipresso come quella del corno, li cui suoni aperti, essa (all’ottava superiore) tutti possiede. Alcuni artisti pervengono non infelicemente a cavar della tromba suoni chiusi; ma queste note tornano così sgradite all’orecchio e così male intuonate, che quasi tutti i compositori si sono lodevolmente guardati e tuttavia si guardano di farne uso. Vuoisi ancora preterire l’uso del contra do basso che è di debole e volgare sonorità, nè alcuno effetto speciale produce, e può in luogo di quello collocarsi una nota di corno incomparabilmente per tutti i conti migliore. Il fa acuto è un po’ troppo alto: questo difetto e la difficoltà di pigliarlo di posta, mostrano che bisogna solamente trattarlo per nota di transizione melodica fra il mi e il sol. Quanto detto ho del numero de’diversi tuoni del corno, del modo di renderli utili per mezzo dei pezzi aggiunti, e delle precauzioni da aversi rispetto alle note alte de’ tuoni acuti 0 alle note gravi de’bassi tuoni, può convenire ottimamente anche alle trombe. D’uopo è solamente aggiugnere che il destro di scriverle in tuoni differenti non viene altrimenti spesso. La più parte delle nostre orchestre non hanno che due trombe e due corni a chiavi in luogo di quattro trombe, onde meglio è, in questo caso, lasciare le due trombe in un tuono solo, bastando per complemento dell’armonia, 1 due corni a chiavi i quali possono prestare tutti gli intervalli, ed hanno un timbro non tanto differente da quello delle trombe, per cui possono ben fondersi ini, 27, 32, sieme nel complesso. Comunemente non sogliono abbisognare due trombe in tuoni differenti se non nel tuono terza minore, quando si voglia loro assegnare alcun passo die porti indispensabilmente l’uso della terza o quinta nota della scala. In sol diesis minore, per esempio, se bisogna far suonare successivamente ad una tromba le due note sol diesis e si, mentre che l’altra farà sentire una terza sopra od una sesta sotto, le altre due note si e re diesis, è indispensabile di avere una tromba in mi naturale (il cui mi e sol danno sol diesis e si) e un’altra in si naturale (il cui do e mi naturale danno il si e il re diesis)j questo ha fatto il sig. Meyerheer nella grande scena dell’alto quarto degli Ugonotti. Quantunque sia invalso l’abuso continuo del fòrte nelle trombe, s’hanno però buoni effetti dal piano di esse; Gluck, per uno de primi l’ha provato con quella sua lunga tenuta di due trombe unite pianissimo sulla dominante, nell’andante dell’introduzione della Ifigenia in Tauride’, Beethoven poscia (spezialmente nell’andante della sua sinfonia in la), e Weber, n’hanno tratto ottimo partito. Perchè queste dolci note possano essere con sicurezza emesse, bisogna generalmente desumerle dall’accordo di sesta e quarta inferiore, sol, do, mi, sol, togliendosi dal sol sopra le righe, e non farle troppo rapidamente succedersi. 11 si bemolle di mezzo è troppo basso, onde bisogna temperare questo difetto di precisione colla forza dell’emissione del suono: esso non deve però aversi nel novero delle note dolci della tromba. Il do superiore non ha questo sconcio, onde può essere tenuto, e può prendersi con dolcezza, se non altro sui quattro tuoni inferiori, la naturale, si bemolle, si naturale, e do. Nel tuono di re, io credo che un valoroso artista possa, sostenendo questo do, dargli molta dolcezza, ma sarà prudente coprirne 1 entrata con un Jorte del resto dell’orchestra. Ad onta della fierezza e importanza del suo timbro, pochi stromenti sono stali più avviliti della tromba. Sino a Beethoven e a Weber, tutti i compositori, non eccettuato Mozart, si sono ostinati a condannarla e costringerla ai vili termini di servir di ripieno, o a farle suonare due o tre formole di ritmo, sempre quelle stesse e pedestri e ridicole, e spesso sconvenienti al carattere del pezzo ove si fanno entrare. Questo sciocco luogo comune s’è finalmente abbandonato oggidì; tutti i compositori che hanno stile, ai disegni melodici, alle forme d