Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 40

N. 40 - 2 ottobre 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 40

DOMENICA
2 Ottobre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


ESTETICA MUSICALE. Precetti Artistici applicati alla musica. ARTICOLO I. (Fedi i fogli 19, 22, S3, 24, 16, 28, 34, 36, 37 «89/ Itre all’unità e varietà,già dicemmo essere precetti obisogni dell’arti tutte l’invenzione, la diiposizione,e l’esecuzione. Senza dilungarci di troppo riguardo all’ultima che in musica è affidata ad una classe particolare di artisti, discorreremo delle prime, e siccome l’arte nostra più a quella della parola che ad ogni altra per propria natura s’accosta, restringeremo fra queste il confronto, aggiungendovi ciò che può esservi di particolare. XL’VÌI. Nell’una e nell’altra l’invenzione riguarda l’affetto che si vuole destare e lo sviluppo di cui è capace, ossia la verità che si vuol dimostrare e le ragioni su cui si appoggia, nel che consiste l’idea o argomento. Perciò l’Oratore ed il Poeta prendono le mosse da un fatto che si narra, o da una verità che si prova, mentre il Musico prende le mosse da una situazione d’animo o ideata da sè o fornitagli dal Poeta, spesso ancora da un’idea melodica, da un pensiero musicale, dettato da un indefinibile impulso; ma sempre relativo ad un qualche affetto provato o immaginato. XLVIII. La disposizione è ciò che più comunemente per noi dicesi condotta, e consiste nell’arte di disporre le idee principali e le accessorie in modo che le une preparino le altre, ed appariscano, non già capricciosamente o a stento, ma per lo naturale sviluppo dell’affetto necessariamente succedersi. La buona condotta dà ai lavori dell’arte quel carattere di spontaneità per cui volgarmente li diciamo di getto, parendo in fatti che quel lavoro sia sortito dalla mente dell’artista con quella facilità con cui una statua od altro oggetto qualunque esce in ogni sua parte compiuta dalla forma in cui fu versata liquida la sostanza di che è composta. L’arte di disporre le idee e ben condurle è di sì alta importanza, che senza di essa nulla valgono e le più felici ispirazioni, e la scienza tutta del contrappunto. Persuasi di tale verità ci studieremo di darne qui le norme per quanto è possibile migliori, non tralasciando di avvertire la necessità di osservare le òpere dei gran maestri onde perfezionare il proprio accorgimento e il sentire squisito di tal genere di artifizio. XLIX. Nella musica, come nell’oratoria o poesia, importa moltissimo il ben incominciare, di cui vi sono due principali maniere, coll ’esordio cioè e coll’exabrnpto che, a dirla musicalmente, sono l’introduzione o preludio, o l’assoluto motivo principale. Primo scopo dell’introduzione o preludio è il destare l’attenzione e l’interesse dell’uditore, togliendolo a poco a poco dalle realtà che io circondano per trasportarlo a quel genere di vita che si è prefisso l’Artista. Questa sola riflessione basta a far conoscere quanto importi il dare all’introduzione un carattere interessante ed ora analogo all’idea principale, talvolta anche totalmente diverso (a principio) secondo l’affetto cui si ha in mira di condursi a trattare. Egli è perciò die nei buoni scrittori troviamo talora l’introduzione contenere quasi l’embrione del motivo principale, o di qualche altra idea fra le più salienti del corpo totale; talora esserne affatto diversa e per idee melodiche e per ritmo. Semprechè la natura dell’affetto che si vuole trattare non consigli quest’ultimo partito, non cesseremo di consigliare l’uso della prima maniera, massimamente nella musica Sacra o solamente istromentale, che come già accennammo, richiede maggior unità. Con tale pratica infatti l’esordio musicale viene ad essere tessuto appuntò come debb’esserlo l’oratorio in cui (eccettuato il caso che l’oratore prenda a parlare di sè) si debbe discendere da un’idea generica all’idea particolare costituente l’argomento del discorso. Che se riguardar si voglia la cosa solamente dal lato musicale, non è a dirsi il miglior effetto che produce un motivo, o per meglio dire un canto, quando se ne sono udite prima alcune parti in un ordine non ben chiaro e definibile. Quel motivo è allora per l’uditore un raggio di luce che gli dichiara il genere di vita in cui si vuole trasportarlo e gli rende facile il conoscere e misurare la natura delle potenze che gli stanno a fronte. Nell’uno e nell’altro genere di introduzione l’arte di ben condursi al motivo principale