accompagnamento, e allo squillar ripercosso delle trombe danno la latitudine, la varietà e l’indipendenza che si conviene alla natura dello stromento. Per giungere a questo è stato bisogno che trascorresse quasi un secolo. Le trombe dette dai francesi a pistons hanno il beneficio di potere, come i corni a pistons, percorrere tutta la scala diatonica e cromatica. Esse niente (così modificate)perdono del timbro della tromba ordinaria, e la precision loro è al tutto soddisfacente. Le trombe a semplici chiavette non possono compararsi alle precedenti quanto al suddetto beneficio. La tromba che i Francesi chiamano a coulisse altro non è che la tromba ordinaria fornita d’uno apparecchio meccanico per mezzo del quale l esecutore, col semplice movimento di un dito, può ad un tratto cangiare il tuono dell’istromento. (Sarà continuato). questi Sin seconi Seri giro i dell’a sentii propr ed eg [p. 179 modifica]VARIETÀ. 5^ IiA 6A11ETTA MUSIC AUE vW DI MIUAAO DIA LOCO TRA SIMPLICIO E SEJ1PROJIIO (Il diulogo è già incominciato/. Semp. Davvero!... E qui si va dicendo che la Gazzetta Musicate è un giornale che pute di saccenteria?... E chi è che lo dice? Sirnp. Tutti. Dimandatene a chi volete e sentirete ad una voce la stessa canzone. Non v’è classe di gente che non abbia la sua dose d’antipatia colla Gazzetta. 1 più dichiarati nemici son gli articolisti teatrali; ma ve ne sono in tutte le condizioni. Per esempio i maestri veterani e i maestri novizj; quelli che son famosi c quelli che credono di esserlo; gli scrittori letterati e quelli che non lo sono; i filarmonici virtuosi e i filarmonici orecchianti; i mercanti di carta e i mercanti di musica; chi sa le note e chi non le sa; i lettori oziosi e i lettori studiosi; quelli che ragionano e quelli che non ragionano. Oh! in quanto a questo siale sicuro che i suoi antagonisti non sono nè pochi, nè d una sola pasta: se ne trovano d’ogni qualità. Semp. Ma, e le ragioni per cui fanno questo giudizio le espongono poi? Siin/>. Altro che esporle! E sono varie secondo i cervelli che ne ragionano. Semp. Davvero, che non so tacervi la mia meraviglia! Io che finisco adesso il giro d’Italia, e ne parlai con quanti dotti dell’arte mi vennero conosciuti, non ne sentii che espressioni di favore. Al mio arrivo ne tenni discorso anche col suo proprietario per se’co lui congratularmene, ed egli pure mi fe’ intendere che aveva motivo a’ essere contento della sua intrapresa, dacché da tutti i paesi d’Italia aveva ricevuto lettere di lusinga sul conto della sua Gazzetta musicale. Vedete se giustamente ho a maravigliarmi di ciò eli’ ora ascolto. Ma, per vederci un po’ meglio, di queste tante ragioni per cui i suoi censori l’accusano di pedanteria sapreste voi dirmene qualcuna? Simp. Anche tutte se avete piacer di sentirle. V’ho già detto che son varie secondo la varietà delle teste che ne discorrono. Chi ne adduce una, chi un’altra. I maestri veterani, per esempio, quelli che son famosi, sostengono che gli scrittori della Gazzetta musicale, tranne qualche eccezione, sono come i cercatori della pietra filosofale, perchè nella musica del tempo presente non trovano nemmeno un’opera che li soddisfi veramente, e appena è che si degnino di concedere la loro ammirazione ai maestri già morti da quasi un secolo. Cercano la perfezione, e si sa che la perfezione è al di là le mille miglia di questa bolla di sapone. Stampano che llossitii non è sempre abbastanza estetico, che. Bellini è povero d’armonie, che Mercadante è fragoroso, che Donizetti è trascurato, che Bacini è leggero e bizzarro,,e così di tutti gli altri che vengon dopo questi: ne hanno una per tutti. E dunque naturale che nessuno de’compositori cui ella prende a rivedere il pelo possa essere di buon animo con chi va seminando per il mondo di simili dicerie, che son cavate fuori da certi loro ragionamenti che sanno di filosofia e che bisogna far troppa fatica di testa a capirli. I maestri novizj poi sostengono che la Gazzetta musicale non sa quel che si voglia, ed è ingrata verso il progresso del suo secolo, perchè disconosce i pregi di tutte le più recenti produzioni, divulgando per terra e per mare che la musica melodrammatica è decaduta dacché Bellini e Rossini non fanno più opere, quasicchè dopo Bellini e Rossini non siasi più udito un nuovo spartito, ed i teatri siano sempre stati chiusi. I così detti virtuosi poi l’hanno fieramente colla Gazzetta musicale perchè, quando parla di loro, si degna a malapena di dire quello che pensa, in tuon laconico e senza tante smancerie, nè badando ad officiosità ed a riguardi d’abbonamento, il che, come vedete, è un andar contro la corrente, ed e proprio un voler drizzare le gambe ai cani. L’hanno poi con essa acremente, perchè come la più parte degli altri giornali non vuol farsi proclamatrice a snou di tromba delle loro vicende teatrali, de’ loro trionfi, e non parla che di quelle cose che sente colle sue orecchie, e vede co’suoi occhi. Anche questo è un voler singolarizzarsi senza utile proprio e senza compiacimento di nessuno. 1 così detti dilettanti ed orecchianti, che sou quelli che danno i giudizj più sicuri in fatto di musica, aneli essi non hanno alcun buon sangue colla Gazzetta musicale perchè, con una fantasia tutta sua, abbandonando il giudizio della moltitudine, vuol mettere in campo quello soltanto delle sue dottrine, il che e un far della musica un’arie arcana, che non capiscono che quelli che hanno studiato assai per capirne i misteri. Fin adesso ci fu sempre musica, ci furon compositori, gli uni migliori deMi altri, e non s’è mai udito far distinzione nè di melodia, nè d armonia, nè di scuola italiana nè di scuola tedesca, né di espressione, nè di imitazione o estetica, nè di stile elaborato, né di stile semplice, ne di sapienza drammatica, nè di sapienza istromentale: tutte corbellerie che non l’anno che imbrogliare la testa di ehi vuol leggere gli articoli teatrali senza darsi la briga di pensare se dicono delle cose sensate, ovvero delle freddure. In teatro si deve dir bello quello che piace alla moltitudine, sia pure a dritto o a torto, e chiunque ha le orecchie.è in grado di sentirlo e giudicarlo. Hanno dunque ragione i buongustai di averla colla Gazzetta musicale, perchè vuol toglier loro la facoltà di giudicare, sostenendo che senza una positiva ed illuminata educazione artistica non si può far buono e fondato giudizio de’lavori di arte. Che importa di sapere il do-ve-mi per conoscere se una cabaletta è bella o brutta? Credetelo: sono corbellerie che non fanno che confondere senza giovare ad alcuno. Così poi 1 hanno colla Gazzella musicale alcuni mercanti di musica e di carta perchè, parlando poco bene delle moderne produzioni, fa discredito alla loro merce, e gran parte della musica che stampano marcisce ne loro magazzini. Questo è un danno assoluto di cui la sola Gazzetta del Ricordi è colpevole, e dovrebbe essere obbligata a compensarne i danneggiati. Degli scrittori d articoli finalmente non parlo. Essi che hanno finora tanto bene tenuto il campo della critica teatrale non possono soffrire la pretesa di taluni che vorrebbero cacciarli di scranna vantando dottrine e principj, teorie e sistemi, che finora furono al limbo senza che si sentisse mai la necessità d" invocarli. Le loro ragioni son precisamente come quelle degli orecchianti che non giudicali d’altro che dell’effetto, per quel che ne sentono; colla sola differenza che i primi spiegano le loro opinioni colle parole, questi cogli scritti. Per me trovo che fanno benissimo. Guai se i giornalisti non dovessero parlare che di quelle cose che sanno! La musica che deve essere un’arte di mero diletto per coloro che hanno orecchie, se non diletta, manca al suo scopo, e quindi non è più musica. Io son quindi persuaso che tutti han ragione di dire che la Gazzetta musicale pute di saccenteria. Semp. E non son altri che questi gli argomenti con cui dimostrano la rettitudine del loro giudizio? Simp. Che diamine! E