e far sì che egli giunga opportuno sta tutta nell’armonia e nell’evitare le cadenze finite sino al punto dell’attacco. L’artifizio medesimo alternato con opportune sospensioni serve a condurne gli episodii e rendere necessario il secondo ino tivo quando vi si voglia introdurre. Il principio exabrnpto, cioè senza introduzione preparatoria, sembra esigere una potenza materiale di suoni e di ritmo capace di scuotere a un tratto l’udienza e cattivarsene l’attenzione. In fatti in tal caso non più si tratta di condurre poco a poco l’uditore ad un nuovo genere di esistenza; ma sì di trasportarvelo di peso. Cosi vediamo per lo più praticare gli oratori e i poeti. Fin qui del principio, il quale di qualunque genere e per quanto felice ei sia non è che la metà dell’opera, ed è perduto se il proseguimento non vi corrisponde acquistando sempre maggior interesse; onde il precetto oratorio: Cave ne decrescat o rat io, e quell’altro detto: Motus in fine velocior. E ciò dipende dalla condotta e dalla buona disposizione delle idee, arte che vuol essere qui considerata da un punto di vista più alto, più morale clic non nel solo maneggio dell’Armonia e delle cadenze. L. Ella è una verità di fatto che ogni volta l’arte non giunge a togliere a sè stesso chiunque viene a chiederle una commozione, una modificazione della propria esistenza, ben lunge dal raggi ugnerò il punto in cui sta la bellezza, fallisce lo scopo e cade. L’artista ha in vero una difficile missione, se non che ei trova per lo più una disposizione favorevole nell’animo del1 ascoltatore. Al Tempio, all’Accademia, al Teatro sempre gli si richiedono commozioni, affetti; sempre si è disposti a lasciarsi da lui trasportare ove meglio gli aggrada. Ma questa disposizione si cambia in ni’micizia, se l’Artista non adempie a quanto ha promesso, o se per ottener troppo dà nel confuso e oltrepassa il limite della bellezza. L’Artista che osa affrontare il pubblico ha già fatto una ben importante promessa; misuri adunque le proprie forze prima di farne una seconda più della prima impegnosa, esordiendo da troppo alto punto. Cave ne decrescat oratio. Affinchè il discorso musicale vada aumentando di interesse e dignità conviene L° Esporre le idee da principio colla massima semplicità riservando alle successive ripetizioni quegli artifizj che possono dare alle medesime maggior risalto. 2." Disporre le melodie e i passi caratteristici in modo che i più espressivi succedano ai meno, e si passi senza stento dall’una all’altra idea. o.° Evitare le lungherie ritenendo essere assai meglio il generar desiderio che sazietà. [p. 174 modifica]Nei’ grandiosi pezzi istromentali in cui il genio del Compositore spazia con maggior libertà solevano i grandi scrittori alquanto anteriori a noi, lare due distinte parti delle quali la prima tutta d’invenzione è una semplice esposizione delle idee melodiche, mentre la seconda si raggira quasi totalmente sulle medesime, ma variamente disposte ed elaborate con nuove modulazioni e con vago cd elegante intreccio delle une colle altre. Tale pratica non per anco dimessa dai buoni compositori stranieri è il miglior mezzo di aumentare l’interesse dando all’intiero lavoro musicale quell’unità e varietà che lo costituisce un vero dramma. Non cosi adoprano la più parte delle moderne celebrità italiane. Troppo fidando i nostri maestri nella bellezza delle loro melodie, o troppo schivi dello studio che un tal sistema richiede, altro non fanno nella seconda parte che ripetere semplicemente le idee esposte nella prima con egual ordine e forma e senza variazione sensibile nelle modulazioni e nei contrappunti. Risulta da ciò che 1 interesse va diminuendo, e si potrebbe tralasciare 1 una delle parti se la ripetizione non fosse necessaria siccome l’unico mezzo ad arrestare in qualche modo la somma fugacità delle impressioni. lì- Boucheron. (Sarà continualo.’) STORIA MODERA A DELIA MUSICA Rivoluzione dell’orchestra. Tutte quante le parti della musica soffersero variazioni periodiche; ma del certo alcuna di esse non andò tanto soggetta a cambiamenti quanto la composizione delle orchestre. Varie cagioni vi diedero impulso: da una parte l’invenzione di nuovi istromenti, la dimenticanza di alcuni altri, e soprattutto l’aumento di capacità negli esecutori, dall’altra gli stessi progressi della musica, la necessità di cose nuove, la varietà delle maniere semplici, l’impero della moda: ecco una quantità di cause più che bastevoli ad alterare le varie costituzioni