non vi par che bastino? Semp. Son anche troppi per mostrare la cieca vanità di certi ragionatori! Mi permetterete però che vi dichiari che non sono nient affatto dell opinion vostra. Anzicchè provare che la Gazzetta musicale sa di saccenteria, le ragioni che voi m’avete comunicate dimostrano eli’ essa fa egregiamente il suo dovere. Simp. Scusatemi, ma temo che sia più facile dirlo che provarlo. Semp. E vero, perché a provarlo occorrerebbero molte parole che non è or tempo di fare. Nondimeno vi pregherò d’avvertire che dacché gli uomini han per costume di dir male di quelle cose che li privano della licenza e li guidano al bene, s’è sempre udito che, quando non han più nulla a susurrare contro chi s’adopera ad illuminarli, si vendicano col dire che son pedanti o che son lunatici. Provatevi ad impedire gli abusi di questa nostra amorevole società, e sentirete quante benedizioni di pedanteria o peggio vi capiteranno addosso. Simp. Si; ma questo non sarebbe veramente il caso. Semp. E il caso per l’appunto. Ne volete una prova? E perché cotesta gente che chiama saccente o anche pedante la Gazzetta, musicale, invece di limitarsi a propalarlo colle parole non lo mostra a tutto il mondo coll’organo delle stampe? La Gazzetta musicale, non predica le sue teorie di soppiatto, ma parla e discute al cospetto di tutti. Per qual motivo chi ha dei ragionamenti migliori dei suoi non li pubblica cogli scritti e manifesta cosi la sofisticheria, l’artificiosità, la stranezza, l’inopportunità delle sue dottrine? Questo dovrebbero fare e non accusare di pedantismo chi s’affatica di giovare all’arte col far conoscere i difetti che ne guastano i lavori. Ma qui abbiate anche me per iscusato se vi dico eli è più facile il dirlo che provarlo. Simp. Le ragioni ch’io v’ho spiegate valgono di prova per molti. Semp. Sì, valgon di prova per molti, ma son tutti di coloro che, o non sanno vederne l’erroneità per difetto di naturale intelligenza e per mancanza di coltura musicale, o di coloro che fan guerra alla Gazzetta dedicata alla musica perchè essa ha il coraggio di parlare schiettamente la verità. La verità, voi lo sapete, partorisce tutt’altro che amore. Vedrete or quindi che non è la cosa più prudente l’affidarsi ai giudizj di simili condannatori che hanno troppo palese interesse di Screditare chi non s’inchina ad incensarli come son usi d’essere incensati; e troverete che non a torto io ricuso di rimettermi ai giudizj loro come a quelli di gente troppo pregiudicata. Del rimanente abbiale per certo che non fa mestieri d una gran perspicacia per mettere in evidenza [p. 180 modifica]la niuna -validilà delle loro;a?gornentazioni. Simp. Questo mi piacerebbe di vedere. Semp. Ve ne darò una mostra. Avete detto, se non isbaglio, che gli scrittori della Gazzetta musicale sono come gli addetti erranti in traccia di una pietra di paragone 0 perfezione musicale che non è possibile rinvenire tra gli uomini, perchè la perfezione non è abitatrice di questa terra. Ora siate compiacente di rispondere ad una mia domanda. Non è dessa la critica quella che prende a ponderare le opere dell’ingegno per sceverare il bene dal male e distinguere 1 pregi dai difetti? Simp. Sì i ma v’è una critica larga e alla carlona e v’è una critica solìstica e severa, v’è una critica indulgente e disinvolta e v’è una critica incontentabile e dura. Quando un capolavoro ha fatto il giro del mondo ed ha avuto il suffragio di tutte le nazioni non deve più essere guardato tanto per sottile. Semp. Qui è dove appunto vi voleva. Non v’è opinione più dannosa di questa. E appunto nei capolavori che labuona e schietta critica deve usare tutto l’acume della sua penetrazione. Essendo infatti verissimo ciò che voi dite che la perfezione abita le mille miglia al di là di questa bolla di sapone, importa che ciò che non è bello sia separalo da ciò che è bello affinchè gl’inesperti, che si propongono a modello quelle opere non confondano i pregi colle pecche. Nulla di più