dell’orchestra ed a condurci insensibilmente alla grandiosità dell’istro— mentazione rossiniana. Importa il tener dietro alle rivoluzioni di una parte della musica che a’ nostri giorni acquistò un carattere d’importanza speciale. Esamineremo da poi lo stato attuale delle proporzioni dell’orchestra, i perfezionamenti possibili, e per ultimo la seguente quistione: quali sono i limiti naturali dei progressi dell’orchestra? La quantità degli istromenti posseduti all’epoca dei primi saggi della musica drammatica non poteva dar luogo che ad orchestre deboli e mute. Non vi erano che viole di cinque, sette, o nove corde; tenori di viola accordali una quinta più bassa dei sopràhi di viola; bassi di viola e viole di gamba W; e contrabassi di viola con nove corde dell’altezza di nove piedi (2); il violino inventato in Francia già cl’all’ora esisteva, ma era ben poco usitato. Il gravicemhalo, la chitarra, la tiorba, l’arpa si univano sempre ai concerti di viole, e (1) La viola ed i! tenore di viola si suonavano appoggiate ai ginocchi coll’arco abbassato. Nel sedicesimo secolo queste viole avevano il manico simile a quello della chitarra. La viola di gamba si poneva fra le gambe e si suonava coll’arco abbassato. (2) Vedesi dipinto questo stromento nel quadro di Paolo Veronese rappresentante le Nozze di Catta. coll’organo si suppliva alla mancanza degli istromenti da fiato. Questi ultimi erano però già conosciuti. Eranvi flauti a becco, traforati da sei, da nove, e da dodici buchi. Alcuni di questi erano muniti di una chiave, la quale stava sempre chiusa in un bariletto traforato da molti buchi, onde lasciare sfuggire il suono: i più piccoli di questi flauti si chiamavano flagioletti. Il soprano si appellava zampogna, ed il basso di flauto làvidone. Con tutti questi istromenti di varia grandezza poteansi formare armonie complete che poi si chiamavano concerti di flauti 6). Quanto agl’istromenti di otlone, non erano usati nel teatro che per esprimere gli strepiti della guerra e della caccia. Numeravansi in questi la tromba militare, simile alla moderna tromba di cavalleria, la tromba chiamata bombarda, traforata da sette buchi con una chiave per turare il settimo, il corno o cornelto a becco l2), il quale era pur traforalo, da sette buchi, uno de’quali veniva chiuso da una chiave: l’imboccatura di tale istromento era simile a quella della tromba; per ultimo il trombone, che i Francesi chiamavano saguebute. ed i tedeschi nposaune e che già si presentava sotto quella forma stessa che ha poi conservalo sino al dì d’oggi. Al cominciare delXYI secolo già si usava in Germania un grande oboe pastorale, chiamato dalla forma ibum koni (corno curvo). Questo istromento era traforalo da sei buchi: se ne trovavano di varia grandezza secondo le parli che con questo si doveano sonare, o di primo e secondo soprano, o di contralto, o di basso. Però sino verso il secolo XVII nessuna specie di oboe venne usata nelle orchestre elei teatri. Il monumento più antico che a noi sia pervenuto intorno alla composizione delle orchestre si trae dall’opera 1 Orjeo di Monteveide composta nel 1607. circa dieci anni dopo il primo tentativo di musica drammatica fatto in Firenze. Due edizioni vennero eseguite di un tal lavoro, la prima nel 1608, la seconda in Venezia nel 1615. In fronte a questa si legge l’enumerazione degl’istromenti che vi servirono d’accompagnamento. Duoi gravicembani Duoi contrabassi da viola Dieci viole da lnazzo Un’arpa doppia (3) Duoi violini piccoli alla francese Duoi ghitarroni Duoi organi de-Iegno Tre bassi de gamba Quattro tromboni Un regale Due cornétti Un flautino alla vigesima seconda Un clarino con Ire trombe sordine Questi istromenti non sonavano giammai tutti quanti contemporaneamente.M011teverde li dispose in modo che ciascun di essi servisse quasi di linguaggio a quel tal personaggio, cui era assegnato per accompagnamento durante lutto il corso della (1) Il flauto traverso, traforato da sei buchi senza chiave a que’ tempi non era conosciuto che in Germania; più tardi venne introdotto in Francia, in Italia e in Inghilterra, ma prese il nome di flauto tedesco. (2) Il corno o cornetto a becco aveva precisamente la forma di un corno di bue; usavasi ancora verso il cominciare del regno di Luigi XIV; solo alla fine del secolo XVII vi si aggiunsero i ritorti. I corni da prima non servivano che nelle cacce, epperò ne derivò loro il nome di corni da caccia. (3) L’arpa doppia aveva due ordini di corde destinate ad accrescere il volume del suono: fu essa inventata in Irlanda nel medio evo. composizione: per il che i due gravicembani suonavano 1 ritornelli, e l’accompaniento del prologo cantato dalla musica personificata: i due contrabassi di viola eseguivano i ritornelli del recitativo cantato da Euridice’: 1 arpa doppia serviva di accompagnamento ad un coro di ninfe: la Speranza veniva annunziata da un ritornello dei due violini alla francese; il canto di Caronte era accompagnato da due gbitarre; i cori degli spiriti infernali dai due organi: Proserpina da tre bassi di viola: Plutone da quattro tromboni: Apollo da un piccolo organo regale: ed il coro finale dei pastori da un flagioletto, dai due cornetti, e dal clarone colle tre trombe sordine. Si può accusare di meschinità questa suddivisione di tutti gl’istromenti; in compenso ne sarà forse derivata una certa varietà non disaggradevole. R.c M.® [Il Jine in altro foglio). NECROLOGIA. HAIIiUOT. L’arte musicale in Francia fece una grave perdita. Una delle illustrazioni ivi più celebrate. il continuatore della scuola di Viotti, l’autore dell "‘Arte del Violino. Pietro-Maria-Francesco Baillot cessò di vivere il 15 ora scorso settembre. Egli era nato a Passy il 1 ottobre del -1771. All’età di sette anni apprese i principj di violino dal firenlino Polidori, a quella di dieci, condotto al Concerto spirituale, ebbe la sorte di udire Viotti, il principe de’violinisti di quell’epoca, la cui meravigliosa esecuzione nel giovanetto fece una tale impressione che da quello istante Viotti divenne l’ideale del suo pensiero ed il modello della perfezione a cui aspirava e che più tardi raggiunse. Baillot fu sempre trasportato di ammirazione per lo stile sì semplice, sì espressivo ed insieme tanto maestoso di quel caposcuola, eli’ei compiacevasi chiamare l’Agamennone del violino. - Morto in Corsica suo padre ov’era stato nominato sostituto al procuratore generale, da Boucheporn sopraintendente di quell’isola fu inviato a Roma, e ne’ tredici mesi che ivi stanziò fece notevoli progressi sotto il violinista Pollani, allievo del Nardini. il qual maestro non si stancava d’inculcargli in ogni lezione la necessità di spianar l’arco, precetto che scrupolosamente dovrebbe osservarsi dalle moderne scuole di violino in Italia. Nel 1791 Baillot ritornò a Parigi, coll’appoggio di Viotti dando principio alla sua carriera in qualità di violino nell’orchestra del teatro Feydeau, posto da lui abbandonato pochi mesi dopo per un impiego al ministero delle Finanze, da cui 10 tolse la prima coscrizione. Nei dieci anni che egli passò alle Finanze ed all’armata non trascurò di occuparsi del prediletto suo istromento. anzi, per azzardo conosciute le composizioni di Gorelli, di Tartini, Geminiani, Locatelli, Bach, Ilaendel, in esse scoperse tutta la storia del violino, e ne ritrasse singoiar profitto. Baillot per la prima volta si presentò al pubblico parigino eseguendo il quattordicesimo concerto di Viotti ed il luminoso successo ch’egli ottenne gli cattivò la generale attenzione e cominciò a render chiaro 11 suo nome. All’epoca dell’apertura del Conservatorio di musica fu ammesso nel novero dei membri di quello stabilimento, nel quale, [p. 175 modifica]dal 22 dicembre 1795 fino alla sua morte, con ogni lode disimpegno le funzioni di maestro di violino. Baillot si associò a Rode, Kreutzer e Cherubini, per la composizione del famoso Metodo di violili?) destinato al Conservatorio di Parigi. Venne nominato capo dei secondi violini della musica particolare del Primo Console e nel 1805, ad esempio di Bolefdieu e di Rode si decise di visitar la Russia, ma mentre viaggiava, essendo sopravvenute le turbolenze della guerra ha dovuto attraversare l’Europa senza poter dare alcun concerto come era suo divisamente. Giunto non senza disagio a Mosca vi trovò ogni sorta di onori, col violoncellista De-Lamare si produsse in venti accademie pubbliche ed in quella città contribuì specialmente all’incremento della musica concertata da camera, offrendovi i primi saggi di quanto più tardi mise in opera a Parigi, ove pel primo stabili delle regolari sedute pubbliche dei quintetti e quartetti ad istromenti di arco per far conoscere la progressione degli stili, e le diverse trasformazioni imÌiresse a quel severo genere di musica da un Soccherini, antecessore di llaydn, da questi, da Mozart, da Beethowen poi da Onslow, da Sphor, ecc. La prima seduta di quartetti e quintetti ebbe luogo 11 12 dicembre 1814", e da quelf epoca in poi