funesto alle arti che la cieca imitazione dei lavori del genio: il cattivo, perchè più facile, è sempre imitalo a preferenza del buono. La vera critica, senza riguardo alla grandezza dei nomi degli autori, ha sempre atteso a quest’officio, nè mai incorse nella taccia di pedanteria. E che? chiamerete voi pedante Orazio perchè osò dire che alcuna volta Omero s’addormenta? Chiamerete pedanti lutti i critici perchè hanno notato che Virgilio con assai poca discrezione tolse e ritolse immagini, pensieri, interi versi a tutti i poeti che vissero prima di lui ed a quelli che vissero con lui? Chiamerete pedanti tutti i buoni intenditori che dissero che le cantiche del Purgatorio e del Paradiso dell’Alighieri sono notevolmente inferiori a quella dell Inferno, perchè qui è assai meno teologo e molto più poeta? Chiamerete pedanti tutti coloro che han posto in chiaro come quel gran sentimentalista del Petrarca fu talora, anzi spesse volte più freddo d’un materialista, facendosi ad esprimere le passioni con dei giuochi di parole? Quale opera antica o moderna sortì nel mondo così perfetta in ogni sua parte per essere invulnerabile al dardo della critica? Perciocché la musica è un’arte di diletto, i suoi cultori soltanto saranno una schiatta così privilegiata perchè la ragione umana s’incurvi dinanzi ad essa come davanti ad un mistero, perchè ogni insania si tenga in luogo d’un’opera ispirata, e perchè ogni sbrigliato cervello venga ad imporre il suo modo d’agire come norma del bello? No: per quanto parziale fosse la natura verso i facitori di note a tanta ingiustizia non ha condannato 1 ingegno. Se i più grandi uomini che onorarono l’umanità soffersero in pace il giudizio della critica, se lo sopportino con rassegnazione anche i maestri di musica. Deprimete, che farete bene, la critica mercenaria, la critica insipiente, la critica presuntuosa, la critica di coloro che favellali d’arti mostrando ad ogni sillaba d’ignorarne perfin gli elementi; Aia lasciate che la critica della ragione compia notabilmente il solo ministero. Preziosa è l’opera sua: essa è maestra e conservatrice delle arti e delle scienze. Quando la critica venne in balia di scrittori che null’altro avevano di sapienti che la presunzione e la ciarlataneria, allora le arti e le scienze caddero nell’objezione. Se veramente potete dimostrare che la Gazzetta musicale pecchi di pedanteria, non fatelo gratuitamente colle parole; ma cogli scritti come provar dovete che falsi sono i giudizi che ella pronunciò su Rossini, su Bellini, su Mercadante, e su tutti i grandi compositori che furono e che sono. Mostrate che non sia vero che l’uno tradì spesse volte l’idioma musicale, che l’altro fu disadorno d’armonie, che l’altro fu prodigo di suoni e sterile di nuove immagini, così di tutti gli altri. Mostrate, se vi basta l’animo, col linguaggio della scienza e della verità, che saccenteria sono i suoi dogmi, sofismi i suoi ragionamenti, cavilli le sue censure:, ma non asserite che la Gazzetta musicale è un giornale pedante perchè usa la critica ragionevole così sulle opere che son celebrate come su quelle che non lo sono. Quando la voce della critica sarà degnamente ascoltata le arti non mancheranno di ascendere a quella sommità a cui possono pervenire. Di tutte le altre ragioni che adduceste non credo dover parlare perchè, come già vi dissi, andremmo troppo per le lunghe, ed io non volli darvene che una mostra. A ben considerarle poi hanno tutte sì chiari sulla fronte gl indizj della loro debolezza che mi parrebbe un perdere il tempo il ragionarne. Bastivi per ora la prova che v ho data. Simp. Non posso tacervi che diceste delle belle cose a cui non mi sento la lena di rispondere} ma la Gazzetta musicale, credete a me, che è un giornale che sa di saccenteria. Semp. A rivederci, Simplicio. Procurate di star sano di corpo perchè di mente pur troppo so come state. Simp. A rivederci. (fra sé) Diamine! che avesse ragione? G. V NOTIZIE VARIE. — Firenze 10 