ogni inverno rie dava un certo numero a cui accorrevano molti di quelli che dell’arte musicale fanno loro non futile diletto e non volgare professione. Baillot, considerato come concertista, meritava encomj per una certa qual chiarezza semplice, brillante ed aflettuosa tutta a lui propria, ma il più grande suo pregio, oltre quello di eccellente precettore, era di sapere ammirabilmente uniformare i suoi modi di esecuzione alle produzioni a più parti degli or citati autori, con un tatto il più fino ed un sentimento il più squisito investendosi del carattere a ciascun di loro conveniente, di maniera che in un tale ramo dell’arte esecutiva si innalzò ad una meta che non sarà sì facilmente e tanto presto da altri raggiunta. Baillot disimpegno l’incarico di primo violino e di violino solo al teatro dell Accademia reale di musica, poi quello di primo violino della cappella di Carlo X e perfino fece parte della limitata musica particolare di S. M. il re Luigi Filippo. Nell’insegnamento, Baillot produsse degli allievi che degnamente sostengono la gloria del suo talento e che lo resero più che mai benemerito all’arte. Citando il nome di alcuni è un render omaggio al maestro: Bériot, Habenek, Gerard, Dancla, Jupin, Beauman e un gran numero di altri artisti divenuti esecutori di primo ordine o abili professori o eoscenziosi violini di quartetto. Fin qui lo abbiamo considerato nellequalità di esecutore e maestro, ora passiamo ad esaminare le opere di lui. Oltre la principale collaborazione del già citato Metodo adottato da quasi tutti i Conservatorj di musica e che in Italia venne tradotto e pubblicato sotto gli auspici dell’illustre nostro Rolla, compose molti pezzi pel violino, fra cui un’infinità di studj, di esercizj e di arie variate, alcuni duetti, trio, quartetti, concerti, e due sinfonie concertanti per due violini, lavori di uno stile grave e appassionato ma die non furono abbastanza apprezzati, in essi non essendo fatta alcuna concessione a’ capricci del gusto della giornata Fu il redattore del metodo di violoncello delfistesso Conservatorio e scrisse le — 175 tizie sopra Gretry e Viotti e varie dissertazioni concernenti cose musicali od in difesa del Conservatorio di Parigi. L’opera però che mise il colmo alla riputazione di lui fu X Arte del violino, stupendo lavoro didascalico in cui trovasi riunito tutto ciò che concerne il violino. Tutte le parti dell’arte vi sono trattate assai chiaramente e giudiziosamente", gli esempj presentano una gradazione di perfetta logica e le osservazioni che li susseguono o li precedono vi sono esposte colla maggior aggiustatezza. j‘Arte del violino, giusta un biografo francese, è in pari tempo un metodo e una storia che dovrebbe assolutamente conoscersi da tutti quelli che vogliono utilmente esercitarsi in questo stromento, e divenir compositori, esecutori o professori. La salma di Baillot senza fasto fu mestamente accompagnata al cimitero di Montmartre da’ professori ed allievi del Conservatorio, da tutti i violinisti che trovavansi in Parigi, e da una folla di notabilità fra cui notavasi Sarrette fondatore del Conservatorio, Auber direttore attuale, Halevv. Zimmerman, Herz, Janin. Tre commoventi discorsi furono ’pronunziati sulla tomba del grande e modesto artista.:! 5 Is. C....... YARIETA. Il’EIìEMOSIXA I»’ I V ARTISTA. Nel 1828 Adolfo Nourrit s’adoperava con ardore a porre le basi della sua grand e celebrità. Già ei splendeva tra le prime illustrazioni della scena lirica francese, e l’alta sua mente, la magia del suo organo, l’energico e passionato suo porgere gli avevano procacciata l’ammirazione del mondo musicale. I più luminosi presagi sul suo avvenire gli venivano fatti. Ma non solo in Francia risuonava famoso il nome di Adolfo Nourrit, in tutte le parti d’Europa era esso già celebre ed ovunque godeva del prestigio della popolarità. In una scorsa che ebbe a fare in Inghilterra, al principiare del 1828, gli vennero da ogni parte prodigate dimostrazioni di un fervido entusiasmo. Durante il corso delle recite ch’ei diede a Londra, non la sola aristocrazia, il fiore della società, ma anche le masse popolari gli fecero una vera ovazione. Dopo aver lasciata la capitale della Gran Brettagna, Nourrit percorse successivamente le principali sue città, si fermò ora a Liverpool, ora a Birmingham, ora a Manchester. Al suo giugnere a Manchester il grande artista trovò gli spiriti violentemente agitati. Lo spaventevole flagello di cui al presente la stampa inglese dipinge con tanta energia i rapidi progressi e gli orrendi guasti, il pauperismo, la miseria cominciavano a quel tempo a Inveire sui distretti manufattorieri. Certamente il male non aveva preso ancora quel carattere di gravità e di universalità che al presente è impossibile porre in dubbio; non erasi esso per anco dilatato come una schifosa lebbra su tutte le parti dell’Impero Britannico; la sfera della sua azione limitavasi ad alcune città industriali, ma quivi erano orribili i patimenti delle classi operaie; Manchester in ispecie offriva uno spettacolo atto a commovere i cuori meno accessibili alla pietà. Immaginatevi migliaia di uomini, di donne, di fanciulli privi di lavoro e di risorse, seminudi, componendo dei crocchii inquieti, delle tumultuose ràunanze, dei meetings sediziosi; l’irritazione, lo sdegno, la disperazione si pingevano su tutti i volti. Infrattanto l’aristocrazia, al cospetto di mali cui ella non vedeva possihil rimedio, continuava la sua vita di feste, di passatempi. Le riunioni del gran mondo erano sempre brillanti a un modo medesimo. Le carrozze blasoniche si affollavano sempre nella medesima quantità ai raouts, alle feste da hallo, alle accademie. Gli spettacoli, l’Opera, e in ispecie gli artisti francesi, formavano particolarmente le delizie della classe opulenta. Il perchè la notizia dell’arrivo di Nourrit cagionò iuta sensazione vivissima tra le sommità della fashion: ben pochi tra i dilettanti dell’alta società di Manchester potevano vantarsi d’averlo udito. Ciascuno si predisponeva a godere emozioni d’un nuovo genere, e faceva pressa al direttore del teatro onde scritturasse l’illustre cantante per una serie di rappresentazioni. La direzione teatrale di Manchester, la quale trovavasi allora in una posizione molto spinosa, pensò che il prestigio d’un gran nome e la magia d’un superiore ingegno avrebbero ristorate le sue sorti; fu quindi sollecita a profittare dell’occasione che le veniva offerta, e fece una proposizione ad Adolfo Nourrit. Ecco la risposta del celebre artista. «Non potendo fermarmi che soli sei giorni a Manchester sono a vostra disposizione per sei rappresentazioni; ma non canterò che alle seguenti condizioni: 1.° sarò padrone assoluto delle Opere nelle quali dovrò comparire. 2." riceverò per ogni rappresentazione la somma di diecimila franchi, totale sessantamila franchi. Se tutto ciò può convenirvi informatemene enti’oggi: diversamente parto domani. Il direttore rimase stupefatto. Ei non sapeva che risolvere, e veramente il caso era molto imbarazzante. Rifiutare era uno stesso che esporsi al biasimo, alle mormorazioni, ai segni di disapprovazione d’un pubblico esigente e capriccioso. Accettare era forse un rischiare una compiuta rovina, o fors’anco era un farsi incontro a una probabilità di salvezza. La riuscita non premia forse spesse volte le più grandi temerità, le più azzardose intraprese? Quet’ultima considerazione fu di somma efficacia sul suo spirito; tacquero le sue incertezze e le proposte di Nourrit vennero accettate. All’indomani il cartello del teatro annunziava la rappresentazione del Siége de Co rio thè, uno de’capolavori di Rossini, nel quale Nourrit rappresentar doveva la parte principale. E noto che l’Inghilterra possedeva una folla di àrdenti avvocati i quali difendevano la causa degli Elleni nei giornali, nei libri, nel parlamento, nei cluhs, nei salons. L’istessa aristocrazia britannica pigliava parte a queste dimostranze d’interessamento a favore de’greci. Le Siége de Corinthe era dunque lina scelta piena della più palpitante attualità. La borghesia, il mondo elegante accorsero in folla al teatro, e malgrado i prezzi alti de’posti, la sala rigurgitava di spettatori. Pei cinque susseguenti giorni gli affissi continuarono ad annunziare X Assedio di Corinto, e sempre vifu in teatro grandissima folla, poiché accorse gente da tutte le parti dell’Inghilterra. Nourrit ebbe un immenso successo. Non mai aveva egli spiegato maggiore intelligenza, maggior sentimento, estro e passione; non mai aveva sfoggiata mm [p. 176 modifica]una voce più bella, più agile, più enerIntanto la miseria delle classi industriali s’accresceva sempre più: gli opifici rimanevano sempre chiusi, le braccia continuavano a starsene inattive. La situazione si rendeva ognor più grave. La cosa che maggiormente irritava le masse era lo spettacolo di tante ovazioni tributate a un cantante, l’idea dell’oro gettato a profusione da una folla brillante e lieta, mentre nelle contrade, sulle