settembre 1842. Anco in quest’anno per l’affluenza degli uditori, e per l’abilità degli alunni brillantissimi riescirono gli esperimenti delle scuole di musica dell’I. e R. Accademia di belle Arti. Una piccola fanciulletta fu premiata per il Solfeggio, e la signora Coitz riportò il premio per il pianoforte. Tre prèmi furon distribuiti nel canto, uno al signor Augusto Mariotti basso, altro al signor Ettore Dei Noce tenore, ed altro alla signora Annunziata Vannini soprano. Il quasi egual talento dei due piccoli concorrenti al violino eccitò un qualche dibattimento nel corpo accademico per la destinazione dcH’unico premio fissato per quella classe di concorrenti. I due fanciulli Luigi Vannuccini, e Orlo Conti suonarono ambedue con pubblica c generai soddisfazione delle assai diflìcili Variazioni sopra un tema del Pirata, composte dal loro maestro cav. Giorgelti. Il premiato fu il Vannuccini; ii Conti riportò l’onore dell’accessi, ed una medaglia d’incoraggiamento, il saggio dei progressi individuali degli alunni delle varie classi che ha luogo dopo la collazione dei premi, nella generalità fu soddisfacente; ma chi più si distinse fra quelli si fu Roberto Fcrroni giovinetto di appena quattordici anni, che con la perfezione propria di un valente artista eseguì sul violino un Tema con Variazioni di Mavseder. Nei pezzi d’insieme produsse un magnifico effetto il primo tempo del Quartetto in do minoro opera 18 di Beethoven eseguito da sette primi, e sette secondi violini scolari tutti, quattro viole, tre violoncelli ed un contrabbasso di rinforzo. Per la perfetta unione in tutti gli accenti musicali proveniente dalla uniformità di scuola, per la precisa intonazione, il brio, forza ed intelligenza, niente vi si lasciò a desiderare. Il Coro finale del Messia d’Haendel eseguito da circa ottanta alunni fu il pezzo classico che compì il trattenimento. Evvi oggi in Firenze nella gioventù una straordinaria tendenza a coltivar gli studj della musica. Le scuole suindicate contano più d’un ccntinajo d’alunni, e fra questi si manifestano anco delle felici disposizioni, le quali abbisognerebbero, per giungere alla necessaria perfezione nelle varie diramazioni dell’arte, di una istruzione più completa di quella, che nello stato- attuale possono ofTrirc le scuole suddette. Scarso vi è il numero dei maestri di fronte all’affluenza degli alunni. Fra gii stromenti da arco non vi si insegna che il violino: non vi ha maestro che insegni a suonar stromenti da finto, ed uno solo ha l’incàrico di insegnare il Pianoforte, l’armonia, c l’accompagnamento tanto a numeri che in partitura. La scuola del contrappunto vorrebbe essere riattivata, giacché da qualche tempo manca di resultali, nè ofTre che pochissimi, od anche nissun concorrente ai premi annuali, come appontogaccadde in quest’anno. Per il maggiore incremento e per il progresso dell’arte musicale sarebbe dunque a desiderarsi che da coloro a cui si spetta fossero presi quei necessari provvedimenti, affinchè questo Regio Stabilimento giungesse a recare la maggior possibile utilità pubblica, c si acquistasse una fama italiana, come potrebbe godere, sia per il merito distinto di alcuni dei maestri già proposti all’insegnamento, come pei resultamenti che allora potrebbcscne ottenere. — Vienna. Il celebre sonatore d’arpa Parish-Aivnrs è tornato qui da Milano, e sposa la giovine artista Melania Lexvy, figlia del rinomato suonatore di corno, e professore al nostro Conservatorio. Si trovano qui attualmente lo stimabile maestro Dessauer, e il sig. Romberg, figlio del celeberrimo violoncellista Bernardo, e distinto suonatore di questo stromento anch’egli, in procinto di dare un’accademia. — Sono qui attesi fra poco il cel. [maestro di cfl[>pella della Corte Bavarese, sig. Lachner, non che il rinomato virtuoso Vicuxlemps. — S. M. il Re di Prussia si è degnata di far avere a Francesco Liszt un magnifico anello di brillante colla sua cifra e quella della Regina; e un regalo di 400 