pubbliche piazze formicolavano migliaja di infelici sfiniti dalla fame. Il malcontento toccava l’estremo, e d’ogni parte s’alzavano sorde e confuse mormorazioni annunziatrici consuete di una sedizione. Ma un bel dì ecco spegnersi tutta questa collera, ecco come per incanto cessare tutti codesti lamenti. Un raggio di gioja schiarì d’improvviso tutti que’volti poco prima sì cupi e lividastri... Gli è che una lieta novella repente si divulgò pei diversi quartieri della città. Una ingente somma dicevasi, fu messa a disposizione degli sceriffi, E e re h è venga divisa fra le 1800 famiglie isognose di Manchester. Il fatto era vero e la distribuzione si effettuò quel giorno stesso. Ma qual era la generosa mano che sparso aveva tanto oro? Su tal proposito ognuno perdevasi in conghietture. Gli sceriffi interrogati su ciò si limitarono a dire che la somma era stata ad essi consegnata da uno straniero illustre, il quale aveva ingiunto il più scrupoloso segreto. E nondimeno il mistero finì per svelarsi, grazie alla indiscrezione d’un impiegato e si seppe con altrettanta ammirazione che sorpresa che il dono considerabile era il prodotto dei beneficj raccolti dal celebre cantante Nourrit durante il suo soggiorno a Manchester. Adolfo Nourrit, uomo di nobile cuore e di animo generoso, era stato profondamente commosso all’aspetto delle miserie che a primo tratto avean colpito il suo sguardo. Le sue alte pretese presso la Direzione teatrale non avevano avuto altro scopo che di procacciar modo ad accorrere a sollievo di quelle. Egli aveva voluto estorcere una limosina sulla classe agiata a profitto del popolo sofferente. Tosto che codeste particolarità furono notorie, migliaia di operai si radunarono e corsero all’abitazione di Nourrit. Nel delirio della loro ammirazione, essi gli preparavano il trionfo più splendido che mai ricevesse o principe o guerriero conquistatore. Ma Adolfo Nourrit già si era sottratto con una precipitosa partenza alle attestazioni della popolare riconoscenza. Egli avea lasciato Manchester quel di stesso e già riprendeva la strada di Parigi, lieto del bene operato, e solo spiacente di non aver potuto gettare che una limosina a lenire tante e sì gravi angoscie. F. M. Aieime osservazioni di Federico II sulla I?I«tsica. Si parlava del canone. «Molti musici,» disse il Re, non ne sanno nulla, e quelli che se ne intendono bene, 10 credono una cosa tanto dotta, da sorpassare l’intelletto di noi altri. Ma io mi rallegro sempre di trovare che anche l’intelletto deve occuparsi della musica. Quando una bella musica mi risuona pur dotta, mi riesce tanto grata come se a tavola sento parlare sapientemente». In un Adagio eseguito dal Re, occorreva due volte un passo cifrato colla sesta maggiore, al cui posto il maestro Fasch, che lo accompagnava al cembalo, prese un altro intervallo. Prima di arrivare la seconda volta a quel passo, il Re disse ad alta voce: «la sesta maggiore» - «Come Y. M. comanda!» disse Fasch, e toccò fortemente assai la sesta. Terminato il pezzo, il Re domandò: credete voi che la sesta sia falsa? - Si Maestà. - E se 11 maestro lo vuol cosi? - Resta sempre falsa. - Ma il — 476 — maestro Quanz dice che la sesta può bene star qui. - II maestro Quanz può aver ragione, ma io mi tengo alla sesta, e questa è falsa. Bene, Bene, dissi il Re, non è già una battaglia persa! II suddetto maestro Fasch lodò un giorno moltissimo l’oratorio di Graun: la morte di Gesù. «Si. disse il Re, questo è il miglior suo componimento. Se avesse vissuto più lungamente, F avrebbe fatto sempre meglio. Il suo Te Deum mi piacque mai sempre assai quantunque fra le altre cose ve ne sieno pure alcune allegre assai. La stessa gioja deve in chiesa mantenere una gravità analoga all9ente ‘più misterioso». NOTIZIE VARIE. — Milano. I. R. Teatro alla Scala. - Venerdì spassato nella gran Sala del Ridotto si produsse il sig. flessane suonando il Melofono, istromento che potrebbe esser suscettibile di svariati ed attraenti effetti e dal maestro Halevy fu giudicato non indegno di esser ammesso nella sua opera Guido e Ginevra. L’anno scorso La-Hausse a Parigi pubblicò un opuscolo col titolo: Physiologic didactique du Melophon in cui vengono indicati i pregi di questo portatile istromento e la maniera di servirsene} il sullodato Lessane scrisse un Metodo per Melofono e conta di stabilire a Vienna una fabbrica di Melofoni e di aprirne quindi un deposito a Milano. L’invenzione di questo istromento, che ha molta affinità colP