Federici d’oro al direttore di teatro Spiclbergcr per la buona disposizione data all’esecuzione della serata musicale ch’ebbe luogo il 9 settembre nel castello di Brulli. Preziosi regali ebbero pure le..signore Schodcl e Weixelbaum ed i signori Schunk, Òhleim e Formes, che vi presero parte. (Dalla Gazz. Mas. di FiennaJ. — Allorquando l’illustre Hunibold nel 1839, proveniente da Astrakan, visitava il principe de’Kalmucki Sered-Deiab, la cappella del principe, composta interamente di Kalmucki e di un maestro di cappella russo, eseguiva con grande abilità delle uverture di Mozart e di Rossini durante il pranzo; l’aspetto di questi artisti con faccia grossa, bruna e astuta, che maneggiavano destramente gli stromenti europei era assai singolare. — Tra i modelli al monumento da erigersi a Beethoven nella città di Bonn, l’Accademia di Diisseldorf ha compartito il premio allo scultore Hàhnel a Dresda; egli fu incaricato della sua esecuzione con piccoli cangiamenti, il monumento sarà fuso nell’autunno del 4843 in bronzo, e consegnato mediante contratto al luogo dell’erezione, alla quale occasione si solennizzerà, si crede, sotto la direzione di Liszt, una festa musicale di tre giorni, invitandovi tutte le notabilità artistiche. — Notevoli cangiamenti ebbero luogo presso il Conservatorio di Parigi. I signori Duprez e Manuel Garcia vennero nominati professori di canto; il signor^Enrico licrz e madama Farrenc professori di pianoforte, li signor Gallay professore di corno. I signori Dourlcn professore d’armonia, Adam professore di pianoforte, Henri professore di canto c Dauprat professore di corno ebbero la loro giubilazione. In oltre.Idam, il decano dei pianisti e professori francesi ebbe la nomina di Ispettore generale degli studj di pianoforte presso il Conservatorio. — Leggiamo nella Gazzetta Musicale di Parigi: La compagnia dei virtuosi tedeschi ora a Marsiglia, vi produce grandissimo effetto non solo nelle opere della scuola tedesca ma anche in quelle deH’-italiana, c specialmente nella Sonnambula di Bellini!! — Domenica scorsa 48 settembre,aggiugne la suddetta Gazzetta, nella Chiesa di Sévres, si eseguì una Messa in musica che produsse il più grande effetto, poiché era opera di un fanciullo di tredici anni, il giovinetto Rinaldo di Vilbach, il quale aveva già fermata l’attenzione della regina e di S. A. R. la duchessa d’Orleans. — A Magonza fino dal 5 settembre starasi preparando una grande festa musicale che doveva aver luogo mercoledì 21 del corrente in occasione della riunione, nella nostra città, del ventesimo congresso dei Naturalisti c Medici tedeschi, la cui apertura si effettuò il dì susseguente. A quel festival dovevano cooperare le società filarmoniche (liederfafeln) di otto città; vai a dire: Magonza, Darmstadt, Franenfel9, Hanau, Wisbaden, Manheim, Colonia, Dusseldorf. Avevano a prendervi parte mille e ottocento suonatori, o i cori si componevano di mille e quattro cento voci all* incirca. Doveansi eseguire fra le altre le seguenti opere: la Sinfonia in do maggiore di Beethoven, l’oMcer/t/ra dei Franes-Juges di Berlioz, la Sinfonia con cori di Mendelssohn-Bartholdy, e il Baldassare, oratorio di Spohr. La direzione musicale del festival era affidata ai signori Lachncr ed Enrico Essex, maestro di Cappella di S. A. S. il granduca di Assia - Darmstadt! -— Nell’accademia data a Francoforte sul Meno, lo scorso 49 settembre dal rinomato pianista Hallè egli eseguì fra la altre cose in compagnia dei celebri maestri Mendelssohn-Bartholdy e Hiller un concerto per tre Pianoforti dell’illustre Seb. Bach. — II tenore Wilo cantò finora 2031 volte sul teatro,. in 407 opere; il più sovente (133 volte) nella parte di Zampa. — A Dresda si diede il 24 settembre il FreischUtz per la 100 volta. GIOVANNI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. BaD’I. R, Stabilimento Razionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e ’Tipografia Musicale di CIOVMAI BICOfiSDI Contrada degli Omenoni N. 1720.