accordeon e colla fisarmonica, appartiene a Ledere. — Saint-Leon, il ballerino della grazia e il violinista dello slancio e della bravura, diede lunedì sera la sua terza accademia al teatro alla Scala, nella quale oltre misura crebbe nel favore del nostro pubblico. Dire come e quale musica questo singolare artista eseguisse, non è nostro proposito, solo accenneremo che fra gli esecutori sul violino da noi sentiti ha pochissimi pari o superiori, e che potrebbe averne meno ancora e forse sovrastare a quasi tutti se si curasse di star in guardia da una certa qual tendenza all’esecuzione piuttosto bizzarra, da cui qualche volta è spinto ad esagerare nel colorito, c ad azzardare passi non sempre del miglior gusto. Nessun uomo può esser perfetto. — Colonia. Il celebre Liszt è qui arrivalo per prender parte al festival musicale il cui prodotto è destinato al compimento della cattedrale. S. M. il re di Prussia, appena fu informato dell’arrivo di Liszt, lo fece tosto invitare a pranzo. Il gran pianista era seduto vicino a Humboldt, alla medesima tavola ove trovavasi il Re di Wurtemberg, il Re di Baviera, ed i principi di Prussia. L’onore dal Re di Prussia compartito a Liszt merita particolare menzione. L’uomo generoso e benefico e l’artista di sì immane talento non sarà mai abbastanza distinto. (Dal Monde Musicale) — Parigi. Il ministro ha deciso che per lo innanzi vi abbiano ad essere due professori per ogni classe del Conservatorio di musica. Adam, che in prima occupava il posto di maestro di pianoforte, fu innalzato alle funzioni d’ispettore delle classi di pianoforte. Era una ricompensa che si doveva al rispettabile precettore che consumò tutti i suoi giorni in vantaggio di quella scuola. — Firenze. «Ben meritò appresso gli amatori dell’Arte musicale Tertulliano Celoni, allievo di questa accademia di Belle Arti col suo Compendio storico della musica antica e moderna, esponendo in brevi tratti l’origine della musica in generale, il suo oggetto, le sue vicissitudini, i suoi effetti, gli usi diversi che ella ha avuto ed ha nella vita civile degli uomini, dandoci con rapidi cenni un’idea della Scuola italiana, tedesca e francese». Fin qui la Rivista Musicale di Firenze. Questo Opuscolo è pubblicato presso Giovanni Mazzoni in un modo assai scorretto e pregiudizievole al debole lavoro del Celoni. — Marsiglia. Boisselot, fabbricatore di pianoforti del Re di Francia che alle esposizioni di varie città riportò le medaglie d’oro ed ebbe i più favorevoli rapporti dell’Istituto, mise in commercio varj istromcnti che per eleganza e solidità, non meno che per sonorità e vibrazione, di voce ponno sostenere il confronto di quelli della maggior parte de’ fabbricatori di Parigi. I pianoforti a coda di Boisselot hanno sopra molti altri il vantaggio di esser più corti di più di un palmo, ciò che non poco contribuisce a renderli più comodi ne’ privati appartamenti. DELL I. r. stabilimento nazionale privileg. di GIOVAMI RICORDI. ISPIRAZIONI VIENISI Raccolta di 5 Ariette e 2 Duetti italiani Poesia ali Carlo Ciaii v MUSICA DEL M.° CAV. N. i. La Zingara..» 2. Non m’ami più.» 3. L’ora del ritrovo» £. Il sospiro...» 5. È morta!...» 6. Predestinazione.» 7. Che vuoi di più? Completo... 2 50 1 25 2 25 LO STABAT MATÊ.R DI ROSSINI trascritto iter Pianoforte solo Siili Diviso in due parti, Fr. C cadauna. Completo, Fr. 40. DUO arrangé stoar le Piano à 4 tnains COMPOSE PAR sgasa sa§> sa ss g.a ss» Op. 14-Fr. 5. lesiti si iii«transcrit itonr le Piano seni PAH <ga «sastiSiTï? COMPOSÉ PAR A. HENSEIT Op. 14. - Fr. 4 50. UUQ Itonr Piano et Violoncelle on t iotoii on Cor COMPOSÉ PAR Op. 14. - Fr. 0. 50. LINDA DI CHAfVSOUNIX Melodramma in 3 atti (li («. Rossi MUSICA DEL M.° CAY. BASTAIO D01TISSTTI Sono pubblicati tutti i principali pezzi ridotti per Canto con accompagnamento di Pianoforte e l’Opera completa ridotta per Pianoforte solo. Tutte l’altro riduzioni stanno sotto i torchj. WMMite Dramma lirico di Temistocle Colera MUSICA DEL M. Sono pubblicati tutti i principali pezzi ridotti tanto per Canto con accompagnamento di Pianoforte che per Pianoforte solo, ed in breve verrà pubblicata l’Opera completa ridotta nei due indicali modi e per il Pianoforte a quattro mani. j>er il J® tattoforte a <t 9 taf tra inani SOPRA DIVERSI MOTIVI DELL’OPERA DEL MAESTRO COMPOSTA DA Ss Fr. 5. eiOVAMI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento Stazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di (JIOV.l..I RICORDI Contrada degli Omenoni!f. 1720.